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sabato 7 maggio 2016

La guerra è finita!

Per chi, come me, non ha vissuto la 2^ guerra mondiale, è difficile farsi un'idea precisa dei sentimenti che doveva provare chi invece la guerra l'aveva vissuta sulla propria pelle.
Immagino che sia altrettanto difficile capire cosa provassero i nostri anziani o i militari quando, finalmente, vi fu l'annuncio della fine della guerra.
Talvolta però la vita ci riserva (gradite) sorprese e così, mentre ci si aggira per le bancarelle di un mercatino delle pulci alla ricerca di vecchie cartoline o libri antichi, può capitare di imbattersi in un cimelio che ci riporta indietro nel tempo, agli anni della guerra. Nel mio specifico caso, esattamente ai giorni in cui vi fu l'annuncio della fine della seconda guerra mondiale.
Chi scrive è il Caporale Paul S. Luotto, in servizio presso il 161° Reggimento di stanza nelle Filippine, un trasmettitore americano (signal) in servizio presso una delle stazioni radio nel pacifico, da quanto ho capito. 
Il cognome, Luotto, e il fatto stesso di aver trovato la lettera in un mercatino a Roma, fa pensare che il Caporale, o la sua famiglia, fosse di origine italiana.
La lettera è indirizzata alla mamma, Andre Luotto, a Brooklyn ed è datata 4 settembre 1945. Di seguito ve n'è una seconda, datata 9 settembre ma spedita assieme alla precedente.
Cercherò di riportare il più fedelmente possibile ciò che il Caporale scrive alla mamma, per le parti che sono riuscito a capire e che in qualche modo hanno a che vedere con la fine della guerra.

4 settembre 1945.

                "Cara mamma, mi dispiace per non averti scritto come avrei dovuto, ma è uno di quei periodi in cui non accade niente di cui si possa parlare, quanto meno è da diverse settimane che non frequento la scuola. Sto lavorando alla radio.
Ho molto gradito le numerose lettere che tu e papà mi avete scritto.
Posso capire quanto voi siate stati spinti dalla improvvisa fine (immagino che la fine sia sempre improvvisa) di questa guerra.
Noi saltammo dallo stupore quando il Giappone per primo chiese la pace. 
Le urla cominciarono a farsi strada di tenda in tenda nell'area della compagnia.
Era circa mezzanotte ed eravamo un po infastiditi da quegli ubriaconi di ... che ci impedivano di dormire.
Quando la notizia raggiunse la nostra tenda, ragazzi, abbiamo cacciato un urlo!
Dunque ci vestimmo (alcuni di noi indossarono i pantaloni e scarpe alla bell'e meglio) e ci sostituimmo ai vicini ubriachi fino a che anche noi non fummo ubriachi."

Certo che deve essere un bel sollievo, sapere che la guerra è finita, che si può ricominciare a sperare nel futuro, che si può tornare a casa.

                 "Ma quando il giorno della vittoria fu infine proclamato... la nostra preoccupazione e interesse principale fu quella di cercare di capire quando saremo potuti tornare a casa.
Tu sei stata probabilmente informata dai giornali che la 25^ Divisione è incaricata della occupazione dell'isola giapponese di Kyushu. Sull'isola si trova la antica città di Nagasaky, lo so perché il quartier generale delle trasmissioni si è accampato in questo sito."

La lettera prosegue con i saluti alla mamma e al fratello Eugene, oltre al commento sulla difficoltà nello studio della lingua giapponese.


9 settembre 1945.
                "Cara mamma, questa è la prima lettera che scrivo senza pensare alla censura, ed è un vero piacere!
In queste ultime settimane sono stati molto laschi anche se ufficialmente la censura doveva essere osservata come sempre. Sono stato molto sorpreso di scoprire che quanto detto l'ultima volta sui movimenti della 25^  Divisione non sia stato censurato."

La censura, in guerra, è una cosa comune, direi necessaria, per evitare che informazioni importanti come lo spostamento di una unità, dati di forza o condizioni operative, possano finire involontariamente in mano al nemico. Può sembrare lesivo della propria libertà ma è una cosa necessaria e nella seconda guerra mondiale l'esercito americano la esercitava.

             "Come detto, siamo stati pianificati per occupare Kyushu entro un mese... Stiamo per ricevere il nuovo equipaggiamento...
Riguardo quelli con il mio grado, saremo pagati dieci dollari al mese. Sarà impiegata la valuta americana d'occupazione, 15 yen per un dollaro d'occupazione. 
Se un giapponese venisse trovato in possesso di equipaggiamento da guerra rischia una pena dai venti anni di carcere fino alla condanna a morte.
Dobbiamo comportarci convenientemente ma rigidamente, altrimenti non ci rispetteranno... Dimenticavo di dirti la novità più importante. Se guardi l'indirizzo potrai notare che ora mi trovo nel quartier generale del 161° Reggimento... l'unica cosa che non mi piace è come ci svegliano al mattino... Ma quando senti un colpo di howitzer da 105, ti svegli e ti vesti di corsa. La prima mattina mi è quasi venuto un colpo!


Leggere queste poche pagine mi ha spinto ad indagare sui fatti accaduti in quegli anni lontani così ho scoperto, tra l'altro, che il 161° Reggimento in effetti tornerà a casa il 1° novembre 1945, sostituito dal 4° Reggimento di fanteria.
Mi piace pensare che di li a poco il Caporale Paul S. Luotto sia potuto tornare a a casa, a Brooklyn, dai genitori e godersi il meritato riposo. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 30 aprile 2016

L'umanità dopo il Diluvio Universale, secondo Annio da Viterbo

Scizia, immagine tratta da Wikipedia (Di Dbachmann)
Il secondo capitolo delle antichità di Beroso Caldeo, di Annio da Viterbo, riporta le origini dell'umanità dopo il Diluvio Universale.
Secondo Annio, che cita tanti antichi autori a testimone, dopo il Diluvio la terra fu popolata a partire dalla Scizia.
Gli Sciiti sarebbero quindi i primi uomini dopo il diluvie e da loro partirono varie colonie. Da loro discese Iano, Diri e i Galli.
Gli Sciti, o Armeni o ancora Saga, perche crearono la città di Sagalbina. I Ramei parlano di gente Saga, i Toscani li dicono Sangni, i Latini Sancta, ma tutti hanno lo stesso significato, ovvero puro, santo, religioso.
Iano arrivò in Toscana e il suo seguito era detto Sagi, da essi la foce del Po prese il nome di Saga.
Annio da Viterbo aggiunge alcune considerazioni sul termine Titano. Dice che Noè non è altro che Caos o ancora Iano. Noè era sposato con diverse mogli, una di esse si chiamava Titea, essa ebbe dei figli che dal suo nome vennero detti Titani. Secondo Annio che prende da Beroso, Noè era un gigante, dove per gigante egli intende uomo grande e forte per corporatura e armi, diciamo che forse potrebbe tradursi con potente. Noè veniva anche chiamato Ogigiga saga, ovvero "pontefice illustre delle cose sacre".
Iano era anche detto "cielo" e la moglie Titea era anche detta terra, da ciò si disse che gli uomini erano figli di Cielo e Terra.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO





venerdì 29 aprile 2016

I cinque libri delle antichità di Beroso sacerdote Caldeo, di Annio da Viterbo

Annio da Viterbo è considerato da tanti (ma non da tutti) un falsario della storia antica.
Meglio esser chiari con tutti coloro che per qualsivoglia motivo si trovano a leggere queste pagine. Se volete lasciate perdere questo post.
Ok, io vi ho avvisato, se continuate a leggere è una vostra scelta e non ho niente da rimproverarmi.
Tanto per cominciare mi sembra corretto dire che Annio da Viterbo è stato accusato di aver falsificato la storia antica quando non poteva più difendersi.
I suoi accusatori se la presero con lui e con le sue opere dopo la sua morte, già questo da da pensare.
Giovanni Annio da Viterbo era un frate Domenicano, vissuto tra il 1432 e il 1502.
Negli ultimi anni di vita (1499) fu nominato Maestro del sacro palazzo apostolico dal papa Alessandro VI.
E' autore di una opera chiamata Antiquitatem Variarum considerata poi una opera di falsificazione storica.
Detto ciò passiamo all'opera, vera o falsa che sia, vediamo che cosa ci dice di interessante Annio.
Annio afferma di aver utilizzato diverse opere antiche per comporre la sua opera. Tra gli autori utilizzati vi è Beroso, sacerdote Caldeo del III° secolo a.C., il quale trasse le sue informazioni direttamente dai testi Caldei.
In particolare Annio afferma di utilizzare i seguenti autori e le loro opere:
- Beroso, delle antichità di tutto il mondo;
- Supplemento di Manetone a Beroso;
- Equivoci, di Senofonte;
- Fabio Pittore, de l'urea età et origine di Roma;
- Mirsilio, della guerra Pelasgica;
- Frammenti, di Catone;
- Itineraio, di Antonino Pio;
- La divisione dell'Italia di Caio Sempronio;
- Archiloco, de tempi;
- Metastene, del giudizio dei tempi e delle storie annuali dei persiani;
- Filone, dei tempi;
- Emendatissima descrizione dei tempi;
- Il sito di Cilicia, di Annio;
- Sito della Spagna in dialogo;
- Dei primi tempi e dei 24 re di Spagna.
Annio ci racconta qualcosa sulla vita di Beroso, in particolare su chi fosse, quando e dove operò. Apprendiamo così che Beroso operò ad Atene e si decise a scrivere sui tempi antichi per colmare il vuoto dei greci che avevano scritto solo fino a Foroneo. Annio riassume i cinque libri di Beroso dicendo che nel primo libro si parla dei tempi antichi precedenti al diluvio, nel secondo si parla degli Dei, ovvero dei capitani e duchi dopo il diluvio. Nel terzo parla di Iano e dice che si tratta dello stesso Noè, nel quarto parla degli antichi regni e nel quinto di alcune storie particolari.
Ma vediamo cosa si dice nel libro primo di Beroso, sui tempi antichi prima del diluvio. Tanto per cominciare Annio elenca i diluvi famosi e dice che ve ne erano stati cinque, almeno secondo quanto dice Senofonte negli Equivoci.
Il primo è accaduto sotto il regno di Ogige fenicio ed è l'unico che possa chiamarsi realmente "Universale".
ll secondo è detto Niliaco ed avvenne sotto il regno di Prometeo o Ercole Egizio. Il terzo è detto diluvio Attico ed avvenne sotto il regno di Ogige re di Atene. Il quarto è detto Tessalico ed avvenne sotto il regno di Deucalione. Questo diluvio è dai greci chiamato diluvio universale ma la cosa non è vera. Il quinto si chiama Faronico ed avvenne nei pressi di Alessandria d'Egitto al tempo di Proteo l'indovino.
Secondo Annio, tra il primo diluvio, quello sotto Ogige Fenicio, e l'ultimo, passarono 700 anni. Ovvero il Diluvio universale avvenne 250 anni prima del regno di Nino.
Annio osserva che il diluvio avvenne in concomitanza di "una grande congiunzione di stelle".
Ora, Nino fu un mitico re Assiro, marito di Semiramide. Se le datazioni sono corrette, Semiramide e Nino regnarono intorno all'800 a.C. dunque il diluvio Universale citato dovrebbe essere avvenuto intorno al 1050 a.C.
E per oggi basta così.

A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 27 aprile 2016

Ravenna, città antichissima

Leggere non significa credere in tutto ciò che si legge, ma certamente chi legge non può evitare di riflettere su ciò che trova. 

La storia critica di Spagna, di Gian Francesco Masdeu, è fonte di tante notizie interessanti, anche se talvolta il Masdeu cita opere e autori solo per affermare che non è d'accordo con loro o per tacciarli di creduloneria.

Comunque sia, è indiscutibile il fatto che tra i tanti discorsi sull'origine della Spagna, il Masdeu citi anche autori italiani. Tra questi mi ha colpito un passo in cui egli cita un autore italiano del 1391 che ha pubblicato un testo chiamato: Origine Antica dell'Italia. Nel testo sembra che l'autore asserisca che uno dei primi re spagnoli, Tubal, sia arrivato in Italia in tempi antichissimi per popolarla. Per dar garanzia dell'autenticità di quanto affermato, l'autore asserisce che le notizie che riporta su Tubal e sugli antichi italiani, sono tratte da un testo antichissimo intitolato: "Cronica di Ravenna scritta in lingua ebraica dallo stesso Tubal fondatore di quella città".
Se sia vera o falsa la notizia, a me interessa relativamente. Invece mi interessa molto sapere se tale libro esiste ancora e se si, cercare di leggerlo.
Detto ciò, vi saluto e mi metto subito alla ricerca della Cronica di Ravenna.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 24 aprile 2016

La graditissima recensione di un amico: Carmelo Sarcià

Un interessante libro di Alessandro Giovanni Paolo Rugolo
BREVE STORIA DELLA SARDEGNA VOL 1° ANTICHITA’
Bibliofilo intelligente e scrittore appassionato Rugolo porta alla luce remote tracce di Sardegna
(Greccio (RI), 18/04/2016)
Sembra sia passato pochissimo tempo dacché Alessandro Rugolo, mio giovane amico, mi faceva omaggio della sua ultima fatica letteraria: “Breve Storia della Sardegna - Volume I -  Antichità”, di cui avevo promesso la recensione. Era il 18 dicembre dello scorso anno. Quindi mi scuso per il ritardo con cui adempio alla promessa. Il tempo è davvero volato via senza che me ne accorgessi, tra impegni familiari e personali. Tuttavia gli impegni non mi hanno comunque impedito di assaporare, capitolo dopo capitolo, l’interessante testo. Non nascondo la mia curiosità per gli argomenti che seguiranno nei prossimi volumi che completeranno la collana. Il progetto del mio amico Rugolo promette infatti di essere vieppiù interessante, benché riservato a studiosi e appassionati di storia della Sardegna. Materia trattata in modo sicuramente avvincente e, per quel tanto che può risvegliare la moderna pigrizia di leggere, anche “leggero”. Questo primo volume, sarà lo stesso per quelli che seguiranno, rende un lodevole servizio innanzitutto alla cultura e, di concerto con essa, un omaggio all’amata Terra di Sardegna ed al suo Fiero Popolo. Scorrendo la bibliografia, ci si rende subito conto dell’accurato ed approfondito studio che l’Autore ha dovuto compiere per estrapolare e coordinare le moltissime tracce che autori antichi e più recenti hanno lasciato della Sardegna e della sua storia nei loro scritti. Apprendiamo ad esempio che già in epoca antidiluviana (Matteo Mada, 1792) la Sardegna, conosciuta come Isola di Ichnusa, aveva un ruolo di spicco nel Mediterraneo. Particolare interesse hanno destato in me le citazioni di Diodoro Siculo (Primo Secolo A.C.) che incidono nel profondo ed offrono l’immagine di una Sardegna antichissima di storia e di costume, proponendola come terra eterna, stabile e aliena alle sorprese: un popolo nobile, intriso di una immutabile tradizione, legato al proprio tessuto sociale e tutt’uno con una terra magica. Interessante, e per me nuova, la nota dello studioso Skender, amico personale dell’Autore, sull’origine dei nomi che iniziano per “S”, nel caso di specie, il nome Sardegna. Facile dedurne che probabilmente anche il mio cognome abbia potuto forse subire una analoga evoluzione. Lo studio da me compiuto sull’opera di Rugolo mi ha riservato continue sorprese. Davvero inaspettata l’esistenza bibliografica di una tanto copiosa messe di citazioni della terra di Sardegna e dell’influenza esercitata dal suo popolo in fatti storici rilevanti che hanno riguardato anche l’evolversi della civiltà continentale. Cos’altro aggiungere? Libro scorrevole, avvincente, comunque riservato a persone colte, a studiosi e soprattutto a personaggi innamorati della Sardegna, della sua storia e dei suoi costumi, come del resto è il mio giovane amico Alessandro Rugolo che ringrazio per la fiducia accordatami ed al quale rivolgo il mio personale plauso per la non facile opera compiuta. Con l’augurio che possa trovare presto tempo e passione per completare l’intera collana.
Greccio, 18 aprile 2016

domenica 17 aprile 2016

Ricordi del passato: l'Italia coloniale

Vi fu un tempo in cui l'Italia, forse drogata da idee di potenza molto comuni in Europa, pensò di poter tornare a essere un Impero, così nel 1935 e 1936 intraprese la sua avventura africana.

Pochi italiani ricordano quel periodo però se vi aggirate per i mercatini delle pulci potreste imbattervi in qualche ricordo del tempo che fu, come è capitato a me.
Sfogliavo un mazzo di vecchie cartoline alla ricerca di qualche francobollo da aggiungere alla mia collezione quando sono stato attirato da una cartolina postale dell'Africa Orientale.
C'è voluto poco per capire che si trattava di una cartolina proveniente dall'Africa Orientale.

Chi scrive è il Caporal Maggiore Ciani, in forza al 4° Fanteria della Divisione Peloritana, che evidentemente in quel periodo si trovava a Dire Dawa, in Etiopia. 
Si tratta di poche parole di saluto alla famiglia in risposta ad un telegramma di auguri.
Chissà se il ragazzo è riuscito a tornare dalla guerra e riabbracciare la famiglia.

Continuo a frugare tra le carte, incuriosito, alla ricerca di qualche altro pezzo di storia.
Poco dopo trovo una lettera di un soldato, Andrea, che scrive alla signorina Anna, a Roma.
Scrive dalla valle Gobat, credo si trovi in Eritrea.
Questa volta si tratta di una bella lettera che voglio riportare per intero, non sempre infatti i nostri soldati erano impegnati in azioni di guerra, anche se la guerra è sempre presente, e quello che leggo mi fa riflettere.
Le uniche mie modifiche sono per correggere alcuni errori di ortografia a la punteggiatura non sempre presente:

"Carissima Anna,
anche ieri una bellissima marcia verso nuovi lidi e ora siamo fermi sulle cime di due monti. Ai nostri piedi c'è una bellissima valle e, come si dice, è qui che dobbiamo aspettare il nemico e farne un macello.
Anche ieri, durante il nostro tragitto tutti i villaggi dei Tempien erano pieni di bandiere bianche e gli indigeni ci aspettavano a frotte e li ci salutavano con grida acutissime che un nostro soprano non si sarebbe mai sognato di fare.
In un villaggio incontrato sul mio cammino andai a vedere se potevo comprare dei polli e ne trovai tre. Gli diedi dieci lire di carta ma non li vollero allora mi frugai nelle tasche e trovai due monete da quattro soldi e ripresi le dieci lire e gli diedi gli otto soldi. Loro, tutti contenti, si misero a ballare. In quel mentre passò un aeroplano, loro si buttarono tutti per terra e si coprirono la faccia. Io colsi subito l'estro. Vidi un pollo che era rimasto nelle mani di uno di quelli, glielo tirai via e me ne andai. Dopo fatti un centinaio di passi mi voltai indietro ma nessuno si era mosso, erano ancora tutti prostrati. Tu mi biasimerai ma, cosa vuoi, quattro polli abissini con otto soldi italiani erano ben pagati e poi ci avevo un'attenuante, era parecchio che non ne mangiavo più."

La lettera prosegue con i saluti di rito...

Spero che Andrea sia riuscito a tornare dall'avventura italiana in Africa e abbia potuto riabbracciare la signorina Anna.
In tanti purtroppo non sono mai tornati dalle loro famiglie.
 
Io invece conto di tornare tra le bancarelle del mercatino delle pulci, magari la settimana prossima, alla ricerca di altri momenti di vita vissuta, che nella loro semplicità meritano di essere ricordati.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 9 aprile 2016

Mai avere paura, di Danilo Pagliaro con Andrea Sceresini

Devo ammetterlo, quando ho iniziato a leggere il libro di Danilo Pagliaro non avevo capito cosa avevo tra le mani.
Sarà "colpa" della copertina, oppure del fatto che di solito non leggo l'anteprima del libro, ma mi aspettavo un romanzo di guerra. Per fortuna così non è stato. Ho iniziato a leggere il libro ieri e oggi l'ho terminato. Devo dar ragione a Nunzio, il lettore che ha commentato il libro. Si legge tutto d'un fiato.
Ma allora, se non è un romanzo, di che si tratta?
La cosa cui questo libro assomiglia di più è una biografia. Ma non solo la biografia di un legionario della Légion étrangère, un soldato di nome Danilo Pagliaro alias Pedro Perrini, ma anche la biografia della stessa Légion étrangère.
Chi leggerà il libro, e mi auguro che siano in tanti, troverà una enorme quantità di informazioni sulla Legione, a partire da quelle necessarie per arruolarsi alle principali operazioni alle quali ha partecipato l'autore in prima persona, oltre naturalmente alla vicenda umana di Danilo.
Danilo Pagliaro è italiano per cui molti riferimenti e paragoni sono fatti con l'Italia. La storia dell'aspirante legionario Danilo Pagliaro inizia in Italia nel 1994, quando un uomo che ha probabilmente poco da perdere decide che è arrivato il momento di cambiar vita. La storia del legionario Pedro Perrini, inizia nello stesso anno, ad Aubagne, cittadina francese sede del Comando Generale della Legione straniera.
L'autore racconta le fasi del suo arruolamento e il duro addestramento militare che lentamente lo porterà a diventare un kepì blanc.
Danilo non si ferma però al solo aspetto descrittivo ma cerca in ogni occasione di far comprendere al lettore lo spirito del legionario, cerca di far capire cosa significhi essere militare, non nascondendo le sue idee in merito ai disertori, anche connazionali.
La vita del legionario è dura, anche se negli ultimi anni per ammissione dell'autore, è comunque cambiata, in meglio per alcuni aspetti, in peggio per altri. La società è cambiata e con essa i valori, ci dice. Personalmente condivido quasi in toto le sue considerazioni sul declino della società moderna.
In definitiva il libro è sicuramente da leggere, fa discutere e riflettere non solo sulla Légion étrangère ma sulla società moderna e sulle Forze Armate in particolare.
Complimenti e in bocca al lupo Danilo!

Alessandro Rugolo

Danilo Pagliaro, Andrea Sceresini
Ed. Chiarelettere
pagg. 224