Questa mattina, frugando tra le tante cose che ho scritto, alla ricerca di qualche incompiuto da completare, ho trovato questo piccolo pezzo di tradizioni popolari che non avevo ancora pubblicato sul blog.
Così, ecco a voi "Su carru 'e sa motti!
Un tempo, per vivere, bisognava inventarsi il lavoro e qualcuno più furbo degli altri, e con pochi scrupoli, riusciva a sfruttare a proprio vantaggio, la paura dei compaesani.
Questa storia mi é stata raccontata in uno dei pochi momenti in cui ci si ritrova in famiglia, durante una notte di temporale.
Seduti di fronte al caminetto, nel quale arde un fuoco che colora di rosso pallido la cucina, la televisione spenta per mancanza di corrente elettrica, il più anziano, mio suocero, torna indietro nel tempo e racconta ciò che tante volte da bambino aveva sentito raccontare.
Tanto tempo fa, la morte di una persona veniva annunciata dal passaggio di un carro molto particolare: “su carru de sa Motti”.
Le parole gli escono di bocca come se la leggenda fosse ormai parte di lui, non ci sono bambini piccoli, ma a noi sembra di essere piccoli, forse qualcuno ha anche paura, o forse é semplicemente l’atmosfera che si é creata intorno al camino, fatto sta che qualcuno sentiva dei brividi anche se non c’era freddo.
Era facile capire quando passava il carro dal frastuono che si sentiva, come di catene trascinate sulle pietre.
Quando passava il carro, tutto il paese aveva paura e nessuno si azzardava a mettere il naso fuori dalla porta.
Ogni notte la stessa storia, tra la mezzanotte e l’una, fino alla morte del malcapitato.
Dopo la morte del malato il carro non passava più.
Il carro della morte non era altro che l’invenzione di alcuni intraprendenti ladri che, bene informati sullo stato di salute dei paesani, approfittavano della loro buona fede per rubare qualcosa con cui vivere.
Attrezzato un carro con pesanti catene, giravano la notte sulle strade in selciato , nei pressi delle case in cui si sapeva che vi era qualche malato in fin di vita.
Così si creò la brutta fama di annunciare la morte delle persone.
Qualche volta é capitato che il carro si facesse sentire in una zona in cui non c’era nessun malato e, in quelle rare occasioni tutti temevano per la propria vita e si rinchiudevano nelle loro case.
Per i ladri diventava abbastanza semplice compiere i loro furti e dileguarsi in quanto nessuno usciva dalla propria casa neanche se sentiva dei rumori in cortile.
La mattina dopo qualcuno si rendeva conto del furto nel granaio o della sparizione di qualche forma di formaggio, ma il commento era sempre lo stesso:
"Mellusu a ‘ndai furau cussu di essi mottu unu de famillia”
Meglio che sia stata rubata quella roba, che non la morte di qualcuno di famiglia!
Il ritorno della energia elettrica spezza quell’incantesimo che ci aveva tenuti tutti intorno al caminetto e così ci alziamo dalle sedie, qualcuno, senza farci caso, accende la televisione ed io mi auguro che arrivi presto un nuovo temporale...
Così, ecco a voi "Su carru 'e sa motti!
Un tempo, per vivere, bisognava inventarsi il lavoro e qualcuno più furbo degli altri, e con pochi scrupoli, riusciva a sfruttare a proprio vantaggio, la paura dei compaesani.
Questa storia mi é stata raccontata in uno dei pochi momenti in cui ci si ritrova in famiglia, durante una notte di temporale.
Seduti di fronte al caminetto, nel quale arde un fuoco che colora di rosso pallido la cucina, la televisione spenta per mancanza di corrente elettrica, il più anziano, mio suocero, torna indietro nel tempo e racconta ciò che tante volte da bambino aveva sentito raccontare.
Tanto tempo fa, la morte di una persona veniva annunciata dal passaggio di un carro molto particolare: “su carru de sa Motti”.
Le parole gli escono di bocca come se la leggenda fosse ormai parte di lui, non ci sono bambini piccoli, ma a noi sembra di essere piccoli, forse qualcuno ha anche paura, o forse é semplicemente l’atmosfera che si é creata intorno al camino, fatto sta che qualcuno sentiva dei brividi anche se non c’era freddo.
Era facile capire quando passava il carro dal frastuono che si sentiva, come di catene trascinate sulle pietre.
Quando passava il carro, tutto il paese aveva paura e nessuno si azzardava a mettere il naso fuori dalla porta.
Ogni notte la stessa storia, tra la mezzanotte e l’una, fino alla morte del malcapitato.
Dopo la morte del malato il carro non passava più.
Il carro della morte non era altro che l’invenzione di alcuni intraprendenti ladri che, bene informati sullo stato di salute dei paesani, approfittavano della loro buona fede per rubare qualcosa con cui vivere.
Attrezzato un carro con pesanti catene, giravano la notte sulle strade in selciato , nei pressi delle case in cui si sapeva che vi era qualche malato in fin di vita.
Così si creò la brutta fama di annunciare la morte delle persone.
Qualche volta é capitato che il carro si facesse sentire in una zona in cui non c’era nessun malato e, in quelle rare occasioni tutti temevano per la propria vita e si rinchiudevano nelle loro case.
Per i ladri diventava abbastanza semplice compiere i loro furti e dileguarsi in quanto nessuno usciva dalla propria casa neanche se sentiva dei rumori in cortile.
La mattina dopo qualcuno si rendeva conto del furto nel granaio o della sparizione di qualche forma di formaggio, ma il commento era sempre lo stesso:
"Mellusu a ‘ndai furau cussu di essi mottu unu de famillia”
Meglio che sia stata rubata quella roba, che non la morte di qualcuno di famiglia!
Il ritorno della energia elettrica spezza quell’incantesimo che ci aveva tenuti tutti intorno al caminetto e così ci alziamo dalle sedie, qualcuno, senza farci caso, accende la televisione ed io mi auguro che arrivi presto un nuovo temporale...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
In effetti non è sbagliato assimilare l'informazione all'informatica, né tantomeno la linguistica. Questo in virtù del fatto che, se ci pensiamo bene, sia l'informazione sia la linguistica sono riconducibili alla comunicazione. L'una in quanto è il contenuto che un emittente ed un ricevente la comunicazione si trasmettono, l'altra rappresenta in qualche modo le diverse funzioni linguistiche.
La comunicazione, nel suo percorso evolutivo, è passata attraverso diverse fasi caratterizzate da tre tipologie comunicative.
Inoltre, le modalità di comunicazione sono strettamente correlate con lo sviluppo tecnologico. Pensiamo all’evoluzione dei metodi di scrittura, la nascita della stampa, lo sviluppo della rete ferroviaria, l’incremento dei mezzi di telecomunicazione, etc.
Ed arriviamo al tipo di comunicazione che più di ogni altro è strettamente legato all’evoluzione informatica: la comunicazione mediata. Questo è un tipo di comunicazione che adopera sostanzialmente lo strumento computer. E’ un tipo di comunicazione a distanza perché non vi è condivisione spaziale, in quanto i computer degli interlocutori sono distanti tra loro e comunque si tratta di comunicazione nel quale il computer fa da mediatore e interfaccia. Può essere inoltre un tipo di comunicazione sincrona quando si utilizza per esempio una chat o un servizio di teleconferenza, ma può essere anche asincrona quando si si invia una e-mail o si posta su un forum.
Tutto questo discorso (spero non noioso, per arrivare a confermare che la comunicazione si è evoluta in funzione dello sviluppo tecnologico e, viceversa, le tecnologie informatiche si sono sempre di più adeguate alle esigenze comunicative, basti pensare a Internet e tutte le possibilità comunicative che ci offre attraverso i siti Web, forum, chat, blog, e-mail, teleconferenze, etc.
Il punto debole però di questa fase evolutiva della comunicazione, e qui subentrano la crittografia e la steganografia, è che è difficile garantire e preservare la sicurezza delle nostre informazioni. Anche perché, diversamente dal tipo di interazione faccia a faccia dove i pericoli di mancata sicurezza sono due: il ricevente la comunicazione oppure qualcuno che sta origliando la conversazione, l’interazione mediata dal computer e dalla Rete ha molte varianti e innumerevoli possibilità che qualcuno catturi l’informazione, visto le linee che la nostra informazione percorre nella Rete.
Un saluto, Nicola AMATO"