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mercoledì 25 luglio 2018

Orrore è per sempre - La prima volta (seconda puntata)

Quella sera, in camera sua, aveva già dimenticato tutto... quasi!

Come per tutti i ragazzi, le brutte esperienze durano il tempo di una notte e nuove emozioni si sovrappongono velocemente alle vecchie, che vanno dimenticate.

Quella volta però un foglietto sul comodino, bloccato dalla abat-jour a forma di Topolino (prima o poi l'avrebbe cambiata, oramai era cresciuta per queste cose!), lasciato da sua madre dopo averla messa a letto qualche ora prima  con un tranquillante che era stato oggetto di discussione accesa tra lei e il Dottor Mancini, le ricordava che sarebbe dovuta recarsi in biblioteca con un libro nuovo per chiedere scusa alla signora Giovanna.
Il libro sarebbe stato acquistato la mattina dopo, in centro, per cui aveva tutto il tempo per pensare alle parole da utilizzare.
Parole...
Cosa avrebbe potuto dire?
Non poteva certo raccontare la verità (anche se neppure lei era in grado di distinguere verità da incubo). Non poteva certo descrive il gusto orrendo del sangue che aveva impregnato la sua bocca poco prima del rigurgito di quel che restava dell'hamburger (che, tra l'altro, le era sembrato meno orribile del sangue!).
Non poteva certo descriverle la scena che le si era parata davanti, con tanto d'ascia conficcata profondamente nelle carni di quel malcapitato, ascia bloccata dall'osso della scapola.
No, non poteva. E allora cosa avrebbe fatto? 
Poteva optare per un malessere generale. Aveva sentito tante volte la mamma dire al papà che "era indisposta", che aveva un mal di testa terribile" o che "aveva le sue cose". Ricordava che di tutte queste terribili malattie, secondo il padre la peggiore era l'ultima, almeno vista la reazione di sconforto dell'uomo. Ma lei non sapeva bene cosa fossero le sue cose, anche se si avvicinava il tempo in cui avrebbe avuto modo di impararlo.
Avrebbe potuto dire che aveva la febbre, ma non sapeva se come scusa sarebbe andata bene. 
Per un attimo penso che, forse, avrebbe potuto dire la verità. Non a tutti chiaramente, ma a lei si, alla bibliotecaria forse si. Pensò, solo per un attimo, che forse lei avrebbe capito, d'altronde avevano molte cose in comune e un amore profondo per la lettura, o almeno così Cristy aveva sempre pensato. 
Anche perché altrimenti che cosa ci faceva dietro quel bancone praticamente tutti i giorni e a qualunque ora?
Per un attimo pensò che avrebbe potuto raccontarle della sua "prima volta".
Allora si che era piccola, era una bimba sorridente e paffutella a cui piaceva da morire l'altalena anche se per sedervisi doveva arrampicarcisi sopra con uno sforzo tremendo.
L'altalena stava nel parco di fronte alla biblioteca ed era sempre piena di bambini schiamazzanti che se la contendevano animosamente.
I più grandi non si sedevano ma stavano in piedi sul tavolato che fungeva da sedile.
Riuscivano a volare, letteralmente.
Un giorno uno di loro, era un bambino dai capelli rossi ricci e una faccia nascosta dietro le lentiggini, aveva appena iniziato a darsi la spinta in avanti quando un cane gli si precipitò addosso da dietro facendolo cadere in avanti. 
Pensò che si sarebbe come minimo sbucciato le ginocchia (ed in effetti il ragazzo che si chiamava Bruno finì con le ginocchia a terra per rialzarsi subito e partire di corsa verso gli amici che giocavano a pallone poco distanti) ma per lei non andò così.
Si rese conto senza capirlo a fondo che stava accadendo qualcosa quando Bruno invece che cadere a terra restò sospeso nell'aria in una posa innaturale, con le mani protese in avanti e la gamba sinistra pronta a darsi la spinta. Vi era qualcosa di irreale in quella caduta, il tempo sembrava non passasse più. Poi sentì un dolore lacerante alla schiena e sentì chiaramente le fauci di un enorme cane dal muso aguzzo (poi capì che doveva trattarsi di un alano) che le penetravano il fianco destro per non fermarsi se non quando i canini superiori toccarono quelli inferiori con uno stridio agghiacciante.
In questo tempo infinito per lei che non durò più di un battito di farfalla, svenne.
Quando si risvegliò, quasi un minuto dopo, fece in tempo a sentire le urla disperate della madre che le alitava in faccia il pranzo a base di burro all'aglio.
Vomitò e svenne di nuovo!
Vomitò in faccia alla madre che ora si che urlava, impiastricciata da quel liquido giallognolo e appiccicoso che avrebbe potuto testimoniare la mancanza di educazione alimentare nella famiglia e che, nel giro di un decennio avrebbe causato la morte del padre per un infarto dovuto ad accumulo di grassi nelle arterie.
Quando rinvenne era in un letto d'ospedale e intorno a lei tre medici cercavano di capire cosa potesse essere accaduto, senza riuscire neanche a far zittire la madre.
- Mamma...
Disse Cristina con un filo di voce...
- Sto bene...
E questa volta fu la madre a svenire!

Alessandro RUGOLO

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