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martedì 25 febbraio 2014

L'estronauta e gli Alfabeti (Nono episodio)

Quella mattina il nonno era arrivato presto a casa di Giulia. aveva dormito poco la notte e si era alzato all'alba per guardare la bellezza del sole che sorge. Poi di corsa a casa della nipotina. L'avrebbe svegliata presto e portata a vedere il parco che si sveglia. La rugiada e l'odore dell'erba e gli scoiattoli che Giulia amava tanto.

- Buon giorno piccola. Disse il nonno sedendosi sul lettino circondato dai disegni di tanti racconti.

- Buon giorno. Rispose Giulia strofinandosi gli occhi.

- Oggi si va al parco, se hai voglia di alzarti. A quest'ora gli scoiattoli escono dalle loro tane e cominciano la raccolta delle riserve di cibo per l'inverno. Ho portato una busta di noccioline per loro. Vieni con me?

- Si – disse Giulia saltando in piedi come un fulmine – certo che vengo con te! - E in men che non si dica la piccola era pronta ad uscire.

- Prima facciamo colazione però, la tua mamma ha preparato due ottime fette di pane con nutella lunare e il caffè latte.

- Va bene, adoro la nutella lunare! Disse la piccola Giulia ridacchiando e già pregustando la giornata al parco con il nonno.

Dopo la colazione nonno e nipotina si diressero verso il parco che distava poco più di un chilometro dalla loro casa. Il parco era molto bello, pulito e ricco di alberi di tutti i tipi con tanto di cartellino per ognuno di essi che descriveva la specie e gli animali che si cibavano dei suoi frutti e vivevano nelle vicinanze. Al centro c'era un laghetto in cui vivevano tanti pesci e diverse specie di uccelli acquatici. Il custode del parco era un signore anziano che da sempre se ne prendeva cura. Una volta al mese tutti gli abitanti del quartiere si riunivano la mattina e raccoglievano tutta l'immondezza, risistemavano gli steccati, tagliavano l'erba e i rami secchi. Il parco era la loro gioia e tutti ci tenevano.

- Nonno, che pianta è quella? Chiese Giulia incuriosita dalla forma delle bacche del ricino.

- Quella è una pianta di ricino. Mi raccomando, non mettere mai le bacche in bocca. Sono molto pericolose.

- Sono velenose?

- Dipende dalla quantità. Come quasi tutte le cose, nella giusta quantità può curare, ma se si esagera fa male. Per ora ricordati di non mettere le bacche in bocca per nessun motivo. Disse il nonno serio in viso.

- Tranquillo nonno, non lo farò. Ci sediamo lì? Disse Giulia indicando una panchina da cui si poteva osservare il laghetto e le attività dei primi scoiattoli che indisturbati saltellavano nel prato alla ricerca di qualche bacca da mettere da parte.

- Si, sediamoci pure, ma prima lascia qualche nocciolina vicino agli alberi.

- Scogliattolini venite a mangiare. Disse Giulia correndo rumorosamente incontro agli scoiattoli che intanto scappavano spaventati.

- Nonno nonno, perché scappano?

- Non devi correre, cammina lentamente, poi chinati a qualche metro da loro e allunga la mano con una nocciolina, vedrai che se ti comporti così uno scoiattolo si avvicinerà e ti prenderà la nocciolina dalla mano. Disse il nonno con calma, ripetendo una spiegazione già data tante volte.

Giulia questa volta gli diede retta e avvicinatasi quatta quatta ad un bellissimo scoiattolo dal pelo rossiccio, si chinò e tese la mano. Con suo stupore lo scoiattolo la guardò fissa negli occhi e poi, senza paura si avvicinò e raccolse la nocciolina dalle sue manine tese per poi girarsi e correre via dopo averla guardata ancora in faccia, come a volerla ringraziare. Tutta soddisfatta la piccola tornò dal nonno.

- Nonnino nonnetto, mi racconti una storia? Disse guardando il nonno negli occhi.

- Certamente piccola mia. Stavo proprio per chiederti se ti andava di sentire una delle avventure di Gionzo. Sai, ieri sera ho ricevuto una sua lunga lettera. A proposito, ti manda i sui saluti e quelli di Ruggero.

- Grazie! Cosa ha scritto nella lettera? Come stanno i nostri amici? Sono riusciti ad esplorare la luna?

- Una cosa alla volta! Stanno bene e l'esplorazione prosegue con successo. Tra qualche giorno Giovanbattistamarialorenzo tornerà sulla Terra dopo quasi un mese di esplorazione.

- Torna sulla Terra? Possiamo andargli incontro? Voglio fargli tante domande. Disse Giulia saltando in piedi per la gioia.

- Vedremo, per ora posso solo dirti che negli ultimi giorni ha avuto una strana avventura che voglio raccontarti ma adesso siediti qui vicino a me e ascolta in silenzio.

- Va bene nonno. Rispose la piccola portandosi le manine sulla bocca e facendosi piccola piccola al suo fianco.

- Due giorni fa Gionzo e Ruggero si trovavano in una zona della luna che si chiama Mare della Serenità. Un grande cratere antichissimo pieno di polvere di stelle e rocce. Aveva appena iniziato a raccogliere alcune rocce per studiarle meglio nel suo laboratorio quando un rumore alla sua destra attirò la sua attenzione. Si voltò ma non vide nessuno.

- Ruggero, hai visto qualcosa? Domandò Gionzo al suo compagno di avventure che scosse la testa per dire di no.

- Eppure ho sentito un rumore. Sono sicurissimo. Disse Gionzo dirigendosi verso il punto da cui secondo lui era giunto il rumore. Per terra si trovavano delle strane rocce piatte. Gionzo allungò una mano e ne raccolse una. Sembrava una tavoletta di terracotta. La ripulì dalla polvere e, sorpresa delle sorprese, la tavoletta prese vita!

- Ha ha... lasciami andare strano essere gigante a bolla – disse la tavoletta - non sono buono da mangiare!

Dallo stupore Gionzo lasciò cadere quella che aveva pensato fosse una pietra.

- Attento, così mi rompi! Disse la tavoletta che però aveva fatto un salto mortale e si era rimessa in piedi all'istante e si ripuliva dalla polvere che aveva addosso.

- Chi sei? Chiese Gionzo con un inchino di scuse.

- Dimmi tu chi sei, visto che ti trovi in casa mia. Rispose con calma lo strano esserino.

- Io sono un estronauta, mi chiamo Giovanbattistamarialorenzo e vengo dalla Terra. Rispose Gionzo con un altro inchino – io e il mio amico Ruggero stiamo esplorando il Mare della Felicità, non pensavamo fosse abitato e chiediamo scusa per il disturbo – aggiunse Gionzo con un altro inchino ancora più profondo del primo. Nel tempo infatti aveva imparato che sulla luna tutti i lunimali si salutavano in questo modo.

- Io sono Alfa - rispose l'esserino ricambiando l'inchino e quella che si trova sotto il tuo piede destro è mia sorella Beta. Aggiunse indicando un'altra tavoletta semi sepolta nella polvere.

- Chiedo scusa – disse Gionzo spostando il piede e liberando Beta che con un balzo si mise in piedi e cominciò a scuotersi la polvere di dosso.

- Non avevamo mai incontrato un estronauta Terrestre, anche se le nostre cronache raccontano che tanti e tanti anni fa arrivò sulla luna un popolo della Terra.

- Di che cosa parli? Disse Gionzo molto interessato alla cosa – voi avete delle cronache? Dei libri con la vostra storia? - Chiese stupito Gionzo.

- Certamente, per chi ci hai presi? Non siamo mica dei Pesciolpi ignoranti noi! Disse Alfa offeso per l'insinuazione - Noi Alfabeti sappiamo leggere e scrivere da decine di migliaia di anni. E, per dirla tutta, siamo stati noi Alfabeti a insegnare ai tuoi predecessori a scrive e leggere quando, circa seimila anni fa, sono arrivati per la prima volta sulla luna. Aggiunse con una punta di orgoglio lo strano esserino.

- Perdonami, non volevo certo offenderti. Sono anzi molto interessato a questa storia. Potrei vedere le vostre cronache? Disse Gionzo chiedendo scusa per l'involontaria offesa.

- Non saprei, la consultazione delle Cronache è una questione importante e noi non possiamo certo decidere. Seguici, potrai chiedere al nostro capostipite, il Professor Aleph.

- Nonno, ma chi sono questi strani Alfabeti? Sai che sono proprio curiosi? Disse Giulia sorridendo - Mi sembrano molto intelligenti e garbati. - aggiunse con prontezza.

- E si, gli Alfabeti sono proprio dei simpatici esserini, molto simili agli esseri umani, e se quanto dicono fosse vero sarebbe proprio una grande scoperta!

- A cosa ti riferisci nonnino? Di quale scoperta parli?

- Cara Giulia, l'invenzione dell'alfabeto si pensa sia opera di un popolo antico, i Fenici. Sembra che siano stati loro alcuni millenni addietro, ad inventare l'alfabeto, più o meno come lo conosciamo oggi.

- Nonno, nonno, mi spieghi cos'è l'alfabeto? Voglio imparare anche io a scrivere.

- Facciamo così, oggi finiamo di sentire la storia dei nostri nuovi amici, domani ti spiego l'alfabeto, anche perché occorre un quaderno ed una penna per scrivere tutte le lettere.

- Va bene, come vuoi tu. Allora finisci la storia. Rispose Giulia tutta soddisfatta.

- Gionzo, Ruggero, Alfa e Beta giunsero al cospetto di Aleph. Vi furono tanti inchini lunari e infine Aleph autorizzò i nostri amici a consultare le Cronache e guidò il nostro estronauta all'interno di una grotta profondissima. Raggiunto un ampio corridoio illuminato artificialmente, gli mostrò le cronache del loro mondo. Sulla destra c'erano tante lastre di pietra incise con uno strano alfabeto, una lastra per ogni anno. Sulla sinistra c'erano le traduzioni in alcune delle lingue più note dell'Universo. Infatti non era la prima volta che degli esseri visitavano gli Alfabeti lunari.

- Il nostro estronauta indossò il casco potenziante e riuscì a leggere la lingua originale degli Alfabeti.

- E che cosa dice? Chiese Giulia molto interessata alle nuove scoperte.

- Raccontava che tanto tanto tempo prima, un popolo della Terra aveva costruito una torre altissima, la chiamavano torre di Babele, che arrivò fino a toccare la Luna. Un uomo scese allora dalla torre e cominciò a visitare la luna proprio dove si trovavano gli Alfabeti. Allora gli uomini non erano grandi studiosi e non sapevano leggere e scrivere ma gli Alfabeti spiegarono loro come si faceva. Da allora l'uomo imparò a leggere e scrivere.

- Poi un giorno, altri uomini salirono sulla torre perché anch'essi volevano raggiungere la luna. Arrivarono nella terra degli Alfabeti e chiesero di insegnare anche a loro a leggere e scrivere. Però si rivolsero ad un altro villaggio che usava un alfabeto diverso e così, quando tornarono sulla terra diffusero degli altri alfabeti e dopo un po non riuscirono più a capirsi. Quando uno diceva acqua, gli altri capivano mamma, e quando dicevano terra gli altri capivano vela.

- Veramente? Doveva essere una cosa molto comica. Disse Giulia sorridendo.

- E si, era comica però provocò anche tanti disastri. Infatti un giorno, mentre la torre cominciava a pendere a destra, uno degli ingegneri disse “Tirate a destra” e gli uomini capirono “attenti alla vespa” e scapparono tutti. Così la torre crollò e da allora gli uomini non riuscirono più a tornare sulla luna. Il problema delle lingue esiste ancora oggi e tante persone non riescono a capirsi le une con le altre.

- Nonno, da grande voglio studiare tutte le lingue del mondo così potrò parlare con tutti. Disse Giulia risoluta.

- Brava piccola mia. - Disse il nonno – ma ora rientriamo a casa che è tardi.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 23 febbraio 2014

L'estronauta e i Calderoni (Ottavo episodio)

- Nonno, nonno, mi racconti com'è finita la cena con i Numeri? Disse Giulia sulla porta di casa, accogliendo il nonno a braccia aperte.
- Mi farebbe molto piacere - rispose lui sorridendo - andiamo a sederci in salotto così cerchiamo di metterci in contatto con il nostro amico estronauta e vediamo di farci raccontare il seguito delle sue avventure.
- Si nonninno, andiamo in salotto. E mentre parlava tirava il nonno per i pantaloni dirigendosi verso la sua poltrona preferita, quella in pelle scura vicino al caminetto. Il nonno si accomodò e presa in braccio la piccola Giulia cominciò a parlare.

- Il nostro amico Gionzo aveva appena finito di mangiare con gusto il suo pasticcio di Pesciolzo Brucante quando in lontananza si sentì uno strano rumore, come di una banda musicale stonata che avanza rumorosamente. All'udire quel frastuono i Numeri si allarmarono e senza dire una parola sparirono velocemente. Nel giro di qualche secondo il nostro amico Giovanbattistamarialorenzo si ritrovò solo con in mano la forchetta e il suo piatto di Pesciolzo Brucante.

- Nasconditi, presto - gli disse Uno con una vocina sottile sottile, riapparendo solo per un istante - stanno arrivando i terribili Calderoni, se ti trovano sei perduto! E detto ciò sparì alla sua vista per non tornare più.

- Ruggero, amico mio, chi sono questi Calderoni? Disse Gionzo rivolgendosi all'amico camaleone che non lo abbandonava mai.

- Ma nonno, questa domanda volevo farla io! Protestò vistosamente Giulia, incrociando le braccia e mettendo su il broncio.

- Mia cara Giulia, devi capire che anche il nostro amico estronauta ha il diritto di parlare, e visto che ora nelle nostre storie si è aggiunto anche il nostro amico Ruggero, di tanto in tanto occorre dargli la parola, altrimenti rischiamo di perdere un amico. Facciamo così, da ora in poi chi vuole porre una domanda deve prima alzare la mano e io gli concederò la parola non appena possibile. Siete tutti d'accordo? Disse il nonno rivolgendosi non solo a Giulia ma a tutti i personaggi delle sue storie.

- Va bene! Disse Giulia.

- Bene, allora visto che siamo tutti d'accordo possiamo proseguire e diamo la parola a Ruggero. E col dito indice puntò verso la posizione della luna.

- Grazie - disse Ruggero prendendo la parola - dovete sapere che i Calderoni sono dei lunimali veramente terribili. Sono rumorosi, scorbutici e famelici. Vanno in giro in gruppo e cucinano tutto ciò che trovano lungo la loro strada. Non possono farne a meno, si dice, a causa della maledizione di una strega cattiva che ogni anno arrivava sulla luna per creare delle pozioni potentissime. Un giorno i Calderoni, stufi di lavorare per la strega, si ribellarono. Strapparono le catene e cacciarono la strega. Da allora continuano a girare sulla luna senza pace.

Mentre Ruggero il camaleone parlava la piccola Giulia si strinse al nonno spaventata.

- Che succede piccola mia? Non mi dire che hai paura! - Disse il nonno con tono scherzoso - Non devi aver paura, non dimenticare che il nostro amico estronauta è molto in gamba, non si farà certo cucinare da una banda di Pentoloni...

- Calderoni! Lo corresse Giulia a cui nel frattempo era tornato il sorriso.

- Si chiamano Calderoni! Ribadì con soddisfazione.

- Ma si, hai ragione, volevo dire Calderoni naturalmente.

- Io penso che per sconfiggere i Calderoni occorre inventare un'arma potentissima - aggiunse Giulia - secondo me il nostro amico dovrebbe indossare il casco potenziante!

- Come fai a saperlo? Infatti Gionzo, si sedette all'ombra di una grande Quercella con al suo fianco il fedele Ruggero il Camaleone e indossò il casco senza indugio.

- Nonno, nonno, chi è questo Indugio? Non me ne hai mai parlato. Disse la piccola Giulia con preoccupazione.

- Ma no, cos'hai capito, senza indugio significa senza perder tempo. Io pensavo che tu mi avresti chiesto che cosa fosse una quercella.

- No no, io so cos'è una Quercella, me l'ha detto ieri la mamma - e senza attendere proseguì ridacchiando - la Quercella è l'albero della nutella, è un albero tipico della luna, si trova un po' dappertutto, soprattutto nei pressi dei cartieri...

- I cartieri? Disse il nonno stupito.

- Si, i cartieri nonno, quei buchi grandi che sono sulla luna.

- Vuoi dire i crateri, disse il nonno.

- Si dai, volevo dire i crateri.

- Come faceva la mamma a sapere delle Quercelle? Chiese il nonno incuriosito.

- Devi sapere - spiegò Giulia con pazienza - che l'altro giorno la mamma ha chiamato al telefono il nostro amico estronauta perchè io non volevo fare merenda e lui gli ha suggerito di farmi una fetta di pane con la nutella di quercelle lunari, una nutella molto più buona di quella che abbiamo noi.

- Capisco, disse il nonno ridacchiando. Ma ora proseguiamo la nostra storia. Gionzo aveva appena indossato il casco potenziante che un'idea gli si parò davanti. L'idea aveva la forma di una grossa spazzola in acciaio, di quelle che si usavano un tempo per strofinare le pentole.

- Ottima idea! Pensò, e cominciò a costruire una grossa spazzola con quello che aveva a disposizione. Così, armato dello strano spazzolone, attese senza paura l'arrivo dei Calderoni. Il povero Ruggero era spaventato e prima che arrivassero i Calderoni si allontanò tremante e si mimetizzò in mezzo alle foglie di Quercella. Visto da lontano sembrava proprio una grossa ghianda nutellifera.

- Ma così rischia di finire in pentola! Lo interruppe Giulia. E' meglio se si mimetizza da sasso.
- Si, hai ragione, ma non ci aveva pensato. Comunque sia i Calderoni si avvicinarono rumorosamente fino a quando, ormai a pochi metri da Gionzo, non videro lo spazzolone.

- Haaaa - cominciarono a urlare tutti in coro - aiuto! Si salvi chi può!

- E così, prima ancora che Gionzo potesse provare a dire una parola erano tutti scappati a gambe levate!

- Come mai sono scappati tutti nonnino caro? Chiese Giulia.

- Devi sapere - rispose il nonno con fare serio - che la strega cattiva per costringere i Calderoni a ubbidire, li minacciava di spazzolarli con una spazzola di ferro. E loro non avevano dimenticato quella antica tortura e continuavano a temere tutti i tipi di spazzole e spazzoloni. Nessuno poteva immaginare una cosa del genere ma da quel momento, grazie a Gionzo e a Ruggero, le famiglie di Numeri non avrebbero mai più temuto i Calderoni.

- Nonno, nonno, mi disegni un Calderone da appendere nella mia cameretta? Chiese Giulia tendendo una mano con un pennarello.

- Certo piccola mia, però mentre io disegno tu chiudi gli occhietti e riposa.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 20 febbraio 2014

A cena a casa di Zero (settimo episodio)

- Nonno, nonno, perchè ieri non hai finito di raccontarmi la storia sulla famiglia dei Numeri? Disse Giulia saltando addosso al nonno non appena egli varcò la porta di casa.
- Ciao piccola mia. Ieri ti sei addormentata, cosa potevo farci?
- Ma non è vero! - disse la piccola storcendo la bocca e incrociando le braccia come se si fosse offesa
- io non dormivo, magari ho socchiuso gli occhi ma solo per concentrarmi meglio sul racconto. E mentre lo diceva rideva.
- Comunque sia, dopo cena proseguiamo la storia...
- No no, non se ne parla proprio. Adesso finisci la storia di ieri e dopo cene me ne racconti un'altra! Disse Giulia che non avrebbe accettato una risposta negativa per nessun motivo al mondo.
- Va bene - si arrese il nonno prendendo in braccio la piccola Giulia - andiamo a sederci in salotto così mentre la mamma prepara la cena noi possiamo metterci in contatto con il nostro amico e vedere cosa è successo con la famiglia Numeri.
- Si, si, andiamo. Forza nonnino più veloce... - disse Giulia che in braccio al nonno si agitava come una forsennata.
- Ora calmati però. Sediamoci sul divano. Fammi prendere il telefono così chiamo Giovanbattistamarialorenzo. E un istante dopo già componeva il numero interplanetario per la luna.
- Caro Gionzo, ti dispiace raccontarmi come è andata a finire con la famiglia Numeri? Sai, c'è qui Giulia che vorrebbe conoscere il resto della storia. Ci avevi descritto la famiglia. Se non ricordo male avevi parlato dei figli, il più piccolino si chiamava Due. - Dopo una lunga pausa il nonno mise giù il telefono e cominciò a raccontare.
- Bene, il nostro amico mi dice che si trova ancora ospite della famiglia Numeri. Ieri sera è stato presentato a tutta la famiglia che pare sia più numerosa di quello che inizialmente credeva. Infatti tutta la sera i parenti non hanno smesso di arrivare da tutte le province lunari per conoscerlo. Sembra che ci siano dei numeri molto particolari, alcuni veramente caratteristici.
- Davvero? Disse Giulia con stupore - e io che credevo che fossero già abbastanza strani quelli di ieri!
- Gionzo dice di aver conosciuto una vecchia zia di Zero che si chiama Radice Quadrata, la zia ha compiuto da poco 625 anni ma dice che ne dimostra appena 25!

Pare che sia merito di una verdura chiamata Radicina e coltivata in abbondanza dai Numeri nelle grotte lunari.
- Caspita! Allora dobbiamo scoprire qualcosa di più su questa verdura - disse Giulia - la mamma dice sempre che bisogna mangiare le verdure perchè fanno bene ma non credevo che esistesse una verdura che fa rimanere giovani.
- Tutte le verdure fanno rimanere giovani, anche se solo la Radicina lunare ha questa proprietà. Disse il nonno con estrema serietà - poi, ieri a cena, Gionzo ha conosciuto un tipo molto particolare. Mi è sembrato di capire che si tratti di un lontano cugino della padrona di casa. Questo cugino si chiama Immaginario e non faceva altro che parlare dei poteri fantastici dei Numeri come lui. Diceva che era capace di sparire a piacimento anche senza mettersi di fianco e per dimostrare che non mentiva sparì da un momento all'altro proprio di fronte a Gionzo che non sapeva più cosa dire.
Per fortuna non tutti i Numeri erano così strani, anzi, la maggior parte di essi era simpatica e socievole.
Prima di cena si sedettero tutti a tavola, una tavola enorme che occupava quasi tutto il salone e cominciarono a giocare ad un gioco che non avevo mai sentito prima. I Numeri si misero tutti in ordine e cominciarono a saltare sul tavolo a coppie e mentre saltavano ripetevano a voce alta i loro nomi, come una specie di cantilena:
Uno per Due Due
Due per Due Quattro
Tre per Due Sei
Quattro per Due Otto
Cinque per Due Dieci
Sei per Due Dodici
Sette per Due Quattordici
Otto per Due Sedici
Nove per Due Diciotto
Dieci per Due Venti
E quando un Numero sentiva chiamare il suo nome doveva saltare immediatamente sul tavolo.
Ogni tanto qualcuno sbagliava e allora doveva fare una penitenza. Di solito la penitenza consisteva nel prendere il vassoio dei dolci, dei biscotti di cui i Numeri vanno pazzi, e offrirli a tutti senza poterne assaggiare neanche uno.
- Che penitenza crudele - disse Giulia - io non potrei mai sopportare una cosa del genere.
- Eppure sembra che i Numeri si divertano molto giocando a Tavola Pitagorica (perchè sembra che questo sia il nome del gioco). E non è finita qui, infatti Gionzo è stato invitato a cena e ha potuto gustare tanti ottimi manicaretti lunari. Per antipasto è stato servito un ottimo formaggio di latte di capraspina. Poi per primo piatto hanno cucinato gnocchi di Patarciofi al sugo e per secondo uno splendido arrosto di Pesciolzo Brucante.
- Ed era buono? Cos'è una Capraspina nonno? E i Patarciofi che sapore hanno?
- Hai ragione , è meglio che ti dia qualche spiegazione. La Capraspina è una tipica pianta lunare, cresce abbondante nel Mar delle Capre, un grande cratere a sud del paese dei Numeri. Le sue spine sono molto saporite. Vengono bollite e poi spremute per ricavarne il latte che è dolcissimo. Le Capraspine vengono anche usare per produrre il Formaggio di Capraspina che dicono sia uno dei migliori formaggi della luna però è molto difficile da trovare. Infatti le forme di formaggio di Capraspina sono molto veloci e quando cominciano a rotolare non è molto facile raggiungerle. Così i Numeri di solito quando preparano una forma di Formaggio di Capraspina le mettono subito il guinzaglio e nonostante tutto capita spesso che le Forme riescano a scappare. Mentre il nonno parlava con estrema serietà dei piatti lunari della famiglia Numeri, la piccola Giulia non riusciva più a trattenersi dal ridere rumorosamente e dal tanto ridere cominciò a rotolarsi sul tappeto urlano a squarcia gola:
- Anche io sono una forma di Formaggio di Capraspina. Acchiappami se ci riesci...
E proprio in quell'istante la voce della mamma si sentì chiamarli a tavola.
- A tavola, e prima lavatevi le mani. - Disse la mamma - le fungiatelle sono pronte.
- Le fungiatelle? Rispose il nonno con aria interrogativa.
- Si, nonnino caro, sono delle buonissime tagliatelle con sugo ai funghi lunari. E' una ricetta che la mamma si è fatta dare dalla mamma di Gionzo. Sono buonissime. E mentre ancora parlava, la piccola Giulia già correva a tavola...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 19 febbraio 2014

La guerra civile o Farsaglia, di Marco Anneo Lucano

Chi è Marco Anneo Lucano?
Poeta latino, nasce a Cordova il 3 novembre del 39 dopo Cristo. Il padre è Marco Anneo Mela, lo zio è Seneca.
La famiglia si trasferisce a Roma poco dopo la sua nascita dove Marco si dedica allo studio della poesia. Nel giro di alcuni anni diventa famoso e entra nel cerchio dei poeti dell'imperatore Nerone.
Sarà la sua fortuna e anche la sua fine.
Nel 65 partecipa alla congiura contro Nerone e, scoperto, viene obbligato a darsi la morte all'età di 26 anni.
Dopo questa breve nota biografica, parlo un attimo della sua opera: "La guerra civile o Farsaglia".
L'opera poetica, organizzata in dieci libri (l'ultimo incompleto) racconta la storia della guerra civile tra Pompeo e Cesare che il secolo prima aveva insanguinato tutto l'impero romano.
Nel primo libro sono descritte le cause della guerra civile. Cesare e Pompeo sono rappresentati come uomini alla ubriachi di potere. Cesare attraversa il Rubicone in armi e si dirige a Roma.
Il secondo vede Pompeo scappare da Roma e rifugiarsi a Brindisi (ricorda qualcuno che fece la stessa cosa duemila anni dopo!) e poi, inseguito da Cesare, lascia l'Italia.
Nel terzo libro Cesare attacca le truppe pompeiane a Marsiglia e in Spagna. Il fantasma di Giulia, prima moglie di Pompeo, predice gli esiti della guerra.
Il quarto libro descrive l'assedio della città di Ilerda, in Spagna e le operazioni di Cesare in Illiria e in Africa.
Il quinto descrive le vicende di Cesare, nominato dittatore a Roma e di Pompeo che, radunato il Senato in Epiro, riceve l'incarico ufficiale di Comandante Supremo nelle operazioni contro Cesare. Pompeo invia la moglie a Lesbo affinchè resti al sicuro.
Nel sesto libro Pompeo a Durazzo riesce a sconfiggere Cesare e lo insegue in Tessaglia. La maga Erictho ridà la vita ad un morto per interrogarlo sul futuro di Pompeo e ne profetizza le prossime sventure.
Nel settimo libro i pompeiani e Cicerone incitano Pompeo ad andare incontro a Cesare. Gli eserciti si scontrano a Farsalo. Descrizioni della cruenta morte in battaglia. Pompeo esce sconfitto e fugge a Larissa.
Nel libro ottavo Pompeo si reca a Lesbo, dalla moglie, poi da li parte per l'Egitto alla ricerca di alleanze ma, su ordine del re Tolomeo XIII viene crudelmente assassinato poco prima di sbarcare.
Il nono libro vede Catone prendere il posto di Pompeo nella guida delle armate repubblicane. Con la moglie e il figlio di Pompeo svolgono le esequie senza però il cadavere. Cesare intanto raggiunge l'Egitto e riceve in dono la testa del genero.
Il decimo libro ci fa conoscere Cleopatra, che prima seduce Cesare e poi sposa il fratello Tolomeo per diventare regina. Il libro si interrompe durante i combattimenti che si verificarono durante il matrimonio di Cleopatra...
Il libro è molto particolare per le immagini forti descritte mirabilmente dei combattimenti e delle morti cruente, un esempio per tutte: la morte di Pompeo.
 
          "Appena vide la spada su di sè, si coprì il volto e il capo, sdegnando
di offrirlo coperto alla Fortuna, chiuse gli occhi
e trattenne il respiro per timore di emettere grida
o macchiare con un solo lamento l'eterna fama.
E quando il sinistro Anchilla gli trapassò il fianco,
assecondò il colpo senza emettere un gemito;
spregiò il crimine, conservò il corpo immobile
e morendo provò chi fosse e volse in cuore
tali parole: <<I secoli che mai taceranno i travagli
romani mi osservano, il futuro contempla da tutte le parti
del mondo la lealtà e la nave di Faro: ora pensa
alla gloria. Hai trascorso una lunga vita tra prosperi eventi;
i popoli non sanno, a meno che non lo provi nel morire,
che sai sopportare le avversità. Non cedere all'onta,
non dolerti dell'esecutore del fato: qualunque mano
ti colpisce, è la mano del suocero. Mi lacerino le membra,
le disperdano, tuttavia sono fortunato, o Celesti,
e nessuno potrà privarmi di questo.
[..] Pompeo, fra i risuonanti colpi di spada
sul dorso e sul petto, serbava il venerando decoro
dell'augusta bellezza e il volto corrucciato con gli dei, conservando
intatti nell'istante della morte il volto e l'atteggiamento: lo attestano
coloro che videro il capo mozzo. Il feroce Settimio,
mentre compiva il delitto, ne inventò un altro più atroce:
squarciato il velo che copriva l'augusto capo del Grande
morente, ne afferra il capo ancora animato dal respiro
e poggia il collo languente di traverso su un banco.
Taglia i nervi e le vene e spezza a lungo le vertebre;
non sapevano ancora troncare il capo con un colpo solo
di spada. Ma quando il capo cadde strappato dal busto,
uno sgherro fario pretese di portarlo di sua mano.
[..] Affinchè l'empio adolescente vedesse Pompeo, la chioma
ricciuta che i re veneravano, la capigliatura che ornava la fronte,
generosa fu afferrata da una mano; e mentre il volto ancora
viveva e singulti facevano balbettare le labbra,
e gli occhi sbarrati s'irrigidivano, conficcarono un'asta
faria nel capo che, quando ordinava la guerra, cacciava
la pace dal mondo; quel capo che animava le leggi, il Campo Marzio
e i rostri: di questo sembiante ti compiacevi, o Fortuna romana.
Non basta all'infame tiranno l'averlo veduto,
vuole che rimanga testimonianza del crimine. Con arte nefanda,
detersero la testa dai grumi di sangue, ne asportarono il cervello,
ne essiccarono la pelle, ne spremettero gli umori corrotti
e fecero solidificare la faccia con aspersioni di un succo."
 
Ecco, così vi lascio. Il resto a voi leggerlo...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 18 febbraio 2014

Una strana specie di lunimali - (Sesto episodio)

A tavola! – disse la mamma – le frittelle di zucchine sono pronte. Non facciamole freddare troppo.

- Mamma, posso portare il mio amico estronauta a tavola? Anche lui vuole assaggiare le frittelle. E mentre parlava guardava la mamma con i suoi occhioni grandi che minacciavano pianto in caso di risposta negativa.

- Solo se gli lavi le mani. Disse la mamma senza farsi commuovere. Il che voleva dire no, visto che si trattava di una sagoma di cartone di Giovanbattistamarialorenzo disegnata con i pennarelli e ritagliata dal nonno. Non poteva certo rischiare che si rovinasse.

- Ho capito. Gionzo, tu devi aspettare qui, sul divano. Più tardi ti porto una frittella. Disse con premura al suo nuovo balocco.

Giulia adorava le frittelle di zucchina da quando aveva saputo che il suo amico Gionzo le mangiava tutti i giorni e avrebbe fatto di tutto per avere le frittelle tutti i giorni anche lei ma la mamma diceva che una volta alla settimana andava più che bene.

Dopo le frittelle, come tutte le sere, arrivò il nonno con la sua nuova avventura.

- Buona sera piccola Giulia. Come sta il nostro amico estronauta? Chiese con interesse notando la sagoma di cartone posata sulla poltrona con un piattino da caffè e una frittella di zucchina sulle ginocchia.

- Mangia, era affamato! Rispose Giulia, facendo finta di sparecchiare la tavola.

- Ottimo. Oggi ho parlato con Gionzo e mi ha raccontato la sua ultima avventura, non immaginerai mai cosa gli sia capitato...

- Su, dai, cosa aspetti? Racconta - e mentre parlava spiccò un salto e si aggrappò al collo del nonno come una scimmietta alla mamma.

- Siediti qui, da brava, che inizia la storia. Ricorderai sicuramente che Gionzo da qualche giorno aveva un nuovo amico, il camaleone.

- Si si. Disse Giulia annuendo con la testa.

- Ebbene, devi sapere che il nostro nuovo amico, che si chiama...

- Ruggero! Urlò Giulia precedendo il nonno.

- Si, brava. Devi sapere che Ruggero conosce benissimo la luna e mentre parlava del più e del meno con Gionzo durante una passeggiata lunare, gli parlò anche della famiglia Numeri, una grande famiglia di lunimali caratteristici della regione lunare in cui si trovavano ma difficilissimi da vedere.

- Perchè? Chi sono questi Numeri? Non sono pericolosi vero? Disse Giulia sempre un po' preoccupata quando si parlava di lunimali.

- I Numeri sono degli animali lunari molto molto particolari. Vivono in grosse famiglie fatte di cinquanta o cento elementi. Difficilissimi da vedere.

- Quanti sono cinquanta nonno? Sono così? E mostro la manina aperta ad indicare cinque.

- E no, principessina, molti di più! Per arrivare a cinquanta devi mettere assieme le tue mani, le mie, quelle di Gionzo, quelle della tua mamma e del tuo papà.

- Allora sono veramente tantissimissime! Disse Giulia aprendo le braccia come per abbracciare il mondo! Ma perché sono così difficili da vedere i Numeri?

- Perchè quando sentono che qualcuno si avvicina si mettono di fianco e siccome sono sottilissimi, per vederli occorre far finta di niente, passare in mezzo a loro e poi girarsi di fianco a sorpresa. Questo è l'unico modo.

- Sono sicura che Gionzo ci riuscirà. Disse la piccola Giulia che ormai conosceva benissimo le capacità del suo amico estronauta.

- Ne sono convinto anche io. Dicevamo dunque che il più anziano della famiglia si chiama Zero ed è un tipino tondo tondo, con due braccia esili e un naso a punta che sembra pinocchio, la moglie di Zero si chiama Uno ed è una distinta signora, molto più alta del marito e anche lei con un lungo naso, tanto lungo che quando piove il marito Zero si mette sotto per ripararsi! Giulia intanto guardava il nonno e rideva.

- Zero e Uno avevano nove figli, il più grande si chiamava Dieci ed era tutto i suoi genitori, un tipino molto particolare, precisino e molto intelligente. Poi era arrivata la prima femminuccia e l'avevano chiamata Nove, che però era l'esatto opposto del fratello maggiore. Disordinata e capricciosa. Poi erano arrivati tre gemelli che si chiamavano Otto, Sette e Sei. Anche se erano gemelli non si assomigliavano molto. Otto era un Numero tutto d'un pezzo, grande, grosso e anche rotondetto. Sette invece era tutto spigoli ed era impossibile dividerlo dai fratelli. L'unica che aveva un qualche ascendente su di lui era la mamma, Uno. Sei invece era calma e tranquilla e passava le sue giornate sulla sedia a dondolo. Cinque arrivò alcuni giorni dopo. Per certi versi era spigoloso come Sette ma era il fratello prediletto di Dieci e lo seguiva dappertutto.

Quattro era il peggiore di tutti. Non stava fermo un attimo e andava a sbattere dovunque. Tre era una Numerina bellissima, appariva perfetta e tutti le volevano bene anche quando combinava qualche marachella. Due invece era il più piccolino, quasi non si vedeva e se i fratelli combinavano qualcosa di solito la colpa veniva data a lui, tanto era il più piccolo e i genitori non gli facevano mai niente.

Mentre il nonno descriveva questa famiglia di lunimali, Giulia contava con le dita delle mani, cercando di seguire quello che diceva il nonno.

- Sai nonno, sono un po' confusa. Chi era il Numerino più spigoloso, Sette o Quattro? Chiese Giulia ridendo rumorosamente.

- Facciamo così – rispose il nonno – ora ti disegno tutta la famiglia così te li ricorderai meglio. E preso un foglio e alcuni pennarelli, disegnò tutta la famiglia che divenne subito parte dell'arredamento della cameretta di Giulia.




 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 febbraio 2014

L'estronauta e il camaleone - Quinto episodio

Quella sera Giulia era stanca. Aveva vissuto tante emozioni al suo primo saggio di danza e mentre tornava a casa le si chiudevano gli occhi. Il nonno la teneva sulle gambe sul sedile posteriore della macchina.

-Sei stanca piccina? Chiudi gli occhietti e cerca di dormire, poi starai meglio. Io starò vicino a te.

-Sono proprio stanca - disse Giulia al nonno – ma non potrei mai addormentarmi senza aver dato la buonanotte al mio amico Giovanbattistamarialorenzo. Perché non mi racconti una storia? Oggi starò zitta zitta.

-Come vuoi, in effetti le avventure del nostro amico estronauta sono proprio appassionanti, quando me le racconta per telefono sono sempre in ansia.

Giulia guardava il nonno incredula, pensando che la stesse prendendo in giro. Ma proprio in quell'istante, non ci crederete mai, il nonno ricevette una telefonata dal suo amico estronauta che gli chiedeva un consiglio su uno dei più strani e misteriosi esseri che si fossero mai visti sulla Luna: il camaleone!

-Ciao – lo salutò come si fa tra amici – cosa vuoi sapere? Come sarebbe a dire tutto. Capisco, tutto ciò che serve sapere sul camaleone – disse il nonno e cominciò a descrivere il camaleone come può fare solo chi lo conosce bene.

-Il camaleone è una specie di camaleonte che a differenza del suo simile terrestre è molto pericoloso per l'uomo, in particolare per gli esploratori.

-Ma nonno – lo interruppe Giulia – come può essere pericoloso un camaleonte! E intanto rideva e si agitava sulle gambe del nonno.

-Eppure ti garantisco che è proprio così - rispose il nonno distogliendo lo sguardo per non far vedere che anche lui rideva –devi sapere che nel corso delle prime esplorazioni lunari diversi astronauti sono stati ricoverati per lo spavento dovuto all'incontro con il camaleone! Il camaleone è un animale subdolo e...

-Nonno, nonno, cosa significa animale subolodo?

-Si dice subdolo e significa che è un animale che– e fece una pausa per cercare la parola più adatta – che imbroglia, ecco, è un ingannatore. Il camaleone si nasconde dovunque, cambiando il colore della sua pelle e nessuno riesce a vederlo fino a che è troppo tardi, allora attacca le sue prede con la sua grossae lunga lingua appiccicosa. Si nutre di insetti e piccoli animali ma quando è spaventato, magari perché un astronauta si trova nel suo territorio di caccia, lo coglie di sorpresa lanciando alle sue spalle un ruggito più potente di quello dei leoni. Il povero astronauta di solito scappa a gambe levate o muore di spavento.

-E' terribile!DisseGiuliastringendosi le guance tralemani.- Comepotràsopravvivere ilnostroamico Gionzo? Nonno, tu puoi aiutarlo vero?Dimmi che lo farai...

-Non saprei. Io possosolo dirgli di fare molta attenzione.

Nel mentre l'estronauta aveva ascoltato tuttoed era molto preoccupato. Come poteva combattere un pericolo così subdolo comequello del camaleone?

Pensachetiripensa, gli venneinmente chese avesseindossatounpaio di cuffie seppurefosse capitato nel territorio di uncamaleone non si sarebbe spaventato. Però, pensandoci bene, seavesse indossatole cuffie non avrebbe sentitopiù alcun rumore e la cosa potevaessere pericolosa, cisonotantialtri lunimali(così sichiamanocorrettamenteglianimalidellaluna) pericolosi.Allorasi sedette per terra,con le gambe incrociateed indossò il suo nuovo casco potenziante,sperando gli venisse in mente qualche buona ideaedecco,inlontananza, apparirela soluzione. La mente dell'estronauta la inseguì e la catturò...

-Nonno,nonho capitoche cosa inseguìil nostroestronauta.

-Volevo dire che il nostroamico Giovanbattistamarialorenzo trovòuna soluzione al problema del camaleone. Decise infatti di costruire unbel paio di cuffieantiruggito che eliminassero solo i rumori che sembravano dei ruggiti e lasciassero passare tutti gli altri rumori. E devi sapere,mia cara, che le cuffie antiruggito erano anchemolto comode e riparavano le orecchie dalfreddo della sera lunare.

-Bravissimo! Lo sapevo che col casco potenziante avrebbe trovato una soluzione. Glielo stavo per dire anche io di fare così! Disse Giulia molto soddisfatta di se stessa.

-Dunque, dicevo che il nostro amico estronauta, quando si rese conto di essere entrato nel territorio di un terribile camaleone lunare indossò subito le cuffie antiruggito e senza preoccuparsi di essere assalito alle spalle esplorò tutto il territorio. Il camaleone, si trattava di un grosso esemplare, lo inseguì con i suoi occhi multicolore e quando fu alle sue spalle, lanciò un ruggito che avrebbe steso un elefante ma con sua enorme sorpresa non accadde niente. Il nostro estronauta non si accorse di niente.

-Perfetto! - disse Giulia tutta eccitata – lo sapevo che le cuffie avrebbero funzionato contro questo sudobolo lunimale!

-Si dice subdolo – la corresse il nonno. Adesso era il camaleone ad essere nei guai, infatti Gionzo aveva notato delle piccole tracce impresse sulla polvere lunare e cominciò a seguirle pensando che forse sarebbe riuscito a vedere il camaleone.

Ma il camaleone, ripresosi dallo stupore, non si diede per vinto e tese un'altro agguato all'estronauta. Questa volta si avvicinò di più e quando era giunto alle sue spalle lanciò un secondo e un terzo ruggito, ancora più potenti del primo!

-E cosa è successo? Dai nonno, racconta – lo interruppe Giulia visibilmente preoccupata per il suo amico!

-Assolutamenteniente!L'esploratore aveva sentitocomeuna specie di ronziomaniente di più. Lecuffiefunzionavanoallaperfezione. Il povero camaleone era disperato, decise di rischiare il tutto per tutto e si parò davanti al nostro amico rendendosi visibile e, aprendo la bocca come di più non poteva, lanciò il suo quarto e più potente ruggito che avesse mai emesso ma Gionzo, estratto velocemente il suo retino per farfalucciole, lo catturò in un istante.

-Povero camaleone - disse Giulia singhiozzando – che fine farà adesso? Lo metteranno in una gabbia stretta stretta? E i suoi piccoli camaleoncini moriranno di fame? Nonno, non puoi chiedere a Gionzo di liberarlo? Vedrai che d'ora in poi si comporterà bene – e mentre parlava continuava a singhiozzare.

-Stai tranquilla Giulia – disse il nonno in tono rassicurante – il camaleone non aveva figli ma il nostro amico Giovanbattistamarialorenzo pensò esattamente le stesse cose e decise di parlare con il camaleone per spiegargli che se voleva tornare libero, da quel momento in poi avrebbe dovuto comportarsi bene.

Il camaleone accettò di buon grado la sconfitta e divenne un buon amico di Gionzo. Da quel momento i due furono inseparabili e il camaleone,che per la cronaca si chiamava Ruggero,lo seguì ovunque e lo aiutò nelle esplorazioni lunari.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO