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martedì 9 ottobre 2007

L'Amerigo Vespucci a Porto Torres

L'Amerigo Vespucci il 30 settembre è arrivata a Porto Torres in occasione delle manifestazioni per il decennale del parco dell'Asinara... continua




Paola e Gavino FADDA

Leucippo (Mileto V secolo a.C.)

Filosofo greco, apprende da Zenone la filosofia eleatica.
E' autore del saggio "Il grande ordinamento dell'universo" e di un'opera "sulla mente".
Leucippo pare sia stato il primo filosofo greco a considerare gli atomi come elementi costituenti la materia.
Fu maestro di Democrito.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 7 ottobre 2007

Le tasse nell’Antico Egitto

Nell’Antico Egitto le tasse erano pagate con il lavoro o in natura.
Considerando che il popolo egiziano apparteneva al re, era a lui che i suoi sudditi dovevano, in cambio del cibo, prestazione lavorativa gratuita.
Solo gli artigiani e i contadini, la parte produttiva egiziana, era soggetta al pagamento delle tasse. Durante l’epoca tinita furono fatti vari censimenti che permettevano di conoscere le future entrate con ampio anticipo. Come avveniva? Si valutava il presunto rendimento dei campi al momento della mietitura, calcolo fatto osservando l’altezza raggiunta dalle piene del Nilo. L’ammontare dell’imposta era poi conteggiato dagli scribi. L’importo delle tasse non era lasciato al potere decisionale degli scribi, ma il tutto era seguito da funzionari che dovevano osservare una prassi determinata. Erano rari i casi in cui un contadino doveva versare un tributo che non era in grado di pagare. Tuttavia gli abusi esistevano. Chi si riteneva vittima poteva fare le sue rimostranze ed era ascoltato. Vista la diversità degli oggetti provenienti dalla riscossione delle tasse, che svariavano dal grano ai pesci, dalle pelli conciate agli incensi, le città erano tutte dotate di grandi magazzini per lo stoccaggio. Anche i templi erano soggetti al pagamento delle imposte, salvo che non fossero in possesso di una carta d’immunità (ar), depositata negli archivi reali, dove erano elencati diritti e doveri.
Frequenti sono le raffigurazioni, tra le pitture tombali, di scene di prelievo delle imposte nei campi e delle bastonature inflitte ai recalcitranti contadini.

Sabrina BOLOGNI

sabato 6 ottobre 2007

Spaghetti alla bottarga... e non solo!

Dopo una dura giornata di lavoro, finalmente, rientro a casa, non vedo l’ora di sedermi a tavola... Apro il frigo e ... mi sento subito male!
Ho dimenticato di fare la spesa! Non so proprio cosa cucinare questa sera, il frigo è praticamente vuoto, si intravede una foglia di sedano sul fondo, un solo (sigh!) pomodoro e ... e poi basta! Dovrò inventarmi qualcosa ... penso ... che faccio?
Sono sul punto di uscire, andrò a mangiare una pizza, poi... ricordo... dovrei avere un barattolo di bottarga[1] in frigo....
Torno verso la cucina e controllo meglio, in effetti è proprio lì, mezzo vasetto di bottarga di muggine...sono salvo!
Così decido di mettermi ai fornelli e, come ho già fatto tante volte, prendo il vecchio mestolo di legno che mi regalò mia nonna Cenza e preparo gli ingredienti per la pasta... Una padella, abbondante olio d’oliva, la foglia di sedano e il pomodoro tagliata a dadetti piccoli...
Come verso l’olio sulla padella il suo intenso profumo mi risveglia l’appetito... aggiungo il sedano e faccio rosolare un attimo... L’acqua per la pasta é pronta, verso gli spaghetti fini, anche perché non ho altro ...
La pasta è al dente, fumante, la scolo velocemente Aggiungo la bottarga all’olio bollente, dieci secondi ed è pronta... verso la pasta e la faccio saltare per un minuto senza farla attaccare... Il piatto é pronto, verso dunque il pomodoro fresco in pezzetti direttamente nel piatto e mescolo il tutto.
Ancora un pizzico di bottarga sul piatto, un filino di olio crudo e due foglie di basilico per completare l’opera.
La cena é servita!
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[1] La bottarga è un prodotto caratteristico della Sardegna, si tratta di uova di pesce (tonno o muggine) lasciate essiccare e poi grattugiate e usate per condire la pasta.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Nuovi collaboratori, Paola e Gavino Fadda


Salve a tutti, Tuttologi, amici dei Tuttologi e lettori,
Oggi vi presento una nuova coppia di collaboratori, Paola e Gavino.

Sono certo che porteranno all'Accademia appassionati contributi.

E allora, ben arrivati...



Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 30 settembre 2007

La marcia del pavone

La pratica delle discipline orientali in Italia, come in tutto l’occidente, si è introdotta inizialmente come una moda fino a diventare oggi una parte essenziale della vita di molte persone. A riguardo, credo di avere già parlato del Tai-Chi e del mio maestro Ken-Ryu che, nelle vesti di monaco di Shaolin tramite i suoi insegnamenti, quotidianamente promuove uno stile di vita fondato su principi cosmici ed etici, combinati con pratiche di meditazione basate su posture e movimenti precisi; il corpo è presente alla consapevolezza, mentre la mente si esprime e vive attraverso il corpo.
Rifletto, così, sulla popolarità in tutto il mondo della cultura orientale motivata dagli effetti della pratica sul fisico, ma soprattutto dalla coltivazione del carattere morale di una persona nella vita quotidiana. Tuttavia, così come la cultura orientale s’innesta sulla nostra cultura occidentale, altrettanto un analogo fenomeno si verifica in oriente, che assume ormai comportamenti ed idee dell'occidente, avviando un processo non sempre culturalmente positivo, e che oggi segue il cammino della globalizzazione.
E in questa globalizzazione, lumeggia il totale disinteresse del mondo verso il popolo della Birmania e in particolare nei riguardi della marcia di protesta non violenta iniziata dai 500 monaci scalzi contro il regime di Myanmar. Questi monaci credono che il dolore (dukkha) permetta al birmano di accettare tutto quanto gli è imposto dall’alto, affinché nella prossima rinascita possano raccogliere la pace, il frutto della passività non violenta.
Ed è incomprensibile come anche il nostro paese, sempre pronto a difendere i diritti umani, sia particolarmente presente in quelle terre ricche di petrolio, ignorando quelle che offrono solo miseria.
Credo che se affondassimo la nostra origine considerando universali la terra di nascita e le sue radici, se immaginassimo il reale luogo di nascita vicino e lontano nello stesso tempo, allora non avremo più sentimenti d’intolleranza e necessità di violare i diritti umani.


Marica Di Camillo
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Nell'immagine, il giallo arancio simboleggia la fede, il bianco la purezza ed il rosso il coraggio

venerdì 28 settembre 2007

Cultura generale...

Le scuole...
ci si lamenta sempre delle scuole, di ciò che insegnano (o non insegnano), dei programmi, degli insegnanti, della fatiscenza degli edifici e così via...
Ma forse il problema non è la scuola... ma LA SOCIETA'...
Vi chiederete il perché... mi auguro!
Il problema è la nostra società... una società in cui tra le domande di cultura generale di un generico test, magari di un concorso pubblico, si possono trovare domande tipo...
Di che squadra è "Tizio Caio"?
Come si può permettere che qualcuno attribuisca un punteggio a questa domanda?
Come si può consentire che ciò accada?
Eppure... accade!
E allora basta!
Basta lamentarsi delle scuole... basta lamentarsi della Pubblica Amministrazione... basta lamentarsi del Governo...
Il problema siamo noi italiani... che permettiamo che queste cose accadano!
Una società con questa "Cultura generale" è semplicemente una società senza cultura...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo