L’analisi degli avvenimenti storici può aiutarci a capire le relazioni in atto tra gli attori presenti sul campo. Lo studio può e deve essere compiuto a diversi livelli di definizione, a diverse scale di risoluzione: al primo livello si pone l’analisi della storia del paese Iraq con i suoi problemi interni di carattere storico-culturale, religioso, economico, politico, con le sue immense ricchezze spesso causa di guerre interne ed esterne; un secondo livello di definizione ci porta ad analizzare la storia delle relazioni intercorrenti tra il paese Iraq e i Paesi della regione (penisola araba, Iran, Turchia, Egitto, Siria e Israele) e con le organizzazioni politiche ed economiche regionali (l’OPEC e la Lega Araba), cui quegli stessi stati hanno dato vita.
Infine, si può arrivare all’analisi storica dell’Iraq come attore in uno scenario globale dove gli interessi delle grandi potenze (legati principalmente allo sfruttamento delle risorse mondiali di petrolio) unitamente a quelli della grande industria delle armi, hanno avuto nel tempo enorme influenza sulla storia del Paese.
Le guerre combattute contro l’Iran tra il 1980 al 1988, la guerra del 1991 contro americani e alleati dovuta all’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, i problemi interni dovuti alla presenza di minoranze di varie etnie, l’integralismo islamico e la difficile situazione regionale caratterizzata da instabilità e guerre, la lotta al terrorismo internazionale e ai paesi canaglia, le risorse naturali così abbondanti nella zona, hanno portato l’Iraq ad occupare una posizione scomoda nello scenario mondiale come conseguenza, principalmente, della sua aggressiva politica estera.
“Nonostante le infinite potenzialità che il paese possiede, l’oppressiva politica interna e l’aggressiva politica internazionale attuate hanno, in questi ultimi venti anni, determinato l’adozione da parte dell’ONU di conseguenti sanzioni. Queste hanno comportato per lo sviluppo del paese un freno stringente che attualmente nessun paese OPEC vorrebbe vedere allentato” (1).
Ma com’è stato possibile che uno stato potenzialmente ricco, quantomeno di risorse naturali, e non certo privo di tradizioni proprie, di storia e di cultura sia giunto a questo punto?
E’ necessario tornare indietro nel tempo per capire cosa oggi accade e quali siano le radici del conflitto. Sarebbe interessante percorrere la storia degli ultimi secoli ma ci limiteremo a vedere, per grandi linee, i principali avvenimenti degli ultimi ottanta anni aumentando il livello di definizione a mano a mano che ci si approssima ai giorni nostri o qualora fosse ritenuto necessario.
Cercheremo, altresì, di porre in relazione gli avvenimenti storici del paese iracheno con quegli avvenimenti, a livello regionale e mondiale, ritenuti importanti per lo studio che si sta conducendo, convinti che questa sia la strada da percorrere per giungere a capire quali implicazioni avrà questo conflitto nel contesto regionale e mondiale.
Nel 1916, con gli accordi di Sykes-Picot, si realizzò la spartizione dell’impero ottomano in aree d’influenza forzando l’aggregazione di diverse etnie in Stati non nazionali, fu così che il Regno Unito assunse la responsabilità di Iran, Iraq, Giordania e Palestina, mentre la Francia esercitò la sua egemonia sulla Siria (2). Nel 1921 l’Iraq diventa regno indipendente sotto mandato del Regno Unito.
E’ nel 1945 che l’Iraq ottiene l’indipendenza effettiva dal Regno Unito e aderisce alla Lega Araba (3).
Nello stesso periodo, il mondo vede nascere una nuova organizzazione internazionale che vuole essere il seguito della Società delle Nazioni, fondata con l’intento di eliminare i problemi della Società delle Nazioni. Nell’aprile del 1945 ha luogo la conferenza di San Francisco (4) che darà vita, con la firma della Carta, all’Organizzazione delle Nazioni Unite a partire dal 24 ottobre 1945. L’Iraq non entrerà mai a far parte delle Nazioni Unite.
In quegli anni si ha un forte sviluppo della comunità internazionale e di organizzazioni, anche militari, regionali o internazionali. Con la firma del Trattato di Washington, nell’aprile del 1949, è istituita l’Organizzazione per il Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). La NATO nasce come un’alleanza avente lo scopo di creare un sistema di sicurezza comune tra i dodici paesi fondatori (Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Danimarca, Islanda, Italia, Norvegia, Portogallo, Stati Uniti e Canada). In seguito altri paesi entreranno a farne parte, sia a pieno titolo sia come membri di partnership o accordi bilaterali.
In analogia a quanto realizzato nell’area dell’Europa Occidentale e Atlantica con la NATO, i più potenti Stati del mondo cercarono di creare alleanze volte a garantire la sicurezza anche in altre aree del mondo, tipicamente alleanze avente carattere difensivo, di tipo regionale in quanto più omogenee rispetto alle grandi organizzazioni a vocazione universale.
Il 6 settembre del 1954 ha inizio la conferenza di Manila che porterà all’istituzione del “Organizzazione del Trattato del Sud-Est Asiatico” (SEATO), i paesi membri sono l’Australia, Stati Uniti, Francia, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Regno Unito e Thailandia.
Il 24 febbraio 1955 viene firmato il Patto di Bagdad cui aderisce anche l’Iraq e che avrebbe dovuto aggregare gli stati del Medio Oriente.
Il 14 maggio 1955 URSS, Albania, Germania dell’Est, Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania e Cecoslovacchia firmano il Patto di Varsavia, con il quale s’impegnavano ad intervenire in difesa di uno stato dell’alleanza che avesse subito un attacco da parte di uno stato esterno all’alleanza. E’ il periodo in cui la guerra fredda fa sentire maggiormente i suoi effetti, soprattutto è il periodo dei sospetti, delle paure e della creazione di enormi quantità di armamenti nucleari.
L’Iraq, in questi anni, cerca di uscire dall’isolamento internazionale nel quale si trovava e nel marzo del 1958, con la Giordania, si costituisce una federazione che viene meno nel mese di ottobre a causa di un colpo di stato militare, guidato dal Colonnello Abd Al-Karim Qasim, contro la monarchia irachena.
Il 19 agosto 1959 il Patto di Bagdad si trasforma e diventa “l’Organizzazione per il Trattato del Centro” (CENTO), con sede ad Ankara (Turchia). Sono membri a tutti gli effetti l’Iraq, l’Iran, il Pakistan, il Regno Unito e la Turchia; gli Stati Uniti ne fanno parte come membro associato.
La necessità internazionale di regolare la produzione di greggio e il prezzo dei prodotti petroliferi fa si che il 14 settembre 1960 si costituisca a Bagdad “l’Organization of Petroleum Exporting Countries” (OPEC), i cui paesi fondatori sono Iraq, Iran, Venezuela, Arabia Saudita e Kuwait.
Nel 1963 un nuovo colpo di stato in Iraq, guidato da Abd as-Salam Arif, rovescia il governo del Colonnello Abd Al-Karim Qasim. L’Iraq purtroppo non riesce a trovare un suo equilibrio interno e l’economia ne risente fortemente.
Durante la guerra fredda, il mondo ha assistito ad una forsennata corsa agli armamenti nucleari. Negli anni sessanta si comincia a capire l’inutilità e la pericolosità di tutto ciò, senza peraltro bloccare la crescita degli armamenti. Stati Uniti e URSS hanno accumulato enormi quantità di armi nucleari che il loro utilizzo è ormai ritenuto impossibile per paura di escalation. Nello stesso periodo, in tutte le sedi di potere mondiale si comincia a discutere di disarmo, si mette in discussione soprattutto l’armamento nucleare e le armi chimiche e biologiche, ma anche i razzi, potenzialmente in grado di trasportare armi di distruzione di massa a grandi distanze.
Il 5 marzo 1970 entra in vigore il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, inizialmente valido per un periodo di venticinque anni (5), con il quale si afferma che i cinque Stati che alla data del 1 gennaio 1967 hanno condotto esperimenti nucleari possono possedere armi nucleari mentre gli Stati non nucleari che hanno ratificato il trattato si impegnano a non acquistare o fabbricare armi nucleari.
Il trattato obbliga altresì le potenze, chiamate “nucleari”, ad impegnarsi seriamente per la riduzione dei loro arsenali.
Nel 1973 l’Iraq, per avere un maggior controllo sulle sue risorse di idrocarburi, decide di nazionalizzare le compagnie petrolifere.
Il petrolio è per l’Iraq fonte di guadagni ma anche di preoccupazioni interne, principalmente a causa delle spinte secessioniste provenienti da alcune regioni che, forti delle risorse petrolifere dei loro territori, cercano in ogni modo di ottenere l’indipendenza (è questo il caso del Kurdistan); ma anche internazionali, attirando a se gli interessi delle multinazionali del petrolio e dei governi stranieri.
L’anno dopo, nel 1974, la regione del Kurdistan riceve l’autonomia fortemente desiderata, l’intenzione era di conquistare, con l’autonomia, il controllo delle risorse petrolifere della regione ma ciò non avviene; il controllo delle risorse petrolifere rimane accentrato all’Iraq, che ritiene, correttamente a mio parere, che possedere il controllo delle risorse petrolifere e di gas sia essenziale per il governo del paese.
E’ il 1975, l’Iraq e l’Iran raggiungono un accordo sul controllo dell’estuario del fiume Shatt’al Arab (accordo di Algeri) che costituisce confine a sud con l’Iran, tale accordo dovrebbe mettere fine ai problemi verificatisi in precedenza e permettere un maggior sviluppo economico della regione.
Nel 1979 viene eletto presidente Saddam Hussein, da questo momento i rapporti tra Iran e paesi confinanti andranno sempre più deteriorandosi. Il 26 settembre 1979 l’Organizzazione per il Trattato del Centro (CENTO) si scioglie e l’Iraq diventa sempre più aggressivo, nei confronti dei suoi vicini, in particolare con l’Iran.
Nel 1980 l’Iraq dichiara decaduto l’accordo di Algeri sul controllo dell’estuario dello Shatt’al Arab con l’Iran e gli scontri che si verificano lungo la frontiera tra i due paesi, sempre più sanguinosi, sfociano in una guerra (22 settembre) che terminerà solo nel 1988 e sarà causa di circa un milione di morti.
Durante la guerra, a più riprese e da entrambe le parti vi è l’uso di armi di distruzione di massa, principalmente gas venefici; le rivendicazioni irachene sul confine oggetto dell’accordo di Algeri, stabilito nel 1975 con l’allora scià di Persia, furono una delle cause della Guerra con l’Iran (6).
Il conflitto rischia di degenerare e l’instabilità nella regione aumenta, così il 20 luglio 1987 l’ONU adotta la Risoluzione 598 con la quale, ai sensi degli articoli 39 e 40 della Carta (7), chiede che come primo passo verso la pace, Iran e Iraq osservino il cessate il fuoco; il Segretario Generale è invitato, dal Consiglio di Sicurezza, ad inviare un team di Osservatori ONU che si occupi di verificare, confermare e supervisionare il cessate il fuoco tra i due paesi e di sottoporre al Consiglio un rapporto sulla questione. Nel marzo 1988 la città di Halabga, importante centro curdo, subisce un attacco iracheno durante il quale vengono utilizzate armi chimiche; il confine settentrionale con la Turchia è sempre stato al centro di conflitti d’interessi, la Turchia considera indebito il possesso delle regioni attorno a Mosul e Kirkuk da parte dell’Iraq (accordi Sykes-Picot del 1916) (8).
Durante il 2812° meeting del Consiglio di Sicurezza, il 9 maggio 1988, si discute il rapporto degli osservatori ONU
“The situation between Iran and Iraq: report of the mission dispatched by the Secretary-General to investigate allegations of use of chemical weapons in the conflict between the Islamic Republic of Iran and Iraq”.
Alla luce del rapporto, il Consiglio di Sicurezza emette la risoluzione n. 612 in cui si afferma che nel conflitto in atto le armi chimiche continuano ad essere utilizzate in quantità sempre maggiore, si chiede di osservare il Protocollo di Ginevra del 17 giugno 1925 sulla proibizione dell’uso in guerra di gas asfissianti, velenosi o altri e delle armi batteriologiche.
L’8 agosto 1988 nel corso del 2823° meeting del Consiglio di Sicurezza si discute sulla situazione tra Iran e Iraq, i rappresentanti di Iran ed Iraq prendono parte ai lavori. Il giorno successivo, con la risoluzione 619 il Consiglio approva il rapporto del Segretario Generale sulla situazione tra Iran e Iraq e decide per l’invio di un gruppo di Osservatori militari dell’ONU per un periodo di sei mesi. La data del cessate il fuoco è fissata per il 20 agosto 1988. I due paesi escono dalla guerra con enormi problemi economici.
Il 26 agosto 1988, con la risoluzione n. 620, il Consiglio di Sicurezza condanna l’uso delle armi chimiche durante il conflitto Iran-Iraq in violazione del protocollo di Ginevra e della risoluzione 612 e invita il Segretario Generale ad investigare sui fatti verificatisi, richiama gli Stati al controllo sull’esportazione di materie utilizzabili per la produzione di armi chimiche.
Il 2 agosto 1990, probabilmente a causa della disastrosa situazione economica, l’Iraq invade il kuwait utilizzando come pretesto presunti diritti sullo sfruttamento dei pozzi di confine (9).
Solo quattro giorni dopo, il 6 agosto 1990 il Consiglio di Sicurezza adotta una serie di sanzioni commerciali, finanziarie e militari contro l’Iraq e chiede il ritiro delle truppe dal Kuwait. Il 8 agosto 1990 il Consiglio di Sicurezza dichiara nullo e non avvenuto l’annuncio dell’annessione di fatto del Kuwait.
Il 4 settembre 1990 i paesi membri dell’Unione Europea Occidentale si accordano, al fine di rinforzare l’embargo, sulle modalità di coordinamento delle operazioni navali nel Golfo. Le consultazioni proseguono presso il Consiglio della NATO in relazione all’evoluzione della situazione politica, militare ed economica del Golfo in vista delle azioni eventuali da intraprendere in favore dell’applicazione delle risoluzioni dell’ONU.
Ad ottobre i ministri degli esteri dei paesi membri della CSCE adottano una risoluzione con la quale condannano l’aggressione dell’Iraq nei confronti del Kuwait.
Nel mese di dicembre i ministri della Difesa dei paesi membri della NATO durante la riunione del Comitato di pianificazione della Difesa e del Gruppo di pianificazione nucleare, appoggiano la risoluzione 678 delle Nazioni Unite che chiede il ritiro delle truppe entro il mese di gennaio 1991.
Il 9 gennaio 1991 i ministri degli esteri, americano e iracheno, si incontrano a Ginevra per discutere la situazione. A seguito del rifiuto di ritirare le truppe dal kuwait, il 16 gennaio 1991, americani e alleati iniziano le operazioni militari (attacchi aerei) contro l’Irak per liberare il Kuwait dall’occupazione.
L’Unione Sovietica compie un ultimo tentativo per evitare la guerra, ma il piano di pace non soddisfa le richieste alleate e così il 24 febbraio 1991 ha inizio l’offensiva terrestre diretta alla liberazione dei territori occupati.
Quattro giorni dopo l’inizio delle operazioni, il 28 febbraio 1991, sono sospese le ostilità a seguito della liberazione del Kuwait.
L’Iraq accetta le condizioni dettate dalle risoluzioni ONU per il ritiro dal Kuwait.
Nell’aprile del 1991 inizia la missione UNSCOM, commissione speciale per il disarmo delle Nazioni Unite, con il compito di far rispettare la risoluzione 687 dell’ONU che imponeva, tra l’altro, lo smantellamento delle infrastrutture dell’industria militare irachena.
I problemi interni continuano e nel 1992 i bombardamenti contro la minoranza sciita ad opera del Raiss determinarono la decisione, da parte di USA e Regno Unito, di istituire una No-fly-zone nel nord del paese e una nel sud a partire dall’allineamento delle città al-Rutba e al-Kut. Sulle due no-fly-zone è vietato il volo a qualsiasi vettore e l’agganciamento di velivoli con sistemi radar.
Il 1993 è un anno di fermento internazionale, a Parigi viene proposta la Convenzione sulle armi chimiche, verrà firmata da 127 paesi. Nello stesso anno, la Corea del Nord espelle gli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ed annuncia il suo ritiro dal Trattato di non proliferazione.
Negli anni seguenti, gli ispettori ONU della missione UNSCOM proseguono il loro lavoro ma nel gennaio del 1998 la situazione internazionale precipita in seguito alla decisione del governo iracheno di impedire l’ispezione dei siti presidenziali.
Nel mese di ottobre dello stesso anno s’interrompe ogni forma di collaborazione tra Iraq e ispettori. Due mesi dopo americani e inglesi lanciano l’operazione “volpe del deserto”, dislocano le loro forze nel Golfo e bombardano l’Iraq.
Il 17 dicembre 1999 il Consiglio di Sicurezza vota la risoluzione 1284, grazie anche all’astensione di Francia, Cina e Russia. In cambio della sospensione dell’embargo si propone all’Iraq l’accettazione di una nuova missione d’ispezione dell’ONU.
L’Iraq non accetta.
E’ l’11 settembre 2001, l’attentato aereo contro il World Trade Center e contro il Pentagono fanno si che inizi una nuova era, quella della lotta senza quartiere contro il terrorismo internazionale.
A seguito dell’attentato, il 28 settembre 2001, il Consiglio di Sicurezza adotta la risoluzione n. 1373 con la quale gli stati delle Nazioni Unite sono invitati ad aderire ai trattati concernenti il terrorismo internazionale e, in particolare, alla Convenzione Internazionale per la Repressione del dei Finanziamenti al Terrorismo del 9 dicembre 1999. Gli Stati Uniti individuano nell’Afganistan, ed in particolare nell’organizzazione terroristica di al-Qaida, il principale responsabile dell’attacco terroristico del 11 settembre. L’autunno del 2001 vede gli Stati Uniti impegnati nella campagna in Afganistan, contro Bin Laden, capo carismatico di al-Qaida. L’Afganistan è colpevole di aver dato rifugio ai terroristi colpevoli dell’attentato del 11 settembre e di essere il capofila di una serie di Stati canaglia che appoggiano in vari modi il terrorismo internazionale.
E’ il mese di gennaio 2002 quando il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, dichiara che utilizzerà qualunque mezzo in suo potere per abbattere il regime di Saddam Hussein. Bush afferma che Iraq, Iran e Corea del Nord formano un “asse del male” perché sviluppano armi di distruzione di massa.
A seguito degli attacchi del 11 settembre aumentano le adesioni alla Convenzione Internazionale per la Repressione dei Finanziamenti al Terrorismo; adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre1999, la Convenzione entra in vigore il 10 aprile 2002.
Il 12 settembre 2002, durante il suo discorso (10) all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente degli Stati Uniti d’America ricorda gli avvenimenti del 11 settembre 2001 e afferma la necessità di proteggere le vite di tanti altri innocenti.
Nel suo discorso sono contenute le accuse all’Iraq, con riferimento alla risoluzioni ONU violate e alle “prove” dell’appoggio dato dal regime ai terroristi responsabili dell’attacco dell’11 settembre 2001. George W. Bush, pone in evidenza il pericolo rappresentato dai gruppi terroristici che portano avanti la loro guerra contro la civilizzazione, anche appoggiati da regimi fuorilegge, sostiene inoltre che contro tale aggressività deve operare l’ONU. Bush ricorda come nelle risoluzioni n. 687 (1991) si chiedesse all’Iraq di non supportare le organizzazioni terroristiche e del fatto che il regime non si sia attenuto alla risoluzione 687 e abbia violato anche la risoluzione n. 1373 supportando le organizzazioni terroristiche internazionali. Bush offre aiuto all’ONU affinché le decisioni prese abbiano un valore effettivo e vengano rispettate dall’Iraq.
Infine, il presidente americano invita l’ONU ad agire immediatamente e afferma che, se ciò non dovesse avvenire, gli Stati Uniti interverranno comunque, anche da soli.
Nel Settembre del 2002 l’Iraq, sotto la minaccia di un intervento armato, accetta il ritorno sul proprio territorio degli ispettori dell’ONU.
L’8 novembre 2002 il Consiglio di Sicurezza adotta la risoluzione n. 1441 che permetterà il ritorno degli ispettori in Iraq. La risoluzione prevede che entro il termine di due mesi dall’ingresso degli ispettori dovrà essere presentato un rapporto al Consiglio di Sicurezza sulla situazione delle armi di distruzione di massa in Iraq.
Nel dicembre 2002 l’Iraq fornisce una relazione sulle armi di distruzione di massa in cui afferma di non essere in possesso di alcun’arma proibita, rapporto considerato non veritiero da parte degli Stati Uniti.
Il 6 gennaio 2003 Saddam Hussein accusa gli ispettori ONU di compiere un lavoro di spionaggio e non d’ispezione.
Intanto le forze americane vengono dislocate lungo i confini iracheni e le voci di un prossimo attacco diventano sempre più insistenti, come le smentite e gli appelli alla ragione.
Il ministro degli esteri britannico, preoccupato per le conseguenze che la delegittimazione condotta dagli Stati Uniti nei confronti dell’ONU potrebbe avere sull’opinione pubblica, afferma che sarebbe meglio avere una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU che autorizzasse esplicitamente l’intervento armato.
Il New York Times rivela i piani della Casa Bianca per l’amministrazione dell’Iraq dopo la guerra affermando che si prevede un’occupazione militare di almeno diciotto mesi durante la quale si dovrà, innanzi tutto, prendere il controllo dei pozzi petroliferi per poter pagare la ricostruzione, si dovrà dare la caccia ai vertici del regime irakeno, si dovranno ricercare le armi di distruzione di massa e si dovrà tenere il paese unito (11).
E’ tempo di guerra psicologica e d’informazione. Il 07 gennaio 2003, americani ed inglesi proseguono il dispiegamento delle forze militari nel Golfo. Si verificano incidenti nel sud dell’Iraq, nella no fly zone, dove gli americani affermano di aver attaccato degli obiettivi militari mentre Saddam afferma che sono stati attaccati degli insediamenti civili.
In Francia il Presidente Jaques Chirac afferma che:
“Seule l’ONU peut dècider d’utiliser la force en Irak. [..] Nous pensons e nous disons que le droit, le dialogue des cultures, le respect de l’autre, les valeurs d’humanisme, la solidarité [..] la recherche de solutions politiques, le multilatéralisme valent mieux que la force comme instrument de stabilisation et de réduction des tensions et des risques.” (12).
La situazione internazionale appare essere sempre più tesa. Il 10 gennaio 2003 la Corea del Nord, in precedenza accusata di far parte degli Stati canaglia, annuncia il suo ritiro immediato dal Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP).
Francia e Germania si schierano contro l’intervento in Iraq. Durante le celebrazioni del quarantesimo anniversario del trattato franco-tedesco, il 22 gennaio 2003, il presidente francese Jaques Chirac e il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ribadiscono che non approveranno la legittimazione della guerra all’Iraq.
Il Segretario americano alla Difesa, Donald Rumsfeld, accusa Francia e Germania di rappresentare nient’altro che la “Vecchia Europa” mentre la nuova Europa si trova più ad Est ed è favorevole alla politica estera americana.
Il segretario di Stato, Colin Powell, consiglia di attendere i risultati degli ispettori ONU e inoltre afferma che il ricorso alla forza è già autorizzato dalla risoluzione 1441 del Consiglio di Sicurezza del novembre 2002.
Powell afferma che gli Stati Uniti non si tirano indietro dal fare la guerra se questo è l’unico modo di liberarsi dal pericolo che rappresentano le armi di distruzione di massa dell’Iraq, inoltre afferma il diritto “sovrano” dell’America di lanciare un’offensiva militare, soli o in coalizione con altri Stati desiderosi di combattere il terrorismo internazionale.
Il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer afferma che il Presidente americano, George W. Bush, ha ribadito l’importanza di lavorare a stretto contatto con gli alleati anche al fine di trasmettere all’Iraq dei segnali forti, univoci, ha inoltre ribadito che per gli Stati Uniti l’ONU è un mezzo utile per giungere alla soluzione dei problemi con l’Iraq ma non è il solo mezzo esistente.
Il 27 gennaio 2003 viene presentato al Consiglio di Sicurezza il rapporto degli ispettori ONU sulla situazione esistente in Iraq. Il Presidente della Commissione d’ispezione ha sottolineato che, nell’insieme, il governo di Bagdad ha collaborato bene con gli ispettori permettendo la visita di tutti i siti richiesti, ma vi sono ancora troppi punti oscuri in relazione ai programmi iracheni sulle armi proibite anche in relazione al poco tempo avuto a disposizione dagli ispettori.
Per Blix il governo iracheno non ha fornito alcuna novità nella relazione di dodicimila pagine sui programmi relativi alle armi di distruzione di massa e alla distruzione delle armi biologiche e inoltre vi sono informazioni contraddittorie sulle dichiarazioni relative all’uso e alla distruzione del gas neurotossico VX.
Il Direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Mohamed ElBaradei, ha affermato che durante le ispezioni non è stata identificata alcuna attività nucleare proibita, ponendo in evidenza la necessità di alcuni mesi di lavoro per poter affermare con ragionevole certezza il fatto che l’Iraq non ha in essere un programma per la produzione di armi nucleari.
A Davos (Svizzera), durante il Forum economico mondiale, il Segretario di Stato Colin Powell ha assicurato che il regime di Saddam Hussein ha dei chiari legami con l’organizzazione terroristica di al-Qaida mandataria degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001.
L’Iraq risponde alle accuse tramite il vice premier Tarek Aziz, questi ha ribattuto alle accuse affermando che gli americani mentono e che in caso di guerra l’Iraq non utilizzerà armi chimiche o batteriologiche semplicemente perché non ne possiede.
Il 28 gennaio 2003 durante un suo discorso, Bush accusa nuovamente l’Iraq di nascondere agli ispettori le armi di distruzione di massa e dà il preavviso all’esercito americano, chiedendo ai suoi uomini di prepararsi ad agire.
Il segretario di Stato Colin Powell, il 4 febbraio 2003 di fronte al Consiglio di Sicurezza, presenta dei documenti miranti a provare che l’Iraq rappresenta un pericolo per il mondo intero. L’intenzione è quella di ottenere l’avallo dell’ONU per l’operazione contro l’Iraq, ma non riesce a convincere ad autorizzare l’uso della forza contro l’Iraq. Francia, Russia, Cina e Germania sostengono infatti che le ispezioni cominciano a dare i frutti sperati e che nulla giustificherebbe un intervento armato contro l’Iraq, dal momento che anche secondo gli ispettori la situazione appare migliorare di giorno in giorno.
Il 6 febbraio 2003 il presidente degli Stati Uniti dichiara “The game is over”, facendo capire l’intenzione degli Stati Uniti di voler risolvere il problema “Saddam Hussein” con la forza, anche senza il beneplacito dell’ONU. Gli Stati Uniti chiedono alla Turchia di fornire appoggio alle truppe alleate, per lo svolgimento delle operazioni contro l’Iraq.
Il parlamento turco autorizza la rimessa in efficienza d’infrastrutture portuali ed aeroportuali sul suo territorio, ad opera del genio americano, in vista del transito di truppe ma non autorizza il dislocamento di forze americane sul suo territorio. La richiesta americana d’autorizzazione al dislocamento di una base militare in territorio turco lungo il confine iracheno non viene neanche presentata in parlamento in quanto il momento non è considerato ideale.
Nello stesso periodo i governi degli Stati medio orientali ricevono richieste di sostegno o avvisi di non intervento. Il 9 febbraio 2003 il presidente egiziano Hosni Moubarak, il siriano Bachar Al-Assad e il Capo del governo libico Mouammar Kadhafi s’incontrano a Charm el-Cheickh per discutere il problema dell’Iraq e quale sia la linea di politica estera da percorrere. Per il presidente egiziano Moubarak, le Nazioni Unite dovrebbero concedere più tempo agli ispettori per lo svolgimento del loro compito ma afferma che, in ogni caso, gli arabi non potranno far niente per prevenire la guerra.
Lo stesso giorno l’Iraq denuncia il bombardamento di obiettivi civili ad opera di aerei da guerra americani e britannici nel Sud dell’Iraq, annunciando al mondo che la guerra è già iniziata seppur non ancora dichiarata.
Il 10 febbraio 2003, in seno alla NATO, Francia e Belgio pongono il veto alle richieste americane di sostegno a favore della Turchia in caso di guerra contro l’Iraq, la Germania è d’accordo con Francia e Belgio che sostengono che:
“..accepter les demandes américaines ferait entrer prématurément l’Otan dans une <
Il 10 marzo 2003, il presidente francese Jaques Chirac minaccia di utilizzare il diritto di veto per impedire il progetto di risoluzione che legittimerebbe l’intervento armato americano in Iraq.
Il ministro degli esteri Russo, Igor Ivanov, annuncia al mondo che anche la sua nazione è pronta a far uso del diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza, opponendosi agli Stati Uniti e affiancandosi così alla Francia.
Americani e inglesi capiscono di non avere più carte diplomatiche da giocare e così il 17 marzo 2003 viene offerta l’ultima possibilità all’Iraq, sotto forma di quello che assomiglia ad un ultimatum, per evitare la guerra entro 48 ore Saddam Hussein dovrà essere mandato in esilio oppure l’Iraq dovrà prepararsi alla guerra.
Australia, Giappone e Taiwan si schierano dalla parte degli Stati Uniti mentre la Cina insiste affinché si trovi una soluzione pacifica che permetta di evitare il conflitto e di ristabilire la pace nella regione.
Gli Stati Uniti, insistendo nel loro intento interventista e sulla base dell’ultimatum posto, raccomandano agli ispettori dell’ONU di lasciare immediatamente l’Iraq per evitare i pericoli derivanti dal prossimo inizio del conflitto. In aperto contrasto con le Nazioni Unite, Stati Uniti e Regno Unito danno inizio al conflitto contro l’Iraq senza aver raggiunto però un importante obiettivo, quello di avere l’autorizzazione dell’ONU.
Quanto detto finora, ci deve far pensare a quali fossero le condizioni dell’Iraq al momento dell’attacco da parte la coalizione. L’Iraq è uno stato moralmente ed economicamente distrutto, non certo in grado di sostenere una guerra contro la maggiore potenza mondiale ed il suo alleato, il Regno Unito, o per lo meno non è in grado di condurre una guerra convenzionale, o simmetrica, a parità di forze e di armamenti.
Forse le forze armate dell’Iraq sono in grado di condurre una guerra asimmetrica, quale una guerriglia su tutto il territorio iracheno, contando sul vantaggio della conoscenza del territorio e forti dell’opposizione della popolazione, contraria alla presenza di truppe occidentali.
Probabilmente è questa la scelta messa in atto dal leader del governo iracheno, anche alla luce del comportamento posto in essere dall’esercito iracheno che raramente, durante il conflitto, ha affrontato direttamente le forze americane e sembra essersi disperso sul territorio per porre in atto azioni di guerriglia che causano gravi perdite tra le fila degli americani e degli inglesi, ma che soprattutto colpiscono l’opinione pubblica internazionale ponendo il mondo di fronte all’incubo dei morti, dei kamikaze e degli attentati terroristici internazionali.
Nella storia del diritto internazionale questo è, probabilmente, il momento più nero quanto meno per l’Organizzazione delle Nazioni Unite, non s’era mai giunti, infatti, ad una rottura così grave sul piano diplomatico all’interno dell’Organizzazione.
La delegittimazione dell’ONU, portata avanti da americani ed inglesi rischia di creare seri problemi a medio e lungo termine, non tanto per l’intervento in se, quanto perché, ben sapendo che non avrebbero potuto far passare la risoluzione che avrebbe dovuto autorizzare l’intervento in Iraq, Stati Uniti e Regno Unito avevano deciso di snobbare le Nazioni Unite intervenendo direttamente con la forza senza presentare alcuna risoluzione che avrebbe portato ad un sicuro fallimento politico, evitando così un voto che avrebbe irrimediabilmente intaccato la legittimità della guerra (14). Legittimità posta peraltro in discussione da buona parte del consesso internazionale, che posto di fronte al fatto compiuto, in taluni casi ha sollevato nei confronti degli Stati Uniti e del Regno Unito, l’accusa di aver commesso il crimine internazionale di aggressione armata.
1) Franco Culeddu “La questione irachena nel contesto mediorientale e nella guerra al terrorismo”. Torino, 2002.
2) Questa spartizione territoriale avvenne senza tenere in alcun conto le esigenze delle popolazioni autoctone, gli stati europei piuttosto si preoccuparono della spartizione del Kurdistan e delle sue ingenti risorse energetiche, tra quatto stati: Turchia, Siria, Iran e Iraq.
3) La Lega Araba è un’alleanza di carattere economico, politico e militare, costituita il 22 marzo 1945 con lo scopo di coordinare le attività oggetto dell’alleanza tra i paesi arabi.
4) Già durante la seconda guerra mondiale Roosvelt ipotizzava un mondo controllato dai grandi vincitori della guerra:
“Franklin Delano Roosvelt [..] concentrò ogni suo sforzo, quindi, sull’obiettivo che considerava fondamentale: una grande organizzazione internazionale in cui i vincitori avrebbero assunto la leadership della società mondiale, una rigida cornice per impedire che gli Stati Uniti cedessero ancora una volta alla tentazione isolazionista. A teheran, nell’ottobre del 1943, disse a Stalin e a Churchill che i quattro grandi – Stati uniti, URSS, Regno Unito, Cina – sarebbero stati, dopo la fine della guerra, i 'poliziotti' del mondo. “ - Sergio Romano, Cinquant’anni di storia mondiale, pag. 20.
5) La Conferenza degli Stati parte del trattato di non proliferazione, nel 1995 ha esteso a tempo indefinito la validità del Trattato.
6) Su tale confine si incentrarono i rispettivi interessi espansionistici dei due contendenti. Gli interessi iraniani, che facevano leva sull’appoggio alla minoranza sciita presente del Sud dell’Iraq, erano quelli di espandersi verso Bassora ed avere accesso alle risorse petrolifere del Sud dell’Iraq, negando a quest’ultimo l’accesso al Golfo Persico. A sua volta L’Iraq intendeva espandersi verso la regione dell’Iran sud-occidentale.
7) Capo VII, Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed atti di aggressione.
8) La regione, ricchissima di petrolio, è negli interessi di Ankara, che aspira alla costituzione di uno stato Curdo nella zona, su cui estendere la propria egemonia. Nella zona sono attivi i partiti curdi PDK (Partito democratico curdo) e UDK (Unione Patriottica Curda) che reclamano il riconoscimento di uno stato Curdo. Dopo le sanguinose stragi scatenate da parte del governo centrale iracheno nel 1988 contro la popolazione curda mediante l’uso di armi chimiche, e motivate dalla cacciata da parte delle milizie curde dell’Esercito iracheno da Halabja, , il PDK e l’UDK grazie all’intervento armato di USA e Regno Unito, hanno ottenuto ognuno la concessione di una considerevole autonomia in determinate aree del Kurdistan iracheno. Per scongiurare nuovi attacchi alla popolazione curda, nel 1992 venne stabilita da USA e Regno Unito una No-fly-zone nel nord del paese e una nel sud a partire dall’allineamento delle città al-Rutba e al-Kut. Sulle due no-fly-zone è vietato il volo a qualsiasi vettore iracheno ed è vietato agli iracheni anche qualunque agganciamento di velivoli con sistemi radar.
9) Confidando nell’appoggio dei paesi arabi l’Iraq, per risollevare la propria economia, in ginocchio dopo otto anni di guerra con l’Iran, invade il Kuwait, con l’intento di impadronirsi delle enormi risorse e infrastrutture petrolifere del paese. A seguito del mancato appoggio dei paesi arabi e dell’operazione Desert Storm, alla quale alcuni di quegli stessi paesi parteciparono, furono ristabiliti i confini precedenti.
10) G. W. Bush, President’s Remarks at the United Nations General Assembly, “Office of the Press Secretary”, 12 settembre 2002.
11) Corriere della Sera.it., Saddam: gli ispettori fanno lavoro di spionaggio, 7 gennaio 2003.
12) Le figarò.fr, 08 gennaio 2003, “Chirac réaffirme la primauté de la diplomatie”. Il presidente francese, durante il discorso di auguri al corpo diplomatico ha dichiarato che solo le Nazioni Unite sono legittimate a prendere decisioni sul problema dell’Iraq e ha ribadito la necessità di rigettare risolutamente la tentazione di un’azione unilaterale in quanto tale azione intaccherebbe la legittimità dell’agire della comunità internazionale.
13) Le figaro.fr, Philippe Gélie, “Otan: Francais, Belges et Allemands opposent leur veto”,10 febbraio 2003.
14) Sergio Romano, “ONU. Il veto della discordia”, in Rivista Aeronautica n.2/2003, pag. 22 e seguenti
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO