Traduttore automatico - Read this site in another language

domenica 20 dicembre 2015

Tecnica del colpo di stato, di Curzio Malaparte

Diversi anni fa, in una bancarella di libri a Milano, ho acquistato un vecchio libro dalla copertina rigida color blu profondo, col dorso scolorito, il titolo diceva: Tecnica del colpo di stato, autore: Curzio Malaparte.

Diversi anni prima avevo sentito parlare di Malaparte da un amico che aveva letto qualcosa. Non ricordavo bene l'argomento della discussione di allora ma pensai di approfondire, così comprai il libro e lo lessi immediatamente.

Ma chi era Curzio Malaparte?
Se fate una piccola ricerca scoprirete che Malaparte (1898-1957) si chiamava in realtà Kurt Erich Suckert. Nacque a Prato da madre italiana e padre sassone. Fu scrittore, saggista, giornalista e militare!
Allo scoppio della prima guerra mondiale Curzio aveva appena sedici anni ma decise di arruolarsi e lo fece arruolandosi nella Legione Garibaldina fino all'entrata in guerra. Nel 1915 si arruolò nel Regio Esercito come fante  dove venne nominato sottotenente e partecipò a diverse imprese belliche in Italia e in Francia dove fu decorato con medaglia di bronzo al valore militare. Subito dopo la guerra pubblicò il suo primo libro: Viva Caporetto! in cui criticò fortemente la condotta della guerra da parte dello Stato Maggiore.

Ma torniamo un attimo al libro, perché voglio riportare un brano dell'introduzione, intitolato:

"Che a difendere la libertà ci si rimette sempre"

"Io odio questo mio libro. Lo odio con tutto il mio cuore. Mi ha dato la gloria, quella povera cosa che è la gloria, ma anche quante miserie. Per questo libro ho conosciuto la prigione e il confino, il tradimento degli amici, la malafede degli avversarii, l'egoismo e la cattiveria degli uomini. Da questo libro è nata la stupida leggenda che fa di me un essere cinico e crudele, una specie di Machiavelli nei panni del Cardinal de Retz: quando non sono che uno scrittore, un artista, un uomo libero che soffre più dei mali altrui che dei propri."

Ho voluto riportare questa che è l'introduzione del libro perché mi ha molto colpito.
Come può un autore odiare un proprio libro?

Lo si può capire se si considerano le conseguenze che la pubblicazione del libro ebbero sulla sua vita. A causa del libro, o meglio delle idee che in esso sono chiaramente riportate, delle sue considerazioni sugli uomini potenti del tempo, Curzio Malaparte fu perseguitato per tutta la vita.

Tecnica del colpo di Stato apparve a Parigi nel 1931 ed ebbe subito uno straordinario successo. Secondo l'autore la storia politica del periodo (1920 - 1930) non è ciò che comunemente si pensa, ciò che accadeva sulla scena politica europea, per lui, non dipendeva dall'applicazione del trattato di Versailles né dalle conseguenze economiche della guerra appena terminata, né tantomeno dalla volontà dei governi europei di mantenere la pace così a caro prezzo riconquistata. Malaparte afferma che sul piano politico era in corso una lotta tra due grandi fazioni. Da una parte i difensori del principio di libertà e democrazia (a favore dello stato parlamentare, liberali e democratici), dall'altra i suoi nemici, fascisti e comunisti.

"I catilinari di sinistra mirano alla conquista dello Stato per instaurare la dittatura della classe proletaria"... "I catilinari di destra temono il pericolo del disordine: accusano il governo di debolezza, d'incapacità e d'irresponsabilità..."

Mi sembra di riconoscere ancora oggi in alcuni nostri esponenti politici l'applicazione delle stesse tesi!

Chi era Bela Kun? E Kapp, Pilsudzki e Primo De Rivera? Trotzki e Bauer?
La Storia è veramente ricca di persone che la Storia l'hanno fatta ma poi sono passate e spesso dimenticate.
Colpa nostra! Chi conosce Lenin, al di la del nome? E Stalin?
Eppure il nostro mondo deriva dalle loro azioni (tra l'altro).

La Storia è il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro! Conoscerla e ricordarla è nostro compito, è nostro dovere.

Ma qui mi fermo per ora, sicuramente Curzio Malaparte merita approfondimenti, dopo adeguate letture.

A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 18 dicembre 2015

Li tassinari de Roma

Li tassinari de Roma
so' de 'na razza strana,
quanno so' soli
corono come pazzi,
sfrecciano tra la gente
come se nun c'avessero paura de gnente.

Poi, de colpo,
come caricano 'n criente,
da pirati de la strada
se trasformano immediatamente,
diventando come conigli,
e co' li crienti loro
fanno come fossero figli.

Piano piano, con prudenza,
se movono ner traffico romano
Tomm Tomm funzionante
e cartina alla mano,
nun se sa come
ma nun conoscono mai la strada
se perdono, se sbajano
nun parono manco de Roma
ma sembrano de Praga!

Te chiedono a te
se sai dove devi annà
co' stà faccia d'agnoletto
che a guardalli è un diletto,
ma solo pe' tirà a fregà.

E se per caso all'aeroporto devi annà
fa bene attenzione, nun farte raggirà
che na corsa in tassì
più de 'n viaggio pe' Parì
te la fanno pagà.

Però na' cosa è certa,
a li tassinari de Roma
nun je manca mai la parola,
durante tutto er viaggio
nun t'annoi de sicuro
che la lingua lunga e tajente
nun assomiglia a gnente
e se je fai simpatia
er viaggio se trasforma
e la tariffa pure
rientra nella norma.

Ma fa attenzione a quello che dici,
nun te schierà mai pe' primo
se sei daa Lazio o daa Roma,
lascelo dire a loro
e se proprio voi parlà male
de quarcuno
parla male de li politici
che nun te poi sbajare
opure de le tasse che c'hai da pagare
che questi so dolori che accomunano.

E quanno alla fine
arivi a destinazzione
saluta l'amico tuo tassinaro
dopo che paghi la corsa,
e me raccomanno,
nun chiede mai la ricevuta
che sta cosa nun se fa,
pecchè è na cosa brutta!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 12 dicembre 2015

Er traffico de Roma

Nun ce se pò crede
finchè nun ce state 'n mezzo,
a bordo de n'autovettura
tra du file stretto
de macchine rombanti e strombazzanti
pe' via Cristoforo Colombo
o Corso Trieste
Acilia, Aurelio, Bufalotta
Eur, Appia Nuova e Tor Pagnotta,
nun ce sta nessuna differenza
andà pe' strada è na penitenza!

Roma è la città più bella
ma er traffico pe strada
è na maledizione
che nun se ne pò parlà
senza tremà pe l'emozione.

Pe' non parlare poi de li marciapiedi
che de solito nun esistono pe' gnente,
e quanno ce stanno
nun ce po' passà la gente,
pecchè so occupati
da le macchine de prima,
quelle che stavano pe strada,
poco prima.

Peccato,
povera Roma mia
che l'amministratori tui ancora
nun l'abbino capito
che'r traffico è la rovina tua
come la moje pel marito.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 6 dicembre 2015

La filastrocca dello spazzino

Ieri sera, per diletto,
con mia moglie sotto braccio
per le strade di Roma
sono stato a passeggio
tra ponti e palazzi,
musei e antichità,
lungo il Tevere la folla
a passeggio se ne va!

Tra bar, pasticcerie e ristoranti,
e tutte queste delizie
per ogni dove, ahimè,
cassonetti pieni, sacchetti e cartoni,
cartacce e immondizie.

L'acqua del Tevere
sotto il cielo azzurro
scorre felice
intorno però sporcizia ed erbacce
e in terra le solite brutte cartacce.

Il trenino della Metro
ci porta al centro
"Termini, uscita lato destro", torniamo all'aperto
Piazza dei Cinquecento senza vespasiani,
che olezzo, che sconcerto!

Eppure non capisco,
tante sedi dell'AMA abbiamo visto
lungo la strada colpiscono i cartelli
"Rispettiamo la nostra città"
tutti pasticciati coi pennarelli.

Per una città pulita
non servono i cartelli
non bastano i cassonetti
o la macchina spazzatrice.
non basta neanche la buona educazione
occorre lo spazzino,
razza in estinzione
con tanto di ramazza
che tutto via spazza.

La passeggiata è terminata
abbiamo visto tanta gente
che passeggia tra sporcizia e cartacce
ma niente spazzini e niente ramazze!

Poi sul tardi, all'imbrunire,
eccone uno,
lo vediamo, poggiato al muro con la sua ramazza
lo fermiamo e domandiamo
"Signor spazzino, perché non lavora?"
c'è così tanto da fare
strade da spazzare, marciapiedi da pulire
cartacce da raccogliere
cestini da vuotare.

Ci guarda e con la faccia triste dice
"Avete ragione,
ma cosa volete che faccia io da solo?
Sono l'ultimo di una razza
ormai scomparsa
ed anche la mia ramazza
è finta, non vedete che non spazza?

Ma non preoccupatevi,
al posto mio all'AMA
hanno assunto un altro dirigente,
così, tra qualche giorno
anche io mi leverò di torno,
e vedrete che strade pulite!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 5 dicembre 2015

Filastrocca dell'idraulico

Qualche giorno fa, girando per mercatini, mi sono imbattuto in un libriccino colorato che ha subito attirato la mia attenzione, "Filastrocche in cielo e in terra", di Gianni Rodari.
Non credo occorra dire che ora il libro fa parte della mia biblioteca.
Da ragazzo lessi tantissime filastrocche di Gianni Rodari, una la ricordo ancora.
Si tratta di una filastrocca che ha come base la tabellina del tre:
Tre per uno Trento e Belluno,
tre per due bistecca di bue
tre per tre latte e caffè
tre per quattro cioccolato
tre per cinque malelingue
tre per sei patrizi e plebei
tre per sette torta a fette
tre per otto pasta e risotto
tre per nove scarpe nuove
tre per dieci pasta e ceci.
Purtroppo in questo libro non l'ho trovata ma continuerò a cercare.
Può sembrare una cosa stupida, come filastrocca, ma è fatta per bambini, per imparare, per stimolare la fantasia e indurre curiosità.
Negli stessi giorni sono stato costretto a cercare un idraulico, esperienza spiacevole sotto tutti i punti di vista, soprattutto finanziario.
Fatto sta che le due esperienze, si sono prese per mano e da esse è nata una piccola filastrocca, sicuramente non all'altezza di quelle che ho tanto amato in gioventù, ma credo altrettanto istruttiva.
Ve la racconto qui di seguito sperando che a qualcuno sia utile.

Filastrocca dell'idraulico

Ho deciso, per mio figlio,
un buon lavoro ricercare
non troppo faticoso
e che faccia guadagnare.

Guarda a sinistra, guarda a destra,
non c'è modo di capire
in quest'Italia malandrina
è sempre la stessa minestra!

Le statistiche ufficiali
sembran proprio tutte uguali,
gioiellieri ed imbianchini
fan la fame poverini
i più ricchi va a finire sono proprio
insegnanti e professori.

Giardini, auto d'epoca e ville
stanno in mano a nullatenenti
che per la loro posizione
prendon pure la pensione
di povertà!

Papà, papà
urla stupito mio figlio
tirandomi per un braccio
per attirare l'attenzione,

"Ecco, io voglio quella macchina
da grande",
una Ferrari, per la strada se ne va,
"Quel signore che lavoro fa?"
Ecco, lo sapevo,
altro che insegnante o professore,
è un idraulico di Roma,
quel signore là!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 7 novembre 2015

La Città del sole, di Tommaso Campanella

Luglio 2012, Legnano. Una bancarella di libri in piazza, mi fermo...
La città del sole, di Tommaso Campanella.
La città del soleQualche anno prima ho letto Utopia di Tommaso Moro e ricordo un qualche riferimento alla Città del sole, forse nell'introduzione. 
"Quanto costa?", chiedo al venditore.
"2 euro" mi risponde lui. "Però se prende anche qualche altro libro poi ci mettiamo d'accordo."
Così passo una mezz'ora a frugare tra i libri. 
Alla fine me ne vado con cinque libri per 6 euro, Tra questi Ockham e Campanella.
Non starò a parlarvi del libro, credo sia abbastanza famoso, voglio solo indicare alcune curiosità che, credo, meritino attenzione.
Dirò solo che il libro racconta, attraverso un dialogo tra un genovese viaggiatore, nocchiero di Colombo, e un Ospitalario (Cavaliere dell'Ordine degli Ospitalieri) il suo viaggio presso un popolo che abitava nella Città del Sole, presso l'isola di Taprobana (Sumatra).
Ad un certo punto il genovese racconta che gli abitanti della città del sole pensano che vi fu un tempo in cui ci sia stato "gran scompiglio nelle cose umane, e stavano per dire con Platone, che li cieli prima giravano dall'occaso, dove mo è il levante, e poi variaro [..] Più pazzia è dire che prima resse Saturno bene, e poi Giove, e poi gli altri pianeti; ma confessano che l'età del mondo succedono secondo l'ordine dei pianeti, e credono che la mutanza degli assidi ogni mille anni o mille seicento variano il mondo. E questa nostra età par sia di Mercurio, si bene le congiunzioni magne l'intravariano, e l'anomalie han gran forza fatale."

Sarà pure una città ideale, cosa che io non credo (sono più propenso a pensare ad un viaggio reale!) ma una cosa è certa, come le antiche civiltà europee pensavano che il mondo è soggetto a sconvolgimenti più o meno direttamente legati al tempo e, forse, alla posizione dei pianeti.

La seconda curiosità è un'altra frase buttata là così: "questo sappi,c'han trovato l'arte del volare, che sola manca al mondo, ed aspettano un occhiale di veder le stelle occulte ed un oricchiale d'udir l'armonia delli moti dei pianeti."

Dal che si deduce che il popolo della città del sole aveva scoperto il volo, conosceva il telescopio e un qualche altro strumento di cui non mi è chiaro l'uso ma che doveva aver a che fare con l'astronomia.

Chissà cosa c'è di vero in tutto ciò, in ogni caso la cosa è curiosa e per questo la cito.

Dimenticavo, Campanella visse a cavallo tra il 1500 e il 1600...

Buona lettura a chi di Campanella ha sentito solo il nome, io intanto cerco gli altri suoi libri, e sono tanti, per leggerli nella speranza di trovare qualche altra curiosità.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 19 settembre 2015

Res Publica, di Andrea Carandini

La storia di Roma antica, si può dire, è la nostra storia. Eppure in quanti sono a ricordare qualcosa dei primi Re e di come si passò alla Repubblica?
Certo, si sa, in linea generale, che vi furono scontri tra i ricchi e potenti del tempo e i poveri diseredati, spesso reduci delle guerre di conquista o di difesa della patria, ma qualcuno ricorda i nomi di coloro che hanno fatto la storia di quegli anni?
Vorrei rispondere "Si", la conosciamo, ma non è così, non per tutti.
Andrea Carandini, con il suo libro Res Publica, richiama alla mente quei giorni, descrive quei personaggi, ne racconta la storia pervenutaci attraverso le fonti antiche: Tito Livio, Catone, Cicerone, per citarne solo alcuni.
Nel libro sono illustrati con attenzione i caratteri dei personaggi principali, tra questi Tarquinio il Superbo e la sua famiglia e i suoi oppositori, Bruto in primis.
Stesso nome di colui che liberò Roma da un altro Cesare, vissuto però quasi cinque secoli prima.
Tarquinio il Superbo, così chiamato per il suo carattere, prese il potere intorno al 534 a.C. uccidendo il suo predecessore Servio Tullio.
Lucio Giunio (detto Bruto) e Publio Valerio (detto Poplicola) saranno coloro che riusciranno a cacciare Tarquinio e a creare la Repubblica.

Non starò qui a raccontarvi la storia, chi vuole può trovarla ovunque, aggiungerò solo poche righe a questo breve articolo per indicare delle altre curiosità che ho trovato nel libro, tra queste vi è un elenco di elementi tipici comuni a tiranni e demagoghi, forse utile, ancora ai giorni nostri, per riconoscere in anticipo una tale figura. Dunque, l'autore riporta un brano tratto dal libro "L'ombra lunga di Napoleone, di Alessandro Campi, in cui si dice che un tiranno si distingue per la sua "carica vitale, forza di volontà, testardaggine, risolutezza, frenesia, egocentrismo, brama di affermazione e rivalsa, magnetismo, carisma, sapienza nell'uso pubblico della propria immagine, culto di se fino all'eroizzazione, capacità di legarsi direttamente al popolo, abilità comunicativa e propagandistica, bisogno di prevalere, talento di seduzione legando moltitudini al proprio destino, brama di comando, di ostentazione, di ricchezza e di potenza, capacità di visione, avversione a forme, a regole e a convenzioni consolidate, volontà innovativa fino all'eversione, capacità demiurgica, organizzativa, gestionale e realizzativa, passione per grandi imprese, manie di grandezza, sfrontatezza, spregiudicatezza, cinismo, istrionismo, gusto per la menzogna, mancanza di scrupoli, voglia di intimidire e inclinazione alla vanità".

Questa lista è molto interessante, a mio avviso. Chiaramente non tutte le caratteristiche indicate prese per se stesse, sono negative, anzi alcune sono caratteristiche tipiche dei grandi uomini, però messe tutte assieme descrivono i tiranni.
Un'altra cosa degna di ricordo è l'arrivo a Roma dei libri sibillini, acquistati da Tarquinio il Superbo e da allora diventati oggetto di culto. La storia dell'aqcuisto è molto interessante e vi consiglio di leggerla, anche questa è nota.
Una delle cose che non avevo mai letto prima era l'uso in Roma di sacrificare bambini, che l'autore afferma fosse in uso nell'antichità e che Tarquinio il Superbo aveva reintrodotto. Fu poi Bruto a abolire nuovamente il sacrificio e reintrodurre l'uso di offrire a Giove teste di cipolla, capelli e sardine al loro posto, come aveva fatto in precedenza Numa Pompilio.
Sacrifici cruenti come questo erano in uso in antichità tra altri popoli, per esempio tra i Fenici.
E' ancora importante ricordare, a mio parere, la stesura del primo trattato tra Romani e Cartaginesi, firmato al tempo della Repubblica, è Polibio che ce ne parla.
Il trattato, è interessante anche perchè vi si parla della Sardegna, per cui lo riporto integralmente:
"Né i Romani né i loro alleati navighino oltre il Capo Bello, a meno che non vi siano costretti da un fortunale o dall'inseguimento di nemici. Chi vi sia stato costretto con la forza, non faccia acquisti sul mercato, né prenda più di quanto gli sia indispensabile per rifornire la nave e celebrare i sacrifici, ed entro cinque giorni si allontani. I trattati commerciali non abbiano valore giuridico se non siano stati conclusi alla presenza di un banditore o di uno scrivano. Delle merci vendute alla presenza di questi, il venditore abbia garantito il prezzo dallo Stato, se il commercio è stato concluso nell'Africa settentrionale o in Sardegna. Qualora un Romano venga in Sicilia nella parte in possesso dei Cartaginesi, goda di parità di diritti con gli altri. I cartaginesi a loro volta non facciano alcun torto alle popolazioni di Ardea, Anzio, Arenta, Circei e Terracina, né di alcuna altra città dei Latini soggetta a Roma; si astengano pure dal toccare le città dei Latini non soggette ai Romani e qualora si impadroniscano di una fra esse, la restituiscano intatta ai Romani. Non costruiscano in territorio latino fortezza alcuna e qualora mettano piede nel paese in assetto di guerra, è proibito loro passarvi la notte".
Questo trattato è, a mio parere, interessantissimo, perché fa capire su quali territori effettivamente i Romani erano influenti.
Spero di avervi incuriosito abbastanza per spingervi alla lettura di questo libro.
A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO