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sabato 18 luglio 2015

La vita di Sir Alexander Fleming, di André Maurois

Alexander Fleming, Sir Fleming, nacque a Lochfield, in Scozia, il 6 agosto 1881. La sua vita da ragazzo lo vede vivere la vita di campagna, ma da subito da prova delle sue grandi doti di osservazione. Si fermava ad osservare qualunque cosa e cercava di carpirne i segreti. Era appassionato di sport e di tiro. Coi fratelli inventava giochi istruttivi e si vinceva sempre un premio, e lui vinceva sempre...

Ma ora facciamo un salto in avanti.

Alla fine del libro mi sembra di poter dire che la cosa che più mi ha colpito, e che sembra aver colpito lo stesso Fleming, sia il fatto che la sua vita sia stata guidata sempre da casi e coincidenze!
Questo è il primo argomento da tenere a mente.
Lo stesso Fleming, ormai famoso e osannato, nei suoi discorsi pubblici faceva notare quanto il caso e le coincidenze avessero fatto per lui e per la scienza.
Per un caso entrò come studente al Saint Mary's, perchè c'era una buona squadra di nuoto. Era inoltre appartenente alla compagnia H dei London Scottish e in quanto tale partecipava regolarmente alle marce di addestramento e alle gare di tiro. Per la sua abilità nel tiro fu scelto per entrare a lavorare nel laboratorio di inoculazione e così conobbe Almroth Wright, che divenne il suo maestro.
La storia di Fleming è la storia di una vita dedicata alla scoperta di fenomeni sconosciuti, è la storia del caso che un giorno portò una spora all'interno di un piccolo laboratorio, è la storia di un uomo che trovata una delle sue colture rovinata dalla muffa, si ferma, osserva e capisce che quella muffa un giorno sarà un potente farmaco, la penicillina.

Il secondo argomento importante per Fleming è la ricerca. 
Secondo Fleming le grandi scoperte derivano da intuizioni del singolo, solo poi entra la potenza del gioco di squadra e del gruppo di ricerca organizzato. Negli anni cercherà sempre di invitare i giovani ricercatori a ritagliarsi un poco di tempo per svolgere le loro ricerche, oltre al lavoro di equipe.
La ricerca personale è quella più produttiva, quella che ha a che fare con le passioni dell'uomo ricercatore, dello scienziato. quella che spinge oltre i propri limiti e conduce verso vette altrimenti inarrivabili. Solo la passione per la "propria" ricerca spinge il ricercatore a superare tutte le difficoltà, non sono i soldi e non è un bel laboratorio.
E' pur vero che la produzione della penicillina a bassi costi e in grandi quantità è dovuta alla ricerca di gruppi organizzati. Florey e Chain (e la fondazione Rockefeller!) misero in moto la macchina che permetterà ciò.

Fleming affronto due guerre ed in entrambe mise la sua esperienza a disposizione del mondo. Non era certo il tipo che si tirava indietro di fronte a nuove sfide o che seguiva pedissequamente la strada tracciata da altri, fu anche questo motivo che farà si che le sue esperienze sulle ferite di guerra fossero poi utili a tanti medici del fronte. Le ferite dovevano essere curate al meglio sul fronte, le parti sporche ed infette dovevano essere asportate per evitare che i batteri provocassero troppi danni, Il suo lavoro fu immenso anche nel campo della ricerca sulle vaccinazioni.
Fleming fu tra i primi a riconoscere alcune proprietà presenti in alcuni tessuti.
Il Lisozima, per esempio, è una sostanza antibatterica potentissima presente nelle lacrime ma anche nelle unghie come nel bianco dell'uovo. Il Lisozima è usato ancora oggi contro i batteri, come conservante e per trasformare il latte di mucca in latte materno!

Fleming fu uno dei pochi uomini che in vita raccolse gli onori che gli erano dovuti. Passò i suoi ultimi anni a fare conferenze (senza mai abbandonare però la ricerca), raccogliere benemerenze ma, soprattutto, ad essere osannato dalla popolazione che lo vedeva come il loro salvatore, ognuno infatti aveva un figlio, un parente od un amico salvato dalla penicillina.

Insomma, che altro occorre dire per invitarvi a leggere questo libro?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 23 marzo 2015

Marie Curie, di Susan Quinn


Un libro veramente interessante.

Il libro della giornalista Susan Quinn tocca con profondità e chiarezza tutti gli aspetti della vita della grande scienziata.
La storia di una famiglia polacca (Maria era infatti polacca, il suo nome prima di sposarsi era Maria Salomea Sklodowski), delle difficoltà vissute durante l'occupazione russa della loro patria, i sentimenti nazionalistici, sono bene descritti e permettono di conoscere una parte della storia europea troppo spesso dimenticata.
Marie era insegnante, oltre che scienziata e ricercatrice, una delle sue frasi che mi piace ricordare, perché è ciò che dico sempre anche io: "Non fidatevi di ciò che la gente vi insegna, e soprattutto di ciò che io vi insegno... ", mettetevi voi in prima persona a sperimentare, provare, approfondire, così potrete capire in prima persona.
E' molto interessante la descrizione della società parigina e dei sentimenti dei colleghi scienziati e professori verso una donna, che seppur di genio, era comunque una donna.
Il matrimonio con Pierre Curie e il trasferimento definitivo in Francia, a Parigi, gli studi e il lavoro di laboratorio che porteranno i due coniugi a vincere il Nobel per la fisica nel 1903, assieme a Becquerel, sono solo alcune delle vicende che videro Marie sempre protagonista.
Il libro descrive molto bene anche gli studi effettuati in quegli anni sulla radioattività dagli scienziati europei, sono riuscito a compilare infatti una lunga lista di persone di cui spero di trovare e leggere in futuro le biografie (Pierre Curie, Lord Kelvin, Becquerel, Rontgen, Thomson, Rutherford, sono solo alcuni).
Molto interessante anche la descrizione dell'organizzazione messa in piedi da Marie in occasione della prima guerra mondiale, che la vide girare per il fronte a soccorrere i feriti, facendo uso delle sue competenze radiologiche e tecniche sue e dei suoi più stretti collaboratori. 
Potrei andare avanti per giorni nel descrivere la vita e le opere di questa grande scienziata ma mi fermo qui, passando idealmente il testimone a chi ha voglia di approfondire.

Un grande libro su una grande donna!

Buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 25 febbraio 2015

Siamo fatti di stelle, di Margherita Hack e Marco Morelli


Margherita Hack... un nome che mi porta indietro a quando, ancora ragazzino, guardavo i documentari di Piero Angela in TV. Non ricordo di preciso ma sono sicuro che fu in quegli anni, fine anni settanta o inizi anni ottanta che vidi per la prima volta quella donna con forte accento toscano e subito rimasi affascinato dal modo in cui raccontava l'Universo che ci circondava. 

E' da quegli anni che mi è rimasta la passione per l'Astronomia. 
Qualche tempo fa appresi della sua morte e mi resi conto che il tempo passa per tutti e anche quelli che uno considera punti fermi nella propria vita, prima o poi scompaiono.
Così quando alcuni mesi fa nel corso di una delle solite ma sempre piacevoli visite in libreria mi imbattei nel libro di Margherita senza pensarci su troppo lo acquistai. Margherita avrebbe continuato ad accompagnarmi, come fanno le stelle fisse nel cielo, dalla libreria di casa.
Il libro è scritto a quattro mani, con Marco Morelli, direttore del Museo di scienze planetarie di Prato.
I due autori sono a Trieste e seduti su una panchina di fronte al mare, in attesa di un ospite che non arriverà mai, si tuffano nei ricordi della vita di Margherita.
E' la storia di una vita fatta di successi e delusioni, di amore per la scienza e dispiacere per la situazione dell'Italia.
Margherita e Marco, con l'aiuto di Aldo, marito di Margherita, ripercorrono la vita fatta di tanti piccoli episodi con leggerezza, mettendo in evidenza le cose in cui margherita ha sempre creduto. Il libro non è una vera biografia, semmai è un libro di ricordi, condito dalle battute piccanti di una donna che oltre ad essere la più grande astrofisica italiana era anche una donna senza peli sulla lingua.
Mi piace ricordare solo un episodio del libro, quando Morelli parla delle tipologie di studenti universitari, "sono cinque gli studenti con la S maiuscola, i mezzi studenti, gli studenticchi, i paraculo e i quaquaraqua..."
Al termine della disamina Margherita chiede infine cosa si intenda per quaquaraqua, "I quaquaraqua sono quelli che parlano, parlano, parlano e non fanno nulla! [..] Si arrabattano tra la loro meschinità, l'ambizione di voler essere qualcuno e l'intima consapevolezza di non essere nessuno..."
E margherita sbottò: "Ma questi sono i nostri politici! Altro che gli studenti...

Libro veramente bello, pungente, toccante, da leggere tutto d'un fiato e conservare per sempre nella propria biblioteca...

Grande Margherita Hack e un grazie anche a Marco Morelli!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 ottobre 2014

Erwin Schrodinger, la vita, gli amori e la rivoluzione quantistica, di John Gribbin

Bellissima biografia di uno dei più grandi fisici del XX secolo!
L'autore è John Gribbin, fisico e giornalista scientifico, che riesce a raccontare in modo semplice ed efficace non solo la vita di Schrodinger ma anche gli ultimi centocinquanta anni di scoperte della fisica.

E' interessante notare come Austria e Germania a cavallo tra Ottocento e Novecento fossero unite in un unico, enorme ed efficiente centro culturale attivo soprattutto nella ricerca in fisica e matematica. Albert Einstein era uno degli animatori di questo mondo accademico ma non il solo. A Vienna operarono Doppler, Boltzmann, Haisenohrl, Marie e Pierre Curie e tanti altri.

Gribbin nel descrivere la storia della fisica moderna parte dalle tre leggi del moto, formalizzate da Newton per arrivare fino a Schrodinger passando per gli studi sull'ottica di Huygens, Young, Fresnel, Faraday, Maxwell, Boltzmann ed Hasenohrl che sarà il primo riferimento per il giovane Erwin.
Erwin Rudolf Josef Alexander Schrodinger nacque a Vienna il 12 agosto 1887 e diventerà uno dei fisici più conosciuti del XX secolo.
Nel 1908 Schrodinger fu arruolato nell'artiglieria di fortezza, come previsto dalle norme dell'impero Austro-Ungarico e e trascorse un anno al termine del quale fu nominato Cadetto della fanteria di montagna e assegnato alla riserva poté tornare alla vita da accademico a Vienna.
All'inizio della prima guerra mondiale Erwin fu richiamato in servizio e assegnato ad una postazione di artiglieria di fortezza lungo il confine con l'Italia riuscendo comunque a portare avanti i suoi studi di Fisica.
Nel 1917, ormai Tenente, venne inviato a Vienna dove tenne un corso di meteorologia per ufficiali dell'artiglieria contraerea e approfittò dell'occasione per tenere un corso di fisica sperimentale all'università. Pochi anni dopo, dopo la fine della grande guerra, tornerà al suo lavoro di professore e ai suoi studi che lo porteranno a condividere il grande sviluppo della fisica con i grandi nomi del suo tempo.
Negli anni si occuperà della natura del magnetismo, dell'interazione tra atomi e molecole, dell'elettricità atmosferica, dei fenomeni di interferenza dei raggi X, della pressione dei gas, del moto browniano, della capacità dermica dei solidi, del tasso di decadimento di materiale radioattivo. Nel 1917, spinto dalle recenti pubblicazioni di Einstein affrontò alcune questioni sulla teoria della relatività generale. Intorno al 1920 approfondì le problematiche della natura della luce escogitando anche un esperimento che lo convinse sempre più della sua natura ondulatoria, in contrasto con Einstein e Plank. Approfondì inoltre la natura del colore e le reciproche influenze tra saturazione, luminosità e tonalità, applicando la sua tesi anche al problema della comparazione tra i colori delle stesse al fine di determinarne la temperatura. Trasferitosi a Stoccolma si occupò della teoria delle orbite elettroniche. Nel 1921 finalmente, dopo varie peregrinazioni, arriverà a Zurigo dove sarà l'artefice della cosiddetta seconda rivoluzione quantistica. 
La prima rivoluzione quantistica fu opera di Plank che riuscì a chiarire il funzionamento della cosiddetta "emissione di corpo nero", un problema che la teoria ondulatoria di Maxwell non era in grado di spiegare. Plank risolse il problema considerando la radiazione elettromagnetica come se fosse costituita da porzioni di energia identiche invece che un'onda continua, queste porzioni di energia oggi sono note col nome di "quanti". Fu però Albert Einstein nel 1905 a dimostrare la realtà dei quanti di luce, i fotoni.
Le scoperte della fisica di quei primi anni del XX secolo nel libro di Gribbin si intrecciano con la vita dei fisici più conosciuti descrivendo un mondo particolarmente fecondo di idee. Un mondo nel quale Schrodinger aveva un posto molto importante in quanto nel 1926 aveva infine completato la seconda rivoluzione quantistica con la pubblicazione di una serie di articoli che spiegavano la teoria della meccanica ondulatoria.
Sullo sfondo, ma comunque molto importante nella vita di Schrodinger, si trovano i suoi amori, per la moglie Anny ma anche per la giovane amante Ithi, amori che in qualche modo sono stati sempre di stimolo alle sue scoperte.
Erwin Schrodinger morirà nel 1961 lasciando una enorme eredità al mondo anche in campi non direttamente collegati alla fisica, tra questi le sue considerazioni filosofiche e biologiche raccolte nel libro "Cos'è la vita" pubblicato nel 1944 dalla Cambridge University Press.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo 

sabato 14 giugno 2014

Il Cardinale di Richelieu, di Michele L. Straniero

Diversi anni fa lessi, per la prima volta, la biografia di Richelieu. Probabilmente lo feci in un momento in cui la mia mente era occupata da tanti pensieri perchè in linea di massima non ricordavo niente oltre il fatto di aver già letto il libro.
Così qualche giorno fa, mentre sceglievo nella mia biblioteca il libro che mi avrebbe accompagnato per una settimana, imbattendomi sulla vecchia copertina in finta pelle della biografia del Cardinale, non ho avuto dubbi, avrei riletto un libro, come se fosse la prima volta!

Richelieu, al secolo Armando Giovanni du Plessis, duca di Richelieu, nasce a Richelieu, nel Poitou, il 9 settembre 1585. Nei primi anni il giovane Richelieu, era un ragazzo di salute cagionevole. Fu istruito a casa fino all'età di nove anni, poi frequentò il collegio di Navarra e quindi l'Accademia militare. Qualche anno dopo il fratello Alfonso, rifiutò il vescovado di Lucon, da tempo appannaggio della famiglia Richelieu; Armando, allora diciassettenne, prese la palla al balzo e si buttò nello studio della teologia per diventare vescovo. All'età di ventun anni diviene vescovo, conclude anche gli studi accademici e si reca a Roma a fare scuola di vita. Grazie alla sua intelligenza entra velocemente nelle grazie del papa Paolo V.
L'incontro casuale tra Richelieu e il nobile Francesco Leclerc du Tremblay (che sarà conosciuto come eminenza grigia), diventato cappuccino nonostante il volere della famiglia, diede vita ad una coppia inseparabile e vincente, che avrebbe affrontato assieme le vicissitudini del tempo guidando la Francia di Luigi XIII attraverso le guerre e gli intrighi di corte per portarlo verso la creazione di una nuova Francia.

La vita di Richelieu e gli intrighi di corte sono magistralmente raccontati nel libro anche facendo spesso parallelismi con il più famoso libro "I tre moschettieri" di Dumas e con precedenti biografie tra queste una sicuramente interessante che spero di riuscire a leggere di Aldous Huxley.

Un'ultima frase di Richelieu mi ha colpito per la sua forza e per il valore che ha mantenuto nel tempo: "Essere rigoroso verso i privati che si fanno una gloria di disprezzare le leggi e le ordinanze dello Stato, vuol dire fare il bene pubblico".

Bellissima biografia, da leggere per chi vuole capire meglio le origini della Europa dei nostri giorni.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 27 dicembre 2013

Giordano Bruno, romanzo di Eugen Drewermann

Definirlo "romanzo" è un po riduttivo, quindi cercherò di spiegare di che si tratta e perché lo sto leggendo.
La parte più semplice consiste nel dire quali motivazioni mi spingono a leggere un romanzo su Giordano Bruno per cui inizio da qui!
Quando ho preso il libro in biblioteca non mi ero reso conto che si trattasse di un romanzo, solo poi, leggendo le prime pagine mi è sorto il dubbio. Io cercavo una biografia per capire meglio il personaggio e il suo tempo ed avvicinarmi alle sue opere, che è poi quello che faccio sempre con i grandi della storia.
Così, un po' ingannato dal titolo, mi sono informato sull'autore per capire quanto il romanzo potesse essere attendibile, quanto avrei potuto tener per buono del romanzo e quanto no, per poi decidere se andare avanti nella lettura o cercare un'altra biografia.
Eugen Drewermann, l'autore, ex sacerdote cattolico, allontanato dalla chiesa per le sue idee...
Cosa gli sarebbe accaduto se avesse vissuto nel 1500? Probabilmente avrebbe fatto la stessa fine di Giordano Bruno. Tanto mi basta per capire che forse vale la pena andare avanti nella lettura. Forse non si tratta proprio di un romanzo... in effetti il libro è un misto di pensieri e testi realmente scritti da Bruno e pensieri che sarebbero potuti essere i suoi.
Così proseguo nella lettura.
Giordano Bruno nasce a Nola col nome di Felipe (Filippo) nel 1548.
Qualche anno dopo, nel 1565 entra nell'ordine dei Domenicani e nel 1566 prende gli ordini e il suo nome diventa Giordano. Già da subito si manifestano i suoi dubbi e nel 1576, sospettato di eresia fugge e inizia la sua vita errabonda che lo porterà in giro per l'Europa, fino a Venezia, dove sarà tradito dal nobile Zuane Mocenigo e incarcerato dalla Santa Inquisizione.
Tradotto a Roma sarà condannato al rogo e giustiziato il 17 febbraio del 1600 a Roma, in Campo dei Fiori.
Giordano Bruno era un filosofo, e come tale cercava la verità, cercava di capire e questo lo condannò. Da lui si richiedeva solo fede!
Giordano Bruno conobbe le opere di Copernico, Avicenna, Telesio, Petrarca, Averroè, Fracastoro, Raimondo Lullo. Michele Serveto e fu lui stesso impegnato in prima persona nella diffusione della conoscenza. Per farlo si tolse l'abito da domenicano e insegnò nelle Università delle città che lo ospitavano. Poi un giorno il desiderio di tornare in Italia lo prese in trappola...
Ma, al di là della sua biografia sintetica, il libro è interessante per le considerazioni filosofiche e teologiche dell'autore, messe in bocca a Giordano, o forse sarebbe meglio dire "messe in bocca a Felipe":
"Giordano mette da parte Aristotele, dicevano, innalza la volontà al di sopra della conoscenza, definisce la comprensione una conseguenza dell'amore.", una frase che spiega bene le accuse che gli verranno rivolte.
"Tutto l'Universo va visto come un corpo animato in tutte le sue parti [..] il pianeta Terra compie la sua piroetta intorno a se stesso [..] e nel frattempo compie un enorme giro di 365 giorni attorno all'astro centrale. Il sole non si sposta, almeno non in relazione alla Terra".
Le idee di Copernico, le stesse che determineranno la condanna di Galileo.
"La demonizzazione della sensualità è di per se stessa una infinita tortura..."
"Nella natura non esistono morte e distruzione che non siano al servizio della vita e del suo dispiegarsi..."
Queste le idee presentate e discusse nel libro, nei "probabili" ultimi trecento fogli scritti da Felipe nei suoi ultimi sei giorni (o quasi).
Lettura impegnativa ma ricca di significato.
A voi il resto, buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 28 novembre 2013

Alan Turing, storia di un enigma, di Andrew Hodges.

Alan Turing, storia di un enigma, è il libro di Andrew Hodges che mi ha accompagnato nelle ultime due settimane. Un po per lentezza, un po perchè pubblicato in caratteri troppo piccoli per me, ho impiegato più tempo del solito ma comunque sono giunto alla fine!
A caldo mi vien da dire che Turing era un personaggio molto particolare e che il libro riesce a trasmettere bene le sue caratteristiche peculiari.
Geniale quanto incostante, Turing partì dalla matematica per arrivare fino a studi sullo sviluppo dell'embrione non trascurando che lui fu l'artefice della vittoria dei servizi segreti britannici contro la macchina Enigma, in uso nella Germania della seconda guerra mondiale per cifrare le comunicazioni ritenute più importanti!
Eppure il suo massimo contributo lo da nel campo dell'informatica, occupandosi di gettare le basi delle macchine calcolatrici (ovvero dei computer), dell'intelligenza artificiale e della programmazione. Il suo progetto per la realizzazione di una macchina universale, cioè in grado di compiere il lavoro di qualunque altra macchina, fu alla base dello sviluppo dei calcolatori nel mondo.
La sua vita influì e fu influenzata da grandi personaggi quali Winston Churchill, Claude Shannon, Max Newman, John von Neumann, Norbert Wiener, Sir Geoffrey Jefferson, Bertrand Russel, Christopher Strachey... solo per citarne alcuni!
Alan muore, presumibilmente suicida, il 7 giugno 1944 all'età di neanche 42 anni, lasciando al mondo una grande eredità.
 
Bellissimo libro, che consiglio a tutti coloro che studiano informatica ma anche agli appassionati di storia per gli approfondimenti sulla società britannica e americana del tempo.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 23 agosto 2012

Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria

Chi era Cesare Beccaria?
Noto per la sua opera "Dei delitti e delle pene", per il resto mi è completamente sconosciuto. Sicuramente per mia colpa, chissà dove mi trovavo o a cosa pensavo quando l'abbiamo studiato a scuola (ma poi, siamo sicuri di averlo fatto?).
Nato a Milano il 15 marzo 1738 da famiglia nobile originaria di Pavia, inizia i suoi studi presso il Collegio Farnesiano di Parma, sotto la guida attenta dei Gesuiti.
All'età di vent'anni si laurea in giurisprudenza a Pavia. In quegli anni inizia a collaborare con l'Accademia dei Pugni di Alessandro e Pietro Verri.
Nel 1761 si sposa con Teresa Blasco da cui avrà una figlia, Giulia. L'importanza di questo matrimonio giudicatela voi, Giulia infatti sarà la madre del ben noto Alessandro Manzoni.
Nel 1764 viene pubblicato un piccolo testo: "Dei delitti e delle pene" che, tradotto in francese l'anno successivo consentirà, anzi ne determinerà il successo a seguito del "Commentaire" di Voltaire.
Nel 1771 ormai famoso, entra a far parte del Supremo Consiglio di economia pubblica, poi, nel 1791 entra nella giunta per la correzione del sistema giudiziario civile e criminale nonché nella commissione speciale per le riforme penali e di polizia.
A pochi anni di distanza, il 28 novembre del 1794 muore per un colpo apoplettico, all'età di soli 56 anni.
Ora, conosciuto meglio il nostro autore, anche se solo per grandi linee, vediamo qualcosa della sua opera più nota "Dei delitti e delle pene".
A differenza dei Promessi Sposi, opera monumentale scritta dal nipote Alessandro, Dei delitti e delle pene è un trattatello di neanche cento pagine ma, non per questo meno importante. Vediamo alcuni aspetti interessanti.
Beccaria inizia la sua opera con un'avvertenza (per il lettore) sul sistema delle leggi dei popoli europei, infatti:

          "Alcuni avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore fatte compilare da un principe che dodici secoli fa regnava in Costantinopoli, frammischiate poscia co' riti longobardi ed involte in farraginosi volumi di privati ed oscuri interpreti, formavano quella tradizione di opinioni che da una gran parte dell'Europa ha tuttavia nome di leggi; ed è cosa funesta quanto comune al dì d'oggi che una opinione di Carpzovio, un uso antico accennato da Claro, un tormento con iraconda compiacenza suggerito da Farinaccio sieno le leggi a cui con sicurezza obbediscono coloro che tremando dovrebbero regger le vite e le fortune degli uomini".

Critica severa di un sistema a suo parere disorganizzato, risultato dello "scolo dei secoli i più barbari", il cui scopo è quello di accrescere la legittima autorità dei sistemi in essere procedendo ad una revisione delle parti antiquate o corrotte dagli uomini e dal tempo.
Secondo il Beccaria, i principi morali e politici cui l'uomo obbedisce, nascono per "rivelazione", per "legge naturale" o come "convenzioni fattizie della società". Il fine ultimo è però lo stesso, condurre "alla felicità di questa vita mortale".
Su questa base il nostro Beccaria afferma che esistono "tre distinte classi di virtù e di vizio, religiosa, naturale e politica". 
Capisco che tutto ciò, a qualcuno, possa sembrare noioso, ma ritengo sia invece importante andare avanti nell'esame di quello che è l'avviso al lettore della sua opera.
Per Beccaria il "sistema di vizi e virtù" della politica è variabile, in quanto dipende dagli uomini e dai tempi, mentre l'idea della virtù naturale "sarebbe sempre limpida e manifesta se l'imbecillità o le passioni degli uomini non la oscurassero". Solo l'idea della virtù religiosa è sempre costante "perché rivelata immediatamente da Dio e da lui conservata".
Potrete chiedervi a quale scopo introdurre queste distinzioni, me lo sono chiesto anche io!
Lo stesso Beccaria al fine di non generare confusione chiarisce il motivo, infatti invita i suoi lettori a comprendere bene, prima di criticare la sua opera, quale classe di vizi e virtù in essa si analizzi.
Beccaria invita i lettori a non considerare la sua opera come distruttrice di virtù o di religione ma a cercare, qualora necessario, di convincerlo "o della inutilità o del danno politico che nascer ne potrebbe" dai principi esposti.
Non dobbiamo dimenticare che quando Beccaria scriveva non era troppo difficile inimicarsi la chiesa o il potere temporale e finire all'Indice o in carcere!
Prima di andare avanti vorrei fare notare la considerazione che ha dell'uomo il Beccaria, potrebbe essere passato senza lasciare impressione il termine "imbecillità" o il concetto che l'uomo è spesso guidato dalle "passioni" più che dalla logica. Dico questo perché è un concetto che ricorre anche nella introduzione, che infatti inizia così:
          
          "Gli uomini lasciano per lo più in abbandono i più importanti regolamenti [..] Apriamo le istorie e vedremo che le leggi che pur sono o dovrebbon esser patti di uomini liberi, non sono state per lo più che lo strumento delle passioni di alcuni pochi, o nate da una fortuita e passeggiera necessità! Non già dettate da un freddo esaminatore della natura umana...".
Ecco il perché della necessità di revisionare la legislazione vigente, opera di "passioni di uomini" o di caso fortuito, scolo dei tempi passati.
Che dire. Se tali concetti siano ancora validi a più di due secoli di distanza giudicatelo voi! Io preferisco evitare commenti e procedere oltre.

Nella ricerca dell'origine delle pene il Beccaria da una definizione di "legge" in funzione di "libertà" e di "sicurezza", cosa che ritengo importante notare perché a mio parere sempre valida: 

          "le leggi sono le condizioni, colle quali uomini indipendenti ed isolati si unirono in società, stanchi di vivere in un continuo stato di guerra e di godere una libertà resa inutile dall'incertezza di conservarla. Essi ne sacrificarono una parte (della libertà!) per goderne il restante con sicurezza e tranquillità".
Ecco dunque che per il Beccaria il sacrificio di parte della libertà di ognuno consente alla società così costituita di godere di sicurezza e tranquillità, infatti ecco che proprio da quanto appena detto discende il concetto di "sovranità nazionale": 

          "la somma di tutte queste porzioni di libertà sacrificate al bene di ciascheduno forma la sovranità di una nazione, ed il sovrano è il legittimo depositario e amministratore di quelle".
Naturalmente, tutto ciò valeva nel momento in cui nacquero le società primitive che si diedero delle leggi, oggi invece è semplicemente un dato di fatto, riscontrabile però subito dopo le grandi tragedie umane, le guerre (in particolare le guerre civili), cui segue la ricostruzione di una società spesso basata su leggi costituenti differenti dalle precedenti.
Ancora un passo del Beccaria ci porta a capire perché occorre introdurre un sistema punitivo, ancora una volta a causa della "natura umana", infatti:

         "non bastava informare questo deposito (cioè la sovranità nazionale), bisognava difenderlo dalle private usurpazioni di ciascun uomo in particolare, il quale cerca sempre di togliere dal deposito non solo la propria porzione, ma usurparsi ancora quella degli altri. Vi volevano dei motivi sensibili che bastassero a distogliere il dispotico animo di ciascun uomo dal risommergere nell'antico caos le leggi della società", questi "motivi sensibili" non sono altro che "le pene".
L'uomo origina la società ma è anche causa di disgregazione dovuta alla sua "natura imperfetta". Le pene (i motivi sensibili) non sono solo utili ma necessarie perché altrimenti non sarebbe possibile controllare la natura umana, ecco ciò che mi sembra voglia dire Beccaria e, purtroppo, mi sento di condividere.
Ecco dunque che il sovrano (colui che esercita la sovranità nazionale) ha il diritto (che è anche un dovere verso la società) di punire. 
Beccaria ci dice: 
          "Ecco dunque sopra di che è fondato il diritto del sovrano di punire i delitti: sulla necessità di difendere il deposito della salute pubblica dalle usurpazioni particolari; e tanto più giuste sono le pene, quanto più sacra ed inviolabile è la sicurezza, e maggiore la libertà che il sovrano conserva ai sudditi".
Ma dove è il confine tra "pena giusta" e "pena ingiusta"?
A ciò è d'aiuto Montesquieu; secondo lui è tirannica (e dunque ingiusta) "ogni pena che non derivi dall'assoluta necessità". Secondo Beccaria "fu dunque la necessità che costrinse gli uomini a cedere parte della propria libertà: egli è dunque certo che ciascuno non ne vuol mettere nel pubblico deposito che la minima porzione possibile, quella sola che basti a indurre gli altri a difenderlo. L'aggregato di queste minime porzioni possibili forma il diritto di punire; tutto il di più è abuso e non giustizia, è fatto, ma non già diritto".
Ecco dunque che per Beccaria è la necessità di sicurezza che spinge l'uomo ad aggregarsi in società fino a formare nazioni. Se non vi fosse questo stato di necessità infatti nessun uomo farebbe dono di parte della propria libertà, anzi "ciascuno di noi vorrebbe che i patti che legano gli altri non ci legassero".

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 16 maggio 2012

Plinio il Vecchio: Naturalis Historia

Plinio il Vecchio, ovvero Caius Caecilius Plinius Secundus, era uno storico enciclopedico latino.
Nato forse a Como, forse a Verona, intorno al 23 d.C., probabilmente fu educato a Roma, dove intraprese la carriera militare.
Noto a noi per la sua opera, l'immensa enciclopedia chiamata "Naturalis Historia".
L'opera, in 37 libri, era così articolata:
Libro I: indice dell'opera;
Libro II: astronomia e cosmografia;
Libri III-VI: geografia;
Libro VII: antropologia e fisiologia;
Libri VIII-XI: zoologia;
Libri XII-XIX: botanica;
Libri XX-XXXII: erboristeria, farmacologia naturalistica, medicina;
Libri XXXIII-XXXVII: regno minerale, metallurgia, materie coloranti e plastiche, pietre preziose, sommario di storia dell'arte.

Un'opera enorme che copriva tutto lo scibile umano.
Sono riuscito a trovare alcuni libri e ho cominciato a leggerli, veramente interessanti.
Se vorrete seguirmi, di tanto in tanto scriverò qualcosa su quest'opera fantastica!

A presto...