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domenica 11 novembre 2007

La posizione dell'Unione Europea nel conflitto USA-IRAQ

In seno all’Unione Europea bisogna rilevare la solita spaccatura interna dovuta alla mancanza di una politica estera comune nonostante i passi avanti fatti in questi ultimi anni nel campo della PESD.
Come abbiamo già accennato, gli Stati europei seguitano a prendere posizione seguendo la propria linea di politica estera e non secondo una comune linea di politica estera europea, spesso influenzati in ciò da interessi industriali, accordi commerciali, problemi interni di natura religiosa dovuti alla presenza di immigrati dai paesi musulmani, per citarne solo alcuni.
La mancanza della politica estera comune e più in generale, di coordinamento, provoca spaccature interne che hanno ripercussioni soprattutto sullo sviluppo delle istituzioni europee ma che nell’immediato provocano la sensazione dell’inesistenza politica dell’Europa come struttura politica in grado di affrontare situazioni di crisi in maniera unitaria, nel rispetto di regole comuni.
In un primo tempo la presidenza greca dell’Unione Europea, resasi conto della situazione ha agito troppo tardi fissando per il diciassette del mese di febbraio un summit dei capi di Stato e di governo dell’UE sulla questione Iraq.
Alla data fissata per il summit lo schieramento delle truppe statunitensi e britanniche era già in stato avanzato, dunque, qualunque decisione o presa di posizione avrebbe comunque incontrato troppi ostacoli.
Durante il summit i quindici paesi dell’Unione Europea, alla presenza del Segretario Generale dell’ONU, hanno cercato di raggiungere un compromesso che evitasse, nel contempo, di approfondire le spaccature esistenti all’interno dell’Europa e tra Europa e Stati Uniti. Durante il summit il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha espresso la sua preoccupazione per le tensioni esistenti tra le nazioni e per le tensioni esistenti nelle relazioni transatlantiche (1).
Al termine del summit, gli Stati partecipanti sono addivenuti ad una dichiarazione in cui si è stabilito che l’obiettivo dell’Unione Europea è quello dell’effettivo e totale disarmo dell’Iraq, obiettivo che deve essere raggiunto pacificamente. D’altro canto le ispezioni non potranno proseguire all’infinito in assenza della totale collaborazione dell’Iraq.
In ogni caso, l’uso della forza deve essere preso in considerazione esclusivamente come ultima risorsa.
La dichiarazione di principio appare essere un mero compromesso politico totalmente privo di qualunque utilità.
Per il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, il piano Franco-Tedesco (tendente ad aumentare il numero degli ispettori e a dotarli di più potenti strumenti) va nella giusta direzione tenendo nella giusta considerazione le norme di diritto internazionale e le competenze delle Nazioni Unite.
Per il deputato francese al Parlamento Europeo Jean-Louis Bourlanges esistono due condizioni fondamentali affinchè l’Europa possa dire e dimostrare con i fatti di esistere: in primo luogo occorre che Francia e Germania siano essere d’accordo sui veri obiettivi comuni, in secondo luogo occorre che tale accordo Franco-Tedesco sia accettabile dalla maggioranza degli altri stati europei. Secondo Bourlanges, se si analizza la questione irachena secondo le due condizioni fondamentali appena illustrate ci si rende conto del fatto che queste non sono soddisfatte, infatti non solo l’accordo franco-tedesco non è ben definito ma questo, comunque, non risponde alle necessità degli altri stati europei, che ritengono più importante appoggiare l’alleato d’oltre oceano.
Gli europei desiderano la pace e rifiutano l’unilateralismo degli americani ma allo stesso tempo non desiderano rompere i rapporti con gli Stati Uniti, sia in considerazione dei trascorsi bellici, sia in considerazione della realtà oggettiva del momento storico che vede gli Stati Uniti come unica superpotenza mondiale.
Il presidente Jaques Chirac inizialmente ha insistito sulla impossibilità di fare una guerra senza mandato dell’ONU e sul fatto che non vi possa essere un mandato ONU senza prove di colpevolezza. L’appoggio dei tedeschi, contrari alla guerra anch’essi, ha portato all’irrigidimento sulle proprie posizioni e alla fine alla frattura dell’Unione Europea in due opposti schieramenti.
E’ chiaro che una situazione simile non può che far comodo a chi, nella più completa mancanza di accordo politico internazionale, decida di comportarsi come meglio crede anche in forza della superiorità economica e militare.
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1) Le figaro.fr, Pierre Bocev e Philippe Gélie, “Les Quinze n’excluent plus un recours à la force”, 18 febbraio 2003.
Alessandro Giovanni PAolo RUGOLO

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