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sabato 18 luglio 2015

La vita di Sir Alexander Fleming, di André Maurois

Alexander Fleming, Sir Fleming, nacque a Lochfield, in Scozia, il 6 agosto 1881. La sua vita da ragazzo lo vede vivere la vita di campagna, ma da subito da prova delle sue grandi doti di osservazione. Si fermava ad osservare qualunque cosa e cercava di carpirne i segreti. Era appassionato di sport e di tiro. Coi fratelli inventava giochi istruttivi e si vinceva sempre un premio, e lui vinceva sempre...

Ma ora facciamo un salto in avanti.

Alla fine del libro mi sembra di poter dire che la cosa che più mi ha colpito, e che sembra aver colpito lo stesso Fleming, sia il fatto che la sua vita sia stata guidata sempre da casi e coincidenze!
Questo è il primo argomento da tenere a mente.
Lo stesso Fleming, ormai famoso e osannato, nei suoi discorsi pubblici faceva notare quanto il caso e le coincidenze avessero fatto per lui e per la scienza.
Per un caso entrò come studente al Saint Mary's, perchè c'era una buona squadra di nuoto. Era inoltre appartenente alla compagnia H dei London Scottish e in quanto tale partecipava regolarmente alle marce di addestramento e alle gare di tiro. Per la sua abilità nel tiro fu scelto per entrare a lavorare nel laboratorio di inoculazione e così conobbe Almroth Wright, che divenne il suo maestro.
La storia di Fleming è la storia di una vita dedicata alla scoperta di fenomeni sconosciuti, è la storia del caso che un giorno portò una spora all'interno di un piccolo laboratorio, è la storia di un uomo che trovata una delle sue colture rovinata dalla muffa, si ferma, osserva e capisce che quella muffa un giorno sarà un potente farmaco, la penicillina.

Il secondo argomento importante per Fleming è la ricerca. 
Secondo Fleming le grandi scoperte derivano da intuizioni del singolo, solo poi entra la potenza del gioco di squadra e del gruppo di ricerca organizzato. Negli anni cercherà sempre di invitare i giovani ricercatori a ritagliarsi un poco di tempo per svolgere le loro ricerche, oltre al lavoro di equipe.
La ricerca personale è quella più produttiva, quella che ha a che fare con le passioni dell'uomo ricercatore, dello scienziato. quella che spinge oltre i propri limiti e conduce verso vette altrimenti inarrivabili. Solo la passione per la "propria" ricerca spinge il ricercatore a superare tutte le difficoltà, non sono i soldi e non è un bel laboratorio.
E' pur vero che la produzione della penicillina a bassi costi e in grandi quantità è dovuta alla ricerca di gruppi organizzati. Florey e Chain (e la fondazione Rockefeller!) misero in moto la macchina che permetterà ciò.

Fleming affronto due guerre ed in entrambe mise la sua esperienza a disposizione del mondo. Non era certo il tipo che si tirava indietro di fronte a nuove sfide o che seguiva pedissequamente la strada tracciata da altri, fu anche questo motivo che farà si che le sue esperienze sulle ferite di guerra fossero poi utili a tanti medici del fronte. Le ferite dovevano essere curate al meglio sul fronte, le parti sporche ed infette dovevano essere asportate per evitare che i batteri provocassero troppi danni, Il suo lavoro fu immenso anche nel campo della ricerca sulle vaccinazioni.
Fleming fu tra i primi a riconoscere alcune proprietà presenti in alcuni tessuti.
Il Lisozima, per esempio, è una sostanza antibatterica potentissima presente nelle lacrime ma anche nelle unghie come nel bianco dell'uovo. Il Lisozima è usato ancora oggi contro i batteri, come conservante e per trasformare il latte di mucca in latte materno!

Fleming fu uno dei pochi uomini che in vita raccolse gli onori che gli erano dovuti. Passò i suoi ultimi anni a fare conferenze (senza mai abbandonare però la ricerca), raccogliere benemerenze ma, soprattutto, ad essere osannato dalla popolazione che lo vedeva come il loro salvatore, ognuno infatti aveva un figlio, un parente od un amico salvato dalla penicillina.

Insomma, che altro occorre dire per invitarvi a leggere questo libro?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 luglio 2015

Descrizione della Sardegna secondo Franciscus Berlingerius (Geogr. Lib. III. Cap. 115)


Nel 1725 viene pubblicato un testo che riassumeva la storia della Sicilia, della Sardegna, della Corsica e delle altre principali isole loro limitrofe. Questo testo, scritto in lingua latina, di tanto in tanto riporta testi di altri autori, tra questi ve n'è uno molto particolare, in italiano antico, che qui sotto riproduco integralmente, sperando di non fare errori di trascrizione. Parla della Sardegna e vale la pensa leggerlo e perderci un po di tempo per capirlo. Più avanti ne farò anche una rilettura in italiano moderno.


"Mira Sardigna, e dal figliuol d'Alcide
Sardo fu detta, e prima era detta Hico
Poi Sandaliothe, e il che si vide.
Questo fu il nome suo al tempo antico,
Che dall'Orientale, e'l mar Tirreno,
Da Noto hà l'Africano o uvoi Libico.
Sardòo, e dell'Occaso, e dipoi il seno
Tra Cirno, e questa, e così si prescrive,
Vedi ora il lato Occidentale ameno.
Corditan cavò in prima, il qual quì vive
Detto Falone, e poi Tilio Cittade
Detta hora Argente in quelle amate rive.
Porto Nimpheo, poi di Conte il nomate,
Poi Large, poi il pormontorio Ecco Hermeo,
Marasso detto dalla nuova etade.
Temo poi fiume, e forse, e Pisaneo
Appresso à Bossa, e Caracode porto:
Tarre Città dipoi Ptolomeo.
In Arbor Provincia hor Thirso intorto
Fiume poi segue, e poi la Città Vesta,
Colonia Usele, e Città poi dicorto.
Fiume Sacro, indi Osca Città cotesta,
Sardopatoro, Tempio, quel fu detto
Neapoli hor si monstra, e manifesta.
Pachia estrema, e nel nostro conspetto;
Vedi hora il lato volto a mezzo giorno
Città Pupulo hà nome quel ricetto.
Poi Città Solci, e Solci porto interno
Detto Melfita, e Chersoneso pende
Boeja porto, su Cagliari formo.
Hercole Porto, questo litto prende, Nora Cittade, Cittade onde una Casa Spera
Poter molto à Firenze, ove hoggi splende.
Cuniocario cavo, e la riviera,
E litto Preche, e lato orientale,
Caralli estrema, e Città magna intera.
Questa fu posta d'Aristeo, il quale
Figliuol d'Apollo fù, il suo fin hebbe,
Sol da Tiberio Gracco esitiale.
Caralitano sen veder si debbe,
E Susalea Villa, e Sepro fiume
Sipicio Porto, questo mai sarebbe.
Agulliastro forse si presume,
E quello, e Cedro rivo, e Pheronìa
Città nota secondo il mio volume.
Philolao, Terranova, detta Olbia,
Fece il Porto Olbiano, e'l promontoro
Colimbario, et il cavo Artico poi sia.
Ellato Boreale, e dopò loro.
Dove Erebantio Acrone in pria si face
Poi Città Plubio, et intorno il territore.
Fuliola Città in su'l salo edace,
Tibula hà qui le pulitiche mura,
Torre Città di Bissone ivi giace.
Trà longo Sardo, e Sassari indi cura
Gli habitatori, e ciascuna sua gente
Degna, che sia più verso Cinosura.
E Tibulatii, e Corsii parimente
Sotto à lor Coracensii, et Cuncitani,
E poi Carensii successivamente.
Cunusitani, e sotto Sulcitani
Luquidonesii, e poi Esaronensii,
Cornesi sotto lor meridiani.
Detti Achilensii, e dopò son Rucensii
Sotto lor, Celsitani, et il terreno hanno
Gli altri son nominati Corpicensii.
Poi Scapitani e Siculesii stanno
Neapolite sotto à questi harai,
Et Valentini, e più verso Austro vanno.
E Solcitani, e Noritani homai
Mira, e da Philolao, e nominati,
Ch'è nopoti d'Alcide Philolai.
Perche habitanti quivi eron mandati
D'Alcide co' figlioli, et co'nipoti
Di Thespio, ne mai furon soggiogati.
Non da Romani, non da Libonoti
Cartaginesi, hora à tutti comanda
Casa Aragona, alla qual son devoti.
Hora infra terra ogni sua Città spanda
Degna di fama Sardo Isola molta
Ericino quell'altra si domanda.
Hereo, e l'altra, e poi Guruli ascolta
Guruli vecchia, e Macopsisa, e Bosa
In Turritana regione accolta.
Di sotto Menomeno monte posa
Saralapi in quel sito, e non inane
Guruli nuova ancor non ti sia ascosa.
Corno, e cotesto, e l'acque Lesitane,
E Lisa, e l'acque Hisitane hora mira,
E quelle altre acque Neapolitane.
Valeria, e Latta quale ò se ci tira,
E quell'altra, e Gisarde, et Ottavena,
E questa, e Fusta, che più alto aspira.
Gallatellina, e Civita, e Casirena.
Arborena, e Tirena, e Plonacensa,
Suella, e Solcitana, e Doliena.
All'Isole più degne intorno pensa
Linagra à Diebata, ad Asinara,
E questa è detta d'Ercole onde immensa.
Ninfea, e l'altra in mezzo all'onda amara
Ilua, questa è Fintonte, detta quella;
Quell'altra è Figo, e quell'altra Tolara.
Figo dalla età priscaHermea s'appella
Vedi Ficaria quella detta, e forse
Serpentaria hoggi dall'età novella.
Ma perchè troppo in Austro transcorse
Non ardisco affermare à lei appresso
Coltellazzo ove Sardo il monte torse.
E Molibode, qual è detta adesso
Palma di Sole, e l'Isola San Piero
Hieraco detta, hor vedere, e concesso.
E Vacca, e Toro, Scagli, che nel vero
Con altri molti, a cui parlarne lice
Si perde il tempo rapido, e leggiero."

A presto, per la traduzione, di cui in alcuni tratti si sente la necessità e sulla quale sto lavorando...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


domenica 5 luglio 2015

Ancora sul Codice perduto di Archimede

Dopo la breve recensione pubblicata ieri mi è sembrato d'obbligo aggiungere qualche notizia interessante per chi avesse voglia e tempo per approfondire. Il libro è infatti particolarmente interessante sia per un appassionato di storia antica sia per un appassionato di matematica.
Cominciamo dall'inizio: Niceta Coniate descrive il saccheggio di Costantinopoli e le devastazioni compiute nel 1204 dai crociati diretti a Gerusalemme. Nel corso del saccheggio moltissimi testi antichi andarono distrutti. Niceta racconta che i crociati non ebbero rispetto neppure per la chiesa di Santa Sofia.
I testi più famosi di Archimede sono:
- Metodo;
- Stomachion;
- Sui corpi galleggianti.
Si dice (A.N. Whitehead) che "la caratteristica generale più certa della tradizione filosofica europea è che essa consiste in una serie di postille a Platone", allo stesso modo si può dire della tradizione scientifica europea e di Archimede. Penso che gli autori (Netz e Noel) abbiano tutto sommato ragione. Occorre però non sottovalutare il fatto che le nostre conoscenze di quei tempi sono veramente molto scarse e che più si va indietro nel tempo e maggiori sono le difficoltà nel reperire testimonianze e testi scritti. Io penso che Archimede, come Platone, abbia portato la matematica del III secolo a..C. ad un livello altissimo, ma non sono convinto del fatto che prima di lui la cosa non sia già accaduta ma a noi non è giunta notizia. Penso insomma che scienza, matematica e conoscenza in genere siano molto più antiche di quanto si possa immaginare.
Ma andiamo avanti, giungiamo fino al XII secolo d.C. Un autore del tempo, Tzetzes, racconta una storia romanzata in cui è presente anche Archimede anziano. Afferma tra l'altro che Archimede morì all'età di 75 anni. Questo testo è conosciuto come il "libro di storie" o "Chiliades" e racconta tra l'altro la vicenda degli specchi ustori inventati da Archimede per distruggere le navi nemiche da lontano.
Questo è un libro che devo assolutamente leggere.

Ora vi lascio, buone riflessioni e buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


sabato 4 luglio 2015

Il codice perduto di Archimede, di Reviel Netz e William Noel

Da Siracusa a Baltimora... chi l'avrebbe mai detto!!!

Eppure è proprio così. Questo libro parla di una storia lunga duemila trecento anni. Parla della storia di un uomo, Archimede, della sua scienza, la matematica e la fisica, delle sue opere trasmesse fino ai nostri giorni da tanti uomini e di come, un gruppo di persone del nostro tempo sia riuscito a riportare alla luce parte dei testi di Archimede che si pensava fossero ormai scomparsi.
Questa storia si può far iniziare in un punto qualunque lungo questi ultimi 2.300 anni senza per questo perdere niente del suo fascino.
Gli autori del libro, Netz e Noel, hanno cominciato da un giovedì del 1998 (29 ottobre), presso la casa d'aste Christie's a New York, giorno in cui tra le tante cose vendute ve ne è una in particolare che un ignoto mister B si aggiudica alla favolosa (per noi comuni mortali!) cifra di 2.200.000 dollari. Si tratta di un palinsesto del 13° secolo d.C. terminato di scrivere dal presbitero Ioannes Myronas il 14 aprile 1229.
Devo ammettere la mia ignoranza, prima di leggere questo libro non sapevo cosa fosse di preciso un "palinsesto", non avevo neanche mai pensato che un codice in pergamena potesse essere riutilizzato e che ciò fosse di uso abbastanza comune in quanto la pergamena era una materia prima costosa.
Sta di fatto che l'oggetto pagato nel 1998 la bella cifra di 2.200.000 dollari altro non era che un palinsesto, ovvero un codice di preghiere scritte sopra pergamena riutilizzata, pergamena che precedentemente aveva custodito alcune parti delle opere più importanti di Archimede.
Netz e Noel, il primo docente di lettere classiche alla Stanford University e massimo esperto di matematica greca e delle opere di Archimede, il secondo direttore dello Special Collections Center e del Schoenberg Institute for Manuscript Studies della University of Pennsylvania, si alternano nel raccontare ognuno dal proprio punto di vista, la storia del recupero del codice.
Una storia avvincente in tutti i sensi che vede esperti di tutto il mondo, tra questi anche alcuni italiani, impegnati a recuperare i testi del grande matematico e che, nel corso della loro ricerca che prosegue ancor oggi, si sono dovuti ricrede sulle conoscenze matematiche di Archimede che ora può dirsi senza alcun dubbio un precursore del calcolo infinitesimale e del calcolo combinatorio, basi della nostra scienza matematica.
Un grazie agli autori e ai loro compagni di lavoro anche da parte mia per il merito di aver contribuito alla riscoperta di un così grande autore antico, Archimede!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

domenica 21 giugno 2015

Il segreto di Copernico, di Dava Sobel

L'astronomia mi ha appassionato da subito, sin da quando, da ragazzo, vedevo i documentari di Piero Angela. Il cosmo, i pianeti, le comete, avevano per me, ed hanno ancora oggi, una forza di attrazione enorme.

Così, nel 1989 all'esame di maturità parlai delle teorie geocentrica ed eliocentrica (non ricordo più il titolo del tema ma ricordo che riuscii ad inserire comunque Tolomeo e Copernico).
Da allora ho cercato di coltivare questa passione come possibile, col poco tempo a disposizione, soprattutto leggendo e mantenendomi informato (e prima o poi inizierò ad usare con costanza il telescopio acquistato qualche anno fa).
Come potevo ignorare la biografia di Copernico che durante l'ultima visita alla IBS mi è capitata tra le mani? Non potevo infatti!
L'autrice è Dava Sobel, giornalista e divulgatrice scientifica americana. 
Nel suo libro, non ho trovato solo la biografia di Copernico, uno dei miei miti, ma soprattutto la storia di un libro, il "De revolutionibus", scritto e pubblicato da Copernico con l'aiuto di Retico nel lontano 1543, anno in cui Copernico muore.
Il De revolutionibus vide la luce grazie alle insistenze di diversi personaggi vicini a Copernico, credo che il più importante sia stato il matematico Retico, che divenne allievo di Copernico e lo convinse prima e aiutò poi, a pubblicare la sua opera. 
Copernico aveva infatti delle remore, pensava infatti, e non a torto, che "far muovere la terra attorno al Sole" avrebbe sollevato grosse critiche da parte di persone che di astronomia non capivano niente ma che dovevano difendere la verità dei testi sacri.
In effetti Copernico aveva ragione, la successiva storia di Giordano Bruno e Galileo ce lo dimostra.
Prima di Copernico altri pensatori avevano ipotizzato che il sole fosse il centro del sistema ma erano restati inascoltati. Il sistema tolemaico aveva preso piede e, nonostante le sue imprecisioni, era alla base dei calendari del mondo.
Il libro è ricco di curiosità sulla Polonia del 1500, sugli astronomi e matematici, sull'uso di fare l'oroscopo dei grandi del mondo, sulla chiesa del tempo e l'amministrazione del territorio, curiosità che di per se stesse sarebbero sufficienti a spingerci alla lettura. Eppure l'autrice riserva al lettore una ulteriore piacevole sorpresa, nella seconda parte infatti ci presenta un dramma in due atti, il personaggio principale è Copernico, circondato da Retico, la governante (e compagna) di Copernico, Anna... e altri. Un dramma che ci permette di avvicinarci alla figura di Copernico vivendo con lui gli ultimi anni della sua vita.
Copernico  ebbe il merito di riaprire una strada appena tracciata, altri (primo fra tutti Retico) lo seguirono. Grazie a loro oggi possiamo dire di conoscere meglio l'universo che ci circonda.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

sabato 13 giugno 2015

La teoria del tutto, di Stephen W. Hawking

Anni fa avevo letto diversi lavori di Stephen Hawking.

La ricerca della teoria del tutto e dell'origine dell'universo mi ha sempre appassionato anche se devo dire che non sempre, da profano, capisco le intricate teorie con le quali a partire da una formula matematica si arriva ad ipotizzare l'esistenza di strutture complesse. Se devo dire tutta la verità io prediligo le cose semplici.

Ma torniamo al libro e al suo autore.
Stephen Hawking è un fisico e matematico britannico, famoso soprattutto per i suoi studi di astrofisica e dei buchi neri in particolare. Nella sua lunga carriera ha raccolto tantissimi riconoscimenti e, nel suo libro dice spesso: "quando i buchi neri saranno individuati io vincerò il Nobel". Il nobel ancora non è tra i suoi riconoscimenti eppure di buchi neri se ne parla dappertutto!
Il libro è interessante, organizzato su sette "lezioni" di difficoltà crescente che seguono la storia delle principali teorie che trattano l'universo.
Nella prima lezione dal titolo "Idee sull'universo" l'autore compie un veloce excursus storico di queste teorie, partendo dal De Caelo di Aristotele, passando per Tolomeo, Copernico, Galileo, Keplero, Newton, Bentley, Olbers e Hubble con la scoperta del Red Shift.
La seconda lezione. l'universo in espansione, ci espone le teorie successive alla scoperta del fenomeno del red shift con i problemi che questo fenomeno pone alla comunità scientifica. L'universo è finito o infinito? Vengono inoltre spiegati i modelli di Fridman e si parla del big bang.
Nella terza lezione l'autore affronta il suo cavallo di battaglia: i buchi neri. Ipotetiche strutture stellari citate per la prima volta nel 1783 dal professor John Michell che suggerì ad un collega che la velocità di fuga da una stella potrebbe essere addirittura superiore alla velocità della luce che, tradotto per tutti significa che la luce di una stella molto massiccia potrebbe non riuscire ad allontanarsi dalla sua superficie  e dunque dove dovrebbe esserci un corpo massiccio luminosissimo non si vede assolutamente niente.  
Il quarto capitolo racconta del fatto che se è vero che la luce non riesce ad allontanarsi dalla superficie della stella, alcuni tipi di radiazioni sembra che lo possano fare. Questo perché sono stati individuati diversi oggetti chiamati quasar (quasi stelle) che emettono grandi quantità di radiazioni. Naturalmente gli astrofisici hanno cercato, e cercano tuttora, di trovare spiegazioni usando le teorie a loro disposizione e cercando di combinarle o farle evolvere per spiegare fenomeni rilevati ma ancora non perfettamente compresi.
Le ultime tre lezioni vanno nella direzione di cercare di includere tutti i fenomeni registrati in una teoria del tutto che possa ciò spiegare tutto.

La mia sensazione è che la fisica, anno dopo anno, si annodi su se stessa, come fanno le "dimensioni invisibili" di cui si parla nelle teorie degli ultimi capitoli (super stringhe, multiversi ecc...) Costruzioni matematiche e filosofiche complesse, costruite su basi che definire labili non da la giusta idea della situazione. Come si può utilizzare una teoria (non dimostrata) per costruire altre teorie, fino ad arrivare a teorie unificate complete (solo dal punto di vista matematico) che probabilmente non potranno essere mai dimostrate? 
Che senso ha cercare di capire se l'universo, nei primi istanti di vita, sia stato caldo, più caldo o caldissimo?
Ancora non  si ha la certezza dell'esistenza dei buchi neri ma si utilizzano per costruire altre teorie come se sapessimo di cosa si tratta e come si comportano, come se sul tavolo della nostra cucina o nel nostro ripostiglio si trovasse una scatola di buchi neri, nane bianche e stelle di protoni, perfettamente classificati!
Per concludere, continuerò a seguire gli sviluppi futuri, ma con un pizzico di scetticismo in più!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 2 giugno 2015

Civiltà sepolte, di C.W.Ceram

Sottotitolo: Il romanzo dell'archeologia.

Sono sardo, e in quanto tale non posso non essere appassionato di archeologia, non fosse altro per le stupende, silenziose, vestigia nuragiche che ricoprono la sardegna di antiche costruzioni. 
Cercare di capire il passato della mia isola mi ha sempre affascinato e questo è il motivo principale per cui, quando ho tempo, approfondisco le mie conoscenze di archeologia.

Civiltà sepolte non è certo un testo universitario, ma è uno dei testi più famosi di divulgazione scientifica sull'argomento.

Ma cominciamo con ordine: chi è l'autore, C.W. Ceram?

Ceram non esiste! O, per meglio dire è l'acronimo di (Kurt Wilhelm) Marek.

Kurt Wilhelm Marek, giornalista e scrittore tedesco, nacque a Berlino nel 1915. 
Giornalista e di facile penna, durante la seconda guerra mondiale lavorò come propagandista del III Reich. Fatto prigioniero durante la guerra in Italia, a Monte Cassino, impiegò il tempo passato in carcere leggendo tutto ciò che aveva a disposizione, in particolare riviste di archeologia e relazioni di scavi.
Al suo ritorno in Germania, dopo la guerra, decise di mettere a frutto le sue letture e nacque così, nel 1949, Gotter, Graber und Gelehrte, autofinanziato. Il libro ebbe subito un enorme successo perchè, per la prima volta, presentava sotto forma divulgativa l'archeologia al pubblico.
Pubblicato in Italia nel 1952 col titolo Civiltà sepolte, ebbe anche qui grande successo.
Sulla sua scia, altri autori cominciarono a scrivere testi divulgativi di grande successo, ma questa è un'altra storia!

Ceram, presenta al pubblico, in forma divulgativa, le scoperte e gli uomini che ne furono protagonisti.
Studiosi di lingue antiche, appassionati, spedizioni militari in Egitto, mummie, ladri di reperti, improvvisati archeologi fortunati e studiosi da tavolino diventano tutti personaggi di quel grande romanzo che è la storia antica.

Le civiltà conosciute grazie ad Omero diventano realtà per merito di Schliemann, Champollion, genio linguistico, ci porta all'interno dell'Egitto dei geroglifici, Un giovane assistente della Scuola di Stato di Gottingen, Georg Friedrich Grotefend, per scommessa, decifra la scrittura cuneiforme...

Questo e tanto altro Marek/Ceram ci presenta nel suo libro, Antiche Civiltà.
  
Buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO