Traduttore automatico - Read this site in another language

giovedì 6 settembre 2007

Codice etico della strada

La guida su strada è una mission che deve necessariamente seguire un codice stradale.
Tale codice deve fornire anche una parte dedicata al buon senso, un codice etico per comprendere i comportamenti umani alla guida e ricomporre i propri.
Il mio codice etico è il seguente:
1. La tolleranza, per sperare in quella altrui, è la prima regola. Questo implica di non reagire ad un sorpasso solo per orgoglio della rivincita.
2. Viaggiare in compagnia accorcia virtualmente i tempi di percorrenza e contiene i costi di trasporto oltre a ridurre l’inquinamento climatico.
3. Scambiarsi informazioni sulle condizioni di traffico coltivando la maglia della rete degli automobilisti che condividono gli stessi itinerari.
4. Evitare la supponenza.
Spero in contributi a tal proposito.
Dopotutto siamo tuttologi.
Marica Di Camillo

mercoledì 5 settembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM

Nella letteratura vedica, lo SRIMAD BHAGAVATAM (o BHAGAVATA PURANA) rappresenta il Sapere per eccellenza!
Ho letto la prima parte del "Primo canto" in una versione tradotta dal sanscrito e commentata da Bhaktivedanta Swami Prabhupada.

Ciò che cerco, come al solito è qualche resto di antiche conoscenze... valutate voi se ciò che ho trovato è interessante o meno. Come al solito, vi invito a leggere i libri che indico, potrei aver sbagliato o capito male... e se avete qualche minuto, lasciate un commento...


[Canto 1, cap. 1, verso 10]
In questa età di ferro, età di kali, o dotto saggio, gli uomini vivono solo pochi anni, sono sempre irascibili, pigri, disorientati, sfortunati e soprattutto continuamente turbati.

[Canto 1, cap. 1, verso 21]
Sapendo che l'età di Kali è già iniziata, ci riuniamo in questo luogo santo per il compimento di un lungo sacrificio, destinato all'ascolto del messaggio trascendentale di Dio.

In sanscrito janah significa "uomini", in sardo janas sono le "fate"... ma alcune antiche costruzioni scavate nella roccia sono chiamate "domus de janas" cioè case delle fate... potrebbe significare "case degli uomini"... e avrebbe maggior senso!
In questo testo si parla di "età di ferro", e vengono citate le precedenti età: età d'oro (satya-yuga), età d'argento (treta-yuga), età di rame (dvapara-yuga). L'età di ferro, l'attuale, è la peggiore. Ogni età aveva le sue caratteristiche: l'età d'oro era caratterizzata dall'uomo che vive 100.000 anni, l'età d'argento vedeva gli uomini vivere fino a 10.000 anni. 1.000 anni vivevano nell'era di rame e solo 100 nell'attuale era di ferro!
Questo non è l'unico testo sacro antico che parla di età (d'oro, d'argento, di rame e di ferro), ve ne sono altri che affermano la stessa cosa...

Secondo gli Anales de Cuauhtitlàn, nella quarta età della Terra "molte persone affogarono ed altre si gettarono nei boschi e si convertirono in scimmie"... tratto da una nota al "Popol Vuh - Le antiche storie del Quiché"...
e siamo quasi agli antipodi...
Leggere per credere!


Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 1 settembre 2007

Sa domu ‘e su Para

Percorrendo la nuova strada Gesico-Villamar, a circa cinque chilometri da Gesico, ma in territorio di Guamaggiore, nascosta nella valle del Rio Salliu, “s’Arriu Sabiu”, si trova una vecchia costruzione ormai diroccata e che va via via scomparendo sepolta da pietre e terra. Per chi conosce la zona non é difficile arrivarci, infatti sulla sinistra, all’altezza de “is contrasa de Leunessi”, si trova una strada campestre che fiancheggia s’Arriu Sabiu e che dopo circa un chilometro permette di raggiungere “sa domu ‘e su Para”. Alcuni anziani ricordano ancora quella piccola costruzione che di tanto in tanto veniva utilizzata come riparo, ma ora non restano che poche rovine a testimonianza della sua esistenza. Lungo la strada il paesaggio desolato ci porta a pensare a chi, cinquanta e più anni fa, pernottava presso “is domus de Peppi Pai”, anche di queste non restano che vecchi ruderi visibili alla nostra sinistra. In quei tempi i bambini di cinque o sei anni venivano portati in campagna e lasciati a custodire il gregge, e questi piccoli uomini avevano paura, specialmente la notte, ma allora così era la vita. Per raggiungere le rovine bisogna camminare lungo il sentiero per circa venti minuti, tra cespugli di “tramatzu” e di “moddizzi”, ammirando splendidi pennacchi di “cruccuri” per giungere “assa domu ‘e su Para”.

Alla sinistra, poco sotto Bruncu Murcioni, possiamo vedere Nuraxi ‘e Accasa”, ma noi ci fermiamo prima, quando vediamo le prime tracce di pietra lavorata.
Di fronte a noi si apre un foro circolare di circa tre metri di diametro e profondo circa un metro e cinquanta. Si tratta dei resti di una costruzione in pietra lavorata, di forma circolare, che presenta un ingresso sul lato Ovest. Il pavimento é stato rimosso e si può notare che la costruzione é poggiata su una fila di pietre non lavorate. Su di queste si trovano tre file di pietre lavorate.
Le mura sono spesse circa ottanta centimetri e, ad un esame sommario, sembra che siano costituite da due file di pietre lavorate a T, la fila esterna presenta la faccia convessa lavorata mentre la fila interna presenta la faccia concava. Tra le due file si trovano delle pietre di dimensione ridotta legate con fango e terra.
Per poter essere certi del metodo costruttivo e quindi risalire allo stile architettonico e cercare di datare la costruzione bisognerebbe intraprendere degli scavi in tutta la zona. Pietre lavorate si possono notare un po’ ovunque, dentro e fuori la costruzione.
A circa dieci metri di distanza si trovano i resti di una seconda costruzione di diversa fattura. Le mura sono costituite da pietre di dimensioni inferiori, rispetto alla prima, e non lavorate, legate tra loro con terra. Di questa seconda costruzione resta solo una parte a forma di cupola. Dalla forma si potrebbe pensare si trattasse di un forno o di una cisterna, ma , come già detto, solo degli scavi accurati potrebbero portare alla luce elementi determinanti e chiarificatori.
La leggenda popolare racconta che queste costruzioni erano abitate da un frate che viveva nella zona ma non si conoscono altri particolari.
Al di là delle rovine de “sa domu ‘e su Para”, che già di per se possono offrire una valida motivazione ad affrontare il viaggio per Gesico e le sue campagne, la zona presenta delle sue caratteristiche peculiari per le quali vale la pena dedicarvi una giornata.
Si può raggiungere a piedi o a cavallo, facendo bene attenzione a non recar fastidio alle greggi e chiedendo l’autorizzazione ad attraversare i terreni ai legittimi proprietari al fine di evitare danneggiamenti.
Nel periodo piovoso si può assaggiare l’acqua salata de “s’arriu Sabiu”, negli altri periodi dell’anno il ruscello é asciutto. Questo ruscello dall’acqua salata, in passato , si credeva fosse ciò che restava di un antico mare e qualcuno racconta di aver visto degli anelli in ferro infissi nella roccia che dovevano essere utilizzati come attracchi per le imbarcazioni. Nessuno mi ha saputo indicare l’ubicazione di questi anelli, probabilmente perché non sono mai esistiti.
Sembra improbabile credere alla storia del mare come a quella degli anelli di ferro,é più facile ipotizzare un deposito di sale a monte della sorgente.
Tutta la zona é ricoperta di cespugli di moddizzi, (Lentisco) di questi in passato venivano raccolte le bacche utilizzate per la produzione de “s’ollu e stinci”, usato al posto dell’olio d’oliva; si trova anche qualche cespuglio di tramatzu (Tamerice?) i cui rami venivano tenuti nei pollai per allontanare le pulci delle galline.
Rientrando possiamo immaginare la vita di quel piccolo pastorello che cinquanta e più anni fa si aggirava intimorito per queste campagne, possiamo quasi vederlo mentre raccoglie le bacche da un cespuglio di “arruabi” per placare la fame e la sete.
Potete farlo anche voi se volete, i cespugli di “arruabi” ci sono ancora ed in settembre le bacche sono mature e saporite.
__________________________
A distanza di anni, sono tornato sul posto e ho notato che i soliti vandali hanno contribuito alla distruzione di quel poco che restava... alla ricerca, forse, di un tesoro nascosto... Peccato!
Chissà che l'Uomo non cominci a capire quale valore hanno queste opere dell'antichità... prima di distruggere tutto, compreso se stesso!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

venerdì 31 agosto 2007

L'Argentiera (Sassari)

L'Argentiera...
era una miniera... inferno in terra per l'Uomo...

ora è un paradiso...
d'acque trasparenti...

giornate rilassanti...
sotto l'ombrellone multicolore...


in una spiaggia quasi sconosciuta...
e perciò ancora bella...

incontaminata...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

giovedì 30 agosto 2007

Nebbia...

Si muoveva per la città veloce, silenziosa, strisciante e fredda, come la morte...

Le luci contribuivano non poco a render tetro il paesaggio.
Quella luminescenza verdastra che si diffondeva nell'aria avanzava con l'avanzare di quella strana nebbia...
Capitava spesso che la nebbia scendesse a valle dalle colline che circondavano il paese, eppure non era mai stata cosi...
Non so come descrivere quella strana sensazione.
Tutto sembrava impregnato di morte.
Le vie erano deserte e il silenzio quasi assoluto, rotto solo da qualche sempre più raro ululato di cani ormai selvatici...
Guardai il cielo...
non c'era la luna e le stelle, quelle poche che ancora si vedevano, erano circondate da quella foschia opaca e irreale, come fossero sul punto di spegnersi e morire anche loro.
Tutto era freddo e silenzioso, così irreale nella sua terribile realtà, così diverso dal chiasso di qualche giorno prima.
Ricordo ancora le strade affollate, il rumore delle auto in corsa, la gente che si ferma di fronte ad una vetrina.
Troppa gente - penso - che ci sarà di tanto interessante?
Ricordo di essermi avvicinato anch'io, incuriosito da tante grida di stupore...
Ricordo quel televisore sintonizzato su un telegiornale e le parole del cronista, incredibilmente cariche di preoccupazione:
"Sembra che sia nuovamente guerra, tra le grandi potenze..."
e poi più niente, il segnale era sparito!
Per un attimo il silenzio irreale della morte ci pervase.
Poi il silenzio si trasformò in consapevolezza e la consapevolezza portò con se il terrore...
Fu questione di istanti, il cielo si fece bianco, poi luminescente... accecante.
Si alzò un vento caldo che sapeva di morte, che veniva da lontano... poi da vicino... ... puzza di carni bruciate.
La gente cominciò a morire subito dopo.
La stessa sorte toccò ad animali e piante.
Erano bastati pochi giorni per sterminare sette miliardi di esseri umani, ben poca cosa, comunque, rispetto le perdite della Natura.
Poche eccezioni si muovevano lentamente per quelle lande ora deserte, in attesa del loro destino.
Ora tutto poteva ricominciare, lentamente, ancora una volta, e chissà a chi sarebbe toccata stavolta la corsa all'evoluzione...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 29 agosto 2007

Filastrocca del pendolare


Con la testa ben pettinata,
Leone di fama a caccia
percorri Pontina
guidatore in gattabuia.

A velocità di lumaca
sul viale a serpentina
rimpiangi Laurentina.

Mira l’indole torva e arcigna
l’animo allegro della mattina.

La notte sogni Ardeatina
il giorno incontri Appia Antica.

Marica Di Camillo

martedì 28 agosto 2007

"Sarò simile all'Altissimo"

Con questo articoletto vorrei riflettere sul satanismo in epoca contemporanea. A tal proposito ricostruiamo i fatti. Se si parte dall’asserzione che Dio è il creatore di tutte le cose visibili e invisibili, si pone il problema di stabilire cosa è il male. Nelle religioni di ceppo Giudaico (intendendo Israelitica, Cristiana e Islamica) il male viene raffigurato come una creatura di Dio “caduta” che tradisce la fiducia del creatore, ponendosi in contrapposizione con esso. Nel contesto cristiano, la figura in netta contrapposizione con Dio è Satana o Lucifero. La storia riportata dalla Bibbia cristiana e dagli scritti dei Padri della Chiesa, racconta che in origine Lucifero fosse l'Arcangelo più bello, più splendente e più vicino a Dio, chiamato quindi Lucifero ("portatore di luce"), che però, proprio per questa sua vicinanza, credette d'essere non solo come Dio, ma più potente dell'Onnipotente stesso ( "Sarò simile all'Altissimo", Isaia). Radunò a sé un terzo delle schiere angeliche e mosse guerra contro l'Onnipotente, che ovviamente lo vinse e lo precipitò dal Cielo insieme ai suoi angeli devoti. La loro caduta durò nove giorni, ed infine l'Inferno si spalancò sotto di loro, inghiottendoli. In quel momento il vero nome di Lucifero venne "cancellato dai Cieli" e da allora fu chiamato "Satàn" (cioè, l'"Avversario"). I meravigliosi angeli, lontani dalla luce divina mutarono in orridi demoni, e da allora il solo scopo di Satana è quello di trascinare gli uomini, nella sua dimora di disperazione per l'eternità.
La visione del cosmo di Dante nella Divina Commedia
Quindi possiamo dire che la figura di Satana accompagna la visione cosmologica della religione cristiana, per riempire quel vuoto teologico necessario a giustificare il male. La figura del maligno rientra così nella visione universale della Chiesa, la quale per esaltare l’esistenza del male finisce anche per esaltare la figura di Satana, dando così l’immagine del demonio, se pur negativa, come di una divinità capace di influenzare il mondo, creando il presupposto di una religione di tipo politeista.

Il giudizio universale di Giotto


Ma ad onor del vero, come tutti sanno, questo non fu il più famoso dei tradimenti che fu perpetrato al Dio creatore, altri figli prediletti del Signore che vivevano presso di Lui, lo tradirono e cioè Adamo ed Eva, ma il loro tradimento fu ingenuo (per così dire umano) e non superbo e Dio si limitò a dargli una vita di affanni, cacciandoli dal paradiso terrestre. In tutti i casi il male o il dolore e la fatica, in questa visione, nascono da ribellione da un atto di insubordinazione, ma se riflettiamo un attimo, cosa ce di più vivo e intenso nella crescita di una persona o di una comunità della ribellione?
Il dolore e la fatica non sono proprio aspetti del nostro essere terreni? E se Satana appare come una figura divina e ribelle non può esserci il rischio che venga eretto a simbolo di questa protesta? Non potrebbero essere questi aspetti alla base del culto di Satana nell’epoca moderna?
Giosuè Carducci (1835 - 1907) è stato un famoso poeta. Fu il primo italiano a ricevere il premio Nobel per la letteratura (1906) e per il suo impegno Risorgimentale è considerato uno dei poeti della Patria. Scrisse un non tanto famoso poema dal titolo “Inno a Satana” di cui riportiamo uno stralcio:
………..
Salute, o Satana,
O ribellione,
O forza vindice
De la ragione!
Sacri a te salgano
g l'incensi e i voti!
Hai vinto il Geova
Dei sacerdoti.



In questo poema Carducci concatena la ribellione con la ragione e con Satana interpretando quest’ultimo come una divinità pagana da contrapporre ad un Geova (Dio) falso perché inventato dai sacerdoti. Questo aspetto per così dire “colto” del satanismo lo si trova anche nella figura di quello che viene considerato il fondatore del Satanismo moderno. Aleister Crowley (1875-1947), britannico, è stato un mistico, poeta, artista e un agguerrito critico della società. Crowley anche se considerato un satanista si definiva ateo e disse: «il diavolo non esiste», «non c'è altro dio che l'uomo» e che Satana è semplicemente un nome inventato dalle religioni per i loro fini. Il motto di Crowley era “Fai ciò che vuoi”, un invito a godersi la vita senza limiti, nella continua ricerca della soddisfazione personale e del piacere. L’uomo, secondo, l’occultista inglese, ha il diritto di mettersi al posto di Dio e di scegliere le leggi della sua vita.
Anche senza scomodare il satanismo, la ribellione a Dio come metafora della ribellione alla società è stata utilizzata da molti pensatori moderni e contemporanei, ad esempio Fabrizio De Andrè (1940-1999) nella famosa canzone il “blasfemo” (di cui riportiamo alcune quartine) parla di un ubriaco che viene massacrato di botte da due gendarmi per aver considerato il peccato originale (e con esso tutti i peccati) come la ribellione legittima dell’uomo contro un padrone imbroglione e dispotico.


Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,
lo costrinse a viaggiare una vita da scemo,
nel giardino incantato lo costrinse a sognare,
a ignorare che al mondo c'è' il bene e c'è il male.

Quando vide che l'uomo allungava le dita
a rubargli il mistero di una mela proibita
per paura che ormai non avesse padroni
lo fermò con la morte, inventò le stagioni.
Ma anche per De Andrè non si tratta di ribellione a Dio ma di ribellione verso quelle persone che ne amministrano il culto

E se furon due guardie a fermarmi la vita,
è proprio qui sulla terra la mela proibita,
e non Dio, ma qualcuno che per noi l'ha inventato,
ci costringe a sognare in un giardino incantato,

A mio giudizio sono sufficienti queste poche citazioni per dire che esiste una letteratura moderna che interpreta la ribellione a Dio come ribellione al potere temporale della Chiesa, dove Satana può diventare un “eletto” portatore di questo desiderio di rivolta, come se il satanismo diventasse una forma estrema di “protesta” dell’uomo contro il “Dio dei sacerdoti”.

Alessandro Ghinassi