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venerdì 8 dicembre 2017

US Cyber Attack contro le capacità missilistiche della Corea del Nord?


Missile Musudan
Gli Stati Uniti d’America hanno effettuato attività cyber per sabotare le capacità missilistiche della Corea del Nord?
Così sembra, almeno secondo quanto riportato già dal mese di aprile in un articolo dei giornalisti Julian Ryall, Nicola Smith e David Millward apparso sul britannico The Telegraph.
L’analisi di quanto è accaduto è stata presentata in Italia con un interessante articolo di Angelo Aquaro apparso su La Repubblica il 29 aprile in cui si indicava come possibile causa del fallito lancio la lunga mano dell’organizzazione Cyber americana.
Torniamo però a quanto riportato dai giornali internazionali.
Nel 2014 il Presidente Barack Obama ha chiesto che la struttura cyber americana si occupasse seriamente del problema dei lanci dei missili nordcoreani. 
La richiesta è stata supportata dalla strategia conosciuta col nome di “Left of launch”. 
Tale strategia segreta, voluta dal Presidente Obama, mirava a combattere la minaccia missilistica con mezzi non cinetici, ovvero attraverso l’uso della guerra elettronica o della guerra cyber. 
Si tratterebbe quindi di effettuare attacchi preventivi nei confronti di capacità missilistiche avversarie, sulla base della considerazione che tali capacità rappresentano un pericolo per americani e alleati. Al di la della validità, secondo il Diritto Internazionale, del concetto dell’attacco preventivo, mi interessa cercare di capire come può essere lanciato un attacco preventivo per minare le capacità di un sistema missilistico, questo perché qualunque nazione che possieda un sistema missilistico utilizzato per protezione del proprio territorio nazionale potrebbe infatti essere colpita allo stesso modo.

La strategia del “Left of Launch”, così chiamata perché l’attacco può raggiungere il sistema missilistico prima ancora che il missile sia lanciato, sembra essere stata sviluppata soprattutto per garantire dei risparmi ma anche perché considerata come valida alternativa per contrastare i sistemi missilistici avversari in determinate aree dove l’impiego dei classici sistemi cinetici è considerato troppo rischioso o poco opportuni.
Sembra inoltre che dal 2014, anno in cui il Presidente Obama avrebbe autorizzato la strategia del “Left of Launch”, il fallimento dei test nordcoreani sia stato sempre più frequente.
Secondo quanto riportato in un articolo di Naveen Goud su Cyber Cybersecurity Insiders, l’esperto analista del mondo della Difesa Lance Gatling ha evidenziato che vi sono evidenze del fatto che il fallimento del lancio del missile di aprile sia dipeso da un qualche intervento statunitense attraverso il cyberspace.
Ma cosa significa questo in pratica?
Come è possibile agire preventivamente su un sistema missilistico avversario condizionando la riuscita o meno del lancio di missili?
Nonostante non si tratti di una novità, penso sia opportuna qualche spiegazione che aiuti a capire qual’è la reale dimensione del cyberspace. Basti pensare al funzionamento dello Stuxnet e agli effetti sul sistema di arricchimento dell’Uranio delle centrali iraniane avvenuto qualche anno fa.
Si potrebbe pensare che una piattaforma missilistica sia un sistema d’arma sicuro in quanto realizzato da paesi amici e non direttamente collegato ad Internet, per cui difficilmente attaccabile attraverso il cyberspace, purtroppo mi dispiace dover deludere queste persone ma occorre essere realistici.
Oggi come oggi non esistono sistemi o piattaforme che siano realmente isolate. 
Come ho già spiegato in un mio precedente articolo esiste al massimo l’illusione della sicurezza, dovuta all’uso di definizioni errate o alla scarsa comprensione delle interconnessioni esistenti tra sistemi.
Consideriamo un generico sistema missilistico, da fonti aperte è possibile capire che è composto da vari sottosistemi elettronici che possono essere soggetti a malfunzionamenti e guasti e che possono, purtroppo, essere soggetti ad attacchi cyber. Tra questi sottosistemi il modulo di ingaggio, che svolge generalmente anche funzioni di comando e controllo, è forse il più vulnerabile.
Chi ci assicura che la sostituzione di un modulo a causa di un malfunzionamento non introduca nel sistema anche del software non controllato?
Probabilmente nessuno. Anche perché determinati controlli richiedono delle capacità specialistiche che possiede solo chi crea un sistema del genere.
Ma questo non è l’unico problema.
Per il controllo dei missili occorrono informazioni provenienti anche da altri sistemi quali radar o reti di radar, da sistemi di controllo meteo e così via. 
Ognuno di questi può essere un vettore utilizzabile per compiere un cyber attacco e la cosa peggiore è che probabilmente nessuno si accorgerebbe di niente fino a che non è troppo tardi!

Cosa occorre fare dunque?
In primo luogo occorre ampliare le conoscenze nel settore investendo in istruzione del personale e in collaborazioni con le istituzioni di ricerca (accademiche ed industriali) investendo nella creazione di una forte capacità nazionale di cyber awareness.
Quindi occorre fare in modo che i sistemi critici, militari e non, siano costantemente sottoposti a verifiche e controlli che prevedano test estensivi dei software impiegati ma anche controlli su tutta la catena di approvvigionamento per evitare, per quanto possibile, contaminazioni dall’esterno.
Infine occorre essere consapevoli del fatto che il “rischio zero” non esiste e comportarsi di conseguenza, prevedendo sistemi alternativi che impieghino tecnologie differenti in quei campi che si ritiene siano i più critici.
Tutto ciò significa investimenti mirati e non più procrastinabili nel campo della Cyber.
Per tornare al problema del cyberattack al sistema missilistico, si pensa che per infettare la piattaforma missilistica della Corea del Nord sia stata utilizzata proprio la catena logistica di rifornimento delle componenti elettroniche, almeno questo è quanto riporta Nick Parker in un articolo del 17 aprile su “The Sun”...
C’è ancora tempo per essere scettici?

Alessandro Rugolo


Per approfondire:








sabato 11 novembre 2017

Radioattività elevata sull'Europa? Colpa del Rutenio-106, ma da dove proviene?

La notizia è apparsa i primi di ottobre, ma come al solito in Italia è passata sotto riga.
Fatto stà che da ieri se ne riparla sui giornali esteri, Gran Bretagna e Germania in testa.
Sembra infatti che la nube tossica che ha interessato l'Europa sin dal 29 settembre possa avere tra le probabili cause un incidente nucleare.
Secondo un articolo pubblicato ieri su "The Telegraph" infatti sembra possa essere stata originata da un incidente presso una centrale nucleare in Russia o in Kazakistan.
Interessante notare come in Italia l'Arpa abbia affermato che il Rutenio-106 è un elemento utilizzato per il trattamento di alcuni tumori oculari e come fonte di energia per i satelliti e che l'assenza di altri elementi radioattivi sembri escludere un incidente presso una centrale nucleare.
Ma allora cosa può essere successo?
E perchè ora, a distanza di quasi un mese e mezzo, fonti francesi affermano il contrario?
Sembra comunque che non vi siano pericoli per la salute, e questo è un buon punto di partenza, ma allora cosa può essere accaduto?
Sembra che le rilevazioni abbiano avuto luogo in Francia ma non in Inghilterra.
E' presumibile che l'incidente sia avvenuto in un sito che si occupa di ricerche o studi sulla salute ma non si sa niente di più.
Ma quanto è credibile che in un'era in cui ci arriva una multa per divieto di sosta direttamente a casa grazie alla rilevazione di una telecamera, non si sia in grado di capire cosa sia accaduto e dove?
L'IRSN (Institute de Radioprotection e de Sureté Nucléaire) ha anche ipotizzato, inizialmente, che il Rutenio possa provenire dalla distruzione di un satellite, aggiungendo però che la cosa è poco probabile, ma è veramente "poco probabile"?
Cerchiamo di capirne di più.
Vi sono cose che accadono intorno a noi ma delle quali non si parla, tra queste non è un segreto che la stazione cinese Tiangong-1 (ovvero il Palazzo del Paradiso) sia da tempo fuori controllo ed è atteso con paura il suo impatto sulla Terra. Sembra infatti che gli scienziati non siano in grado di guidarne la caduta in un luogo disabitato ne di prevederne il luogo dell'impatto. Possibile mai, direte? Il  The Guardian non sembra avere dubbi.
Ma non è l'unica ipotesi, infatti se si leggono con attenzione le manovre cinesi e americane nello spazio è possibile capire che è in atto una prova di forza tra le due superpotenze, prova di forza che come al solito potrebbe avere delle conseguenze, cosiddetti effetti collaterali, dei quali nessuno sta tenendo conto.
E' di agosto la notizia, riportata sul Dailymail, che la Cina ha testato un nuovo missile (Dong Neng-3) che sembra essere stato distrutto per un malfunzionamento.
Ma qualcuno potrebbe aver letto la notizia come un avvertimento agli US: "Noi siamo in grado di colpire anche nello spazio...". Non è certo la prima volta che la Cina dimostra le sue capacità nello spazio.
Ma quali le conseguenze?
In un caso o nell'altro sembra chiaro che i residui della stazione spaziale o del missile prima o poi finiranno per ricadere sulla Terra.
Potrebbe essere il caso che la nube di Rutenio-106 provenga dai resti di uno di questi oggetti?
L'ipotesi sembra consistente e spiegherebbe il perchè non si sia in grado di trovare il luogo sulla terra in cui dovrebbe essersi verificato l'incidente. Forse perchè si è verificato nello spazio...

Alessandro RUGOLO


Per approfondire:
- http://www.tgcom24.mediaset.it/green/rutenio-106-nell-aria-il-mistero-delle-tracce-radioattive-rilevate-nel-nord-italia_3099147-201702a.shtml;
- http://www.telegraph.co.uk/news/2017/11/10/harmless-radioactive-cloud-europe-may-have-come-nuclear-accident/?WT.mc_id=tmgoff_fb_tmg;
- https://www.theguardian.com/science/2016/sep/21/chinas-tiangong-1-space-station-out-of-control-crash-to-earth;
- https://www.theguardian.com/science/2016/sep/21/chinas-tiangong-1-space-station-out-of-control-crash-to-earth;
- http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-4753602/China-tests-new-missile-capable-destroying-satellites.html;
- http://www.irsn.fr/FR/Actualites_presse/Actualites/Pages/20171109_Detection-Ruthenium-106-en-france-et-en-europe-resultat-des-investigations-de-l-IRSN.aspx#.WgRglqPLSHs;
- https://www.theguardian.com/science/2017/oct/13/tiangong-1-chinese-space-station-will-crash-to-earth-within-months

sabato 4 novembre 2017

Materiale genetico caucasico per Bio Weapons? Preoccupazione del presidente Putin...

Secondo le notizie riportate in questi ultimi giorni dalla stampa russa, non meglio identificati "agenti statunitensi"
starebbero raccogliendo materiale genetico dei gruppi etnici russi di origine caucasica.
Lo stesso presidente Putin ha parlato della questione nel corso di un incontro del "Consiglio per lo sviluppo della società civile e dei diritti umani". 
Su "Russia Oggi" è stato riportato quanto accaduto nel corso di un incontro tra Igor Borisov e il presidente Putin a proposito della raccolta di immagini condotta ai danni dei cittadini russi. In questa occasione Putin avrebbe rivelato che la raccolta di immagini è niente in confronto a quanto sta accadendo: la raccolta di materiale genetico. 
Sembra che tale raccolta sia mirata verso le popolazioni caucasiche e si fa sempre più insistente la voce che la raccolta sia sponsorizzata dagli Stati Uniti d'America. 
Giunge dalla US Air Force la spiegazione delle parole di Putin. 
Sembra infatti che siano in corso ricerche sul sistema muscolo scheletrico e la raccolta di materiale genetico è legata alla ricerca in corso e non è mirata a raccogliere informazioni sui gruppi caucasici. Il Vice Ministro degli Esteri Sergei Alexeyevich Ryabkov ha commentato le parole del DoD dichiarando di non credere alle dichiarazioni del DoD americano.
La polemica prosegue ed anche oggi su The Moscow Time, rivista gratuita in lingua inglese distribuita a Mosca è stata pubblicata la notizia dal titolo inquietante: "Is  the U.S: Really targeting Russian With Bio Weapons?", riprendendo probabilmente la notizia apparsa alcuni mesi fa su siti di informazione alternativa. 
Interessante notare come i principali giornali occidentali non parlino di quanto sta accadendo.
Certo è che la notizia è particolare e l'ipotesi di armi biologiche costruite appositamente per eliminare un gruppo etnico, anche se dovesse rivelarsi totalmente infondata (ed è questo il nostro auspicio) in questo periodo di tensione tra USA e Russia non serve certo a placare gli animi.

Alessandro RUGOLO

Per approfondire:
-https://translate.google.it/translate?hl=it&sl=ru&u=https://ria.ru/society/20171030/1507844722.html&prev=search;
-http://www.rosbalt.ru/like/2017/10/30/1657077.html;
-http://www.rosbalt.ru/russia/2017/11/02/1657875.html;
-http://www.zerohedge.com/news/2017-11-01/us-air-force-admits-harvesting-russian-tissue;
-https://off-guardian.org/2017/11/03/why-is-the-us-air-force-collecting-samples-of-russian-dna/;
-https://themoscowtimes.com/articles/is-the-us-suddenly-targeting-russians-with-bio-weapons-59464;
-https://www.militarytimes.com/news/pentagon-congress/2017/11/02/how-a-pentagon-research-project-convinced-vladimir-putin-of-a-coming-biowar/.

mercoledì 1 novembre 2017

Non esistono scorciatoie nel mondo della Cybersecurity!

Nel mio ultimo articolo: Intelligenza Artificiale: opportunità o rischio?, ho
cercato di evidenziare alcuni aspetti di ciò che sta accadendo nel campo della Intelligenza Artificiale nel mondo questo perchè, come tutte le novità, presenta degli aspetti positivi ma anche degli aspetti potenzialmente pericolosi E QUINDI DA CONOSCERE E TENERE A MENTE PER IL FUTURO!
Ora, per lo stesso motivo intervengo in una discussione portata avanti principalmente dai produttori di software legati alla Intelligenza Artificiale e utilizzati soprattutto per agevolarne la diffusione: l'impiego dell'Intelligenza Artificiale per la Sicurezza Informatica o meglio Cybersecurity.
Ho letto questa mattina sul sito Tom's Hardware Italia un articolo dal titolo accattivante "Cybersecurity: pochi talenti, meglio ricorrere alla IA" in cui si sostiene la tesi secondo cui l'Intelligenza Artificiale sarà una scelta "quasi obbligata" per il mondo della Cybersecurity a causa del fatto che gli esperti del settore cybersecurity sono troppo pochi e non sono in grado di coprire le richieste provenienti dalle società.
La scelta di soluzioni basate sulla intelligenza artificiale è presentata come una soluzione a basso costo al problema.
NIENTE DI PIU' SBAGLIATO a mio parere!
Ora, è sicuramente vero che gli esperti di Cybersecurity in Italia sono pochi, è altrettanto vero che la richiesta di esperti è superiore all'offerta (almeno così si dice... ma sarei curioso di vedere gli stipendi/compensi dei cosiddetti "esperti" per verificare la verità di questa affermazione!), però ci sono alcune cose che non vengono dette ed è su queste che vorrei attirare l'attenzione.
Chi ha una minima idea di come funzioni l'Intelligenza Artificiale (non parlo di chi si è fatto una idea leggendo romanzi o guardando i film di fantascienza!) sa bene che un qualunque robot necessita di essere istruito, anche quelli che sono in grado di imparare dai propri errori!) e per essere istruito occorre un esperto di Intelligenza Artificiale. Per istruire un robot nel campo della Cybersecurity, cosa ci occorre?
Primo punto: non troviamo esperti di Cyber e dunque cerchiamo un esperto di Intelligenza Artificiale su cui spostare il problema?
Secondo punto: gli esperti di Intelligenza Artificiale sono ancor meno (molti meno, oserei dire, soprattutto in Italia!) degli esperti di Cyber!
Risultato?
Se oggi abbiamo una richiesta di esperti di Cyber molto alta e una offerta bassa, sposando la tesi di Tom's Hardware Italia, in un prossimo futuro avremo una elevata richiesta di esperti di Cybersecurity e di Intelligenza Artificiale, esperti che, essendo ancor meno numerosi costeranno molto di più e, badate bene, non ne potremo fare a meno.
Ricordiamoci che non si crea un esperto di Intelligenza Artificiale in cinque minuti, ne tanto meno ci si improvvisa tale.
Leggendo queste mie parole qualcuno potrebbe essere tentato di chiedersi: e dunque? Cosa proponi?
In questo caso propongo di aprire gli occhi e le orecchie!
Tom's Hardware è una catena di giornali on line che si occupa di tecnologia, è una catena statunitense e, come sappiamo, gli Stati Uniti sono all'avanguardia nello sviluppo della Intelligenza Artificiale e delle tecnologie di sicurezza quindi è logico che si cerchi di creare nel mondo quella sensazione di non poter fare a meno di una nuova tecnologia.
Ed effettivamente non se ne può fare a meno a meno di (perdonate il gioco di parole) staccarsi dal mondo reale.
Ciò che intendo dire è che occorre fare attenzione e non pensare che esistano scorciatoie dove non esistono: se occorrono esperti di Cybersecurity occorre fare in modo che la scuola e le Università preparino (seriamente) i giovani alle nuove esigenze della società.
L'Intelligenza Artificiale è un nuovo mondo in cui occorre entrare con la consapevolezza dei rischi che corriamo e le Università italiane dovranno prendere atto (credo che lo stiano facendo!) delle nuove necessità preoccupandosi che vi sia un maggior numero di esperti di Intelligenza Artificiale e tra questi un certo numero di esperti di Cybersecurity perchè questo è l'unico modo serio di procedere, a meno di avere una montagna di soldi e rivolgersi alle grandi società ed affidarsi completamente ad esse!

Alessandro Rugolo

Per approfondire:
-https://www.tomshw.it/cybersecurity-pochi-talenti-meglio-ricorrere-ia-89355#disqus_thread;
-https://www.technologyreview.com/the-download/609275/a-lack-of-cybersecurity-talent-is-driving-companies-to-use-ai-against-online/

domenica 29 ottobre 2017

Royal Marines in controtendenza: taglio di mille uomini all'orizzonte?

Il taglio di 10 miliardi di sterline alla Royal Marines nei prossimi 10 anni mette a rischio le capacità militari britanniche di risposta a situazioni di crisi?
Questa la domanda che probabilmente in tanti in Gran Bretagna si stanno ponendo dopo che è stato ipotizzato di ridurre il numero dei Royal Marines da 6.600 a 5.600, un taglio di mille unità di personale che, considerando la minori necessità di armamento ed equipaggiamento dovrebbero consentire un risparmio di circa 1 miliardo di sterline l'anno. Ipotesi allo studio già dall'inizio dell'anno, legata al controllo della spesa per la Difesa, attestata intorno ai 35 Miliardi di sterline l'anno.
Sembra che però non tutti siano d'accordo! 
Alcuni esponenti del Parlamento sostengono che non si capisca per quale motivo, quando le spese britanniche per la difesa sembrano essere in salita, per i Royal Marines si debba fare invece un passo indietro. Sembra infatti che tali scelte siano state fatte senza tener conto della situazione strategica che sta affrontando la Gran Bretagna.
Il Ministero della Difesa è stato chiaro. Si tratta solo di una ipotesi, al momento non è ancora stata presa alcuna decisione. Un'altra ipotesi consiste nel vendere parte delle navi da guerra ad altre nazioni. La HMS Ocean sembra interessare al Brasile. Ma anche questa è una ipotesi.
Sembra che in una parte della nazione vi sia forte preoccupazione, sia per il mantenimento delle capacità militari sia per l'indotto sul territorio che vedrebbe una drastica riduzione di uomini dislocati nel Devon. Mille militari in meno non sono uno scherzo infatti per il territorio, basta dare uno sguardo a ciò che è accaduto dalle nostre parti, per esempio a Gaeta.
Il Ministero della Difesa afferma di essere impegnato nella revisione continua dello strumento militare.
Questo significa che a seconda dell'evoluzione della situazione può essere necessario rivedere le capacità militari nazionali e la revisione può portare al taglio di risorse in un settore per alimentare altri settori ritenuti più importanti. Da alcune fonti sembrerebbe che i tagli alla Royal Marines derivino dalla necessità di coprire le spese per due portaerei in costruzione, da alcuni considerati il peggior acquisto mai fatto!
Secondo il parere dell'Ammiraglio West, già "First Sea Lord" (Comandante della Royal Navy) tra il 2002 e il 2006, non si può ridurre in questo modo una capacità strategicamente indispensabile se si vuol mantenere il controllo di tutti quei territori che possono essere raggiunti solo via mare.
La Gran Bretagna attualmente è uno dei pochi stati che investe nella Difesa più del due per cento del Prodotto Interno Lordo, come richiesto per restare all'interno della NATO ma non bisogna dimenticare che vi sono nuove sfide nel mondo attuale e che talvolta è necessario cambiare e le risorse non sono infinite.
Il bilanciamento tra numero dei marines ed il resto delle forze appartenenti alla Royal Navy è compito del First Sea Lord che dovrà decidere dove tagliare per assolvere al suo compito con le risorse di sua competenza, compito difficile per l'Ammiraglio Sir Philip Jones, in carica dall'aprile del 2016.


Alessandro RUGOLO
Per approfondire:
-www.devonlive.com/news/devon-news/mod-cut-1000-royal-marines-521290;
-www.express.co.uk/news/uk/862932/UK-royal-navy-royal-marines-bbc-military-cuts-mod-newsnight-war-amphibious;
-www.dailymail.co.uk/news/article-4367370/Royal-Marines-face-axe-military-looks-10bn-savings.html;
-www.plymouthherald.co.uk/news/plymouth-news/1000-royal-marines-could-sacked-520427;
-www.telegraph.co.uk/news/2017/10/26/worst-possible-time-cut-maritime-forces-keep-britain-safe/.

domenica 22 ottobre 2017

A Praga, dal 23 ottobre, l'Open Source Summit Europe

L'Open Source Summit Europe è l'evento forse più atteso nel panorama europeo
in relazione al famoso "pinguino" del Sistema Operativo Linux.
Una settimana di eventi, incontri, convegni e lavori tra esperti di tutto il mondo ha inizio sotto l'auspicio della "The Linux Foundation", organizzazione non profit con sede centrale a San Francisco ma ormai distribuita in tutto il mondo.
Il programma prevede la partecipazione di più di 2000  esperti. 
Tra questi vi è Linus Torvald, creatore del kernel Linux, sempre impegnato nel seguire da vicino gli sviluppi della sua creatura. 
Per la Intel Corporation sarà presente Imad Sousou, vice presidente e General Manager della società famosa per i suoi processori ma molto attenta al mondo Open Source.

Tra i più giovani la programmatrice e web designer quindicenne Keila Banks. Iniziò a programmare all'età di 9 anni e a 12 vinse il premio "Young Entrepreneur of the Year" e, con soli undici anni, l'hacker Reuben Paul e fondatore della CyberShaolin.


Tra gli appuntamenti del lunedì, più attesi per gli esperti di sicurezza:
- "OP-TEE - Using TrustZone to Protect Our Own Secrets" presenta Marc Kleine-Budde. Funzionalità che sembra essere in grado di proteggere dati sensibili anche in presenza di un kernel compromesso.
- il panel del lunedì pomeriggio  "Hatching Security: LinuxKit as Security Incubator", relatori di tutto riguardo sono Tycho Andersen e Riyaz Faizullabhoy. Si parlerà di un nuovo progetto open source chiamato LinuxKit, un tool per creare sottosistemi Linux disegnati per la virtualizzazione sicura di ambienti Linux.

Ancora poche ore all'inizio dell'evento e una ultima considerazione: i tempi sono cambiati rispetto a quando, anni fa, Linux era solo un fratello minore del più noto Unix, sono tanto cambiati che tra gli sponsor dell'evento troviamo anche la Microsoft e ciò fa capire quanto sia elevata l'attenzione verso il mondo dell'Open Source Software.

Per approfondire:
http://events.linuxfoundation.org/events/open-source-summit-europe;

Alessandro Rugolo

Intelligenza Artificiale: opportunità o rischio?


Immagine tratta da: www.thesun.co.uk
In Italia è passato praticamente inosservato, forse per paura di derisione, un fatto accaduto qualche mese fa e che invece ha destato se non scalpore almeno inquietudine nel resto del mondo: lo “spegnimento” di due “robot” che improvvisamente hanno cominciato a parlare tra loro in una lingua da loro stessi inventata.
C’è chi ha considerato l’avvenimento come “eccitante” da punto di vista scientifico, chi invece, come il Professore di robotica Kevin Warwick, ha immediatamente messo in risalto i pericoli che da ciò possono derivare, in particolare se i robot dovessero avere una qualche capacità militare…

Ma cosa è successo realmente?
Si è trattato di un esperimento eseguito da Facebook. Sono stati installati due chatbot (vedi articolo), chiamati Alice e Bob, che dovevano migliorare le proprie capacità di negoziazione. Avrebbero dovuto utilizzare la lingua inglese tra loro e poi, in un secondo tempo, con i possibili utenti ma, ad un certo punto, senza alcun preavviso, hanno cominciato ad usare un loro linguaggio incomprensibile ad altri.
Gli esperti di Facebook hanno quindi preferito spegnere le due macchine perché non è stato raggiunto il risultato atteso.
Dopo questo allarme si è scoperto che fatti simili sembrano essere già accaduti almeno presso Google.

Dunque, cosa sta accadendo?
L’Intelligenza Artificiale può rappresentare un rischio? E, se la risposta è si, allora occorre chiedersi: AI può rappresentare un rischio per la civiltà umana?
La risposta non è semplice. Forse la risposta non c’è.
Chiunque, come me, sia stato da ragazzo un appassionato lettore di fantascienza non può non aver letto Asimov. Ma per parlare dei più giovani, negli ultimi anni i film che parlano di forme di Intelligenza Artificiale che interferiscono con il naturale sviluppo della civiltà umana sono innumerevoli. Come possiamo essere certi che un programma, magari sviluppato da un gruppo di attivisti ecologisti per salvaguardare la natura non possa un giorno prendere il controllo del mondo e decidere che la razza umana è il vero pericolo per la natura e dunque decida di “fare piazza pulita”?

E, fate attenzione, chiunque pensasse che si tratta solo di fantascienza, al punto in cui siamo, non avrebbe capito niente. Sembra infatti che ultimamente la realtà superi la fantasia!

Se si considera che fermare l'evoluzione in questo campo è praticamente impossibile, la cosa peggiore è non parlarne per paura di essere derisi. Ciò che occorre è controllo accurato su ciò che accade e sulla ricerca per poter prevenire possibili problemi che potrebbero nascere da un campo, l'Intelligenza Artificiale, assolutamente nuovo. 
In questo senso è solo da elogiare la discossione iniziata in seno al Parlamento Europeo relativamente alla necessità di regolamentazione dei Robot.

Alessandro RUGOLO


Per approfondire:
- http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/01/intelligenza-artificiale-due-robot-facebook-hanno-dialogato-in-una-lingua-sconosciuta/3769549/;
- http://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/economy/20170109STO57505/i-robot-sono-sempre-piu-utilizzati-urge-una-legislazione-europea;