Traduttore automatico - Read this site in another language

sabato 1 marzo 2014

Gionzo e i pomi d'oro (Dodicesimo episodio)

- Nonno, nonno, ben arrivato!

- Ciao Giulia, come stai mia piccola principessina?

- Sono arrabbiata - rispose Giulia con le braccia conserte e il muso lungo - Ieri mi avevi promesso di raccontarmi una storia dell'estronauta sulla Luna ma poi non me l'hai più raccontata.

- Ieri sono dovuto andare dal dottore. Purtroppo il nonno ha una certa età e l'età porta tanti piccoli acciacchi. -  Si giustificò il nonno, baciando la nipotina.

- Cosa ti ha portato la vecchiaia? Non ho capito. Però oggi non devi andare dal medico quindi adesso mi racconti la mia favola - Disse Giulia, che senza attendere la risposta prese il nonno per mano e lo trascinò sul divano in salotto - siediti quì e comincia la storia - Aggiunse Giulia senza ammettere replica.

- E va bene. C'era una volta Cappuccetto Rosso...

- Ma no, quella la conosco già! Voglio una storia nuova del nostro amico Gionzo l'estronauta, uffa!

- Ha ha, ci sei cascata. Era uno scherzo piccina mia. Vieni in braccio che ora inizia la storia vera di Gionzo l'esploratore - disse il nonno sorridendo alla nipotina che intanto aveva messo su il broncio -
Mentre Giozo andava a spasso sulla luna alla ricerca delle sorgenti del fiume Ricotta, il nostro amico Ruggero il Camaleone si era allontanato per cercare un frutto lunare dal sapore squisito che si diceva fosse presente nelle valli li vicino, i pomi d'oro.

- Ma nonno, si dice pomodoro, non pomi d'oro - disse Giulia con sicurezza - li ho mangiati tante volte.

- No, non parlo dei pomodori, i pomodori non crescono sulla luna perchè sono troppo rossi e se ci fossero campi di pomodori la luna sembrerebbe la faccia di un bambino con il morbillo, riesci ad immaginarla tutta gialla con tanti puntini? Giulia la immaginava eccome, infatti stava già ridendo a crepapelle.

- Io parlo proprio dei pomi d'oro, un tipo di frutto che si trova solo sulla luna. Assomiglia alla mela ma ha la buccia verde, la polpa azzurro chiaro e sa di miele d'acacia. Una vera squisitezza.
Dicevo dunque che Ruggero camminava alla ricerca di questi fantastici pomi d'oro e fischiettava tranquillamente sicuro di non poter essere visto. Camminava senza fretta quando, tutto ad un tratto, in lontananza avvistò i pomi d'oro, pendenti da grandi alberi dalla strana forma. Però più che avvistarli li sentì. Infatti i pomi d'oro quando sono maturi cantano una bellissima musica che assomiglia al suono di un'arpa. Allora, già con l'acquolina in bocca Ruggero cominciò a correre e non si accorse che a metà strada si trovava una grande pozzanghera azzurra in cui, proprio in quel momento, si abbeverava una famiglia di cervespe assetate.

- Nonno, cosa sono le Cervespe? Sono pericolose? E perché Gionzo non è intervenuto? E poi...

- E poi così mi fai venire il mal di testa! Disse il nonno portandosi le mani alla testa e agitandola come se fosse dolorante.

- Ma io sono molto preoccupatissima! - Aggiunse Giulia con la faccia seria - Gionzo non deve lasciare solo Ruggero, è piccolo e chissà cosa può succedergli, poveretto. Spero proprio che queste Cervespe non gli facciano del male.

- Fortunatamente le cervespe feroci non sono molto grandi e poi ti ricordo che il nostro amico Ruggero può nascondersi, infatti così fece.

- Le cervespe cominciarono a saltare a destra e a sinistra (infatti assomigliano molto ai nostri cerbiatti anche se hanno due ali piccoline sulla schiena che servono solo ad agitare l'aria per rinfrescarsi) ma non riuscirono a vedere Ruggero che quando voleva era veramente bravo a mimetizzarsi.
Per levarsi d'impaccio Ruggero decise di lanciare il suo ruggito più potente così le cervespe, spaventatissime, scapparono in tutte le direzioni senza più fermarsi.

- Ruggero è proprio forte! Non avevo dubbi che ce l'avrebbe fatta. Disse Giulia felice per il suo amico.

- Adesso i pomi d'oro non avevano più speranza. Ruggero si diresse dritto dritto verso il boschetto leccandosi i baffi (che non aveva) per ciò che lo aspettava.

- E Gionzo che fine ha fatto? Chiese Giulia sempre più curiosa.

- Gionzo nel mentre, facendo un'altra strada, era già arrivato al bosco dei pomi d'oro e quando Ruggero arrivò lo trovò seduto ad aspettarlo sotto un albero con due bellissimi pomi d'oro che aspettavano solo di essere mangiati.

- Chissà che buoni i pomi d'oro. Nonno, tu li hai mai assaggiati?

- No, mai - Rispose il nonno - Ma sono sicuro che sono buonissimi. Ruggero si avvicinò a Gionzo di corsa ma, ad un certo punto, si fermò di colpo terrorizzato!

- Cos'è successo? Cosa ha visto? Gionzo è in pericolo?

- E si, Gionzo era in pericolo. Un enorme drago dalle scaglie dorate sovrastava il bosco e non sembrava avere buone intenzioni. Cosa avrebbero potuto fare i nostri amici contro questo mostro enorme?

- Nonno, nonno, devi salvare Gionzo e Ruggero. Non puoi fare qualcosa? Chiese Giulia strofinandosi gli occhi per asciugarsi le lacrime...

- Non piangere Giulia, sai bene che Gionzo è molto intelligente, vedrai che se la caverà anche questa volta.

- Giulia, papà, venite a fare merenda - Disse la mamma interrompendo la storia -  Vi ho preparato una buonissima macedonia di frutta, ho messo anche i pomi d'oro che ci ha mandato Gionzo, volete assaggiarli?

La mamma non aveva ancora finito di parlare che Giulia era seduta a tavola e aveva già dimenticato le lacrime e il drago...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 27 febbraio 2014

La leggenda del fiume Ricotta (Undicesimo episodio)

- Ciao nonnino! - Urlò Giulia saltando addosso al nonno non appena la porta si aprì – io e la mamma abbiamo deciso di farti una sorpresa.
- Vedo, vedo, cosa ci fate qui a quest'ora? Non dovresti essere all'asilo signorinella? Disse il nonno con stupore.

- E si – rispose la figlia – Giulia dovrebbe essere all'asilo, ma oggi a causa della pioggia di questi giorni hanno chiuso la scuola e io e Roberto dobbiamo andare al lavoro. Potresti tenerla con te almeno per la mattina? Se non ti da troppo disturbo, papà. Disse la mamma di Giulia sapendo che il padre era tanto affezionato alla nipotina che avrebbe fatto di tutto per tenerla con se.

- Ma naturalmente! Ma solo se Giulia vuol stare da me. Rispose il nonno guardando negli occhi la nipotina.

- Certissimamente si! Urlò Giulia per la contentezza.

- Bene, allora accomodati. Stavo giusto preparandomi per andare a prendere un bel libro in biblioteca, oggi mi accompagnerai e vedrai che ci divertiremo un mondo.

- Si si, ciao mamma. Ci vediamo questa sera. Aggiunse Giulia baciando la mamma sulla guancia.

- Si, a stasera, aggiunse il nonno.

- Grazie papà, non so come ringraziarti. Disse la mamma di Giulia e salì in macchina per andare a lavorare. Quando tutti e due i genitori lavorano ogni imprevisto può diventare un guaio. Per fortuna che ci sono i nonni vicino.

- Allora piccola mia, sei mai stata in una biblioteca? Chiese il nonno conoscendo già la risposta.

- No no, cos'è una briblioteca?

- Una biblioteca è un posto stupendo pieno pieno di libri di tutti i tipi. Libri che parlano di avventure, di animali, di storia e anche tanti libri per bambini.

- Ci sono anche le storie di Gionzo l'estronauta? Chiese Giulia con una strana luce negli occhi.

- E no, il nostro amico estronauta non è così famoso. Chissà, forse un giorno...

- Io sono sicura che un giorno anche Gionzo avrà un posto in questa briblioteca. Disse Giulia continuando a sbagliare la pronuncia.

- Può darsi, ora andiamo a prendere qualche libro e poi ci sediamo al parco a guardare gli animali, che ne pensi?

- Va bene nonnino, come vuoi tu. Però al parco mi racconti un'altra storia dell'estronauta, va bene?

- Perfetto. Disse il nonno. La biblioteca era vicina al parco per cui non dovevano fare tanta strada. Giulia si accomodò sulle spalle del nonno e di tanto in tanto gli tirava i capelli per non cadere. Non stava mai ferma un attimo e non smetteva mai di parlare, salvo quando ascoltava le storie di Gionzo, allora stava in silenzio e ascoltava registrando tutto.

- Eccoci arrivati in biblioteca. Disse il nonno – ora devi fare silenzio. In biblioteca ci sono tante persone che studiano e non bisogna parlare per non disturbarli – Prima andiamo a vedere il reparto delle storie per bambini, ci sono tante belle storie con tanti disegni. Ecco un bel libro di fiabe, vuoi sfogliarlo? - Aggiunse il nonno tendendo alla nipotina un libro ricco di illustrazioni con un gattone con gli stivali disegnato nella copertina.

- Si si – disse Giulia prendendo il libro a testa in giù e cercando di aprirlo – però io ancora non so leggere.

- Al parco ti leggo una storia...

- No no, al parco mi racconti la storia di Gionzo – disse Giulia restituendo il libro al nonno – questo lo mettiamo a posto, io ho già le mie favole – Aggiunse soddisfatta.

- Come vuoi tu piccola mia. Sarà per un'altra volta. Ora andiamo un attimo da quel signore laggiù e poi andiamo via – disse il nonno indicando il bibliotecario. Si chiamava Carlo ed era un omone grande e grosso con due baffi lunghissimi e tutti arruffati.

- Buon giorno Carlo, oggi ti faccio conoscere la mia nipotina Giulia. Vedrai che quando crescerà e imparerà a leggere sarà una tua fedele cliente. E mentre parlava indicava la nipotina. Carlo, il bibliotecario, si chinò per salutarla come faceva l'estronauta sulla luna.

- Ciao signor bribliotecario. Il nonno mi ha detto che tu custodisci tutti i libri. Però mi ha detto che non hai le storie di Gionzo l'estronauta. Se vuoi che io diventi una tua cliente dovrai procurartele però. Disse Giulia con convinzione.

- Naturalmente signorinella - Rispose Carlo il bibliotecario senza capire troppo ma con un sorriso che era tutto un programma.

- Ora andiamo disse il nonno prendendo il suo libro e stringendo la mano all'amico.

- Tornate presto. Disse Carlo mentre nonno e nipotina si allontanavano.

- Ecco il parco, quella panchina mi sembra ottima. Vieni, siediti qui perché ora inizia la storia di Gionzo. Se ben ricordo ieri sera Gionzo si trovava nei pressi del mulino dei Numeri frazionari. Ebbene, dopo aver spiegato loro come si bloccavano le forme di formaggio di Capraspina ripartì alla scoperta delle sorgenti del fiume di ricotta. Cammina cammina, ad un tratto si trovo in una enorme pianura nella quale, da lontano si intravvedevano alcune strane abitazioni.

- Perchè erano strane? Chiese Giulia al nonno.

- Cosa diresti tu se le case fossero a forma di torta, con tanto di candeline sopra al posto dei comignoli? - Giulia cominciò a ridere – e se ti dicessi che le strade erano fatte di zucchero a velo? C'era un parco in cui gli alberi sembravano delle enormi succulente liquirizie...

- Ma dai nonno, non è possibile. Disse Giulia ridacchiando – le liquirizie non sono così grandi! Aggiunse con fermezza.

- Lo so, ma io ti racconto quello che mi ha raccontato Giovanbattistamarialorenzo, se non ti va devi dirlo a lui. Disse il nonno facendo finta di essere offeso.

- Dai nonnino, stavo scherzando. Sono certa che se Gionzo ha visto quegli alberi di liquirizia vuol dire che esistono. Non ti arrabbiare.

- Va bene, non mi sono offeso. Dunque dicevo che gli alberi sembravano delle liquirizie e, lungo la strada si trovavano tanti piccoli panettoni che servivano da panchine. Gionzo e Ruggero si avvicinarono al paese ma non si vedeva nessuno così decisero di bussare alla porta della prima casa. Era una torta bellissima. Volevo dire che era una casa che assomigliava ad una torta bellissima, il tetto sembrava fatto di pasta sfoglia e le finestre erano di cioccolato, come anche la porta.

- Che delizia. Disse Giulia interrompendo il nonno ancora una volta.

- Il padrone di casa aprì la porta proprio mentre Gionzo stava per bussare e, trovandoselo di fronte, Gionzo fece un salto indietro dallo spavento.

- Chi sei, - disse l'ometto– strano essere con il casco? Ti sei forse perso? Se posso fare qualcosa devi solo chiedere – aggiunse con cortesia dopo essersi ripreso dallo spavento constatando che non c'era alcun pericolo.

- Buon giorno, mi chiamo Gionzo e sono un estronauta. Dove siamo capitati? Che strano paese è mai questo? Domandò Gionzo dopo aver visto che il suo interlocutore sembrava un cannolo siciliano che lo guardava con due occhietti piccoli piccoli che sembravano due uvette passe.

- un cannolo siciliano? Che bontà. Disse Giulia con l'acquolina in bocca. - Nonno, mi compri un dolcetto alla bancarella? E mentre parlava indicava la bancarella dei dolci che si trovava all'ingresso del parco.

- Va bene, andiamo a prendere i dolcetti allora. Ma solo una ciambella. Tornati alla panchina con una ciambella e un pacco di caramelle, il nonno continuò il suo racconto.

- Accomodati pure Gionzo, tu e il tuo amico Camaleone siete i benvenuti. Posso offrirti un the con i pasticcini? Noi Cannoli a quest'ora prendiamo il the generalmente. A proposito, che distratto, io mi chiamo Vito e sono un Cannolo del paese di Ricottella – e mentre parlava faceva strada fino al salotto. Tutti si accomodarono sulle comode poltrone simili ai panettoni e il the fu servito da Gina, la moglie del signor Vito.

- Grazie per l'ospitalità. - Disse Gionzo con un inchino – sono in cerca di informazioni. Sapete dirmi il nome del fiume di ricotta e se le sorgenti distano tanto ancora? E' ormai diversi giorni che camminiamo ma delle sorgenti neppure l'ombra. - aggiunse Gionzo sconsolato.

- Le sorgenti del fiume? Purtroppo non saprei dirti. Il fiume Ricotta (come altro avrebbe potuto chiamarsi infatti) è il fiume più grande della luna e le sue sorgenti non sono mai state esplorate. Rispose il signor Vito dispiaciuto – Mi dispiace non poterti aiutare in questo. Però posso raccontarvi una leggenda che si raccontava quando ero un piccolo cannolo e scorrazzavo per le contrade senza preoccupazioni.

- Sarà un piacere ascoltarvi signor Vito. Lo interruppe l'estronauta. E complimenti per i biscotti, sono buonissimi.
- Nonno, non mangiare le mie caramelle! Intervenne Giulia vedendo il nonno che continuava a prendere le sue caramelle dalla busta.
- Scusa piccola ma sono così buone. Il signor Vito iniziò il racconto.
- Si racconta che il fiume esista dalla notte dei tempi e che nasca in un luogo molto lontano che si chiama paese dei Calderoni giganti. Da uno di questi calderoni giganti proviene la ricotta che cadendo fuori dall'orlo ha creato il fiume che avete visto anche voi.
- Un calderone gigante? Urlò Giulia tutta felice pregustando le nuove avventure. Nonno, andiamo nel paese dei calderoni giganti anche noi?
- Non so se il paese esiste veramente – disse il nonno – il signor Vito dice che si tratta solo di una leggenda.

Aggiunse il nonno parlando ormai da solo mentre la nipotina, alzatasi dalla panchina, correva appresso ad uno scoiattolo urlando: - Scogliattolino bello fermati un attimo che ti do' da mangiare...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

mercoledì 26 febbraio 2014

Alla ricerca delle bianche sorgenti (Decimo episodio)

- Buona sera piccola Giulia, ti ho portato un regalo. Disse il nonno appena varcata la soglia della porta tendendo un pacchetto con tanto di fiocco alla sua nipotina preferita (anche perché era l'unica!).

- Grazie nonno, che cos'è? Urlò felice per la sorpresa, rigirando tra le mani il pacchetto e cominciando a tirare il fiocco in tutte le direzioni tentando di aprirlo.

- Eccoti le forbici – disse la mamma intervenendo opportunamente – ma fai attenzione.

- Grazie nonno! Grazie... urlò ancora una volta stringendo in mano una statuetta che doveva rappresentare Gionzo.

- L'ho fatta con le mie mani – aggiunse il nonno soddisfatto – ti piace? Chiese guardando la nipotina negli occhi.

- E' bellissima... mi devi insegnare a fare le statue un giorno o l'altro, aggiunse la piccola Giulia.

- Certamente tesoro. Non è difficile. Ma ora andiamo in salotto, ti devo raccontare cosa è successo a Gionzo ieri sera.

- Nonno, Gionzo sta bene vero? Disse Giulia con una smorfia di preoccupazione che le oscurava il viso.

- Stai tranquilla, non è successo niente di grave. Sta bene, però Ruggero non si sa bene che fine abbia fatto.

- Ho no, speriamo che non gli succeda niente di grave.

- Ma no, stai tranquilla, ora ti racconto. Mettiti qui seduta e fai attenzione alla statuetta, se cade si rompe. Poggiala sul caminetto se vuoi, così anche lui ascolta la storia.

Giulia poggiò la statuetta dell'estronauta sulla mensola del camino e si sedette affianco al nonno attendendo che lui cominciasse a parlare. Da quando il nonno aveva cominciato a raccontarle le avventure di Gionzo lei aveva imparato tante cose, ma la cosa più importante tra tutte consisteva nell'aver imparato ad ascoltare.

- Ieri sera Giovanbattistamarialorenzo e il suo amico Ruggero il Camaleone si trovavano nei pressi di una enorme cascata lunare. Un fiume di una sostanza bianca e densa colava dall'alto di un burrone cadendo proprio ai loro piedi da cui proseguiva lento e viscoso.

- Ma nonno, l'acqua non è così. E poi cosa vuol dire biscoso? Forse volevi dire biscotto?

- Scusa, hai ragione. Volevo dire proprio viscoso. Viscoso significa un po' appiccicoso, lento, che non scorre bene. E il fiume non era di acqua ma di ricotta.

- Ricotta? Ma la ricotta non può fare un fiume! - Disse Giulia incredula – la ricotta è in vaschette piccoline! Aggiunse ridendo.

- Eppure era proprio ricotta. Ruggero fu il primo a buttarsi in mezzo al fiume e mangiarne a sazietà, poi Gionzo si avvicinò e usò il suo casco potenziante per analizzare la sostanza prima di assaggiarla. Le analisi erano chiarissime, si trattava di ricotta, una ricotta ottima e di latte di capraspina. Gionzo decise immediatamente di scoprire da dove provenisse tutta quella ricotta così decise di risalire la cascata e seguire il flusso del fiume, incuriosito dallo strano fenomeno.

- Che bello un fiume di ricotta. Disse Giulia, portandosi subito le mani alla bocca per far capire che il nonno poteva proseguire il racconto.

- Gionzo decise di risalire la corrente con una canoa a vento lunare che estrasse dal suo zaino e che gonfiò immediatamente.

- Sali a bordo – disse rivolto a Ruggero che però preferì nuotare sulla ricotta seguendo la canoa da vicino e continuare a mangiare di tanto in tanto uno squisito boccone.

Giulia intanto rideva a crepapelle e si teneva la pancia cercando di non fare troppo rumore.

- Naviga naviga, Gionzo giunse in vista di un mulino con la ruota immersa nel fiume di ricotta e pensando di essere arrivato alla sorgente accostò la sua canoa alla riva e si avvicinò al mulino che però sembrava abbandonato.

- Numeri cari, se ci siete mostratevi, io sono un amico. Mi chiamo Gionzo e ecco a voi un passaporto che mi ha rilasciato Zero, del paese dei numeri Arabi. E come finì di parlare immediatamente alcuni strani numeri apparvero di colpo alla vista.

- Buon giorno a te - disse uno di essi rivolgendo il saluto al nuovo arrivato - Io sono Trequarti e sono il proprietario del mulino. Come posso esserti utile?


- Buon giorno a te, Trequarti, io mi chiamo Giovanbattistamarialorenzo, Gionzo per gli amici, e sono un estronauta. Vengo dalla Terra e sono qui in missione esplorativa. Ieri ho notato questo enorme fiume di ricotta di Capraspina e incuriosito dallo strano fenomeno ho deciso di risalire il fiume per capire da dove nasca. Mi sapete dare qualche spiegazione?

- Signor estronauta, noi siamo dei poveri Numeri Frazionari, ci dispiace non poterti aiutare, il fiume è sempre stato qui e noi cerchiamo di fare il nostro lavoro raccogliendo un po di ricotta e trasformandola in formaggio di Capraspina, anche se purtroppo quasi tutte le forme ci scappano non appena le produciamo. Siamo poveri e non possiamo offrirti molto ma chiedi ciò che vuoi, sei nostro ospite. E mentre parlava, Trequarti si chinò in segno di rispetto verso chi aveva conosciuto Zero e Uno, i signori del paese dei Numeri Arabi.

- Ti ringrazio Trequarti, a me e al mio amico Ruggero non occorre niente, però forse posso esservi io stesso d'aiuto. Mi sembra di capire che non riuscite a guadagnare molto con il vostro lavoro perché le forme di formaggio scappano. Ho visto che i vostri amici del paese dei Numeri Arabi usano mettere un collare alle forme prima di terminarle cosicché non possano scappare, se volete vi faccio vedere come si fa, così anche voi potrete godere del vostro lavoro. Come finì di parlare un mormorio si sollevò davanti a lui e di colpo apparvero dal niente tanti altri numeri, sicuramente la famiglia di Trequarti. Potevo intuire i loro nomi solo guardandoli. C'era un grande Quattroterzi, probabilmente il nonno, una bella bambina che si chiamava Duequinti, un piccolo vispo che doveva essere Unterzo e tanti altri piccoli curiosi che mi dissero essere i gemelli Undecimo. Tutti erano curiosi di vedere come si potesse mettere il collare alle forme di formaggio di Capraspina e si avvicinarono a Gionzo chinandosi di fronte a lui.

- Grazie signor estronauta, te ne saremmo molto grati. Disse Trequarti prostrandosi di fronte a Gionzo. Intanto la piccola Giulia che rideva fino ad un istante prima, saltò in piedi apostrofando il nonno.

- Nonno nonnino, cosa significa postandosi?

- Si dice prostrandosi – disse il nonno – e significa inchinandosi fino a terra in segno di rispetto, ma ora torna a sedere. Dicevo dunque che Trequarti si inchinò profondamente verso Gionzo che decise di mostrare subito come mettere il collare alle forme di formaggio per proseguire poi l'esplorazione senza perdere troppo tempo.

- Ecco, Trequarti, dovete fare come vi ho mostrato e le vostre forme non scapperanno più. Ora però devo partire, una missione mi attende, spero di incontrarvi in futuro e abbiate più fiducia in voi stessi. Disse salutando i suoi nuovi amici.

- Ti ringrazio caro amico, ci ricorderemo per sempre del tuo aiuto. In cambio voglio offrirti un consiglio, fai attenzione al fiume di ricotta. Abbiamo visto che viaggi su una piccola canoa ma devi sapere che nella ricotta si possono incontrare degli animali molto pericolosi che aggrediscono tutto ciò che gli capita a tiro. Ti consiglio di proseguire a piedi lungo la riva sinistra. Noi non abbiamo idea di dove si trovino le sorgenti del fiume ma se tu seguirai il nostro consiglio forse riuscirai a raggiungerle. E con questo consiglio si salutarono.

- Giulia, papà, a tavola. I ravioli di ricotta sono pronti. Disse la mamma interrompendo l'esplorazione di Gionzo e rimandandola alla prossima volta.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 25 febbraio 2014

L'estronauta e gli Alfabeti (Nono episodio)

Quella mattina il nonno era arrivato presto a casa di Giulia. aveva dormito poco la notte e si era alzato all'alba per guardare la bellezza del sole che sorge. Poi di corsa a casa della nipotina. L'avrebbe svegliata presto e portata a vedere il parco che si sveglia. La rugiada e l'odore dell'erba e gli scoiattoli che Giulia amava tanto.

- Buon giorno piccola. Disse il nonno sedendosi sul lettino circondato dai disegni di tanti racconti.

- Buon giorno. Rispose Giulia strofinandosi gli occhi.

- Oggi si va al parco, se hai voglia di alzarti. A quest'ora gli scoiattoli escono dalle loro tane e cominciano la raccolta delle riserve di cibo per l'inverno. Ho portato una busta di noccioline per loro. Vieni con me?

- Si – disse Giulia saltando in piedi come un fulmine – certo che vengo con te! - E in men che non si dica la piccola era pronta ad uscire.

- Prima facciamo colazione però, la tua mamma ha preparato due ottime fette di pane con nutella lunare e il caffè latte.

- Va bene, adoro la nutella lunare! Disse la piccola Giulia ridacchiando e già pregustando la giornata al parco con il nonno.

Dopo la colazione nonno e nipotina si diressero verso il parco che distava poco più di un chilometro dalla loro casa. Il parco era molto bello, pulito e ricco di alberi di tutti i tipi con tanto di cartellino per ognuno di essi che descriveva la specie e gli animali che si cibavano dei suoi frutti e vivevano nelle vicinanze. Al centro c'era un laghetto in cui vivevano tanti pesci e diverse specie di uccelli acquatici. Il custode del parco era un signore anziano che da sempre se ne prendeva cura. Una volta al mese tutti gli abitanti del quartiere si riunivano la mattina e raccoglievano tutta l'immondezza, risistemavano gli steccati, tagliavano l'erba e i rami secchi. Il parco era la loro gioia e tutti ci tenevano.

- Nonno, che pianta è quella? Chiese Giulia incuriosita dalla forma delle bacche del ricino.

- Quella è una pianta di ricino. Mi raccomando, non mettere mai le bacche in bocca. Sono molto pericolose.

- Sono velenose?

- Dipende dalla quantità. Come quasi tutte le cose, nella giusta quantità può curare, ma se si esagera fa male. Per ora ricordati di non mettere le bacche in bocca per nessun motivo. Disse il nonno serio in viso.

- Tranquillo nonno, non lo farò. Ci sediamo lì? Disse Giulia indicando una panchina da cui si poteva osservare il laghetto e le attività dei primi scoiattoli che indisturbati saltellavano nel prato alla ricerca di qualche bacca da mettere da parte.

- Si, sediamoci pure, ma prima lascia qualche nocciolina vicino agli alberi.

- Scogliattolini venite a mangiare. Disse Giulia correndo rumorosamente incontro agli scoiattoli che intanto scappavano spaventati.

- Nonno nonno, perché scappano?

- Non devi correre, cammina lentamente, poi chinati a qualche metro da loro e allunga la mano con una nocciolina, vedrai che se ti comporti così uno scoiattolo si avvicinerà e ti prenderà la nocciolina dalla mano. Disse il nonno con calma, ripetendo una spiegazione già data tante volte.

Giulia questa volta gli diede retta e avvicinatasi quatta quatta ad un bellissimo scoiattolo dal pelo rossiccio, si chinò e tese la mano. Con suo stupore lo scoiattolo la guardò fissa negli occhi e poi, senza paura si avvicinò e raccolse la nocciolina dalle sue manine tese per poi girarsi e correre via dopo averla guardata ancora in faccia, come a volerla ringraziare. Tutta soddisfatta la piccola tornò dal nonno.

- Nonnino nonnetto, mi racconti una storia? Disse guardando il nonno negli occhi.

- Certamente piccola mia. Stavo proprio per chiederti se ti andava di sentire una delle avventure di Gionzo. Sai, ieri sera ho ricevuto una sua lunga lettera. A proposito, ti manda i sui saluti e quelli di Ruggero.

- Grazie! Cosa ha scritto nella lettera? Come stanno i nostri amici? Sono riusciti ad esplorare la luna?

- Una cosa alla volta! Stanno bene e l'esplorazione prosegue con successo. Tra qualche giorno Giovanbattistamarialorenzo tornerà sulla Terra dopo quasi un mese di esplorazione.

- Torna sulla Terra? Possiamo andargli incontro? Voglio fargli tante domande. Disse Giulia saltando in piedi per la gioia.

- Vedremo, per ora posso solo dirti che negli ultimi giorni ha avuto una strana avventura che voglio raccontarti ma adesso siediti qui vicino a me e ascolta in silenzio.

- Va bene nonno. Rispose la piccola portandosi le manine sulla bocca e facendosi piccola piccola al suo fianco.

- Due giorni fa Gionzo e Ruggero si trovavano in una zona della luna che si chiama Mare della Serenità. Un grande cratere antichissimo pieno di polvere di stelle e rocce. Aveva appena iniziato a raccogliere alcune rocce per studiarle meglio nel suo laboratorio quando un rumore alla sua destra attirò la sua attenzione. Si voltò ma non vide nessuno.

- Ruggero, hai visto qualcosa? Domandò Gionzo al suo compagno di avventure che scosse la testa per dire di no.

- Eppure ho sentito un rumore. Sono sicurissimo. Disse Gionzo dirigendosi verso il punto da cui secondo lui era giunto il rumore. Per terra si trovavano delle strane rocce piatte. Gionzo allungò una mano e ne raccolse una. Sembrava una tavoletta di terracotta. La ripulì dalla polvere e, sorpresa delle sorprese, la tavoletta prese vita!

- Ha ha... lasciami andare strano essere gigante a bolla – disse la tavoletta - non sono buono da mangiare!

Dallo stupore Gionzo lasciò cadere quella che aveva pensato fosse una pietra.

- Attento, così mi rompi! Disse la tavoletta che però aveva fatto un salto mortale e si era rimessa in piedi all'istante e si ripuliva dalla polvere che aveva addosso.

- Chi sei? Chiese Gionzo con un inchino di scuse.

- Dimmi tu chi sei, visto che ti trovi in casa mia. Rispose con calma lo strano esserino.

- Io sono un estronauta, mi chiamo Giovanbattistamarialorenzo e vengo dalla Terra. Rispose Gionzo con un altro inchino – io e il mio amico Ruggero stiamo esplorando il Mare della Felicità, non pensavamo fosse abitato e chiediamo scusa per il disturbo – aggiunse Gionzo con un altro inchino ancora più profondo del primo. Nel tempo infatti aveva imparato che sulla luna tutti i lunimali si salutavano in questo modo.

- Io sono Alfa - rispose l'esserino ricambiando l'inchino e quella che si trova sotto il tuo piede destro è mia sorella Beta. Aggiunse indicando un'altra tavoletta semi sepolta nella polvere.

- Chiedo scusa – disse Gionzo spostando il piede e liberando Beta che con un balzo si mise in piedi e cominciò a scuotersi la polvere di dosso.

- Non avevamo mai incontrato un estronauta Terrestre, anche se le nostre cronache raccontano che tanti e tanti anni fa arrivò sulla luna un popolo della Terra.

- Di che cosa parli? Disse Gionzo molto interessato alla cosa – voi avete delle cronache? Dei libri con la vostra storia? - Chiese stupito Gionzo.

- Certamente, per chi ci hai presi? Non siamo mica dei Pesciolpi ignoranti noi! Disse Alfa offeso per l'insinuazione - Noi Alfabeti sappiamo leggere e scrivere da decine di migliaia di anni. E, per dirla tutta, siamo stati noi Alfabeti a insegnare ai tuoi predecessori a scrive e leggere quando, circa seimila anni fa, sono arrivati per la prima volta sulla luna. Aggiunse con una punta di orgoglio lo strano esserino.

- Perdonami, non volevo certo offenderti. Sono anzi molto interessato a questa storia. Potrei vedere le vostre cronache? Disse Gionzo chiedendo scusa per l'involontaria offesa.

- Non saprei, la consultazione delle Cronache è una questione importante e noi non possiamo certo decidere. Seguici, potrai chiedere al nostro capostipite, il Professor Aleph.

- Nonno, ma chi sono questi strani Alfabeti? Sai che sono proprio curiosi? Disse Giulia sorridendo - Mi sembrano molto intelligenti e garbati. - aggiunse con prontezza.

- E si, gli Alfabeti sono proprio dei simpatici esserini, molto simili agli esseri umani, e se quanto dicono fosse vero sarebbe proprio una grande scoperta!

- A cosa ti riferisci nonnino? Di quale scoperta parli?

- Cara Giulia, l'invenzione dell'alfabeto si pensa sia opera di un popolo antico, i Fenici. Sembra che siano stati loro alcuni millenni addietro, ad inventare l'alfabeto, più o meno come lo conosciamo oggi.

- Nonno, nonno, mi spieghi cos'è l'alfabeto? Voglio imparare anche io a scrivere.

- Facciamo così, oggi finiamo di sentire la storia dei nostri nuovi amici, domani ti spiego l'alfabeto, anche perché occorre un quaderno ed una penna per scrivere tutte le lettere.

- Va bene, come vuoi tu. Allora finisci la storia. Rispose Giulia tutta soddisfatta.

- Gionzo, Ruggero, Alfa e Beta giunsero al cospetto di Aleph. Vi furono tanti inchini lunari e infine Aleph autorizzò i nostri amici a consultare le Cronache e guidò il nostro estronauta all'interno di una grotta profondissima. Raggiunto un ampio corridoio illuminato artificialmente, gli mostrò le cronache del loro mondo. Sulla destra c'erano tante lastre di pietra incise con uno strano alfabeto, una lastra per ogni anno. Sulla sinistra c'erano le traduzioni in alcune delle lingue più note dell'Universo. Infatti non era la prima volta che degli esseri visitavano gli Alfabeti lunari.

- Il nostro estronauta indossò il casco potenziante e riuscì a leggere la lingua originale degli Alfabeti.

- E che cosa dice? Chiese Giulia molto interessata alle nuove scoperte.

- Raccontava che tanto tanto tempo prima, un popolo della Terra aveva costruito una torre altissima, la chiamavano torre di Babele, che arrivò fino a toccare la Luna. Un uomo scese allora dalla torre e cominciò a visitare la luna proprio dove si trovavano gli Alfabeti. Allora gli uomini non erano grandi studiosi e non sapevano leggere e scrivere ma gli Alfabeti spiegarono loro come si faceva. Da allora l'uomo imparò a leggere e scrivere.

- Poi un giorno, altri uomini salirono sulla torre perché anch'essi volevano raggiungere la luna. Arrivarono nella terra degli Alfabeti e chiesero di insegnare anche a loro a leggere e scrivere. Però si rivolsero ad un altro villaggio che usava un alfabeto diverso e così, quando tornarono sulla terra diffusero degli altri alfabeti e dopo un po non riuscirono più a capirsi. Quando uno diceva acqua, gli altri capivano mamma, e quando dicevano terra gli altri capivano vela.

- Veramente? Doveva essere una cosa molto comica. Disse Giulia sorridendo.

- E si, era comica però provocò anche tanti disastri. Infatti un giorno, mentre la torre cominciava a pendere a destra, uno degli ingegneri disse “Tirate a destra” e gli uomini capirono “attenti alla vespa” e scapparono tutti. Così la torre crollò e da allora gli uomini non riuscirono più a tornare sulla luna. Il problema delle lingue esiste ancora oggi e tante persone non riescono a capirsi le une con le altre.

- Nonno, da grande voglio studiare tutte le lingue del mondo così potrò parlare con tutti. Disse Giulia risoluta.

- Brava piccola mia. - Disse il nonno – ma ora rientriamo a casa che è tardi.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 23 febbraio 2014

L'estronauta e i Calderoni (Ottavo episodio)

- Nonno, nonno, mi racconti com'è finita la cena con i Numeri? Disse Giulia sulla porta di casa, accogliendo il nonno a braccia aperte.
- Mi farebbe molto piacere - rispose lui sorridendo - andiamo a sederci in salotto così cerchiamo di metterci in contatto con il nostro amico estronauta e vediamo di farci raccontare il seguito delle sue avventure.
- Si nonninno, andiamo in salotto. E mentre parlava tirava il nonno per i pantaloni dirigendosi verso la sua poltrona preferita, quella in pelle scura vicino al caminetto. Il nonno si accomodò e presa in braccio la piccola Giulia cominciò a parlare.

- Il nostro amico Gionzo aveva appena finito di mangiare con gusto il suo pasticcio di Pesciolzo Brucante quando in lontananza si sentì uno strano rumore, come di una banda musicale stonata che avanza rumorosamente. All'udire quel frastuono i Numeri si allarmarono e senza dire una parola sparirono velocemente. Nel giro di qualche secondo il nostro amico Giovanbattistamarialorenzo si ritrovò solo con in mano la forchetta e il suo piatto di Pesciolzo Brucante.

- Nasconditi, presto - gli disse Uno con una vocina sottile sottile, riapparendo solo per un istante - stanno arrivando i terribili Calderoni, se ti trovano sei perduto! E detto ciò sparì alla sua vista per non tornare più.

- Ruggero, amico mio, chi sono questi Calderoni? Disse Gionzo rivolgendosi all'amico camaleone che non lo abbandonava mai.

- Ma nonno, questa domanda volevo farla io! Protestò vistosamente Giulia, incrociando le braccia e mettendo su il broncio.

- Mia cara Giulia, devi capire che anche il nostro amico estronauta ha il diritto di parlare, e visto che ora nelle nostre storie si è aggiunto anche il nostro amico Ruggero, di tanto in tanto occorre dargli la parola, altrimenti rischiamo di perdere un amico. Facciamo così, da ora in poi chi vuole porre una domanda deve prima alzare la mano e io gli concederò la parola non appena possibile. Siete tutti d'accordo? Disse il nonno rivolgendosi non solo a Giulia ma a tutti i personaggi delle sue storie.

- Va bene! Disse Giulia.

- Bene, allora visto che siamo tutti d'accordo possiamo proseguire e diamo la parola a Ruggero. E col dito indice puntò verso la posizione della luna.

- Grazie - disse Ruggero prendendo la parola - dovete sapere che i Calderoni sono dei lunimali veramente terribili. Sono rumorosi, scorbutici e famelici. Vanno in giro in gruppo e cucinano tutto ciò che trovano lungo la loro strada. Non possono farne a meno, si dice, a causa della maledizione di una strega cattiva che ogni anno arrivava sulla luna per creare delle pozioni potentissime. Un giorno i Calderoni, stufi di lavorare per la strega, si ribellarono. Strapparono le catene e cacciarono la strega. Da allora continuano a girare sulla luna senza pace.

Mentre Ruggero il camaleone parlava la piccola Giulia si strinse al nonno spaventata.

- Che succede piccola mia? Non mi dire che hai paura! - Disse il nonno con tono scherzoso - Non devi aver paura, non dimenticare che il nostro amico estronauta è molto in gamba, non si farà certo cucinare da una banda di Pentoloni...

- Calderoni! Lo corresse Giulia a cui nel frattempo era tornato il sorriso.

- Si chiamano Calderoni! Ribadì con soddisfazione.

- Ma si, hai ragione, volevo dire Calderoni naturalmente.

- Io penso che per sconfiggere i Calderoni occorre inventare un'arma potentissima - aggiunse Giulia - secondo me il nostro amico dovrebbe indossare il casco potenziante!

- Come fai a saperlo? Infatti Gionzo, si sedette all'ombra di una grande Quercella con al suo fianco il fedele Ruggero il Camaleone e indossò il casco senza indugio.

- Nonno, nonno, chi è questo Indugio? Non me ne hai mai parlato. Disse la piccola Giulia con preoccupazione.

- Ma no, cos'hai capito, senza indugio significa senza perder tempo. Io pensavo che tu mi avresti chiesto che cosa fosse una quercella.

- No no, io so cos'è una Quercella, me l'ha detto ieri la mamma - e senza attendere proseguì ridacchiando - la Quercella è l'albero della nutella, è un albero tipico della luna, si trova un po' dappertutto, soprattutto nei pressi dei cartieri...

- I cartieri? Disse il nonno stupito.

- Si, i cartieri nonno, quei buchi grandi che sono sulla luna.

- Vuoi dire i crateri, disse il nonno.

- Si dai, volevo dire i crateri.

- Come faceva la mamma a sapere delle Quercelle? Chiese il nonno incuriosito.

- Devi sapere - spiegò Giulia con pazienza - che l'altro giorno la mamma ha chiamato al telefono il nostro amico estronauta perchè io non volevo fare merenda e lui gli ha suggerito di farmi una fetta di pane con la nutella di quercelle lunari, una nutella molto più buona di quella che abbiamo noi.

- Capisco, disse il nonno ridacchiando. Ma ora proseguiamo la nostra storia. Gionzo aveva appena indossato il casco potenziante che un'idea gli si parò davanti. L'idea aveva la forma di una grossa spazzola in acciaio, di quelle che si usavano un tempo per strofinare le pentole.

- Ottima idea! Pensò, e cominciò a costruire una grossa spazzola con quello che aveva a disposizione. Così, armato dello strano spazzolone, attese senza paura l'arrivo dei Calderoni. Il povero Ruggero era spaventato e prima che arrivassero i Calderoni si allontanò tremante e si mimetizzò in mezzo alle foglie di Quercella. Visto da lontano sembrava proprio una grossa ghianda nutellifera.

- Ma così rischia di finire in pentola! Lo interruppe Giulia. E' meglio se si mimetizza da sasso.
- Si, hai ragione, ma non ci aveva pensato. Comunque sia i Calderoni si avvicinarono rumorosamente fino a quando, ormai a pochi metri da Gionzo, non videro lo spazzolone.

- Haaaa - cominciarono a urlare tutti in coro - aiuto! Si salvi chi può!

- E così, prima ancora che Gionzo potesse provare a dire una parola erano tutti scappati a gambe levate!

- Come mai sono scappati tutti nonnino caro? Chiese Giulia.

- Devi sapere - rispose il nonno con fare serio - che la strega cattiva per costringere i Calderoni a ubbidire, li minacciava di spazzolarli con una spazzola di ferro. E loro non avevano dimenticato quella antica tortura e continuavano a temere tutti i tipi di spazzole e spazzoloni. Nessuno poteva immaginare una cosa del genere ma da quel momento, grazie a Gionzo e a Ruggero, le famiglie di Numeri non avrebbero mai più temuto i Calderoni.

- Nonno, nonno, mi disegni un Calderone da appendere nella mia cameretta? Chiese Giulia tendendo una mano con un pennarello.

- Certo piccola mia, però mentre io disegno tu chiudi gli occhietti e riposa.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 20 febbraio 2014

A cena a casa di Zero (settimo episodio)

- Nonno, nonno, perchè ieri non hai finito di raccontarmi la storia sulla famiglia dei Numeri? Disse Giulia saltando addosso al nonno non appena egli varcò la porta di casa.
- Ciao piccola mia. Ieri ti sei addormentata, cosa potevo farci?
- Ma non è vero! - disse la piccola storcendo la bocca e incrociando le braccia come se si fosse offesa
- io non dormivo, magari ho socchiuso gli occhi ma solo per concentrarmi meglio sul racconto. E mentre lo diceva rideva.
- Comunque sia, dopo cena proseguiamo la storia...
- No no, non se ne parla proprio. Adesso finisci la storia di ieri e dopo cene me ne racconti un'altra! Disse Giulia che non avrebbe accettato una risposta negativa per nessun motivo al mondo.
- Va bene - si arrese il nonno prendendo in braccio la piccola Giulia - andiamo a sederci in salotto così mentre la mamma prepara la cena noi possiamo metterci in contatto con il nostro amico e vedere cosa è successo con la famiglia Numeri.
- Si, si, andiamo. Forza nonnino più veloce... - disse Giulia che in braccio al nonno si agitava come una forsennata.
- Ora calmati però. Sediamoci sul divano. Fammi prendere il telefono così chiamo Giovanbattistamarialorenzo. E un istante dopo già componeva il numero interplanetario per la luna.
- Caro Gionzo, ti dispiace raccontarmi come è andata a finire con la famiglia Numeri? Sai, c'è qui Giulia che vorrebbe conoscere il resto della storia. Ci avevi descritto la famiglia. Se non ricordo male avevi parlato dei figli, il più piccolino si chiamava Due. - Dopo una lunga pausa il nonno mise giù il telefono e cominciò a raccontare.
- Bene, il nostro amico mi dice che si trova ancora ospite della famiglia Numeri. Ieri sera è stato presentato a tutta la famiglia che pare sia più numerosa di quello che inizialmente credeva. Infatti tutta la sera i parenti non hanno smesso di arrivare da tutte le province lunari per conoscerlo. Sembra che ci siano dei numeri molto particolari, alcuni veramente caratteristici.
- Davvero? Disse Giulia con stupore - e io che credevo che fossero già abbastanza strani quelli di ieri!
- Gionzo dice di aver conosciuto una vecchia zia di Zero che si chiama Radice Quadrata, la zia ha compiuto da poco 625 anni ma dice che ne dimostra appena 25!

Pare che sia merito di una verdura chiamata Radicina e coltivata in abbondanza dai Numeri nelle grotte lunari.
- Caspita! Allora dobbiamo scoprire qualcosa di più su questa verdura - disse Giulia - la mamma dice sempre che bisogna mangiare le verdure perchè fanno bene ma non credevo che esistesse una verdura che fa rimanere giovani.
- Tutte le verdure fanno rimanere giovani, anche se solo la Radicina lunare ha questa proprietà. Disse il nonno con estrema serietà - poi, ieri a cena, Gionzo ha conosciuto un tipo molto particolare. Mi è sembrato di capire che si tratti di un lontano cugino della padrona di casa. Questo cugino si chiama Immaginario e non faceva altro che parlare dei poteri fantastici dei Numeri come lui. Diceva che era capace di sparire a piacimento anche senza mettersi di fianco e per dimostrare che non mentiva sparì da un momento all'altro proprio di fronte a Gionzo che non sapeva più cosa dire.
Per fortuna non tutti i Numeri erano così strani, anzi, la maggior parte di essi era simpatica e socievole.
Prima di cena si sedettero tutti a tavola, una tavola enorme che occupava quasi tutto il salone e cominciarono a giocare ad un gioco che non avevo mai sentito prima. I Numeri si misero tutti in ordine e cominciarono a saltare sul tavolo a coppie e mentre saltavano ripetevano a voce alta i loro nomi, come una specie di cantilena:
Uno per Due Due
Due per Due Quattro
Tre per Due Sei
Quattro per Due Otto
Cinque per Due Dieci
Sei per Due Dodici
Sette per Due Quattordici
Otto per Due Sedici
Nove per Due Diciotto
Dieci per Due Venti
E quando un Numero sentiva chiamare il suo nome doveva saltare immediatamente sul tavolo.
Ogni tanto qualcuno sbagliava e allora doveva fare una penitenza. Di solito la penitenza consisteva nel prendere il vassoio dei dolci, dei biscotti di cui i Numeri vanno pazzi, e offrirli a tutti senza poterne assaggiare neanche uno.
- Che penitenza crudele - disse Giulia - io non potrei mai sopportare una cosa del genere.
- Eppure sembra che i Numeri si divertano molto giocando a Tavola Pitagorica (perchè sembra che questo sia il nome del gioco). E non è finita qui, infatti Gionzo è stato invitato a cena e ha potuto gustare tanti ottimi manicaretti lunari. Per antipasto è stato servito un ottimo formaggio di latte di capraspina. Poi per primo piatto hanno cucinato gnocchi di Patarciofi al sugo e per secondo uno splendido arrosto di Pesciolzo Brucante.
- Ed era buono? Cos'è una Capraspina nonno? E i Patarciofi che sapore hanno?
- Hai ragione , è meglio che ti dia qualche spiegazione. La Capraspina è una tipica pianta lunare, cresce abbondante nel Mar delle Capre, un grande cratere a sud del paese dei Numeri. Le sue spine sono molto saporite. Vengono bollite e poi spremute per ricavarne il latte che è dolcissimo. Le Capraspine vengono anche usare per produrre il Formaggio di Capraspina che dicono sia uno dei migliori formaggi della luna però è molto difficile da trovare. Infatti le forme di formaggio di Capraspina sono molto veloci e quando cominciano a rotolare non è molto facile raggiungerle. Così i Numeri di solito quando preparano una forma di Formaggio di Capraspina le mettono subito il guinzaglio e nonostante tutto capita spesso che le Forme riescano a scappare. Mentre il nonno parlava con estrema serietà dei piatti lunari della famiglia Numeri, la piccola Giulia non riusciva più a trattenersi dal ridere rumorosamente e dal tanto ridere cominciò a rotolarsi sul tappeto urlano a squarcia gola:
- Anche io sono una forma di Formaggio di Capraspina. Acchiappami se ci riesci...
E proprio in quell'istante la voce della mamma si sentì chiamarli a tavola.
- A tavola, e prima lavatevi le mani. - Disse la mamma - le fungiatelle sono pronte.
- Le fungiatelle? Rispose il nonno con aria interrogativa.
- Si, nonnino caro, sono delle buonissime tagliatelle con sugo ai funghi lunari. E' una ricetta che la mamma si è fatta dare dalla mamma di Gionzo. Sono buonissime. E mentre ancora parlava, la piccola Giulia già correva a tavola...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 19 febbraio 2014

La guerra civile o Farsaglia, di Marco Anneo Lucano

Chi è Marco Anneo Lucano?
Poeta latino, nasce a Cordova il 3 novembre del 39 dopo Cristo. Il padre è Marco Anneo Mela, lo zio è Seneca.
La famiglia si trasferisce a Roma poco dopo la sua nascita dove Marco si dedica allo studio della poesia. Nel giro di alcuni anni diventa famoso e entra nel cerchio dei poeti dell'imperatore Nerone.
Sarà la sua fortuna e anche la sua fine.
Nel 65 partecipa alla congiura contro Nerone e, scoperto, viene obbligato a darsi la morte all'età di 26 anni.
Dopo questa breve nota biografica, parlo un attimo della sua opera: "La guerra civile o Farsaglia".
L'opera poetica, organizzata in dieci libri (l'ultimo incompleto) racconta la storia della guerra civile tra Pompeo e Cesare che il secolo prima aveva insanguinato tutto l'impero romano.
Nel primo libro sono descritte le cause della guerra civile. Cesare e Pompeo sono rappresentati come uomini alla ubriachi di potere. Cesare attraversa il Rubicone in armi e si dirige a Roma.
Il secondo vede Pompeo scappare da Roma e rifugiarsi a Brindisi (ricorda qualcuno che fece la stessa cosa duemila anni dopo!) e poi, inseguito da Cesare, lascia l'Italia.
Nel terzo libro Cesare attacca le truppe pompeiane a Marsiglia e in Spagna. Il fantasma di Giulia, prima moglie di Pompeo, predice gli esiti della guerra.
Il quarto libro descrive l'assedio della città di Ilerda, in Spagna e le operazioni di Cesare in Illiria e in Africa.
Il quinto descrive le vicende di Cesare, nominato dittatore a Roma e di Pompeo che, radunato il Senato in Epiro, riceve l'incarico ufficiale di Comandante Supremo nelle operazioni contro Cesare. Pompeo invia la moglie a Lesbo affinchè resti al sicuro.
Nel sesto libro Pompeo a Durazzo riesce a sconfiggere Cesare e lo insegue in Tessaglia. La maga Erictho ridà la vita ad un morto per interrogarlo sul futuro di Pompeo e ne profetizza le prossime sventure.
Nel settimo libro i pompeiani e Cicerone incitano Pompeo ad andare incontro a Cesare. Gli eserciti si scontrano a Farsalo. Descrizioni della cruenta morte in battaglia. Pompeo esce sconfitto e fugge a Larissa.
Nel libro ottavo Pompeo si reca a Lesbo, dalla moglie, poi da li parte per l'Egitto alla ricerca di alleanze ma, su ordine del re Tolomeo XIII viene crudelmente assassinato poco prima di sbarcare.
Il nono libro vede Catone prendere il posto di Pompeo nella guida delle armate repubblicane. Con la moglie e il figlio di Pompeo svolgono le esequie senza però il cadavere. Cesare intanto raggiunge l'Egitto e riceve in dono la testa del genero.
Il decimo libro ci fa conoscere Cleopatra, che prima seduce Cesare e poi sposa il fratello Tolomeo per diventare regina. Il libro si interrompe durante i combattimenti che si verificarono durante il matrimonio di Cleopatra...
Il libro è molto particolare per le immagini forti descritte mirabilmente dei combattimenti e delle morti cruente, un esempio per tutte: la morte di Pompeo.
 
          "Appena vide la spada su di sè, si coprì il volto e il capo, sdegnando
di offrirlo coperto alla Fortuna, chiuse gli occhi
e trattenne il respiro per timore di emettere grida
o macchiare con un solo lamento l'eterna fama.
E quando il sinistro Anchilla gli trapassò il fianco,
assecondò il colpo senza emettere un gemito;
spregiò il crimine, conservò il corpo immobile
e morendo provò chi fosse e volse in cuore
tali parole: <<I secoli che mai taceranno i travagli
romani mi osservano, il futuro contempla da tutte le parti
del mondo la lealtà e la nave di Faro: ora pensa
alla gloria. Hai trascorso una lunga vita tra prosperi eventi;
i popoli non sanno, a meno che non lo provi nel morire,
che sai sopportare le avversità. Non cedere all'onta,
non dolerti dell'esecutore del fato: qualunque mano
ti colpisce, è la mano del suocero. Mi lacerino le membra,
le disperdano, tuttavia sono fortunato, o Celesti,
e nessuno potrà privarmi di questo.
[..] Pompeo, fra i risuonanti colpi di spada
sul dorso e sul petto, serbava il venerando decoro
dell'augusta bellezza e il volto corrucciato con gli dei, conservando
intatti nell'istante della morte il volto e l'atteggiamento: lo attestano
coloro che videro il capo mozzo. Il feroce Settimio,
mentre compiva il delitto, ne inventò un altro più atroce:
squarciato il velo che copriva l'augusto capo del Grande
morente, ne afferra il capo ancora animato dal respiro
e poggia il collo languente di traverso su un banco.
Taglia i nervi e le vene e spezza a lungo le vertebre;
non sapevano ancora troncare il capo con un colpo solo
di spada. Ma quando il capo cadde strappato dal busto,
uno sgherro fario pretese di portarlo di sua mano.
[..] Affinchè l'empio adolescente vedesse Pompeo, la chioma
ricciuta che i re veneravano, la capigliatura che ornava la fronte,
generosa fu afferrata da una mano; e mentre il volto ancora
viveva e singulti facevano balbettare le labbra,
e gli occhi sbarrati s'irrigidivano, conficcarono un'asta
faria nel capo che, quando ordinava la guerra, cacciava
la pace dal mondo; quel capo che animava le leggi, il Campo Marzio
e i rostri: di questo sembiante ti compiacevi, o Fortuna romana.
Non basta all'infame tiranno l'averlo veduto,
vuole che rimanga testimonianza del crimine. Con arte nefanda,
detersero la testa dai grumi di sangue, ne asportarono il cervello,
ne essiccarono la pelle, ne spremettero gli umori corrotti
e fecero solidificare la faccia con aspersioni di un succo."
 
Ecco, così vi lascio. Il resto a voi leggerlo...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO