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domenica 6 settembre 2015

Isaac Asimov, il ciclo della Fondazione.

1985

In quegli anni leggevo di tutto, fumetti (soprattutto Tex Willer), romanzi, opere scientifiche (che non capivo tanto bene ma mi appassionavano!). La biblioteca di Isili era il mio spacciatore di libri. Non avevo modo di acquistarli per cui la biblioteca comunale era un posto fantastico. Fu allora che mi avvicinai, non ricordo su suggerimento di chi (immagino il bibliotecario), ai grandi romanzi fantasy e fantascientifici. Lessi in pochi giorni il volume immenso di Tolkien (Il signore degli anelli) e poi, se non ricordo male, cominciai il primo volume di Asimov, Cronache della galassia. Lo divorai e stessa fine fecero i due volumi successivi, il crollo della galassia centrale e l'altra faccia della spirale. E così mi fermai... in biblioteca non c'erano altri volumi della serie. Lessi qualche altro libro di Asimov negli anni successivi, ma non del ciclo della fondazione che pensavo fosse concluso.
La psicostoriografia mi affascinò da subito e di tanto in tanto mi capitava di fermarmi a riflettere. Chissà se qualcuno nel mondo stava compiendo studi simili?

1989

Non so perchè ma mi capitò tra le mani un volume della serie della Fondazione. Avevo da poco uno stipendio, seppur piccolo, e i libri della Fondazione furono tra i primi a finire nella mia biblioteca personale. Li acquistai e li rilessi con attenzione. Ancora una volta mi intrattenni sulla possibilità di sviluppare la psicostoriografia. Certo, non era una cosa per me, la matematica mi piaceva e mi interessava ma mi rendevo conto di non essere all'altezza di un compito simile. Però ero convinto che alcuni stati nel mondo non avrebbero perso tempo ad esplorare tale possibilità. Asimov era stato un grande scrittore di fantascienza ma anche un divulgatore scientifico e in America le sue considerazioni sicuramente erano state analizzate molto seriamente. Ne ero convinto. 

1995

Penso fosse in estate, di solito in estate leggo romanzi, spesso fantascienza. Non so perchè, forse per rilassarmi, sotto l'ombrellone. Comunque sicuramente era in estate. In una libreria trovai, per caso, un nuovo volume di Asimov. Incredulo, presi il libro dallo scaffale e lo rigirai tra le mani. Indubbiamente si trattava di un nuovo libro del ciclo della Fondazione. Il titolo era Fondazione e Terra. In quarta di copertina trovai l'indicazione dell'esistenza di altri volumi: Preludio alla Fondazione e L'orlo della Fondazione. La libreria non li aveva. Lessi con avidità Fondazione e Terra e visitai alcune librerie alla ricerca dei testi mancanti. Cagliari non mi deluse. Trovai ciò che cercavo, o almeno così credetti. Acquistai L'orlo della Fondazione e Fondazione anno zero che, pensai, doveva essere un titolo alternativo di Preludio alla fondazione. Quell'estate, ero riuscito a leggere i nuovi volumi della serie. Non capivo il perchè ma la psicostoriografia continuava ad affascinarmi. Per ultimo lessi Fondazione anno zero e nelle pagine bianche al termine del libro lasciai un commento:
"Si può piangere al termine di un libro come si può piangere al termine di una vita amica. Vorrei poter fare qualcosa per l'Umanità, ma non so cosa!
Aspetto... un giorno vedrò chiaramente quale è il mio compito e lo porterò a termine. Era il 10 agosto 1995. 

2015
Quest'estate ho deciso di rileggere il ciclo della fondazione. I libri sono sparpagliati tra le librerie della mia biblioteca personale ma non è difficile metterli assieme. Frugando e riordinando i libri provenienti da diversi traslochi (sono passati ventisei anni da quando ho acquistato il primo volume della serie) mi rendo conto che ho accumulato dei doppioni e che mi manca un libro. Il primo volume: Cronache della Galassia. Mia moglie ricorda che quando ci conoscemmo, nel '95, le prestai proprio quel libro, ma che fine abbia fatto non si sa. Decido di cominciare comunque la lettura, i libri sono autoconsistenti ed è possibile leggerli più o meno in qualunque ordine senza che vi siano problemi. Questa volta sono interessato anche alla storia dell'autore e delle sue opere così leggo anche le varie introduzioni. Mi rendo conto, con immenso piacere, di non aver letto tutti i libri della serie. Fondazione anno zero non è una diversa traduzione del titolo originale, come avevo inizialmente pensato. Preludio alla fondazione e Fondazione anno zero sono due volumi differenti! Oggigiorno con internet è possibile raccogliere velocemente informazioni e così non mi ci vuole molto a trovare conferma del sospetto. Così mi metto alla ricerca dei volumi mancanti. Ora posso terminare di leggere l'intero ciclo. 
Al termine della lettura non posso che confermare quanto ho sempre pensato: la grandezza di Asimov come scrittore, la bellezza dei suoi libri e per finire, l'importanza della psicostoriografia, che sicuramente qualche Stato sta sviluppando in vista di guidare lo sviluppo dell'Umanità!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 agosto 2015

Hitler il figlio della Germania, di Antonio Spinosa

La Seconda Guerra Mondiale è stata probabilmente la più grande catastrofe cui l'Uomo abbia assistito.
Hitler, se non l'unico colpevole, è stato però uno dei suoi protagonisti principali.
Ho letto diversi libri sulla Seconda guerra mondiale, libri in cui la figura di Hitler è normalmente descritta a tinte fosche.

Spinosa, con questa biografia, racconta la vita di un uomo molto particolare, cercando di mettere in rilievo il suo profilo di statista, di stratega, di fomentatore di folle ma anche di essere umano, con tutti i suoi problemi. 
E' interessante cercare di capire come determinati avvenimenti possano aver avuto luogo, cosa abbia spinto il popolo tedesco a seguire Hitler nella sua follia e come i più grandi statisti del tempo abbiano consentito tante atrocità prima di intervenire con la forza.
Adolfus Hitler nacque a Braunau, cittadina austriaca ai confini con la Germania, il 20 aprile 1889. Il padre non riusciva a stare fermo nello stesso posto per più di un paio d'anni per cui Hitler, e il resto della famiglia, passò da un paese all'altro, fino ad arrivare a Linz. 
A scuola non era un granché, il suo rendimento era appena sufficiente ma lui pensava fosse colpa dei professori, diciamo pure che si sentiva un genio incompreso, si sentiva un artista e non aveva intenzione di finire i suoi giorni dietro una scrivania con un lavoro normale.
Il padre morì quando lui aveva appena quattordici anni!

Negli anni successivi non combinò niente di buono e cominciò a girovagare facendo lavoretti quali il facchino o lo spalatore di neve, inoltre arrotondava vendendo i suoi disegni. Viveva molto frugalmente e in più di una occasione dovette adattarsi a vivere nelle case per poveri. Si trasferì a Vienna dove cercò di farsi ammettere all'Accademia di belle arti senza successo. Già da allora passava momenti di grande forza di spirito a momenti di buia depressione, altalenanza che lo perseguitò per tutta la vita.

Oltre alla predilezione per l'architettura era amante della musica, tra i suoi preferiti vi era Wagner.
Fin da allora cominciò a formare il suo pensiero politico, ritenendo che Vienna fosse avvelenata dalla presenza degli ebrei e dei Marxisti. Da Vienna passò a Liverpool, dove si stabilì per un certo periodo a casa del fratello Alois. Anche li non combinò niente e così decise di tornare a Vienna, era il 1914 e Adolf aveva allora 24 anni. Negli anni precedenti aveva evitato di presentarsi al servizio di leva, ora, rintracciato, si dovette presentare di fronte alla commissione che però lo giudico inabile al servizio in quanto troppo gracile.
Qualche mese dopo però, il richiamo della guerra cambierà la sua vita. Hitler, inquadrato nelle file del 16° Reggimento di fanteria della riserva bavarese, partì per il fronte...

Spinosa prosegue il racconto della vita di Hitler che sempre più si intreccia con la storia dell'Europa e del mondo, percorrendola fino alla sconfitta finale del 1945.

Un libro veramente interessante e che mette in evidenza quanto possa influire, sulla vita di una intera nazione e di tutto il genere umano, un solo uomo!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 2 agosto 2015

Cognitive Computing, un mondo nuovo



TrueNorth, immagine tratta dal sito IBM
Le Scienze, luglio 2015, l'articolo che mi ha più colpito è "Alla ricerca di una nuova macchina", di John Pavlus. L'articolo inizia con una carrellata sulle tecnologie informatiche per giungere alle ultime scoperte effettuate presso i laboratori dei grandi gruppi informatici, Intel, IBM, HP... Lasciamo stare le considerazioni sulla validità della Legge di Moore (per chi non la conoscesse si tratta di quella legge che prevede che ogni due anni si raddoppia il numero di transistor per unità di superficie del chip!) per andare dritti al sodo: l'architettura dei microprocessori si sta evolvendo.L'architettura standard dei microprocessori è nota col nome di architettura di von Neumann dal suo inventore, John von Neumann, ed è basata su tre "oggetti", una unità di elaborazione, una memoria e un bus. L'unità di elaborazione esegue i calcoli secondo le istruzioni date, la memoria immagazzina istruzioni e dati, il bus trasporta istruzioni e dati dalla memoria all'unità di elaborazione e viceversa.Questa semplice architettura si è evoluta da quando è stata inventata, ma ora l'IBM ha deciso che è arrivato il momento di metterla in pensione. Un nome, TrueNorth, ci farà conoscere la nuova frontiera dell'informatica.Abbandono ora Le Scienze e l'articolo di John Pavlus per continuare la mia ricerca attraverso internet: parola chiave TrueNorth.In un attimo sono sul sito dell'IBM e mi trovo davanti l'articolo di Dharmendra S. Modha: Introducing a Brain-inspired Computer TrueNorth's neurons to revolutionize system architectureTrueNorth è un nuovo tipo di processore, costruito secondo una nuova architettura, che è stata sviluppata a partire dalle più avanzate conoscenze sulla struttura e sul funzionamento del cervello. Alcune domande necessitano di risposta. La prima è:

Dharmendra Modha,
immagine tratta dal sito IBM
Chi è Dharmendra Modha? Dharmendra Modha è' un IBM Fellow, uno dei più importanti scienziati dell'IBM, a capo del progetto di Cognitive Computing della IBM, progetto che ha ricevuto finanziamenti dalla DARPA, la Defence Advanced Research Project Agency statunitense, quella stessa agenzia che ha sviluppato ARPANET diventata poi internet.
E subito dopo dobbiamo chiederci: cosa significa Cognitive Computing?
Qui la risposta è più complessa. Per essere brevi, cercando di non banalizzare troppo, si potrebbe dire che la disciplina del Cognitive Computing è quella disciplina che si occupa di studiare e risolvere problemi di elevata complessità, caratterizzati da ambiguità ed incertezza, problemi che normalmente vengono "risolti" dagli esseri umani, è il caso del riconoscimento di un volto, per esempio. 
Per l'IBM un sistema di Cognitive computing" svolge i seguenti compiti: "learn and interact naturally with people to extend what either humans or machine could do on their own. They help human experts make better decisions by penetrating the complexity of Big Data".
Ma perchè tutto questo interesse nel costruire una macchina che abbia delle capacità che già hanno gli uomini?
PEr lo stesso motivo per cui sono nati i computer che già conosciamo. L'uomo era in grado di far di conto anche prima dell'arrivo dei computer, ma se le operazioni sono ripetitive e lunghe è difficile trovare qualcuno che se ne occupi e che, magari, non commetta errori.
Ecco che un computer, ottimizzato per fare calcoli, prende il posto di uno o più uomini, che in vece che far calcoli si preoccupano di scrivere le istruzioni per il computer e di verificare che funzioni bene.
Allo stesso modo, se abbiamo da controlla re milioni di volti su un monitor e confrontarli con delle schede per verificare l'identità delle persone, possiamo mettere 100.000 persone dietro i  monitor a verificare chi sta passando sotto di noi, oppure possiamo creare dei software che, eseguendo un numero molto grande di operazioni semplici, siano in grado di "riconoscere" le persone già schedate. Questo è già stato realizzato. esistono tanti sistemi di riconoscimento in funzione che si basano su computer costruiti secondo l'architettura von Neumann.
E' facile rendersi conto, se si è mai entrati in un data centre, della enormità di risorse occorrenti per fare certe operazioni e salta subito all'occhio che i computer classici, mentre sono molto veloci nel fare operazioni semplici ripetitive, sono molto inefficienti nel trovare soluzioni a problemi complessi, come quello indicato prima. L'inefficienza si riflette sulle risorse necessarie per svolgere il compito, risorse che possiamo misurare in vari modi, uno di questi è il consumo di energia.
Un computer, da questo punto di vista, è molto meno efficiente di un cervello.
Ecco da cosa nasce l'idea (a mio parere) di costruire nuovi computer di struttura simile al cervello.
L'accoppiata di computer classici e computer di tipo Cognitive, potrebbe essere in grado di creare nuovi super computer in grado di svolgere velocemente calcoli ripetitivi e anche di riconoscere velocemente nella persona affianco a noi, il volto di un caro amico.
Vedremo cosa ci aspetta il futuro prossimo. 
Per ora cerchiamo di capire meglio come è fatto e quali nuovi campi di ricerca e studio ci apre il nuovo processore IBM: TrueNorth. Infatti la nuova architettura necessita di nuovi linguaggi di programmazione, di nuove logiche di memoria, nuove tecnologie... insomma, un mondo nuovo si sta aprendo agli ingegneri e agli informatici, un nuovo mondo che necessita di esploratori capaci e curiosi...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 


sabato 25 luglio 2015

Medusa, regina di Sardegna?

Medusa del Bernini
Immagine tratta da wikipedia
Leggendo tra testi antichi e saggi dei nostri tempi mi sono imbattuto nel testo del 1639 di Francisco de Vico, Historia general de la Isla y reino de Sardena, fonte inesauribile di informazioni non solo sulla Sardegna ma più in generale di tutto il mondo antico.
Sono in tanti a criticare la visione di una Sardegna occupata nel tempo da popolazioni straniere, ma a me non interessa, punti di vista. In ogni caso la Sardegna è stata per secoli sotto la Spagna.
Francisco de Vico nella sua opera ha raccolto tutte le testimonianze a sua disposizione sulla Sardegna e ci ha raccontato una storia ricca di avvenimenti e personaggi importanti, re e regine mitiche, guerre e conquiste.
Per cui prima di passare alla storia, che occuperà il prossimo capitolo, vorrei aprire qualche piccola finestra sul testo di Francisco de Vico (migliaia di pagine che vi invito a leggere). L'autore, oltre ai testi antichi, basò il suo lavoro su quello del vescovo Giovanni Francesco Fara, autore anch'egli di una storia di Sardegna.
Vi chiedo scusa in anticipo se di tanto in tanto dovessi riportare qualche osservazione che con la Sardegna ha poco a che fare, ma è molto difficile separare rigidamente quelli che sono i propri interessi di studio, per cui dovrete sopportare le mie digressioni. Inoltre, prima di cominciare vi devo avvisare che quando possibile userò i nomi in italiano, in alcuni casi userò dei nomi in spagnolo o in altre lingue, ma solo quando non sono sicuro della corrispondenza in italiano.
E allora cominciamo subito dicendo che secondo la ricostruzione storica di Francesco il mondo ebbe inizio 4004 anni prima della nascita di Cristo. Secondo questa cronologia nel 2348 a.C. avvenne il Diluvio Universale, quello raccontato nella Bibbia, quello di Noè per essere chiari.
Dopo il Diluvio la vita umana comincia ad accorciarsi; che ciò dipenda dal fatto di usare un anno di lunghezza differente, che prima del Diluvio si chiamasse anno quello che era invece un mese lunare o una stagione o che la durata della vita umana si sia realmente accorciata a causa di fenomeni che non conosciamo e che oggi non possiamo ricostruire né immaginare, poco importa. Ciò che importa è che qualche secolo dopo (nel 2004 a.C.) nasce il patriarca Abramo che tanta importanza avrà per la religione del popolo ebraico.
Nel 1788 a.C. Mesraim, chiamato anche Osiris, conquista l'Italia. Uno dei suoi generali, o suo figlio a detta di alcuni autori antichi, Ercole Libico, fonda la città di Torres e la chiama Turris Lybisonis che significa "Città Augusta di Ercole Libico". Siamo nel 1788 a.C. e così nasce la prima e più antica città della Sardegna di cui si abbia memoria. Pochi anni dopo, nel 1779 a.C., Osiris invia in Sardegna una spedizione di Vituloni, o Turreni, per colonizzarla. Il loro nome derivava dal fatto che costruivano torri. Il mediterraneo non doveva essere poi così pericoloso visto che era teatro di scorrerie e conquiste già in quei tempi antichi. Nel 1754 a.C. Ercole Libico si impadronì di Spagna e Italia dopo aver sconfitto i Gerioni, la vecchia casa regnante.
Circa due secoli dopo è la volta di un altro conquistatore straniero, siamo circa nel 1544 a.C. e il conquistatore o colonizzatore che dir si voglia si chiama Norax. Si dice Norax (o Noraco per alcuni) arrivò in Sardegna dalla Spagna. Pare fosse originario della mitica Tartesso, città che forse prese il nome da Tartesio Campo, nipote di Gerione, re di Spagna. Prima di morire, nel 1484 a.C., Norax fondò la città di Nora. Gli succedette il re Porco che morì nel 1451 a.C., nel corso della guerra contro Atlante. Porco aveva tre figlie che gli succedettero nel governo dell'isola. Si chiamavano Euriola, Estenio e Medusa, meglio note come Gorgoni.
Stupiti?
Lo sono stato anche io leggendo le pagine di Francisco de Vico. Francisco spiega che il termine Gorgonia o Georgonia significa in greco "agricoltura" e le tre sorelle si dice fossero esperte nell'agricoltura. Medusa venne poi rappresentata con la tasta piena di serpenti in quanto i serpenti erano già anticamente simbolo di sapienza e lei era tra le tre la più saggia. Pochi anni dopo Perseo uccide Medusa (siamo nel 1418 a.C.) e la Sardegna resta senza guida perché Medusa non ha lasciato eredi.
Sono sicuro che saranno in tanti a non credere a queste storie. La prima obiezione che si può sollevare riguarda la figura di Medusa, appartenente alla mitologia greca. Ma proviamo per un attimo ad interrogare Diodoro Siculo, che già conosciamo. La domanda potrebbe essere: "Diodoro, puoi aiutarci a capire di quale popolo Medusa fu regina?".
- "Certo che posso Alessandro, tu peraltro già sai la risposta, te lo leggo nella mente. Ma ugualmente ancora una volta ricorderò il mito di Perseo e della sua spedizione contro le bellicose Amazzoni, da me esposto nella Biblioteca Storica, libro III, paragrafo 54. Parlo delle Amazzoni Libiche, non di quelle più recenti del Ponto. La stirpe di queste donne era completamente scomparsa già molti anni prima della guerra di Troia. Una stirpe di Amazzoni libiche era quella delle Gorgoni, contro cui Perseo si spinse in guerra. I miti raccontano che la stirpe delle Gorgoni abitasse in occidente, in Libia ai confini del mondo. Abitavano esse un'isola situata all'interno della palude Tritonide. La palude si trovava vicino all'Etiopia e al monte Atlante, nei pressi dell'Oceano. L'isola era ben grande e piena di alberi da frutto di vario genere. Vi si potevano trovare un gran numero di capre e di pecore da cui si ricavava latte e carne. Il grano ancora non era stato introdotto. In quei tempi le Amazzoni cominciarono la conquista dalle città dell'Isola, ad eccezione di Mene, considerata sacra. Fondarono una città di nome Cherroneso (ovvero "penisola") all'interno della palude Tritonide. Queste Amazzoni mossero contro gli Atlanti, gli uomini più civilizzati di quelle contrade, Mirina era la loro regina. La prima città a cadere fu Cerne, i suoi abitanti maschi furono sgozzati, donne e bambini furono asserviti e la città distrutta. Gli Atlanti, vista la sorte toccata alla città stabilirono dei patti con Mirina che, soddisfatta, fece costruire una nuova città che chiamò Mirina dal suo nome. Nei pressi degli Atlanti si trovava un'altra popolazione di Amazzoni, chiamate Gorgoni. Mirina decise di attaccare le Gorgoni e vi fu una grande battaglia. Mirina ebbe la meglio ma le prigioniere si liberarono durante la notte e fecero strage tra l'esercito di Mirina. Mirina dopo breve tempo e altre battaglie ritornò nel suo regno. Le Gorgoni ebbero tutto il tempo di riprendersi e più tardi furono sconfitte da Perseo, regnava su di loro Medusa. Il popolo delle Gorgoni e delle Amazzoni fu sterminato più tardi da Eracle quando durante la visita delle contrade d'occidente pose le sue Colonne in Libia. Si dice che in quel periodo scomparve anche la palude Tritonide. A causa di terremoti si ruppero le sponde dell'Oceano."
- Ti ringrazio Diodoro, sei stato gentilissimo e ricco di particolari, come al solito. Chissà se l'Isola di cui ci ha parlato era la Sardegna. Non potremo mai saperlo. Ciò che possiamo affermare con ragionevole certezza è che la geografia del Mediterraneo di allora doveva essere molto diversa da quella odierna. Anche Lucio Anneo Seneca ci parla di una catastrofe immensa che avrebbe causato la rottura delle sponde dell'Oceano e la separazione della Sicilia dalla Calabria. Quali danni avrebbe causato una catastrofe di simili dimensioni sull'isola di Sardegna? Sarebbe potuta essere la causa della scomparsa della civiltà nuragica? Ma lasciamo questo argomento per tornare al racconto di Francisco de Vico.
In questo periodo in Tessaglia si verifica un nuovo Diluvio conosciuto come il diluvio di Deucalione. Invece nel nord Italia, lungo la pianura dell'Eridano (ovvero nella pianura Padana) si verificò un incendio immane, regnava allora in Italia Fetonte.
Nel 1400 a.C. circa Aristeo arriva in Sardegna e conquista il regno dopo la morte di Medusa. Nello stesso periodo si trovava in Sardegna Cadmo, il Fenicio. Secondo alcuni antichi autori fu questo Aristeo a fondare la città di Cagliari. Nello stesso periodo Galatas fonda la città di Olbia, la prima in Sardegna con questo nome. Galatas era figlio di Olbio e veniva dalla Francia, ovvero dalla Gallia. La Gallura, regione della Sardegna che si trova intorno ad Olbia, deriverebbe il suo nome proprio dall'antico dominio dei Galli.
In Italia contemporaneamente regnano Giano, Saturno, Pico e Fauno. La moglie di quest'ultimo re si dice abbia inventato le lettere Latine.
Arriviamo all'anno 1254 a.C.. Iolao, nipote di Ercole (un altro Ercole, detto il Tebano dalla città di Tebe greca) arriva in Sardegna a capo di un grande esercito. Iolao fonda varie città tra le quali una chiamata Iolea (o Olbia per alcuni) nel sud dell'isola, nei pressi di Sulcis. Iolao invitò dalla Sicilia Dedalo, il famoso inventore e architetto, per abbellire la Sardegna con le sue opere. Alla sua morte i Sardi chiamarono Iolao "padre" e per ringraziarlo delle grandi e splendide opere realizzate durante il suo regno fondarono un tempio chiamato "Sardo Patoris Fanum" cioé "tempio del padre dei Sardi".
Sardo, figlio di Ercole, alla morte di Iolao prese il comando del regno e le diede il suo nome attuale: Sardegna.
Pochi anni dopo, nel 1214 a.C. circa, una nuova spedizione arriva sulle coste del nord dell'isola: si tratta dei popoli chiamati "taratos" e "sosinates". I primi fondano due città: la prima chiamata Olbia, dal nome della città di provenienza, Olbia di Tartaria; la seconda chiamata Tatari, che poi sarebbe la Sassari odierna. I sosinates fondarono invece la città di Sorso.
Pochi anni dopo, forse nel 1204 a.C., gli ateniesi fondano Ogrillen, dove oggi si trova Orgosolo.
In questo periodo diversi popoli arrivarono dalla Meonia. Sembra che questi si stanziarono nella zona chiamata Meilogu ovvero "Meonum Locus". Altri arrivarono dalla Lidia e dalla Locride. Altri ancora da Rodi, da cui "Locus Rodies" ovvero Logudoro.
Si racconta che anche Enea, con un esercito di Troiani fuggitivi dopo la distruzione di Troia, giunse in Sardegna. Vi restò poco in quanto gli abitanti dell'isola gli si posero immediatamente contro, ma ebbe comunque il tempo di distaccare una colonia, "Foro Troyano", oggi Fordongianos.
Intorno all'anno mille a.C. i ciprioti si impadronirono del mar di Sardegna. Secondo lo storico Eusebio vi si stabilirono per qualche tempo fondando anche alcuni paesi, chiamati "Corpasesios". E' sempre secondo Eusebio nell'anno 866 a.C. arrivarono in Sardegna anche i Fenici anche conosciuti come Puni. Secondo gli autori antichi in questo secolo sarebbe stata fondata Cartagine che sarebbe dunque più antica di Roma di circa un secolo.
Secondo la leggenda la fondazione di Cartagine fu merito di Didone, o Elisa, la stessa donna di cui si dice si sia innamorato l'Enea fondatore della stirpe Romana... ma anche questa è un'altra storia. Secondo molti storici dei giorni nostri i Fenici si impossessarono di buona parte delle coste e vi fondarono città, tra queste Cagliari (alcuni autori attribuiscono ad Aristeo la fondazione della città di Cagliari nel 554 a.C., per altri invece Cagliari è stata fondata dai Cartaginesi nel 228 a.C.).
C'è chi afferma che i Fenici non si siano mai impossessati della Sardegna e forse non ci sono mai stati se non per commercio. A mio parere la verità sta nel mezzo. Forse vi approdarono, vi costruirono delle città e si impossessarono di alcune di esse, ma non credo abbiano mai avuto la forza di controllare tutta l'Isola.
Il tempo passa e di questi secoli bui non restano tanti ricordi, arriviamo così all'anno 588 a.C. quando, spinti dalle guerre che imperversavano nella loro terra arrivano in Sardegna i Focesi, anch'essi originari della Grecia, dietro consiglio di Biante di Priene (uno dei sette saggi).
Pare che i cartaginesi fossero allora già abbastanza potenti. Avevano conquistato buona parte della Sicilia e decisero di impossessarsi anche della Sardegna. Un grosso esercito partì così per la conquista, sotto la guida del Generale Malio.
Malio venne però sconfitto dagli abitanti della Sardegna e la maggior parte dei suoi uomini perirono nell'impresa. La sconfitta costrinse i cartaginesi a rimandare l'impresa a tempi migliori. Questo tempo arrivò intorno all'anno 478 a.C. con la nomina a Generale di Asdrubale figlio di Magone. Cartagine intendeva conquistare la Spagna e la Sardegna doveva essere solo una tappa per raggiungere la sua meta. Le cose andarono diversamente e i cartaginesi vennero nuovamente sconfitti e il condottiero Asdrubale ucciso. Dovette passare ancora molto tempo prima che i cartaginesi riuscissero a conquistare il mediterraneo. La Sicilia, la Spagna e infine anche la Sardegna, seppure solo lungo le coste, intorno al 400 a.C. erano tiranneggiate da Cartagine.
Erano tempi duri quelli e le guerre erano la norma.
Posso darvi un consiglio? Se avete un pizzico di curiosità storica leggete "Storie" di Erodoto, oppure "la guerra del Peloponneso" di Tucidide o ancora "l'Anabasi" di Senofonte. Avrete una idea più chiara di cosa significasse la guerra per gli antichi.
Ma torniamo alla Sardegna.
Di quei secoli lo storico Francisco de Vico ci dice che non sono stati conservati i nomi dei Re di Sardegna, forse a causa delle lotte continue per la sua colonizzazione o forse perché la storia dell'isola poteva essere trovata in testi andati distrutti con la caduta della civiltà punica e la distruzione di Cartagine. Per trovare informazioni sulla Sardegna e su chi la governava occorre fare un salto fino alle guerre puniche e giungere così al governo Romano, ma di ciò parleremo tra poco.
Francisco de Vico affronta anche il problema dell'origine del termine nuraghe per indicare le costruzioni antiche che ricoprono la nostra isola. Dopo aver accennato agli Etruschi o Turreni o anche Tirreni, considerati i più antichi costruttori di torri, ci dice anche che il termine nuraghe sembra si possa far risalire a coloro che fondarono la città di Nora. Altri ancora fanno risalire il termine dalla parola greca "ηokρός", nocros, che significa sepoltura. I nuraghe sarebbero infatti le sepolture di personaggi importanti.
Quanto detto fino ad ora è stato spesso ignorato o non considerato degno di entrare a far parte della Storia della Sardegna, con il risultato di cancellare la memoria di un popolo.Il fatto che quanto raccontato sia poco più che leggenda non significa che vada dimenticato. Pensate alla Grecia antica, conosciuta al mondo proprio per i suoi miti e le sue leggende.Cosa sarebbe oggi la Grecia se i suoi storici avessero deciso che le leggende andavano dimenticate o cancellate?Mi chiedo ancora oggi perché non sia possibile recuperare queste "leggende" e restituire così alla nostra Sardegna (e ai Sardi), almeno in parte, le proprie origini.Avremo forse modo di approfondire la questione più avanti, per ora abbandoniamo la preistoria e i miti per arrivare finalmente alla Storia.



Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Tratto dal mio libro "Breve storia della Sardegna"

sabato 18 luglio 2015

Alexander Fleming militare, dai London Scottish al Royal Army Medical Corps.

Alexander Fleming, Sir Alexander Fleming, colui che scoprì la penicillina, nacque a Lochfield, in Scozia, il 6 agosto 1881.
La sua vita da ragazzo lo vede vivere la vita di campagna, ma da subito da prova delle sue grandi doti di osservazione. Si fermava ad osservare qualunque cosa e cercava di carpirne i segreti. Era appassionato di sport e di tiro. Coi fratelli inventava giochi istruttivi in cui si vinceva sempre un premio, e lui vinceva sempre...

Ventenne, si arruola come volontario nel Reggimento dei London Scottish, compagnia H, per combattere nella guerra del Transvaal scoppiata nel 1900. Il London Scottish era un reggimento formato da soli scozzesi. Il numero dei volontari era molto elevato così Fleming non partì per l'Africa. Era un bravo tiratore e partecipava sempre alle esercitazioni con ottimi risultati. Nel 1914 lasciò il Reggimento, ma poco dopo, con lo scoppio della 1^ Guerra Mondiale servì nel grado di Tenente e poi Capitano nel Royal Army Medical Corps lavorando negli ospedali da campo e usando le sue conoscenze per migliorare le prime cure ai feriti sul fronte prima di spostarli nelle retrovie.



Per la sua abilità nel tiro fu scelto per entrare a lavorare nel laboratorio di inoculazione e così conobbe Almroth Wright, che divenne il suo maestro. Lo stesso Almroth Wright allo scoppio della guerra fu nominato Colonnello. Partì per la Francia per creare un laboratorio e centro di ricerche s Boulogne-sur-mer. Fleming lavorava da anni ormai nel laboratorio e Wright lo portò con se assieme ad altri suoi collaboratori. 

Chi lo conobbe in quei tempi lo descrisse come un "Ufficialetto pallido, che non diceva una parola di troppo, ma faceva tranquillamente e perfettamente il suo lavoro".

Nel laboratorio ci si occupava di vaccinazioni, Wright infatti spingeva affinchè tutto l'Esercito venisse vaccinato contro il Tifo. Il laboratorio si trovava affianco all'Ospedale militare e Fleming e gli altri avevano giornalmente a che fare con feriti da arma da fuoco o ferite da esplosioni e le conseguenti infezioni. Setticemia, tetano e cancrena erano all'ordine del giorno e facevano tante vittime quante le armi del nemico.
Fleming si rese conto che le ferite di guerra erano molto più pericolose del normale in quanto i proiettili causavano la morte di buona parte del tessuto colpito e il tessuto necrotizzato, non asportato immediatamente, impediva ai fagociti, difese naturali, di giungere fino ai microbi. Occorreva fare in modo che le ferite venissero ripulite immediatamente dai tessuti morti affinchè le difese naturali del corpo umano potessero giungere ai microbi ed eliminarli.
Fleming effettuò così un certo numero di esperimenti per capire cosa accadeva in una ferita profonda quando si impiegavano antisettici e altri medicinali e si rese conto che questi quasi non avevano effetto e, anzi, in certi casi erano controproducenti.

Wright e Fleming iniziarono così la loro lotta contro l'uso degli antisettici e contro la cattiva pratica di spostare i feriti nelle retrovie senza ripulire le ferite. Lotta che portò Wright a farsi molti nemici negli alti vertici della medicina militare. 

A Wimereoux nel 1918 venne allestito un ospedale in cui ci si doveva occupare delle fratture del femore con lacerazioni profonde e Fleming fu nominato capo del laboratorio. Fleming e i suoi collaboratori continuarono a migliorare le cure per le ferite profonde e migliorarono anche le tecniche di trasfusione salvando la vita di tantissimi feriti colpiti dalla cancrena da gas. 

Fleming affrontò due guerre ed in entrambe mise la sua esperienza a disposizione del mondo. Non era certo il tipo che si tirava indietro di fronte a nuove sfide o che seguiva pedissequamente la strada tracciata da altri. A lui dobbiamo la scoperta delle proprietà del Lisozima e della penicillina che tante vite hanno salvato e salvano ancora. Fleming fu uno dei pochi uomini che in vita raccolse gli onori che gli erano dovuti. Passò i suoi ultimi anni a fare conferenze (senza mai abbandonare però la ricerca), raccogliere benemerenze ma, soprattutto, ad essere osannato dalla popolazione che lo vedeva come il loro salvatore, ognuno infatti aveva un figlio, un parente od un amico salvato dalla penicillina.

Ecco in poche parole il Fleming militare che forse non tutti conoscono.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Fotografia tratta dall'archivio storico fotografico greco
(http://eliaserver.elia.org.gr/elia/site/content.php?sel=22&present=451199&bt=europeanaapi)

La vita di Sir Alexander Fleming, di André Maurois

Alexander Fleming, Sir Fleming, nacque a Lochfield, in Scozia, il 6 agosto 1881. La sua vita da ragazzo lo vede vivere la vita di campagna, ma da subito da prova delle sue grandi doti di osservazione. Si fermava ad osservare qualunque cosa e cercava di carpirne i segreti. Era appassionato di sport e di tiro. Coi fratelli inventava giochi istruttivi e si vinceva sempre un premio, e lui vinceva sempre...

Ma ora facciamo un salto in avanti.

Alla fine del libro mi sembra di poter dire che la cosa che più mi ha colpito, e che sembra aver colpito lo stesso Fleming, sia il fatto che la sua vita sia stata guidata sempre da casi e coincidenze!
Questo è il primo argomento da tenere a mente.
Lo stesso Fleming, ormai famoso e osannato, nei suoi discorsi pubblici faceva notare quanto il caso e le coincidenze avessero fatto per lui e per la scienza.
Per un caso entrò come studente al Saint Mary's, perchè c'era una buona squadra di nuoto. Era inoltre appartenente alla compagnia H dei London Scottish e in quanto tale partecipava regolarmente alle marce di addestramento e alle gare di tiro. Per la sua abilità nel tiro fu scelto per entrare a lavorare nel laboratorio di inoculazione e così conobbe Almroth Wright, che divenne il suo maestro.
La storia di Fleming è la storia di una vita dedicata alla scoperta di fenomeni sconosciuti, è la storia del caso che un giorno portò una spora all'interno di un piccolo laboratorio, è la storia di un uomo che trovata una delle sue colture rovinata dalla muffa, si ferma, osserva e capisce che quella muffa un giorno sarà un potente farmaco, la penicillina.

Il secondo argomento importante per Fleming è la ricerca. 
Secondo Fleming le grandi scoperte derivano da intuizioni del singolo, solo poi entra la potenza del gioco di squadra e del gruppo di ricerca organizzato. Negli anni cercherà sempre di invitare i giovani ricercatori a ritagliarsi un poco di tempo per svolgere le loro ricerche, oltre al lavoro di equipe.
La ricerca personale è quella più produttiva, quella che ha a che fare con le passioni dell'uomo ricercatore, dello scienziato. quella che spinge oltre i propri limiti e conduce verso vette altrimenti inarrivabili. Solo la passione per la "propria" ricerca spinge il ricercatore a superare tutte le difficoltà, non sono i soldi e non è un bel laboratorio.
E' pur vero che la produzione della penicillina a bassi costi e in grandi quantità è dovuta alla ricerca di gruppi organizzati. Florey e Chain (e la fondazione Rockefeller!) misero in moto la macchina che permetterà ciò.

Fleming affronto due guerre ed in entrambe mise la sua esperienza a disposizione del mondo. Non era certo il tipo che si tirava indietro di fronte a nuove sfide o che seguiva pedissequamente la strada tracciata da altri, fu anche questo motivo che farà si che le sue esperienze sulle ferite di guerra fossero poi utili a tanti medici del fronte. Le ferite dovevano essere curate al meglio sul fronte, le parti sporche ed infette dovevano essere asportate per evitare che i batteri provocassero troppi danni, Il suo lavoro fu immenso anche nel campo della ricerca sulle vaccinazioni.
Fleming fu tra i primi a riconoscere alcune proprietà presenti in alcuni tessuti.
Il Lisozima, per esempio, è una sostanza antibatterica potentissima presente nelle lacrime ma anche nelle unghie come nel bianco dell'uovo. Il Lisozima è usato ancora oggi contro i batteri, come conservante e per trasformare il latte di mucca in latte materno!

Fleming fu uno dei pochi uomini che in vita raccolse gli onori che gli erano dovuti. Passò i suoi ultimi anni a fare conferenze (senza mai abbandonare però la ricerca), raccogliere benemerenze ma, soprattutto, ad essere osannato dalla popolazione che lo vedeva come il loro salvatore, ognuno infatti aveva un figlio, un parente od un amico salvato dalla penicillina.

Insomma, che altro occorre dire per invitarvi a leggere questo libro?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 luglio 2015

Descrizione della Sardegna secondo Franciscus Berlingerius (Geogr. Lib. III. Cap. 115)


Nel 1725 viene pubblicato un testo che riassumeva la storia della Sicilia, della Sardegna, della Corsica e delle altre principali isole loro limitrofe. Questo testo, scritto in lingua latina, di tanto in tanto riporta testi di altri autori, tra questi ve n'è uno molto particolare, in italiano antico, che qui sotto riproduco integralmente, sperando di non fare errori di trascrizione. Parla della Sardegna e vale la pensa leggerlo e perderci un po di tempo per capirlo. Più avanti ne farò anche una rilettura in italiano moderno.


"Mira Sardigna, e dal figliuol d'Alcide
Sardo fu detta, e prima era detta Hico
Poi Sandaliothe, e il che si vide.
Questo fu il nome suo al tempo antico,
Che dall'Orientale, e'l mar Tirreno,
Da Noto hà l'Africano o uvoi Libico.
Sardòo, e dell'Occaso, e dipoi il seno
Tra Cirno, e questa, e così si prescrive,
Vedi ora il lato Occidentale ameno.
Corditan cavò in prima, il qual quì vive
Detto Falone, e poi Tilio Cittade
Detta hora Argente in quelle amate rive.
Porto Nimpheo, poi di Conte il nomate,
Poi Large, poi il pormontorio Ecco Hermeo,
Marasso detto dalla nuova etade.
Temo poi fiume, e forse, e Pisaneo
Appresso à Bossa, e Caracode porto:
Tarre Città dipoi Ptolomeo.
In Arbor Provincia hor Thirso intorto
Fiume poi segue, e poi la Città Vesta,
Colonia Usele, e Città poi dicorto.
Fiume Sacro, indi Osca Città cotesta,
Sardopatoro, Tempio, quel fu detto
Neapoli hor si monstra, e manifesta.
Pachia estrema, e nel nostro conspetto;
Vedi hora il lato volto a mezzo giorno
Città Pupulo hà nome quel ricetto.
Poi Città Solci, e Solci porto interno
Detto Melfita, e Chersoneso pende
Boeja porto, su Cagliari formo.
Hercole Porto, questo litto prende, Nora Cittade, Cittade onde una Casa Spera
Poter molto à Firenze, ove hoggi splende.
Cuniocario cavo, e la riviera,
E litto Preche, e lato orientale,
Caralli estrema, e Città magna intera.
Questa fu posta d'Aristeo, il quale
Figliuol d'Apollo fù, il suo fin hebbe,
Sol da Tiberio Gracco esitiale.
Caralitano sen veder si debbe,
E Susalea Villa, e Sepro fiume
Sipicio Porto, questo mai sarebbe.
Agulliastro forse si presume,
E quello, e Cedro rivo, e Pheronìa
Città nota secondo il mio volume.
Philolao, Terranova, detta Olbia,
Fece il Porto Olbiano, e'l promontoro
Colimbario, et il cavo Artico poi sia.
Ellato Boreale, e dopò loro.
Dove Erebantio Acrone in pria si face
Poi Città Plubio, et intorno il territore.
Fuliola Città in su'l salo edace,
Tibula hà qui le pulitiche mura,
Torre Città di Bissone ivi giace.
Trà longo Sardo, e Sassari indi cura
Gli habitatori, e ciascuna sua gente
Degna, che sia più verso Cinosura.
E Tibulatii, e Corsii parimente
Sotto à lor Coracensii, et Cuncitani,
E poi Carensii successivamente.
Cunusitani, e sotto Sulcitani
Luquidonesii, e poi Esaronensii,
Cornesi sotto lor meridiani.
Detti Achilensii, e dopò son Rucensii
Sotto lor, Celsitani, et il terreno hanno
Gli altri son nominati Corpicensii.
Poi Scapitani e Siculesii stanno
Neapolite sotto à questi harai,
Et Valentini, e più verso Austro vanno.
E Solcitani, e Noritani homai
Mira, e da Philolao, e nominati,
Ch'è nopoti d'Alcide Philolai.
Perche habitanti quivi eron mandati
D'Alcide co' figlioli, et co'nipoti
Di Thespio, ne mai furon soggiogati.
Non da Romani, non da Libonoti
Cartaginesi, hora à tutti comanda
Casa Aragona, alla qual son devoti.
Hora infra terra ogni sua Città spanda
Degna di fama Sardo Isola molta
Ericino quell'altra si domanda.
Hereo, e l'altra, e poi Guruli ascolta
Guruli vecchia, e Macopsisa, e Bosa
In Turritana regione accolta.
Di sotto Menomeno monte posa
Saralapi in quel sito, e non inane
Guruli nuova ancor non ti sia ascosa.
Corno, e cotesto, e l'acque Lesitane,
E Lisa, e l'acque Hisitane hora mira,
E quelle altre acque Neapolitane.
Valeria, e Latta quale ò se ci tira,
E quell'altra, e Gisarde, et Ottavena,
E questa, e Fusta, che più alto aspira.
Gallatellina, e Civita, e Casirena.
Arborena, e Tirena, e Plonacensa,
Suella, e Solcitana, e Doliena.
All'Isole più degne intorno pensa
Linagra à Diebata, ad Asinara,
E questa è detta d'Ercole onde immensa.
Ninfea, e l'altra in mezzo all'onda amara
Ilua, questa è Fintonte, detta quella;
Quell'altra è Figo, e quell'altra Tolara.
Figo dalla età priscaHermea s'appella
Vedi Ficaria quella detta, e forse
Serpentaria hoggi dall'età novella.
Ma perchè troppo in Austro transcorse
Non ardisco affermare à lei appresso
Coltellazzo ove Sardo il monte torse.
E Molibode, qual è detta adesso
Palma di Sole, e l'Isola San Piero
Hieraco detta, hor vedere, e concesso.
E Vacca, e Toro, Scagli, che nel vero
Con altri molti, a cui parlarne lice
Si perde il tempo rapido, e leggiero."

A presto, per la traduzione, di cui in alcuni tratti si sente la necessità e sulla quale sto lavorando...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


domenica 5 luglio 2015

Ancora sul Codice perduto di Archimede

Dopo la breve recensione pubblicata ieri mi è sembrato d'obbligo aggiungere qualche notizia interessante per chi avesse voglia e tempo per approfondire. Il libro è infatti particolarmente interessante sia per un appassionato di storia antica sia per un appassionato di matematica.
Cominciamo dall'inizio: Niceta Coniate descrive il saccheggio di Costantinopoli e le devastazioni compiute nel 1204 dai crociati diretti a Gerusalemme. Nel corso del saccheggio moltissimi testi antichi andarono distrutti. Niceta racconta che i crociati non ebbero rispetto neppure per la chiesa di Santa Sofia.
I testi più famosi di Archimede sono:
- Metodo;
- Stomachion;
- Sui corpi galleggianti.
Si dice (A.N. Whitehead) che "la caratteristica generale più certa della tradizione filosofica europea è che essa consiste in una serie di postille a Platone", allo stesso modo si può dire della tradizione scientifica europea e di Archimede. Penso che gli autori (Netz e Noel) abbiano tutto sommato ragione. Occorre però non sottovalutare il fatto che le nostre conoscenze di quei tempi sono veramente molto scarse e che più si va indietro nel tempo e maggiori sono le difficoltà nel reperire testimonianze e testi scritti. Io penso che Archimede, come Platone, abbia portato la matematica del III secolo a..C. ad un livello altissimo, ma non sono convinto del fatto che prima di lui la cosa non sia già accaduta ma a noi non è giunta notizia. Penso insomma che scienza, matematica e conoscenza in genere siano molto più antiche di quanto si possa immaginare.
Ma andiamo avanti, giungiamo fino al XII secolo d.C. Un autore del tempo, Tzetzes, racconta una storia romanzata in cui è presente anche Archimede anziano. Afferma tra l'altro che Archimede morì all'età di 75 anni. Questo testo è conosciuto come il "libro di storie" o "Chiliades" e racconta tra l'altro la vicenda degli specchi ustori inventati da Archimede per distruggere le navi nemiche da lontano.
Questo è un libro che devo assolutamente leggere.

Ora vi lascio, buone riflessioni e buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


sabato 4 luglio 2015

Il codice perduto di Archimede, di Reviel Netz e William Noel

Da Siracusa a Baltimora... chi l'avrebbe mai detto!!!

Eppure è proprio così. Questo libro parla di una storia lunga duemila trecento anni. Parla della storia di un uomo, Archimede, della sua scienza, la matematica e la fisica, delle sue opere trasmesse fino ai nostri giorni da tanti uomini e di come, un gruppo di persone del nostro tempo sia riuscito a riportare alla luce parte dei testi di Archimede che si pensava fossero ormai scomparsi.
Questa storia si può far iniziare in un punto qualunque lungo questi ultimi 2.300 anni senza per questo perdere niente del suo fascino.
Gli autori del libro, Netz e Noel, hanno cominciato da un giovedì del 1998 (29 ottobre), presso la casa d'aste Christie's a New York, giorno in cui tra le tante cose vendute ve ne è una in particolare che un ignoto mister B si aggiudica alla favolosa (per noi comuni mortali!) cifra di 2.200.000 dollari. Si tratta di un palinsesto del 13° secolo d.C. terminato di scrivere dal presbitero Ioannes Myronas il 14 aprile 1229.
Devo ammettere la mia ignoranza, prima di leggere questo libro non sapevo cosa fosse di preciso un "palinsesto", non avevo neanche mai pensato che un codice in pergamena potesse essere riutilizzato e che ciò fosse di uso abbastanza comune in quanto la pergamena era una materia prima costosa.
Sta di fatto che l'oggetto pagato nel 1998 la bella cifra di 2.200.000 dollari altro non era che un palinsesto, ovvero un codice di preghiere scritte sopra pergamena riutilizzata, pergamena che precedentemente aveva custodito alcune parti delle opere più importanti di Archimede.
Netz e Noel, il primo docente di lettere classiche alla Stanford University e massimo esperto di matematica greca e delle opere di Archimede, il secondo direttore dello Special Collections Center e del Schoenberg Institute for Manuscript Studies della University of Pennsylvania, si alternano nel raccontare ognuno dal proprio punto di vista, la storia del recupero del codice.
Una storia avvincente in tutti i sensi che vede esperti di tutto il mondo, tra questi anche alcuni italiani, impegnati a recuperare i testi del grande matematico e che, nel corso della loro ricerca che prosegue ancor oggi, si sono dovuti ricrede sulle conoscenze matematiche di Archimede che ora può dirsi senza alcun dubbio un precursore del calcolo infinitesimale e del calcolo combinatorio, basi della nostra scienza matematica.
Un grazie agli autori e ai loro compagni di lavoro anche da parte mia per il merito di aver contribuito alla riscoperta di un così grande autore antico, Archimede!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

domenica 21 giugno 2015

Il segreto di Copernico, di Dava Sobel

L'astronomia mi ha appassionato da subito, sin da quando, da ragazzo, vedevo i documentari di Piero Angela. Il cosmo, i pianeti, le comete, avevano per me, ed hanno ancora oggi, una forza di attrazione enorme.

Così, nel 1989 all'esame di maturità parlai delle teorie geocentrica ed eliocentrica (non ricordo più il titolo del tema ma ricordo che riuscii ad inserire comunque Tolomeo e Copernico).
Da allora ho cercato di coltivare questa passione come possibile, col poco tempo a disposizione, soprattutto leggendo e mantenendomi informato (e prima o poi inizierò ad usare con costanza il telescopio acquistato qualche anno fa).
Come potevo ignorare la biografia di Copernico che durante l'ultima visita alla IBS mi è capitata tra le mani? Non potevo infatti!
L'autrice è Dava Sobel, giornalista e divulgatrice scientifica americana. 
Nel suo libro, non ho trovato solo la biografia di Copernico, uno dei miei miti, ma soprattutto la storia di un libro, il "De revolutionibus", scritto e pubblicato da Copernico con l'aiuto di Retico nel lontano 1543, anno in cui Copernico muore.
Il De revolutionibus vide la luce grazie alle insistenze di diversi personaggi vicini a Copernico, credo che il più importante sia stato il matematico Retico, che divenne allievo di Copernico e lo convinse prima e aiutò poi, a pubblicare la sua opera. 
Copernico aveva infatti delle remore, pensava infatti, e non a torto, che "far muovere la terra attorno al Sole" avrebbe sollevato grosse critiche da parte di persone che di astronomia non capivano niente ma che dovevano difendere la verità dei testi sacri.
In effetti Copernico aveva ragione, la successiva storia di Giordano Bruno e Galileo ce lo dimostra.
Prima di Copernico altri pensatori avevano ipotizzato che il sole fosse il centro del sistema ma erano restati inascoltati. Il sistema tolemaico aveva preso piede e, nonostante le sue imprecisioni, era alla base dei calendari del mondo.
Il libro è ricco di curiosità sulla Polonia del 1500, sugli astronomi e matematici, sull'uso di fare l'oroscopo dei grandi del mondo, sulla chiesa del tempo e l'amministrazione del territorio, curiosità che di per se stesse sarebbero sufficienti a spingerci alla lettura. Eppure l'autrice riserva al lettore una ulteriore piacevole sorpresa, nella seconda parte infatti ci presenta un dramma in due atti, il personaggio principale è Copernico, circondato da Retico, la governante (e compagna) di Copernico, Anna... e altri. Un dramma che ci permette di avvicinarci alla figura di Copernico vivendo con lui gli ultimi anni della sua vita.
Copernico  ebbe il merito di riaprire una strada appena tracciata, altri (primo fra tutti Retico) lo seguirono. Grazie a loro oggi possiamo dire di conoscere meglio l'universo che ci circonda.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

sabato 13 giugno 2015

La teoria del tutto, di Stephen W. Hawking

Anni fa avevo letto diversi lavori di Stephen Hawking.

La ricerca della teoria del tutto e dell'origine dell'universo mi ha sempre appassionato anche se devo dire che non sempre, da profano, capisco le intricate teorie con le quali a partire da una formula matematica si arriva ad ipotizzare l'esistenza di strutture complesse. Se devo dire tutta la verità io prediligo le cose semplici.

Ma torniamo al libro e al suo autore.
Stephen Hawking è un fisico e matematico britannico, famoso soprattutto per i suoi studi di astrofisica e dei buchi neri in particolare. Nella sua lunga carriera ha raccolto tantissimi riconoscimenti e, nel suo libro dice spesso: "quando i buchi neri saranno individuati io vincerò il Nobel". Il nobel ancora non è tra i suoi riconoscimenti eppure di buchi neri se ne parla dappertutto!
Il libro è interessante, organizzato su sette "lezioni" di difficoltà crescente che seguono la storia delle principali teorie che trattano l'universo.
Nella prima lezione dal titolo "Idee sull'universo" l'autore compie un veloce excursus storico di queste teorie, partendo dal De Caelo di Aristotele, passando per Tolomeo, Copernico, Galileo, Keplero, Newton, Bentley, Olbers e Hubble con la scoperta del Red Shift.
La seconda lezione. l'universo in espansione, ci espone le teorie successive alla scoperta del fenomeno del red shift con i problemi che questo fenomeno pone alla comunità scientifica. L'universo è finito o infinito? Vengono inoltre spiegati i modelli di Fridman e si parla del big bang.
Nella terza lezione l'autore affronta il suo cavallo di battaglia: i buchi neri. Ipotetiche strutture stellari citate per la prima volta nel 1783 dal professor John Michell che suggerì ad un collega che la velocità di fuga da una stella potrebbe essere addirittura superiore alla velocità della luce che, tradotto per tutti significa che la luce di una stella molto massiccia potrebbe non riuscire ad allontanarsi dalla sua superficie  e dunque dove dovrebbe esserci un corpo massiccio luminosissimo non si vede assolutamente niente.  
Il quarto capitolo racconta del fatto che se è vero che la luce non riesce ad allontanarsi dalla superficie della stella, alcuni tipi di radiazioni sembra che lo possano fare. Questo perché sono stati individuati diversi oggetti chiamati quasar (quasi stelle) che emettono grandi quantità di radiazioni. Naturalmente gli astrofisici hanno cercato, e cercano tuttora, di trovare spiegazioni usando le teorie a loro disposizione e cercando di combinarle o farle evolvere per spiegare fenomeni rilevati ma ancora non perfettamente compresi.
Le ultime tre lezioni vanno nella direzione di cercare di includere tutti i fenomeni registrati in una teoria del tutto che possa ciò spiegare tutto.

La mia sensazione è che la fisica, anno dopo anno, si annodi su se stessa, come fanno le "dimensioni invisibili" di cui si parla nelle teorie degli ultimi capitoli (super stringhe, multiversi ecc...) Costruzioni matematiche e filosofiche complesse, costruite su basi che definire labili non da la giusta idea della situazione. Come si può utilizzare una teoria (non dimostrata) per costruire altre teorie, fino ad arrivare a teorie unificate complete (solo dal punto di vista matematico) che probabilmente non potranno essere mai dimostrate? 
Che senso ha cercare di capire se l'universo, nei primi istanti di vita, sia stato caldo, più caldo o caldissimo?
Ancora non  si ha la certezza dell'esistenza dei buchi neri ma si utilizzano per costruire altre teorie come se sapessimo di cosa si tratta e come si comportano, come se sul tavolo della nostra cucina o nel nostro ripostiglio si trovasse una scatola di buchi neri, nane bianche e stelle di protoni, perfettamente classificati!
Per concludere, continuerò a seguire gli sviluppi futuri, ma con un pizzico di scetticismo in più!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 2 giugno 2015

Civiltà sepolte, di C.W.Ceram

Sottotitolo: Il romanzo dell'archeologia.

Sono sardo, e in quanto tale non posso non essere appassionato di archeologia, non fosse altro per le stupende, silenziose, vestigia nuragiche che ricoprono la sardegna di antiche costruzioni. 
Cercare di capire il passato della mia isola mi ha sempre affascinato e questo è il motivo principale per cui, quando ho tempo, approfondisco le mie conoscenze di archeologia.

Civiltà sepolte non è certo un testo universitario, ma è uno dei testi più famosi di divulgazione scientifica sull'argomento.

Ma cominciamo con ordine: chi è l'autore, C.W. Ceram?

Ceram non esiste! O, per meglio dire è l'acronimo di (Kurt Wilhelm) Marek.

Kurt Wilhelm Marek, giornalista e scrittore tedesco, nacque a Berlino nel 1915. 
Giornalista e di facile penna, durante la seconda guerra mondiale lavorò come propagandista del III Reich. Fatto prigioniero durante la guerra in Italia, a Monte Cassino, impiegò il tempo passato in carcere leggendo tutto ciò che aveva a disposizione, in particolare riviste di archeologia e relazioni di scavi.
Al suo ritorno in Germania, dopo la guerra, decise di mettere a frutto le sue letture e nacque così, nel 1949, Gotter, Graber und Gelehrte, autofinanziato. Il libro ebbe subito un enorme successo perchè, per la prima volta, presentava sotto forma divulgativa l'archeologia al pubblico.
Pubblicato in Italia nel 1952 col titolo Civiltà sepolte, ebbe anche qui grande successo.
Sulla sua scia, altri autori cominciarono a scrivere testi divulgativi di grande successo, ma questa è un'altra storia!

Ceram, presenta al pubblico, in forma divulgativa, le scoperte e gli uomini che ne furono protagonisti.
Studiosi di lingue antiche, appassionati, spedizioni militari in Egitto, mummie, ladri di reperti, improvvisati archeologi fortunati e studiosi da tavolino diventano tutti personaggi di quel grande romanzo che è la storia antica.

Le civiltà conosciute grazie ad Omero diventano realtà per merito di Schliemann, Champollion, genio linguistico, ci porta all'interno dell'Egitto dei geroglifici, Un giovane assistente della Scuola di Stato di Gottingen, Georg Friedrich Grotefend, per scommessa, decifra la scrittura cuneiforme...

Questo e tanto altro Marek/Ceram ci presenta nel suo libro, Antiche Civiltà.
  
Buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 17 maggio 2015

Antica India, la culla della civiltà

Quante cose si danno per scontate!
Per esempio, nel mio caso, ho sempre pensato che la scrittura più antica fosse quella mediorientale cuneiforme assieme alla geroglifica egizia, mentre tra i testi più antichi ho sempre messo la bibbia, i testi delle piramidi e l'epopea di Gilgamesh.
Ora, leggendo questo libro, ho scoperto che, forse, i testi indiani che vanno sotto il nome collettivo di "Veda",
sono ancora più antichi, come il sanscrito, la lingua utilizzata per scriverli.
Certo, non ci metterei la mano sul fuoco, ma gli autori sostengono la cosa con convinzione.
Da dove viene questa loro convinzione? Dai Veda.
I Veda sono dei testi sacri che secondo i tre autori sono stati scritti in epoca remota. Ma quanto remota?
Questo è ancora da capire, sia perchè l'India ha una tradizione orale molto importante, sia perché i testi fanno riferimento ad una geografia dell'India che in parte non esiste più ed infine a causa delle distorsioni dovute alle interpretazioni storiche eurocentriche che hanno sempre negato all'India la giusta posizione nella cultura e nella storia del mondo.
I Veda sono i testi sacri più lunghi e complessi del mondo. Il Rig-veda, il più antico, è una raccolta di 1028 inni in lode del Divino. Notate bene che ho detto del Divino, al singolare, questo perchè nonostante si pensi comunemente che in India si adorino tanti dei, questi non sono altro che diversi aspetti della stessa unica divinità.
Il secondo dei Veda si chiama Sama-veda ed è un manuale liturgico che in buona parte riprende gli inni dal Rig-veda. Il terzo testo è l'Yajur-veda, ovvero il testo degli inni sacrificali. Sembra essere stato composto verso la fine dell'epoca vedica. Infine vi è l'Atharva-veda, un testo particolare e probabilmente più recente.
I testi sacri Veda non sono gli unici testi antichi provenienti dall'India, a questi occorre aggiungere i Brahmana, le Upanishad ovvero le scritture esoteriche e gli Aranyaka, testi destinati agli iniziati.
Ma, dopo aver dato dei cenni generali, potreste chiedermi: di che periodo sono i testi di cui si parla? Perchè ci dici che sono probabilmente i più antichi del mondo?
Devo dire che il libro, da questo punto di vista,  è molto interessante perchè ripercorre la storia degli studi fatti sui testi riportando le differenti ipotesi avanzate nel tempo sull'antichità dei testi vedici e sulla storia antica della stessa India. 
Una delle cose che più mi ha colpito è la teoria dell'invasione ariana dell'India. In breve si tratta di una ipotesi avanzata da alcuni studiosi europei, principalmente Max Muller e Gordon Childe, che legando l'uso della lingua al gruppo etnico ariano indirizzarono involontariamente gli studiosi nel pensare che un popolo nord europeo, gli ariani per l'appunto, avessero invaso l'India in tempi passati e da questa invasione nascesse la cultura indiana. Le prove a favore dell'ipotesi avanzata erano praticamente nulle ma la situazione politica dell'Europa di fine Ottocento e inizio Novecento era tale che l'ipotesi divenne ben presto verità e venne utilizzata, tra l'altro, per giustificare la superiorità della razza ariana sul resto del mondo.
E dire che il termine Ariano, che deriva dal sanscrito Arya, significava nell'antica India "nobile", "istruito"! Che beffa.
Ma torniamo per un attimo alle cose che si danno per scontate. 
La maggior parte delle persone da per scontato che l'evoluzione della società umana sia lineare. Da animali si è divenuti uomini cominciando a coltivare la terra, raggruppandosi in villaggi vicino ai fiumi. I villaggi ben amministrati crebbero divenendo città... e così si arriva ai giorni nostri.
Eppure le cose non sono così semplici e lineari.
Quante volte un terremoto, uno tzunami o una epidemia hanno rigettato l'uomo ad uno stadio di sviluppo precedente?
Non si può sapere, ma è accaduto di sicuro.
Nel lontano oriente la scoperta di diverse città datate almeno al 2000 a.C. confermano il fatto che la storia procede a singhiozzo e che culture anche molto avanzate possono regredire e scomparire del tutto.
Harappa, Mohenjo Daro, Kalibangan e tanti altri siti che sono stati scoperti all'inizio del Novecento, dimostrano che esistettero città nel passato remoto, città che scomparvero quando, probabilmente a causa di enormi sconvolgimenti terrestri, un fiume ad oriente dell'Indo scomparve, lasciando spazio ad una enorme pianura quasi desertica. Questo fiume scomparso, probabilmente è lo stesso fiume di cui si parla nel Rig-veda, il Sarasvati, oggi nascosto sotto le sabbie del deserto di Thar. Eppure se qualcuno avesse utilizzato le informazioni riportate nel Rig-veda, come fece Schliemann per la sua ricerca di Troia, avrebbero consentito di trovare città e tesori dove oggi effettivamente si stanno trovando.
Se le cose andarono così, occorre cominciare a pensare che i Veda vennero composti prima degli sconvolgimenti che fecero si che il Sarasvati scomparisse. Se così fosse i Veda sarebbero realmente i testi più antichi del mondo!
Dunque, intorno al 2000 a.C. (o prima!), sconvolgimenti di immani dimensioni cambiarono la faccia della terra nel territorio dell'India, cancellando fiumi e popolazioni intere. Una domanda, possibile che tali sconvolgimenti abbiano lasciato indenne il resto del mondo?
Non saprei, però mi sembra strano che simili sconvolgimenti possano accadere senza che il resto del mondo ne subisca una qualche influenza.
Comunque sia andata, una cosa posso dirla con certezza, nella mia lista dei libri da leggere, i Veda hanno conquistato una posizione prioritaria. Nella mia biblioteca gli ho già riservato un posto d'onore, affianco ad "Antica India, la culla della civiltà".


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO