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venerdì 15 marzo 2013

Cosa serve all'Italia per uscire dalla crisi?

Oggi, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla totale indifferenza del mondo politico di fronte alla crisi italiana.
Loro parlano e nel mentre l'Italia muore, seppellita dall'immondezza, dalla corruzione e dalle migliaia di leggi e normative assolutamente impossibili da gestire.
Non occorrono tante leggi, ma leggi chiare e giudici onesti. Occorre moralità e etica.
Occorre onestà intellettuale e serietà. Occorre impegno e lavoro.
Non esistono ricette che permettano di creare ottimi manicaretti usando come ingredienti solo scarti e veleni!
Non ho idea di come si possa uscire dal pantano nel quale anni e anni di malgoverno e di assoluta inattività degli italiani ci hanno precipitato.
D'altra parte non lo sa nessuno e si capisce dalla lettura dei programmi politici dei nostri rappresentanti. L'Italia scende in serie B, almeno secondo l'agenzia di rating Fitch, Bbb+ per la precisione!
Secondo quello che si dice il declassamento deriva dall'incertezza creatasi a seguito delle elezioni, ma questa è solo l'ultima di tante ragioni.
Dove si trovano tutti quegli italiani seri che a parole sanno fare tante cose?
Perchè l'italiano medio si nasconde sempre dietro il fatto che "gli altri" devono risolvere il problema?
E poi, chi sono questi "altri"?
Mi ricordo ciò che accadeva quando ero ragazzo, frequentavo allora l'Istituto Tecnico per Geometri Luigi Einaudi di Senorbì, nelle elezioni dei rappresentanti degli studenti.
Nell'istituto si facevano le elezioni per i rappresentanti di classe e d'istituto e, in quelle prime occasioni di esperimenti di democrazia mi resi conto che spesso chi si candidava era il perditempo, quello che voleva semplicemente approfittare della posizione per farsi i cavoli propri, uscire dall'aula, seguire meglio i propri interessi, che normalmente non coincidevano con quelli della comunità che avrebbe dovuto rappresentare.
La cosa mi diede assai fastidio e così decisi di impegnarmi in prima persona per rappresentare il gruppo, prima la mia classe, poi l'Istituto. E così feci, bene o male almeno ci provai, non mi tirai certo indietro nonostante la cosa significasse impegno maggiore e a volte scontri con chi invece pensava solo ai fatti propri. Non mi sono mai pentito della mia scelta e così vado avanti sempre.
Mi da fastidio sentire la gente dire che si è troppo piccoli per poter risolvere il problema, è solo un modo di fuggire le proprie responsabilità.
L'impegno e l'esempio possono tutto.
La preparazione personale, lo studio, l'autocontrollo e la capacità di relazionarsi con il prossimo sono le capacità che servono a chi vuol aiutare l'Italia ad uscire dal pantano in cui si è infilata.
Queste capacità si trovano in tante persone, che purtroppo si sono dimenticate di poter fare qualcosa per tutti, soffocate da una società che sembra promuove solo chi pensa a se stesso!
Basta, occorre dire basta e andare avanti assieme, uscire dal buco in cui ci si è infilati e collaborare per uscire dalla crisi.
Come?
Semplice, ognuno nel suo piccolo può far qualcosa.
Quanti italiani benestanti potrebbero impegnarsi nel dare lavoro ai giovani? Sono convinto che ve ne siano tanti. E allora se potete fatelo!
Quanti dirigenti generali hanno fatto il loro tempo? Sicuramente tanti, allora andate in pensione lasciando ai più giovani l'opportunità di provare a cambiare l'Italia!
Quanti professori universitari hanno fatto il loro tempo ma stanno ancora dietro la cattedra impedendo ai ricercatori di fare il loro lavoro? Tantissimi! E allora fate una cosa memorabile, andatevene in pensione e lasciate libero il posto!
Qualcuno potrebbe pensare che così facendo lo Stato aumenterà le sue spese, ma siamo sicuri? E che mi dite delle innovazioni che i più giovani potrebbero portare?
E della rinascita della speranza nel futuro?
Bene, io comunque non mi arrendo e continuerò a dire la mia fino a che potrò, e poi, forse un giorno farò come fanno in tanti, nascondendomi dentro un cespuglio e aspettando che facciano gli altri!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 9 marzo 2013

Un incontro molto speciale

Era un giorno come tanti altri.
Mi ero alzato all'alba per recarmi al lavoro come tutti i giorni, domeniche comprese.
Mi ero fermato alla bottega sotto casa, come sempre, per prendere una pagnotta calda appena sfornata e due fette di lardo salato, quello sarebbe stato il mio pranzo.
Inforcata la bicicletta, una vecchia Graziella rossa, mi diressi verso la campagna.
Era ancora freddo, come è giusto che sia a febbraio in collina. Il cielo, dopo la pioggia notturna, aveva lasciato spazio ad un pallido sole che stentava ad alzarsi sull'orizzonte.

"Forse anche lui aveva freddo, pensai a voce alta".

Non voleva essere un'offesa verso l'astro nascente, semmai una constatazione.
Eppure, ciò che accadde subito dopo fu straordinario, tant'è che ancora oggi, molti anni dopo quei fatti, non sono in grado capire!
 
Cercherò di raccontarvi ciò che mi ricordo anche se so bene che difficilmente qualcuno mi crederà, ma poco importa. Voglio comunque lasciare ai posteri una testimonianza dell'accaduto, seppure io stesso abbia ancora dei dubbi.
 
L'aria era fredda, l'erba a bordo strada era ricoperta da un sottile strato di brina bianca, un velo di ghiaccio finissimo capace però di bruciare tutto come fosse fuoco.
Le pozzanghere erano ancora ghiacciate e sul fango si potevano leggere le impronte lasciate dagli animali il giorno prima. Gli uccelli iniziavano timidamente a cinguettare e io fischiettavo per passare il tempo, osservando il mio alito condensarsi in sottili fili di fumo.
 
Una mezz'ora e sarei arrivato, anche se la Graziella mi avrebbe fatto faticare non poco. La cosa buona era che il pedalare di continuo mi aiutava a riscaldarmi. Certo, le dita delle mani erano sempre fredde, come la punta del naso e delle orecchie, ma che ci potevo fare?
Ancora venti minuti e avrei raggiunto il cancello in legno della fattoria del mio datore di lavoro, si chiamava Igor, ed era un uomo grande e grosso, biondo di capelli e con una voce roca e cavernosa che incuteva un certo timore.
Io allora avevo appena compiuto tredici anni e avevo lasciato la scuola dopo la seconda elementare. Ero stato promosso, ma quell'anno morì mio padre e dovetti iniziare a contribuire alla vita in famiglia così mia madre mi trovò un bel lavoro, ben retribuito e mi accompagnò da Igor.
Da allora erano passati cinque anni e io intanto ero cresciuto sotto la guida severa ma onesta di quell'uomo che, un po alla volta, divenne come un fratello maggiore per me.
Il lavoro era duro, occorreva pulire il bestiame, raccogliere le uova, dare da mangiare ai conigli e ai maiali. Tagliare l'erba, raccogliere la frutta, fare il formaggio... e fin qui tutto bene. Poi bisognava mettere le trappole per i topi, rivoltare il grano, legare e pulire aglio e cipolla... e così via, di giorno in giorno, per poi ripetere il tutto, con pochissime varianti, l'anno successivo.
Magari un anno si raccoglievano più olive e si faceva più olio, oppure si trovavano meno asparagi, ma la vita era più  o meno sempre quella.
Non c'era ancora la televisione a casa e il tempo per i grilli per la testa non c'era proprio. Qualche volta in testa c'erano i pidocchi e mia madre li ammazzava a furia di strofinare i capelli con l'aceto, ma il tempo per i grilli non c'era mai!
A pranzo mangiavo la mia focaccia con il lardo.
Era veramente saporita e dovevo ringraziare Igor, era lui che pagava il conto. Una focaccia e due fette di lardo al giorno erano parte del mio salario. Il resto arrivava a fine settimana. Dipendeva dalla stagione, a volte una forma di formaggio, altre volte un bidone d'olio d'oliva oppure un capretto da latte.
Così era la vita in quegli anni della mia gioventù, almeno fino ad allora, al giorno in cui, come dicevo prima, inforcata la bicicletta per andare al lavoro, incontrai quell'uomo lungo la strada.
Avevo appena detto a voce alta che forse anche il sole quella mattina aveva freddo quando, di colpo, un uomo si parò di fronte a me, quasi facendomi cadere di sella.
 
Mi fermai in mezzo alla strada, coi piedi puntati in terra per non cadere nel fango ghiacciato delle pozzanghere e lo guardai dal basso verso l'alto.
Era un uomo alto, con dei lunghi capelli neri, avvolto in un lungo cappotto di lana grezza di color marrone.
Stava li, in mezzo alla strada, osservando il sole che a stento sorgeva... poi, senza guardarmi in faccia, mi parlò.
Non capii subito cosa diceva, non era la mia lingua e sembrava più che altro una specie di musica, simile alla melodia degli uccelli che di tanto in tanto cercavo di imitare fischiando.
Poi, un po alla volta, il mio cervello cominciò a capire il significato di quei suoni che si trasformarono in parole e poi in frasi di senso compiuto.
Ecco cosa quell'uomo diceva:
 
"Io sono il Sole, l'Astro nascente, il signore della vita sulla Terra.
Terra è la mia donna, la mia sposa fedele.
Alberi sono i miei figli, come pure gli animali e gli uomini...
e tu chi sei, mio piccolo amico?"
 
Io lo guardavo stupito e impaurito, cercando di capire se poteva esserci modo di scappare se necessario, cercando di interpretare i piccoli movimenti dell'uomo di fronte a me, alla ricerca di una qualche minaccia da cui fuggire all'istante, anche a rischio di perdere la mia bicicletta...
Ma il tono della voce era pacato e niente lasciava pensare ad un pericolo imminente. Solo una cosa mi appariva strana, quell'uomo non guardava mai nella mia direzione ma sembrava osservare il cielo in profondità, con una specie di nostalgia, come se gli mancasse qualcosa che si trovava lontano nel cielo.
 
"Chi sei?" Chiesi con un nodo in gola.
"Posso passare per favore?"
Chiesi a voce bassa, ancora poco a mio agio...
 
"La strada è tua, piccolo amico, ma prima dimmi perchè mi hai cercato affinchè io possa tornare lassù da dove vengo senza indugio.
Non posso stare a lungo quaggiù senza gravi conseguenze"
 
Lo guardai fisso, cercando di vedere il suo viso, per capire perchè mi prendeva in giro... eppure più lo osservavo e meno lo vedevo. Non riuscivo a vedere il suo viso, non vedevo neppure le mani, solo il lungo cappotto scuro mi risultava visibile. Tutto il resto era li ma allo stesso tempo non c'era!
 
"Io sono il Supremo, l'essere sempiterno, colui che non è stato creato ma che crea e, si, hai ragione, oggi ho freddo e avrei fatto a meno di alzarmi questa mattina!"
 
Di colpo mi tornò in mente ciò che avevo appena detto e capii che quell'uomo era li perchè l'avevo chiamato io, avevo di fronte il Sole, solo per me, perchè gli avevo parlato!
Non sapevo che cosa rispondere, cosa potevo dirgli?
E poi, probabilmente stavo sognando ad occhi aperti e presto mi sarei risvegliato, magari a terra, sporco di fango ghiacciato!
 
"Perchè mi prendi in giro?
Io non ti ho fatto niente... scusa, per favore fammi passare, devo andare a lavorare..."
 
L'uomo si voltò verso di me e mi guardò... solo allora mi resi conto che non era un uomo. Mi sorrideva anche se non aveva volto. Mi osservava anche se non aveva occhi.
Nonostante tutto non provai paura. Mi resi conto che era un essere buono, un portatore di morte a volte, di speranza altre volte, di vita sempre.
Mi resi conto di avere un Dio di fronte e di essere fortunato ad averlo incontrato... ed essere ancora vivo!
 
Poi, così come era arrivato, si voltò e scomparve, ma prima disse ancora una frase che mi ha accompagnato per tutta la vita, ora giunta al termine.
 
"Io sono il Sole, Dio se vuoi, padre tuo e di tutti gli esseri viventi, ricordati di me ogni giorno quando rivolgi lo sguardo ad Est e io ti accompagnerò e ti proteggerò, piccolo amico mio... e grazie per avermi chiamato!"
 
Restai muto in mezzo alla strada, poi pedalaiverso la fattoria di Igor e proseguii la mia vita di tutti i giorni.
Da allora ogni mattina alzo lo sguardo al cielo, verso Est, e saluto il mio amico, il mio padre augurandogli una buona giornata!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 2 marzo 2013

Come risolvere il problema della disoccupazione giovanile in Italia?

Chiacchiere, chiacchiere e solamente chiacchiere!
Ancora una volta, dopo le ultime elezioni, si continua a parlare di problemi, primo tra tutti la altissima disoccupazione giovanile.
Ma perchè nessuno parla di possibili soluzioni?
La disoccupazione giovanile è direttamente legata all'economia del paese.
La recessione in Italia è legata alla impossibilità di molti giovani di investire sul futuro che purtroppo non vedono!
E' chiaro che per uscire dalla recessione occorre dare ai giovani un briciolo di speranza nel futuro, cioè il lavoro.
Ora direte che io sto facendo come tutti gli altri, chiacchiere sulla mancanza del lavoro, ma niente soluzioni!
Mi dispiace deludervi ma io una soluzione, anche se parziale, ce l'ho e ora ve la descrivo.
In Italia si è scelto di elevare l'età pensionabile senza capire che questo apporta benefici alle casse dello Stato perchè si erogano meno soldi in pensioni ma d'altra parte si privano i giovani della possibilità di crearsi una famiglia e quindi appesantiscono lo stato.
Inoltre avere più persone vecchie al governo di tutti i settori pubblici significa rallentare l'innovazione con tutte le conseguenze del caso.
Non sarà un caso che nelle nazioni o imprese che contano chi dirige è giovane!
Allora ecco la soluzione:
1. abbassare l'età pensionabile per i Dirigenti statali, Professori universitari, medici, giudici eccetera.
2. Mandare in pensione tutte queste persone, che hanno fatto il loro tempo, dandogli il 75% della pensione, tanto trattandosi di dirigenti o equiparati ne avranno a sufficienza per vivere comunque bene.
In questo modo si liberano posti di lavoro e si riesce ad assumere giovani, che costano molto meno!
Tale programma di lavoro anti disoccupazione deve solo essere quantificato per bene per calcolarne i reali benefici, ma credo proprio che consentirebbe di aiutare il paese ad uscire dalla recessione.
Ricordiamoci infatti che dalla recessione si esce se una grande massa di persone dicomincia a consumare, dando la spinta alle imprese che producono.
Spero che ciò possa aiutare chi dei nostri politici può fare qualcosa .

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 24 febbraio 2013

Vi presento il mio nuovo libro: Ricordi di uno splendido passato

Cari amici e lettori, mi prendo qualche riga del blog per publicizzare il mio ultimo libro:

"Ricordi di uno splendido passato".

Il sottotitolo vi può far capire meglio di che si tratta: "Le età dell'Uomo, Platone, il Crizia e Atlantide. La storia va riscritta?"

Veniamo dunque al contenuto. Vi chiederete cosa potrete trovare di interessante in questo libro.

Sicuramente troverete tante curiosità tratte dai testi classici dei grandi autori dell’antichità: Esiodo, Erodoto, Platone, Virgilio, Seneca, lo Pseudo-Apollodoro, Giamblico ma anche alcuni autori più recenti quali Ruggero Bacone, Galileo Galilei ed infine Dimitrj Merezkovskj. Essi, nei loro testi talvolta fanno riferimento ad altri autori e così avrete modo di conoscere anche il pensiero di questi ultimi, noti o meno che siano.
Attraverso le loro opere cercherò di spiegare come credo sia avvenuta l’evoluzione della civiltà umana e proverò a porre in evidenza alcune curiosità che mi hanno spinto allo studio delle opere più antiche, nella convinzione che faranno lo stesso con chi di voi vorrà seguirmi.

Esiodo è il mio riferimento per le età dell’uomo, l’età d’oro in cui la civiltà umana godeva dei prodotti della madre terra senza versare una sola goccia di sudore, l’età dell’argento seguita dal bronzo, poi l’età degli eroi ed infine quella del ferro.
Erodoto è una fonte inesauribile di fatti sulle popolazioni del mondo di duemilacinquecento anni fa. Platone è il punto di inizio della ricerca per il mito di Atlantide.
Ma tutto quello che leggerete ha un solo fine, mostrare quanto sia probabile l’evoluzione ciclica dell’umanità. Ricerca condotta sui principali testi antichi che hanno tramandato i miti, leggende o semplici informazioni scientifiche fuori dal tempo.

Il Timeo e il Crizia, principalmente, Esiodo e Platone, Atlantide, ma non solo!
Ogni volta che sarà possibile, seppure brevemente, cercherò di porre in evidenza eventuali spunti di riflessione per mezzo di domande, spesso senza risposta.

La storia, lo sviluppo dell’umanità e la conoscenza scientifica degli antichi sono soggetti di ricerca ugualmente interessanti e che ho provato ad illustrare con esempi tratti dai testi antichi e con paragoni con le conoscenze scientifiche attuali.
I testi che vi potrete trovare sono scritti in tempi diversi e rispecchiano la mia sete di ricerca e i miei interessi, spero li troverete stimolanti e che possano essere d’aiuto al vostro percorso di ricerca, qualunque esso sia.

Se vi piacciono le domande, i dubbi e i misteri del passato in vece delle false certezze, allora questo è il libro che fa per voi.

Lo potete trovare su ilmiolibro.it, buona lettura! 


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

English version: Memories of a great history


Recensioni su ilmiolibro.it:
 
Quando ho finito di leggere un libro oppure quando ho visto un film al cinema (e cioè senza farciture di assurde pubblicità) mi piacerebbe avere la possibilità di scambiare a caldo le impressioni. Soprattutto il cinema d’autore, in grado di estraniarti con i dialoghi dei personaggi, in grado di calarti in un’altra dimensione e di restarti appiccicato addosso malgrado la parola fine abbia sancito il ritorno alla normalità. Si, d’accordo, mentre parlo solo del cinema mi accorgo che anche un buon libro ha queste capacità, la differenza sostanziale è che al cinema stai due ore fermo e disposto alla lettura traslata dal regista, mentre il senso del libro ha bisogno di essere rivissuto e ciascun lettore lo vivrà in modo differente. L’autore è il padrone dell’idea ma il senso del libro appartiene al lettore, come un vestito che sarà sempre differente e prenderà la forma e lo stile di chi lo indossa. Ma adesso sono le sei del mattino: con chi mi metto a scambiare le impressioni sul libro divorato in pochi giorni, “Ricordi di uno splendido passato” di Alessandro Rugolo? Si, d’accordo, ne parlerò col PC! La fortuna di Alessandro è di avere una biblioteca importante con molti libri pieni di polvere e di ragnatele che non lo distraggono dalle sue letture, anzi, mentre dà la caccia ai ragni, cade un libro che aveva dimenticato di leggere e da questo prende le dritte per scrivere. Al contempo possiede le conoscenze per leggere direttamente i testi in greco e in latino e, quindi, dovrebbe essere in grado nel suo libro di spalancare le porte e farti entrare nel favoloso mondo dei filosofi greci mediante le sottolineature di piccoli particolari. Con tutta una serie di brevi domande che tendono ad evidenziare il suo metodo di studio e ad incuriosire chi legge, ti riporta alla ovvia considerazione, spesso dimenticata, che la lettura dei classici è sempre un basamento “come l’allodola se spunta il giorno, spiccato il volo / dalla tetra terra anima inni alle porte del cielo” . 
 

sabato 23 febbraio 2013

Ricordi di uno splendido passato - Memories of a great history!

Dear friends and readers, I'll take a few lines of my blog to advertise my latest book:

"Ricordi di uno splendido passato"... Memories of a great history!

The subtitle can make you understand better what it is: "The Ages of Man, Plato, Critias and Atlantis. History must be rewritten?"

 
Coming to the content, you may wonder what you might find interesting in this book.
 
You will surely find many curiosities taken from the texts of the great classical authors of antiquity: Hesiod, Herodotus, Plato, Virgil, Seneca, Pseudo-Apollodorus, Iamblichus but also some more recent authors such as Roger Bacon, Galileo Galilei and finally Dimitrj Merezkovskj. They, in their texts sometimes refer to other authors, and so you will know the mind of the latter.

Through their work I will try to explain how I think it developed the evolution of human civilization and I will try to highlight some curiosity that led me to the study of older works.
Hesiod is my reference to the age of man, the golden age in which human civilization enjoyed the products of mother earth without shedding a single drop of sweat, the silver age, followed by Bronze Age, then the 'age of heroes, and finally that of iron.

Herodotus is an inexhaustible source of facts about the world's population of two thousand five hundred years ago. Plato is the starting point of the search for the myth of Atlantis.

But all I read has only one purpose, to show how likely it is the cyclical nature of humanity. Research conducted on the main ancient texts that have passed on myths, legends or simple scientific information out of time.
The Timaeus and Critias the mainly Hesiod and Plato, Atlantis, and much more!

Whenever possible, albeit briefly, I will try to highlight any insights by means of questions, often unanswered.
History, human development and scientific knowledge of the ancients are research subjects equally interesting and I tried to illustrate with examples from ancient texts and comparisons with current scientific knowledge.

The texts that you will find in this book are written at different times and reflect my thirst and my research interests, I hope you will find them stimulating and that can be a help to your search path, whatever it is.
If you like the questions, doubts and mysteries of the past instead of the false certainties, then this book is for you.
You can find it on ilmiolibro.it enjoy!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 3 febbraio 2013

Strabone e la Sardegna

Intanto, chi era Strabone?
Eclettico, storico, politico, letterato, nato ad Amasea nel Ponto, nel 64 a.C. e vissuto a Roma.
La sua opera principale, cui lavorò per tutta la vita, è conosciuta come Geografia. Quest'opera comprende 17 libri e tra questi i libri V e VI sono dedicati all'Italia. Geografia è un'opera monumentale, che comprende la descrizione dei luoghi ma anche molte informazioni storiche e mitologiche. Per esempio, buona parte del libro V Capitolo 1 è dedicato ai Pelasgi, popolazione mitica che pare si sia spostata per tutto il mediterraneo. 
Ora voglio evitare di annoiarvi e parlarvi della parte che oggi più mi interessa, la Sardegna e per farlo vi leggerà alcuni passi del libro V, capitolo 2, paragrafo 7 che inizia descrivendo l'isola di Corsica e i suoi abitanti per poi passare alla Sardegna:
 
"la lunghezza della Sardegna è invece di 220 miglia, la larghezza di 98 miglia."
 
Queste le dimensioni attribuite all'isola. Strabone aggiunge che per alcuni autori il perimetro della Sardegna sarebbe di circa 4000 stadi, dove lo stadio era una unità di misura che valeva circa 178 metri; dunque la Sardegna aveva un perimetro di circa 712 km, molto meno di quanto sia attualmente. Sembra infatti che le misure in miglia di Strabone siano più vicine a quelle attuali di quelle riferite da altri autori. Ma proseguiamo.
 
Strabone racconta che la maggior parte della Sardegna era rocciosa e non del tutto pacificata. Possedeva molta terra fertile di ogni prodotto e in particolare di grano. Inoltre vi si trovavano molte città fra cui le più importanti erano "Caralis e Sulci", ovvero Cagliari e Sant'Antioco. Dice Strabone che:
 
"alla bontà dei luoghi fa riscontro una grande insalubrità"
 
essendo l'isola malsana in estate in particolare nelle regioni più fertili. Forse facendo riferimento alla presenza di paludi e probabilmente delle malattie dovute alle zanzare, come la malaria.
 
"queste stesse regioni sono continuamente saccheggiate dagli abitanti delle montagne che si chiamano Diagesbei, mentre una volta erano chiamati Iolei".
 
Ecco che Strabone riporta in sintesi la stessa origine mitica degli Iolei che potete trovare in Pausania e di cui ho già parlato.
 
"Si dice infatti che Iolao, conducendo alcuni dei figli di Eracle, venne qui e che essi abitarono insieme ai barbari che occupavano l'isola: costoro erano Tirreni (ovvero Etrusci o Tusci come li chiama lo stesso Strabone qualche pagina prima), ma poi il dominio passò ai Fenici provenienti da Cartagine insieme ai quali combatterono contro i Romani. Sconfitti, tutto passò sotto il dominio Romano."
 
Riassumendo, Iolao arrivo in Sardegna e la trovò abitata da Tirreni (Etruschi), convivette con essi fino all'arrivo dei fenici che conquistarono l'isola che poi venne conquistata dai Romani.
Strabone aggiunge qualche notizia dei popoli presenti:
 
"ci sono quattro tribù delle montagne:  i Parati, i Sossinati, i Balari e gli Aconiti, che abitano tutti nelle caverne e se possiedono delle terre seminabili non si preoccupano di farlo ma depredano i prodotti di quelli che lavorano, sia di quanti abitano li, sia navigando, di quanti abitano sul continente antistante, in particolare i Pisati"
 
Sembra dunque che queste tribù selvaggie esercitassero una qualche forma di pirateria raggiungendo il continente per depredare. Strabone racconta che l'impresa di conquistare la Sardegna da parte dei Romani non è ancora completa e che gli strateghi inviati da Roma usano assalire gli isolani quando si riuniscono per festeggiare dopo aver fatto qualche grosso colpo.
 
"La Sardegna produce dei montoni che hanno peli di capra invece che lana, chiamati musmoni, con le cui pelli fanno corazze. Inoltre fanno uso di un piccolo scudo e di una piccola spada"
 
I musmoni sono i mufloni, come potete ben immaginare.
Le ultime informazioni sono relative alla distanza tra Sardegna e Libia (ovvero l'Africa) che secondo il Corografo è di 300 miglia e tra la Sardegna e le coste italiane, Strabone infatti afferma di aver visto lui stesso l'isola dall'alto delle montagne sulle coste del continente italiano. 
 
Ora vi lascio, sperando di avervi dato delle notizie interessanti.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 27 gennaio 2013

Alla ricerca di testi antichi...

Per soddisfare la mia curiosità spesso mi ritrovo a ricercare su google books testi antichi riprodotti tra il 1500 e il 1900. Questi testi di solito sono scaricabili in formato pdf e abbastanza leggibili.
Ieri stavo scaricando alcune differenti edizioni della Biblioteca Storica di Diodoro Siculo per leggere il quinto e il sesto libro nel quale sapevo essere presenti delle informazioni sulla Sardegna antica e sugli Atlantidei, quando mi sono imbattuto in un testo del 1820 pubblicato da Sonzogno, con la volgarizzazione del Cavaliere Compagnoni dal titolo "Biblioteca Storica di DIodoro Siculo".
Potete immaginare la mia sorpresa quando, scorrendo velocemente le pagine, mi sono imbattuto in alcuno brani inseriti nel testo che da tempo desideravo leggere ma non riuscivo a trovare.
Il Cavalier Compagnoni infatti ha inserito nel suo libro anche la "Cronologia egiziana secondo Manetone" così come riportata da Eusebio di Cesarea, vescovo e scrittore greco vissuto a cavallo tra il III e il IV secolo d.C. Diodoro visse molto prima di Eusebio e probabilmente le sue conoscenze del passato erano più precise ma nella sua opera non descrive diffusamente le dinastie egizie, riporta solo i fatti e le notizie per lui più interessanti.
Continuando a frugare mi rendo conto che all'interno del libro si trovano altri tesori, per esempio le notizie di Beroso sacerdote caldeo sui suoi tempi.
 
Ora dunque vi lascio e mi accingo alla lettura del testo appena trovato.
 
A presto,

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 26 gennaio 2013

Paura

Sensazione mortale,
essenza della vita,
stimolo al coraggio che può tutto.

La prima volta e l'ultima, sempre uguale.
Ciò che cambia è il modo di viverla.

Ti senti scoperto fin dentro l'anima
ma è solo paura
paura di vivere.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 22 gennaio 2013

Ricordi di uno splendido passato

Ricordi di uno splendido passato: Platone... il Timeo e il Crizia, due dialoghi conosciuti da secoli che hanno suscitato curiosità, stupore, incredulità e hanno dato vita a secoli di ricerche legate al mistero di Atlantide. Aristotele sul mito di Atlantide disse...

sabato 19 gennaio 2013

Le antichità di Beroso, sacerdote Caldeo

e di altri scrittori, ebrei, greci e latini che trattano le stesse materie.
 
Francesco Sansovino figlio dell'architetto Jacopo Tatti detto il Sansovino, nacque a Roma nel 1521 e morì a Venezia nel 1586. Il suo vero nome era probabilmente Giovanni Tatti (ma non ne sono certo) e fu un letterato che lavorò su tanti diversi argomenti, dalla storia all'agricoltura.
 
Tradusse moltissime opere, tra queste mi interessa particolarmente questa sulle antichità di Beroso sacerdote caldeo. Vi invito a studiarla, la trovate gratuitamente su google libri.
Vi avverto che il Sansovino tradusse anche alcune opere di un certo Giovanni Annio, in particolare "Antiquitatum vanarum" in cui erano riportati molti testi di dubbia provenienza. Inoltre io stesso, nonostante l'opera sia in italiano, ho trovato difficoltà nella lettura di alcune parti e nella traduzione in italiano corrente, vi invito dunque a prendere con le pinze le informazioni che vi potrete trovare.
Il testo è molto bello e tempo permettendo ve ne farò un breve riassunto per le parti più interessanti.
 
Il primo libro dell'opera inizia più o meno così: "Prima della rovina delle acque (del diluvio) a causa della quale perì tutto il mondo, ci furono tanti secoli di storia dei quali i Caldei conservarono fedelmente il ricordo. Essi scrivono che in quei tempi esisteva una città grandissima di giganti chiamata Enos, nei pressi del Libano, i quali comandavano sul mondo conosciuto, da oriente ad occidente."
 
Interessante riferimento ai giganti e alla loro città, Enos. Interessante anche il fatto che gli abitanti fossero dei giganti che comandavano sul mondo intero, un mondo fatto di genti normali.
 
"Questi giganti, confidando sulla loro grandezza e forza, furono gli inventori delle armi e degli strumenti musicali e di tutte le delizie umane, essi si diedero alla libidine e opprimevano tutti. Mangiavano gli uomini e facevano si che le donne abortissero per usarne i feti per fare delle ottime pietanze. Essi si mescolavano carnalmente con le madri, con le figlie e le sorelle, coi maschi e coi bruti e non esisteva scelleratezza che essi non ammettessero, infatti essi disprezzavano la religione e gli dei. "
 
Ma fermiamoci un attimo e vediamo di capire chi fosse questo Beroso e quanto sia attendibile.
Sembra che Beroso sia nato a Babilonia pochi anni prima di Alessandro il grande, intorno al 340 a.C. Beroso fu un sacerdote e in quanto tale conservava le scritture pubbliche e gli annali del re. Conosceva il greco e insegnò ad Atene discipline caldee tra cui astronomia. Gli ateniesi gli dedicarono una statua.
 
Per ora è tutto, ma nei prossimi giorni vedremo alcune informazioni proprio sul diluvio, anzi, sui diluvi.
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO   

domenica 6 gennaio 2013

Souvenirs de la Sardaigne: parte seconda

Come preannunciato la settimana scorsa, proseguo la traduzione dell'articolo della Revue des deux mondes, del primo febbraio 1863: "Souvenirs de la Sardaigne" del Conte di Minerva.

Per chi non avesse letto i precedenti ecco il link alla prima parte dell'articolo.

Ricordi dell'isola di Sardegna
del Conte di Minerva
(Parte Seconda)
 
Il cavaliere che aveva appena attirato la mia attenzione si separò prontamente dal gruppo dei curiosi; egli aveva riconosciuto in me lo straniero che il signor Feralli attendeva, e teneva a rimettere senza ritardo una lettera che il mio ospite mi indirizzava.
Il signor Feralli mi annunciava che trattenuto da alcuni ostacoli imprevisti in un paese vicino, Alghero, non era potuto venire egli stesso fino a Porto Torres. Il suo amico, il signor Gian-Gianu, uno dei ricchi proprietari - pastori dell'isola, l'aveva sostituito.
Quell'amico cortese si trovava di fronte a me, lo capii immediatamente, e così tesi la mano al signor Gian - Gianu che solo in quell'istante si tolse il suo cappello frigio dicendomi: Ello non parla italiano?
Gli risposi che parlavo l'italiano molto male, ma che ero in grado di capirlo abbastanza bene. Visibilmente soddisfatto il giovane uomo mi strinse ancora una volta la mano e mise a mia disposizione un cavallo affidato ad uno dei suoi domesticiche lo teneva alla briglia a qualche passo da noi. Il domestico indossava, come la sua guida, il costume degli antichi abitanti dell'isola: solo un rozzo cappotto in lana nera sostituiva il "collete".
"Noi possiamo - mi disse Gian-Gianu - scegliere tra due strade diverse per giungere alla cittadina di Alghero, dove il signor Feralli è stato trattenuto. Si potrebbe raggiungere Alghero passando per Sassari oppure attraversando le montagne della Nurra e Porto Conte. La prima strada è più corta e meglio tracciata ma meno interessante, la seconda invece, più pittoresca, ci offrirebbe anche l'occasione di incontrare il signor Feralli a Porto Conte in quanto egli stesso dovrà fare una escursione con alcuni amici nei pressi di quella borgata. Da Porto Conte ripartiremo con il signor Feralli sulla barca da lui utilizzata per recarvicisi."
Non era il caso di esitare: optai per la strada di Porto Conte. Qualche minuto dopo stavamo in piena campagna. Davanti a noi si estendeva una terra molto bassa, talvolta arida e rocciosa, talaltra verdeggiante, fino alla riva del mare. Quà e là apparivano delle povere abitazioni o qualche cespuglio di lentisco. Delle piante di aloe e dei cactus bordavano il sentiero. Un grande silenzio regnava su questa pianura spopolata dalle febbri. La superammo felicemente. Dalla seconda ora di marcia ci inoltrammo nella macchia di lentisco e di palme nane che si inframezzavano alle rocce di altezza ineguale. Poco alla volta gli alberi rimpiazzarono i cespugli. Una curva della strada ci condusse al più alto gradino di un anfiteatro circondato da muratura in pietra a secco tappezzata da viti rampicanti. Questi montarozzi, questi gradini interrompevano più d'una volta la marcia del viaggiatore. Quando se ne discende ci si ritrova in stretti passaggi nascosti sotto il lentisco, dove si passa con gran pena, incrociando di tanto in tanto una fila di buoi dal corpo esile e dalle corna lunghe e aguzze. Il pastore, coperto da una pelle d'agnello si ritira al vostro avvicinarsi, immobile come una statua, seguendovi con lo sguardo. Infine si intravvede una qualche larga uscita: il passaggio coperto diviene una gola. già appaiono le linee bluastre delle cime lontane, immerse nella luce. Alla fine della gola ci si trova di fronte all'aperta campagna, piena di sole e di vapori dorati e che confina in lontananza con una catena di rocce grigiastrefieramente stagliate contro l'azzurro del cielo.
 
Ora mi interrompo, la prossima parte la settimana prossima, a presto.
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO   


Origine dei Numeri Primi, di Filippo Giordano

Cari amici, oggi vi presento un libro che si occupa di uno dei più interessanti problemi della matematica, la distribuzione dei numeri primi:
 
La legge matematica che regola la distribuzione dei numeri primi... bene, non si tratta di un romanzo! Almeno spero. Inizio la lettura sperando di trovare qualcosa di interessante, la matematica è una delle mie passioni.
Filippo Giordano, l’autore, ci racconta ciò che sa e ciò che ha scoperto usando la sua vita come trama. Così, tra un po di storia della matematica ed un esempio per chiarire concetti non sempre facili da capire, abbiamo modo di entrare nel suo mondo, conoscere la sua famiglia, pregare per i suoi morti. C’è una legge matematica in grado di stabilire la sequenza dei primi nel contesto dei numeri naturali? Questo si domanda l’autore, come tanti matematici hanno fatto prima di lui, d’altronde. I numeri primi sono infiniti? Euclide, 2300 anni fa, ha risposto alla domanda... si, i numeri primi sono infiniti. La congettura di Oppermann e quella di Goldbach... spiegate con pratici e semplici esempi... svelano grazie alle parole dell’autore, tutta la loro misteriosa bellezza.Per capire, per crescere, per andare avanti, per superare il limite già raggiunto da te stesso o da altri "devi essere disponibile a sgomberare la mente da eventuali preconcetti"... solo così sarai in grado di andare oltre. E lui, l’autore, il nostro Filippo Giordano, "oltre" è riuscito ad andare... forse molto al di la di quanto lui stesso avrebbe mai creduto.Che ci faccio di questa scoperta? La domanda se la pone l’Autore durante una visita al cimitero... Dio gli manda la risposta, diffondila! Bellissimo libro... di matematica e di filosofia, da leggere e rileggere e se Filippo Giordano ha visto bene, probabilmente resterà nella storia della matematica!
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 1 gennaio 2013

Sono solo formulette

Cari amici, vi presento un libro... Sono solo formulette.
 
 
Sono solo formulette, come dice l’autore, Generoso Urciuoli, è un libro divulgativo sull’Egitto, o meglio su alcuni aspetti dell’antico Egitto: magia, formule e rituali per superare il momento della morte. Questo splendido popolo, oltre ad averci lasciato degli immensi monumenti sembra infatti che sia riuscito a fornire una soluzione al grande dubbio che circonda il momento della morte. "Heka" come magia, cioè l’arte di dominare le forze occulte della natura e di sottoporle al proprio volere per sfruttarne la potenza, nel bene e nel male. "Medu" era la forza di far animare e vivere l’oggetto su cui era posta, di donare l’immortalità... a patto che la materia che lo costituiva potesse resistere al tempo! Generoso Urciuoli dichiara che il suo scopo è quello di incuriosire il lettore dando la possibilità di approfondire la civiltà nilotica. Anche io scrivo per lo stesso motivo e dunque condivido qualcosa, oltre la passione per l’Egitto, con l’autore.Perché leggere il libro? Perché è curioso e avvincente. E allora cosa aspettate, regalatevelo per Natale, a soli 7,70 euro.
 
Se volete leggere l'anteprima o acquistarlo visitate il sito: ilmiolibro.it
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

La principessa Tuttabella e lo scheletro Pauroso

Cari amici, inizio il nuovo anno con la recensione di un libro per bambini, favole da leggere rimboccando le coperte...
 
Mario Eliantonio è un nonno che decide di affacciarsi al mondo della scrittura grazie anche alla fervida fantasia del nipote, appassionato di storie di pirati e fantasmi. Così la storia del pirata Bacicin Baciccia, del suo galeone "San Felipe", del suo pappagallo che sembra un corvo, si intreccia con quella della splendida principessa Tuttabella, del principe Vladimiro suo promesso sposo, del re Mago Nero e del suo esercito degli scheletri ed uno di essi in particolare, lo scheletro Pauroso! Il racconto è ricco di colpi di scena e generalmente adatto ad un pubblico di bambini, da leggere di fronte al camino o prima di rimboccare le coperte e augurare la buona notte al nipotino. A tratti vengono affrontati anche temi legati alla morale, per esempio si spiega con parole semplici l’utilità di pagare le tasse per garantire lo sviluppo sociale. Il prezzo da pagare per avere il libro nella vostra libreria è di € 15,00, forse un tantino esagerato, ma il libro è carino e se letto con intonazione può evocare in chi ascolta le immagini di una bella storia avventurosa. Buona lettura dunque e se siete nonni ricordate di fermarvi di tanto in tanto per dare spazio ai nipotini affinchè possano sviluppare la loro fantasia.
 
Se volete leggere l'anteprima e magari acquistare il libro potete visitare il sito: ilmiolibro.it
 
 
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 29 dicembre 2012

Natale a Firenze



Firenze, città ricca di storia e d'opere d'arte.
Neppure un anno basterebbe per farsi un'idea di quante magnifiche opere vi si trovino, in bella mostra nelle piazze, nelle chieste, nelle facciate dei palazzi signorili o all'interno di splendidi cortili, chiostri, saloni.
La storia della città si perde nel tempo, difficile distinguere verità da mito. Un bel testo che vi consiglio, di Arcangelo Piccoli pubblicato nel 1850, e che si trova su google books racconta di leggende che vedono Firenze fondata dai romani intorno al 70 a.C., ma anche dai Fenici o da Ercole Libico... per arrivare a Dante che dice che Firenze nasce da Fiesole.
Come ho già detto, la verità assoluta non si può conoscere. Fatto sta che Firenze è tutta li, da guardare, ammirare, pronta a stupire...
 
Sempre secondo il Piccoli, Firenze nacque intorno al Ponte Vecchio e di li si accrebbe col tempo. Non è difficile crederlo.
 
Sicuramente il fiume Arno doveva agevolare i commerci, anche se di tanto
in tanto causerà lutti e distruzioni, ancor oggi testimoniate dalle lapidi indicanti il livello raggiunto dall'acqua, disseminate per le vie della città a diversi metri d'altezza.
Dicevo che non è difficile credere che Firenze sia nata e cresciuta intorno al Ponte Vecchio. Oggi è ancora bellissimo, splendente di gioielli dei suoi artigiani orafi, poggiato sul fiume come un guardiano silente.
Da cosa poi derivi il nome, anche qui vi sono varie interpretazioni, c'era chi faceva derivare il nome Firenze dal nome di un antico capitano dei Romani, Florino o Florenzio, chi invece lo considera la corruzione del termine latino "Fluentia", chi ancora lo interpreta come Florenzia, ovvero floridezza, per la ricchezza e per la presenza di tantissimi fiori "e specialmente dei gigli, di che sempre sono state deliziose le nostre campagne, onde poi fu detta anche la città del Giglio, e prese questo fiore a stemma."
Ecco infatti che dovunque si vada il giglio simbolo di Firenze fa capolino.
Stemmi in pietra, affreschi, scudi in bronzo, bassorilievi, colorati o bianchi come il marmo, i gigli sono ovunque, anche perchè le famiglie più importanti e più antiche hanno all'interno del loro stemma araldico il simbolo del giglio.
 

Sembra che Marte fosse in antichità il protettore della città. Poi arrivò il cristianesimo e la città si trasformò.
Una delle chiese più antiche era quella di San Lorenzo, consacrata nel 393 d.C. da Sant'Ambrogio, allora vescovo di Milano. La chiesetta era stata voluta da una pia donna, Giuliana. La stessa, col tempo venne ingrandita soprattutto dai Medici che la adibirono a chiesa di famiglia e vi deposero le ossa di diversi loro familiari.
I medici chiamarono alla loro corte i migliori artisti del tempo, Brunelleschi, Donatello, Michelangelo, Verrocchio, Lippi, Ghirlandaio, per citarne solo alcuni.
 


 

Così prese vita l'attuale basilica di San Lorenzo, all'interno della quale è possibile ammirare i pulpiti realizzati da Donatello e dai suoi allievi. gli splendidi affreschi e la sagrestia vecchia, sepoltura di Giovanni di Bicci, Piero e Giovanni de' Medici.
Lo stesso Donatello ha la sepoltura nella chiesa di San Lorenzo nei pressi della tomba di Cosimo de'Medici.
E' impossibile ricordarsi tutto, ciò che rimane impresso è la sensazione di bellezza e di immensità che si prova osservando ogni singolo particolare della chiesa.
 
 

Poi, muovendosi tra le vie con la mappa in mano, ti trovi di colpo di fronte al Duomo, ovvero la cattedrale di Santa Maria del Fiore, con il Battistero di San Giovanni di fronte e il Campanile di Giotto a lato, slanciato ed elegante.   
L'8 settembre 1296 venne posta la prima pietra di quella che sarà la cattedrale dei fiorentini per i secoli successivi.
Vi voglio riportare ciò che dice Arcangelo Piccoli nella sua storia di Firenze:
"Magnanimi nelle loro imprese erano i nostri avi, siccome bene lo fanno vedere le grandiose fabbriche in quei tempi erette. Fra queste tiene il primo luogo la nostra Metropolitana, che sovra ad ogni altro edifizio sta ad attestare la potenza e la ricchezza dell'antico popolo fiorentino. - Eravi una chiesa intitolata a s. Reparata la quale, comunque maestosa fosse, non parve degna di Firenze. Onde essendo nel 1294 il tempo più florido che avesse avuto la repubblica, gli animi dei nostri Fiorentini si fecero coraggiosi, e i consoli delle arti diedero ordine ad Arnolfo di Lapo di fare il disegno di un tempio, che fosse degno della Gran Madre di Dio, il più bello, il più magnifico che mai si fosse fatto e che mai si potesse imaginare da mente umana, perchè il comune riputava in ciò riposto il suo più grande onore.
E difatto il dì 8 di settembre dell'anno 1296 si gettò la prima pietra con gran solennità dal Legato di papa Bonifazio VIII, presenti tutti i magistrati e molti vescovi, fra i voti e le lacrime di gaudio sparse dall'immenso popolo adunato.

Così cominciò quest'opera meravigliosa, la cui fabbricazione durò più di centocinquanta anni, interrotta a varie riprese per le vicende della nostra patria. Tutto il corpo della chiesa fu eretto col disegno di Arnolfo sopra l'antico tempio di s. Reparata. Morto Arnolfo, successero varj architetti, fra i quali Giotto che chiuse le volte delle navate, e inalzò quel miracolo del campanile, del quale meravigliato Carlo V ebbe a dire, che sarebbe stato bene tenerlo sempre coperto, e mostrarlo di rado, perchè allora le genti sarebbero concorse a vederlo da molte parti del mondo. Ma già erano gli anni 1417, e nessuno si era per anco azzardato a mettere un sasso per voltare la cupola, sebbene si fossero a quest'effetto radunati più volte molti architetti non solo di Firenze ma anche di altre lontane nazioni.  la gloria di questo monumento di architettura era serbata a Filippo Brunelleschi."
 Eccola, la cupola, s'intravvede lassù, affrescata da Giorgio Vasari e Federico Zuccari.
 
Eccola ancora una volta, sormontare la cattedrale, con i suoi 42 metri di diametro. Immensa realizzazione dell'ingegno del genio di Brunelleschi!
 
Riprendo ancora una volta il racconto di Arcangelo Piccoli:
"I consoli dell'arte della lana fecero un concorso, al quale invitarono varj architetti. Fra questi intervenne Brunelleschi, che s'impegnò ad inalzare senza alcuna armatura la cupola, evitando così le immense difficoltà e spese che si sarebbero incontrate nel portare e disporre il legname a tanta altezza. Mentre questa nuova maniera di costruire le volte presentava il Brunelleschi, i consoli lo ammirarono; e preferitolo a tutti gli altri architetti, gli allogarono questa difficile impresa."
 
Così il Brunelleschi iniziò e portò a termine una impresa che da tutti era considerata impossibile.
Ci sarebbe da riempire libri con la storia di ogni artista e di ogni opera d'arte creata per rendere grazie alla madre di Cristo, ma il tempo passa e decidiamo di procedere oltre, verso l'Arno.
 
A pochi metri da Ponte Vecchio si trova Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio, col la sua torre, un tempo usata come carcere. E la loggia...
Palazzo Vecchio, anche in questo caso farò ricorso all'opera di Arcangelo Piccoli, per farvi conoscere questa splendida opera.
"Pure essendomi proposto soltanto di fare un cenno di quelle fabbriche e di quegli edifizi, che richiamano alla mente un qualche strepitoso avvenimento, o danno l'idea della nobiltà e della grandezza dell'animo degli avi nostri, è forza che io non tralasci uno dei più famosi palazzi, celebre per orribili delitti e per magnanime imprese, il Palazzo della Signoria, detto il Palazzo Vecchio."   
 
Decidiamo di visitare il palazzo, le splendide sale ricche di opere d'arte, il salone dei cinquecento primo tra tutti.
Lungo le pareti splendidi affreschi rappresentano la potenza di Firenze.
Allo stesso modo le statue rappresentano le vittorie di Firenze sui nemici...
Saliamo poi sulla torre da cui si gode una fantastica vista della città, oltre quattrocento scalini in pietra ci portano fino all'ultimo ballatoio, oltre c'è solo la campana, ma non è accessibile.
Lungo le scale incontriamo visitatori che osservano stupiti, fotografano, sorridono... quasi tutti stranieri!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Che fine hanno fatto gli italiani, coloro i cui avi costruirono questa splendida città?
Dalla torre è possibile ammirare scorci della città e stupendi panorami.
Approfittiamo del momento per scattare qualche foto...
Palazzo Vecchio, nasce nel 1298 e "Colla sua architettura severa ben ci ricorda l'indole, la potenza e le imprese di quei tempi gloriosi, e al pari delle eloquenti pagine di Tucidide e di Livio, ne accende l'anima di patrio amore." 
Palazzo vecchio sorge dove un tempo si trovavano le case dei ribelli,gli Uberti e altri, di fazione ghibellina. Questo fatto determinò la forma particolare del Palazzo che non poteva avere come fondamenta quelle che erano state maledette col sale. Dove oggi sorge il Palazzo Vecchio allora sorgevano altri palazzi e alcune torri delle famiglie dei Foraboschi e dei Vacca , su quest'ultima venne innalzata la nuova torre, fino all'altezza di 94 metri da terra. 
 
 
E in lontananza altre torri e altre chiese, splendide opere offerte dall'uomo a dio, per glorificare dio e l'Uomo. Tra queste la chiesa di Santa Croce...
 
 
Ma per ora mi fermo, troppo grande è l'impresa di descrivere tutta d'un fiato la splendida città di Firenze.
 
 
 
Troppe sono ancora le opere, gli artisti, i condottieri, i poeti che resero onore a questa città, per raccontarne la storia in un solo post.
Arrivederci dunque, alla prossima, con l'aiuto della memoria, di alcune foto e della storia raccontata da Arcangelo Piccoli.
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 28 dicembre 2012

Revue des deux mondes - Ricordi dell'isola di Sardegna (Parte prima)

Per caso, come tante altre volte, mi è capitato per le mani un volume della Revue des deux mondes, del primo febbraio 1863 e sfogliando le pagine rovinate dal tempo, mi sono imbattuto in un articolo che ha attirato la mia curiosità, "Souvenirs de la Sardaigne" del Conte di Minerva.
Naturalmente ho acquistato la rivista e mi sono tuffato immediatamente nella lettura.
Non ho tardato tanto ad accorgermi che questo pezzo rappresentava un prezioso ricordo delle tradizioni della Sardegna così, ho deciso di tradurlo e renderlo fruibile a chi è interessato alla storia dell'isola, ai suoi costumi e alle tradizioni.
Non so se quanto vi è raccontato sia tutto vero o quanta parte sia invece romanzo, ma credo che in ogni caso ognuno di voi lettori potrà trovarvi qualcosa d'interessante.

Ricordi dell'isola di Sardegna
del Conte di Minerva
(Parte prima)
 

Un ricco armatore genovese divenuto proprietario in Sardegna m'invitò, pochi anni orsono, a passare qualche settimana nelle sue terre del Campidano di Oristano, uno dei distretti dell'isola tra i più selvaggi. Io colsi al volo l'occasione che mi fu offerta di osservare la vita patriarcale in uno dei rari paesi d'Europa in cui ancora vi trova rifugio.
Questi paesi, a dir la verità, sono la disperazione dei viaggiatori, e se un caso fortuito non ha loro consentito di entrare nel focolare, di penetrare nella loro intimità, essi (viaggiatori) se ne allontanano lasciandosi alle spalle diverse incongruenze, diversi contrasti inspiegabili.
Non fu così per me, il rapido soggiorno che passai in seno alla famiglia del signor Feralli (questo era il nome dell'armatore genovese) m'insegnò più sui costumi sardi di quanto non avrei potuto imparare per mezzo di lunghe giornate di viaggio per l'isola.
Fu all'inizio di aprile del 1857 che mi imbarcai sul battello che fa la spola tra Genova e Porto Torres, il porto settentrionale dell'isola. Il signor Feralli, il mio ospite, abitava normalmente a Villanova Monteleone, piccola cittadina che dista da Porto Torres otto o dieci ore di marcia. Informato del mio arrivo si sarebbe dovuto recare a Porto Torres.
La notte era prossima quando arrivammo in vista della costa sarda, debolmente ondulata, che scompariva sempre più nelle ombre crescenti (della notte). Un brusio confuso giungeva ancora da terra: era il mormorio della vita che si risvegliava dopo le ore calde d'un giorno di primavera; ma il brusio cessò non appena entrati in porto. La notte era calata e dovemmo rimandare lo sbarco all'indomani.
Il sole si era appena levato quando sbarcammo in mezzo ai numerosi gruppi di perditempo già fermi sulla banchina .
La mia attenzione venne Immediatamente attirata dalla fisionomia e dal costume d'un cavaliere che, in piedi vicino al suo cavallo, sembrava cercare qualcuno tra i passeggeri. Si trattava di un giovane uomo di circa venticinque anni, dal colorito abbronzato, gli occhi neri, la barba lunga e setosa. Aveva il capo coperto da una sorta di cuffia frigia di colore scuro. I suoi capelli erano suddivisi in due enormi trecce che si riunivano sulla fronte. La tunica in pelle di cervo senza maniche che dalle spalle scendeva fino alle ginocchia era stretta ai fianchi con una cintura in cuoio alla quale era appeso un pugnale ricurvo: appresi più avanti che questo vestito si chiamava "collete", oggi se ne vedono solo raramente nel nord dell'isola. Del giustacuore, o corytu, ricoperto dalla collete, non si vedevano che le maniche violette con le cuciture scarlatte e ornate, dal polsino al gomito, da una guarnizione di bottoni in metallo cesellato. La collete lasciava apparire anche i bordi d'una giubba di drappo nero, o rhagas, qualcosa di mezzo tra la fustsnella albanese e le brache francesi del XVII° secolo, poi un pantalone gonfio in tela fine bloccato al disotto del ginocchio da ghette di drappo nero (borzeghinos) guarnite da bottoni di metallo e ornati di nastri blu che li serravano alle caviglie. Delle placche d'argento cesellato, incrostate di corallo, scintillavano sul collete come sulla cintura. L'insieme di questo costume offriva, come è facile capire, un mix singolare di ricchezza e di semplicità...
 
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 7 dicembre 2012

Pendolari: l'avventura del giorno sette dicembre 2012

Questa mattina alle 06,40 a Santa Palomba (stazione di Pomezia) la temperatura si aggirava sugli zero gradi.
Raggiungo il binario e aspetto il treno delle 06,40 che era annunciato con 15 minuti di ritardo... il monitor indicava che non era l'unico treno in ritardo, come spesso accade sulla tratta per Roma.
Aspetto con pazienza l'arrivo del treno, raccogliendo in silente ascolto le impressioni degli altri viaggiatori (che non riporto solo perchè non mi piacciono le parolacce!).
Intorno alle 07.00 arriva un treno notte, si ferma, è quasi vuoto e tutti noi pensiamo che l'attesa sia finita!
Ma purtroppo la delusione è grande quando ci accorgiamo che le porte non vengono aperte. Un treno quasi vuoto, diretto a Roma, fermo sul binario due... così vicino eppure così lontano!
 
Dopo alcuni interminabili minuti di critiche (e di #!!?@#) all'indirizzo di chi gestisce il servizio ferroviario il treno se ne va per la sua strada, seguito dagli sguardi sconsolati della maggior parte dei pendolari in attesa.
 
Un altro treno in arrivo, quello delle 06,52... naturalmente è già pieno. Eppure qualcuno riesce a salire, spingendo e sgomitando... io attendo ancora, il treno delle 06,40 è stato annunciato in arrivo con 25 minuti di ritardo!
 
Si fanno le 07,30 e i pendolari come me, ormai congelati, riescono finalmente a prendere il treno... purtroppo!
Purtroppo perchè proprio così inizia la seconda Odissea.
Il treno parte e si ferma decine di volte... senza sapere cosa accade chiaramente!
Arriviamo infine circa 45  minuti dopo a Termini, salutati dalla voce suadente dell'altoparlante che annuncia l'arrivo e si scusa per il ritardo!
Scuse... cosa ce ne facciamo noi pendolari delle scuse?
Possono forse essere utilizzate per recuperare il tempo perduto?
 
Un fastidio profondo mi attanaglia il ventre al pensiero che solo alcuni giorni prima, in tv, l'Amministratore Delegato di Trenitalia reclamizzava i nuovi treni ad alta velocità, fiore all'occhiello dell'azienda. Treni che verranno utilizzati probabilmente dall'1% dei viaggiatori italiani e forniranno un servizio di tutto rilievo... a fronte del restante 99% che continua ad usare il servizio "sardine in scatola" nell'indifferenza di tutti i nostri politici e amministratori!
 


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 2 dicembre 2012

Sull'importanza di leggere i testi antichi

Oggi voglio affrontare un argomento che mi sta particolarmente a cuore, lo studio dei testi antichi.
Premetto che io ho studiato in un istituto per geometri per cui non ho avuto una preparazione classica che invece può dare un liceo scientifico o classico anche se poi con la laurea e soprattutto con gli studi personali ho cercato di rimediare.
La mia passione è lo studio, di tutto, con particolare interesse per la storia antica e le scienze. Così nel tempo mi sono reso conto che lo studio di testi scientifici o di storia non può essere affrontato seriamente se non andando a leggere i testi degli autori cui di volta in volta si fa riferimento in un testo. Spesso seguire le tracce all'indietro è veramente complicato per tanti differenti motivi, spesso è infatti impossibile rintracciare un testo di riferimento in quanto non esiste più oppure perchè non ne esiste una traduzione in una lingua a me conosciuta o perchè non esiste ancora modo di accedere al testo in quanto presente solo in qualche sperduta biblioteca.
Un po alla volta, soprattutto con l'uso di google books, sono riuscito a trovare e leggere molti libri importanti e così mi sono ancor di più convinto della necessità di studiare i testi antichi e non le sintesi moderne degli stessi.
Voglio perciò rivolgere un invito ai ragazzi, leggete le sintesi che vi danno a scuola, ma poi approfondite, cercate gli autori di riferimento e i loro testi su wikipedia, su google books e sulle immense biblioteche o line americane e inglesi e leggete i testi originali. Studiate le lingue e leggete i testi nella lingua originaria dell'autore.
Approfondite fino a che potete e fatevi voi una idea, sempre, diventate così liberi pensatori e decidete voi in cosa credrere e in cosa non credere.
Fatelo, e vi sentirete molto più forti nelle vostre opinioni, ma soprattutto vi renderete conto ch le cose talvolta sono diverse da come ve le hanno sempre raccontate!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 27 novembre 2012

Lettera aperta al Ministro Corrado Passera

Signor Ministro buonasera,
le scrivo questa lettera aperta per lanciare un urlo di disperazione per la situazione che vivo ogni giorno in qualità di pendolare sulla tratta Roma Termini - Pomezia Santa Palomba.
L'urlo di disperazione è dovuto alla situazione che giornalmente io e tutti i pendolari che viaggiano per Roma dobbiamo affrontare per andare a lavorare e tornare alle nostre case alla sera.
Mi chiedo se qualcuno si sia mai posto nei nostri panni e mi do anche la risposta: no, sicuramente nessuno l'ha mai fatto, probabilmente infatti i nostri panni da pendolare sono troppo scomodi, sicuramente non profumano!
Ogni giorno, al mattino e alla sera, migliaia di persone sono costrette a fare un viaggio in piedi lungo i corridoi delle carrozze o negli ingressi delle stesse, accalcati come sardine in scatola.
Mi chiedo se esistano delle norme che dicono come si deve viaggiare sui treni, ma data la situazione direi che non esistono norme o, quanto meno, che nessuno controlla.
Ma dopo la lamentela, spero vorrà perdonarmi, vorrei fare alcune proposte atte a migliorare la situazione.
Per un viaggiatore attento è facile notare che tutti i giorni vi è una parte del treno assolutamente vuota, quella riservata al trasporto biciclette, solitamente in coda, normalmente senza biciclette.
E allora ecco dunque la mia prima proposta:
Suggerimento n. 1: perchè non si modifica la parte del vagone adibita al trasposto biciclette mettendo degli appositi sostegni per le persone, stile bus o metropolitana, e la si adibisce a trasporto persone? Se pure si decidesse semplicemente di aprire anche questa parte della carrozza al trasporto delle persone saremmo tutti comunque più contenti visto che ogni giorno molta gente resta a terra per mancanza di spazio sui vagoni (provare per credere, treni da Pomezia Santa Palomba a Roma ore 06.40, 06.52 ecc.). Noi pendolari non ci schifiamo se riusciamo a salire tutti sul treno e comunque peggio di come si viaggia oggi è molto difficile che possa essere.
Ma voglio proseguire con altri due suggerimenti di poca spesa e probabilmente di elevata efficacia.
Suggerimento n. 2: togliere i sedili che si trovano all'ingresso delle carrozze, sono solo di disturbo e seppure a vantaggio di due passeggeri vanno a svantaggio di altri venti che non hanno spazio, sarebbe poi necessario aggiungere dei supporti a soffitto che consentano ai viaggiatori di sorreggersi, i supporti oggi esistenti sono pochi, scomodi e servono solo una parte delle persone che spesso si sorreggono appoggiate le une alle altre.
Suggerimento n. 3: visto l'elevato numero di persone che è costretto a viaggiare in piedi, perchè non togliere le prime due file di sedili di ogni carrozza (nei pressi degli ingressi) in modo tale che più persone possano viaggiare in piedi. Occorre chiaramente aggiungere anche qui dei supporti a soffitto che aiutino i viaggiatori a reggersi.
Sono convinto che con questi semplici accorgimenti (tempo di realizzazione molto basso e costo altrettanto basso) potreste aiutare noi pendolari a vivere meglio in attesa che venga realizzata la famosa super Pontina o che venga raddoppiata la tratta ferroviaria verso il sud, tutte cose che, sinceramente non credo verranno mai realizzate!
Egregio signor Ministro, la mia lettera aperta vuol essere un invito a prendersi carico dei problemi che da anni vengono rappresentati dai pendolari ma ascoltati da nessuno.
Spero che quanto detto possa essere utile a tutti.
Invito tutti coloro che sono costretti a fare il pendolare sui treni a dire cosa ne pensano delle proposte e se qualcuno di voi conosce un politico sensibile alle nostre problematiche lo inviti a leggere e magari a mettere in atto quanto chiesto.
Certo, qualcuno potrà lamentarsi perchè perderà il posto a sedere, ma penso proprio che la maggior parte di quanti viaggiano in piedi ogni giorno saranno felici di vedere realizzato quanto detto.
Cordialmente,

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO