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giovedì 21 agosto 2008

Osilo: contro i temporali...

Paese che vai usanze che trovi,

a Osilo per esempio, contro i temporali, si recitava così:

Santa Aivara de campu,

sailvanoso dae tronoso e lamposo.

Che tradotto significa:

Santa Barbara di campo,

salvaci dai tuoni e dai lampi...

Poi si recitava per tre volte il Credo...

Anche in questo caso c'è di mezzo Santa Barbara... chissà...

magari non serviva a niente ma tanto male non fà!


Paola SABA

mercoledì 20 agosto 2008

Porto Torres: il Club del Ponte e i proverbi sardi



A volte per ingannare il tempo, tra un bagno e l'altro, capita di ricordare i termini antichi dialettali. Così si sentono termini in Portotorrese, in Sassarese, in Campidanese e così via...
Poi talvolta spuntano fuori dai meandri della memoria frasi intere, proverbi...
E' Gavino che ci racconta, con il suo accento tipico, un detto antico del paese di Sorso, che qui vi scrivo:

"Lu zerragu naddu allu guggiu e
battixadu all'invessu e senza sari
e megliu dallu a un'animali
chi no a eddu a ricattu pessu"

Che tradotto dovrebbe suonare circa così:

"Il bifolco nato al buio
e battezzato al rovescio e senza sale
è meglio darlo ad un animale che non a lui,
anche se sono solo i resti del mangiare, da buttare"

Certo, forse per capirlo è il caso di mettere le frasi in ordine, e dunque:

"I resti del mangiare, anche se sono da buttare,
è meglio darli ad un animale
piuttosto che ad un bifolco,
nato al buio e battezzato al rovescio e senza sale"

Ecco, forse ora è più chiaro...
E allora, che dire se non che per non essere bifolchi si deve studiare?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 19 agosto 2008

Gesico: tradizioni popolari per proteggersi dai temporali

E' il diciassette agosto e domani partiremo per lasciare il paese di Gesico alla volta di Porto Torres. Torneremo l'anno prossimo, come tutti gli anni, in estate. Anche questa volta non sono riuscito a fare che un decimo delle cose che mi ero ripromesso, ma anche questa è una costante. Mancano poche ore all'ora di cena, se sono fortunato faccio ancora in tempo a salutare zia Nina e zio Lucio... chissà... ma si, proviamo!
Zia Nina è la più vecchia rappresentante della famiglia Schirru a Gesico, sorella di mia nonna Cenza, e quando posso vado sempre a salutarla con piacere.
Passo a prendere mia madre e con lei andiamo da zia...
Ai saluti seguono le interminabili chiacchierate sui parenti e sull'albero genealogico di famiglia... e poi zia inizia a raccontare quelle cose che più mi piacciono... piccole filastrocche,muttettus e preghiere in lingua sarda campidanese! Che memoria...
Le credenze popolari della Sardegna attribuivano ai santi il compito di proteggere le persone da eventi naturali che potevano essere pericolosi. Come già abbiamo visto per il malocchio,"is brebus ", le parole pronunciate per proteggere o per curare erano spesso alternate ai nomi dei santi che avrebbero dovuto fungere da protettori o intermediari. Ebbene, anche per proteggersi dai temporali i santi avevano la loro importanza, Santa Barbara e San Giacomo in particolare. Chi voleva proteggere i suoi cari dai pericolosi temporali e dai fulmini non aveva che da eseguire un antico rito durante il quale venivano recitate queste parole:

Santa Brabara e santu Jaccu,
bosu pottaisi is crai de lampu
bosu pottaisi is crai de celu
non toccheisi a fillu allenu
ne in domu e ne in su sattu,
santa Brabara e santu Jaccu.

La traduzione è circa questa:

Santa Barbara e san Giacomo,
voi avete le chiavi del fulmine
voi avete le chiavi del cielo
non colpite i figli degli altri
ne a casa ne in campagna,
santa Barbara e san Giacomo.

A mio parere questa è solo una piccola parte della preghiera ma al momento non sono in possesso di altre versioni che mi consentano paragoni. Posso solo dire che è abbastanza strano che si chiedesse la protezione per i figli degli altri ma non si accennasse ai propri.
In ogni caso devo ringraziare per questi versi mia zia Nina che nonostante i suoi 89 anni possiede ancora una memoria di ferro.
Grazie zia e alla prossima!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


Leggi gli altri articoli sulle Tradizioni popolari della Sardegna

lunedì 18 agosto 2008

Visita al nuraghe Losa



11 agosto 2008, ancora una volta mi trovo alle prese con la civiltà nuragica... questa volta armato di macchina fotografica digitale, mi appresto a riprendere il nuragheLosa... Continua

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Coqì Beach

Chiudo la mia email a un'amica con la 'notizia' che vado a fare una seduta di docciaterapia. Prima però si accende un interruttore da qualche parte e telefono a mia sorella Marica sul portatile: "Sei al mare?" le chiedo. "Sì, sono al mare" mi risponde. Qualche altro bla-bla e poi ciao-ciao. Vado in cucina e lavo le poche cose della sera precedente (ho una cucina ordinatissima). Poi doccia. Poi roba del mare. Nel cassetto dell'armadio non c'è. Ma dove capperi l'ho messa? Ah sì, l'ho messa in ordine da qualche parte, ma non ricordo dove, forse lassù in una borsa-valigia. Prendi la sedia, tira giù la borsa, eccola! Mi ci vuole uno zainetto, ce l'ho, ma ci sono accessori informatici, svuota lo zainetto, metti asciugamano-costume-ciabatte, indossa costume, indossa pantaloncino sopra costume, scarpe, maglietta, sistema borsetto, tira giù le tapparelle, verifica finale, chiave, porta, chiudi porta.

Imbocco la Braccianese; all'altezza di Osteria Nuova, a sinistra; la strada l'ho già fatta una volta, è stretta e piena di curve, ma suggestiva; in un punto si passa in un tunnel di alberi; incrocio, az! è proprio pericoloso, bisogna stare attenti; proseguo e seguo le indicazioni stradali come mi ha suggerito Marica; supero Maccarese e arrivo alla rotonda di Fregene; a sinistra; dopo il Riviera trovo il cartello del Coqì Beach; il parcheggio è gratuito; entro; all'ingresso un signore, che scoprirò dopo essere il proprietario. "E' la prima volta che vengo e non conosco le procedure, cosa devo fare?" gli domando. "Lei è con la signora?" mi domanda indicando una bella signora non molto distante da me. "No, ma mi piacerebbe" rispondo (la signora sembra molto lusingata e sorride, ricambio). "Allora guardi, vada da quella signora alla cassa e dica di cosa ha bisogno". "Grazie-Prego".

Alla signora alla cassa chiedo un lettino: "Otto euro, se ha i tre euro..." mi risponde. Infilo la mano nel borsetto e ne tiro fuori cinque di carta; poi la mano va all'altro scomparto (quello degli spiccioli) e tira fuori una manciata di metallo, compreso un portachiavi con medaglietta della madonna di Lourdes: "Con questo non posso pagare, immagino". La signora sorride. Con la ricevuta in mano mi avvio verso la riva. Mi viene incontro un giovanotto con pantaloncini e maglietta. "Immagino che mi debba rivolgere a lei" gli dico. "Ce stò solo io" mi risponde. Gli dò il biglietto del lettino e lui ne lacera un pezzo: "Dove glielo metto?" (accipicchia che esempio di comunicazione). "Sto cercando mia sorella, signora bionda con bambino e lettino vicino al bagnino". Vicino al bagnino una signora bionda con lettino c'è, ma mi dà le spalle e non vedo il bambino. Sono abbracciati.

Quando Marica mi vede le si illumina il volto: "Luciano, guarda chi c'è, che bello!" esclama. Quando mi levo maglietta e pantaloncino, il suo pensiero di sorella-madre va alla crema: "Ho la protezione quattro, quindici e trenta, quale vuoi?". "Non lo so, non ho mai usato creme". Decide per la quindici. Viene dietro di me, che sono seduto sul lettino, col flacone e invece di aprirlo come previsto, svita il tappo. Non so quanta crema mi cola per la schiena. "Ho, scusa, mi sono emozionata e ho svitato il tappo" si rammarica. Alla fine del trattamento sono bianco di crema. Ci vuole un bagno. Entro in acqua: è calda, non limpida e c'è qualche ondina.

Vado avanti, ma cammino-cammino e l'acqua mi arriva al massimo all'ombelico. Alla fine mi fermo e decido di fare finta di non toccare. Mi immergo. Calda, piacevole, rilassante. Non lontano da me due signore di piacevole aspetto che mi sembra che parlino spagnolo, ma sono poche le parole che giungono alle mie orecchie e non mi danno la certezza della lingua. Dopo un po' mi avvicino a un signore di mezza età che sta smucinando con una mano nella sabbia. "Cerca vongole o telline?" gli chiedo. "No 'e vongole nun ce stanno, bisogna annà allargo; pijo 'e telline". Chiacchieriamo per un po'. Dopo mia sorella mi dirà: "Eri appena entrato in acqua che già parlavi con qualcuno".

Il signore mi dice molte cose interessanti e ha una voglia di parlare indiavolata. Parla praticamente sempre lui. Io cerco di inserirmi nel discorso in quegli attimi che riprende fiato. Ma mi viene concesso poco spazio. Abitiamo anche relativamente vicini: lui a Prima Porta, io vicino all'Olgiata. Dopo un po' vedo Marica in acqua con Luciano e decido di raggiungerli. Stanno giocando con una palla-mela. Sì, proprio una mela che usano come palla e si lanciano a vicenda. La mela galleggia; non lo sapevo. Marica rientra a riva e io resto con Luciano a fare lo stesso gioco. Ma lui non misura la forza né la direzione, quindi tutte le volte che tira la palla-mela mi copro il volto con le mani. Per fortuna non mi centra. Ah, basta bagno; torno sulla spiaggia. Mi è venuto un languorino allo stomaco. Quasi-quasi mi faccio un panino.

A metà della spiaggia c'è un gazebo con bar. "Cornetti, panini, tramezzini?" chiedo al giovanotto con coda di cavallo. "Abbiamo panini, baguette, con prosciutto crudo e mozzarella, prosciutto cotto e mozzarella, pomodoro e mozzarella" risponde. "Ma la baguette non me la dà mica intera, spero" osservo, accompagnando le parole con il gesto del braccio destro allungato e la mano sinistra alla spalla destra. "No, la tagliamo in tre parti" mi rassicura. "Bene, allora prosciutto cotto e mozzarella e acqua minerale; se mi viene voglia del caffè glielo dico dopo" è la mia decisione. Prendo anche il caffè - lungo-lungo come piace a me - e mentre lo sorseggio vedo Marica che sta parlando con una delle signore che avevo visto in acqua.

Le raggiungo; si stanno salutando. Marica, che conosce le buone maniere, ci presenta: "Questo è mio fratello Giovanni" dice rivolta alla signora. "Piacere-piacere, Giovanni-Anna". Dall'aspetto e dalla pronuncia un po' esotica mi sembra [...] e azzardo: "Sei brazileira?". "Sì" risponde. Una bella signora portatrice di sorriso. Marica poi mi dirà che è separata e il giudice le ha affidato la bambina e il padre può vedere la figlia per due ore ogni due settimane alla presenza della madre. Accipicchia che brutta separazione! Una separazione giudiziale è il quanto-di-peggio possa esistere: due persone, che pensavano di amarsi e diventano nemiche. Anche se non mi ha mai riguardato, mi rattrista. Scambiamo qualche battuta di convenevoli e poi la mia solita battutaccia: "Vi avevo viste parlare e ho pensato: Marica deve fare proprio così, intercettare belle signore e presentarmele". Per fortuna ridono tutt'e due. Io mi aggrego.

Alle 15.00 andiamo a prendere il gelato per Luciano e il caffè per Marica. Alle 15.30 partenza. Intanto, siccome quel signore che avevo conosciuto in acqua mi aveva parlato di uno stabilimento dell'Esercito (avevo infatti visto unTricolore sventolare e mi era venuto il sospetto), al rientro (3-400 metri dal Coqì) mi fermo in quello stabilimento per chiedere. Al botteghino ci sono un giovanotto e una bella ragazza. Tutti e due sorridenti. "Ho una domanda" esordisco. "Prego" è la risposta della ragazza.

"Il mio nome è Giovanni Bernardi e sono generale di divisione del ruolo d'onore dell'Esercito, quindi in pensione; non ho la tessera AT che conferma la mia appartenenza alle Forze armate, perchè non mi è mai servita; cosa devo fare per poter accedere a questo stabilimento dell'Esercito?" spiego. "Questo non è Esercito, ma Ramdife (Reparto autonomo ministero della Difesa) - mi risponde la ragazza - ed è lo stabilimento del ministero della Difesa; se vuole le facciamo la tessera come socio aggregato".

Az - penso - non ho mai visto una burocrazia meno burocratica. Presento la patente, dove sono ritratto in divisa e che ha la residenza aggiornata oltre alla abilitazione alle patenti A-B-C-D-E, e mi viene rilasciato il tesserino con il quale posso accedere allo stabilimento con prezzi militari. Ma domani non ci andrò, perché sarò con Marica al Coqì.

Giovanni Bernardi

Una sola ragione

Abbiamo ucciso per il bene
e non abbiamo avuto dubbi
avremmo di certo osato
senza vedere l'anima almeno
seduto tra le stelle l'uomo
guarda la sua piccola terra
azzurra di cielo coperto di nubi
accapigliate in guerra sempre
e avrebbe ascoltato il vento
in uno supporre il domani
una sola ragione ci muove.
E' quella che magnetica spinge
la terra lontana dal sole e poi torna
e la marea va e viene alla luce
della luna che da qui sembra viva
ma è l'illusionista della morte
a farci vedere un'altra possibilità.

Giuseppe Marchi

domenica 10 agosto 2008

Ovidio: le metamorfosi e il Diluvio...

Nel precedente articolo sulle Metamorfosi ho concluso parlando dell'età del ferro, l'era delle guerre.
Giove, stancatosi di vedere e sentire gli uomini riunì il concilio degli dei per decidere sulla punizione da dare alla razza umana e dopo aver valutato attentamente decide di usare l'acqua per distruggere questa razza malvagia. I fulmini, sua arma preferita, avrebbero potuto dar fuoco al "sacro etere" e causare distruzioni incontrollabili. Si sarebbe potuto infiammare e bruciare il lungo asse terrestre, ci riporta Ovidio! E dunque é meglio distruggere "la stirpe dei mortali con un'inondazionee mandare un diluvio da ogni parte del cielo".
E così l'acqua sommerse il mondo, trascinando via tutto "e le torri strettedall'acqua restano invisibili sotto i gorghi; ormai non c'era nessuna separazione tra mare e terra: tutto era mare ma al mare mancavano i lidi...
Solo in due si salveranno, Deucalione e la moglie, Pirra. Su una fragile barca sopravvissero ed approdarono sul monte Parnaso e, resisi conto di essere soli al mondo si rivolgono agli dei perchè li consiglino su come ripopolare la terra con la stirpe degli uomini. Temi, interpellata dai due sopravvissuti risponde: "Allontanatevi dal tempio e copritevi il capo, sciogliete le vesti e buttate dietro le spalle le ossa della gran madre..."
Deucalione, figlio di Prometeo, interpreta come "pietre", le ossa della gran madre "Terra" e così, ubbidendo alla dea, inizia il lancio delle pietre... e "le pietre lanciate dalle mani di Deucalione assunsero l'aspetto di maschi, mentre le femmine ripresero vita con il lancio effettuato dalla donna"...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO