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martedì 22 febbraio 2011

A Milis, Isola o mito?

Cari amici e lettori,
ho ricevuto l'invito di Sergio Frau a visitare la mostra a Palazzo Boyl di Milis.
L'invito è esteso a tutti!

Partecipate numerosi...

"E’ con piacere che con la presente si invita a visitare la mostra a Palazzo Boyl di Milis:

ISOLA MITO?
PREGUNTAS: la Sardegna domanda…
BERIDADE: …la Geologia risponde!

in occasione dell’incontro “Interrogare la terra…” che si svolgerà nello storico palazzo di Milis domenica 27 febbraio 2011 (dalle ore 10 alle 13), e che vedrà la partecipazione di geologi, geofisici, storici del territorio di ritorno da una perlustrazione nell’Isola.

L’esposizione di carattere essenzialmente archeologico-geologico, insieme a carte tematiche sui suoli della Sardegna, documenta decine e decine di nuraghi coperti dal fango (nuraghi situati nel Sinis e nel Medio Campidano) fotografati dal cielo da Francesco Cubeddu con il suo paramotore.

Scopo della mostra e dell’incontro?

Cercare – e ottenere – suggerimenti e risposte specialistiche sulla prima storia della Sardegna e sul mistero della crisi che la interruppe, interrogando la sua terra attraverso l’analisi dei suoli e lo studio dei suoi paesaggi così enigmatici.

Cordiali saluti.
Francesco Cubeddu, Sergio Frau, Giovanni Manca.
***
P.s. L’incontro del 27 è aperto a tutti. La mostra è visitabile il sabato pomeriggio e la domenica.

Spero che la mostra incontro possa aiutare a capire quale sia la vera storia della nostra amata Isola.
Buon Lavoro a tutti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 20 febbraio 2011

Ben Harvey e il caso White

Nel 1842 una giovane coppia di sposi, Mary Wells e John White, si trasferirono in un piccolo paesino a poche decine di miglia da Londra. John trovò un lavoro al comune del piccolo paese, Mary invece faceva la casalinga e dopo un anno ebbero un figlio, Mark. La famiglia White si guadagnò una buona reputazione in paese e tutti li ritenevano gente onesta e lavoratrice. 
I fatti che stanno per essere narrati si svolgono quindici anni dopo l'arrivo degli White in paese.
La notte del 26 novembre 1857 infatti accadde qualcosa che il giorno dopo avrebbe sconvolto gli abitanti del piccolo paese. La mattina del 27 novembre il signor White uscendo presto da casa per andare al lavoro trovò davanti a casa sua, riverso a faccia in giù, il corpo di un uomo, con un foro in testa, provocato da un proiettile e con una pistola in mano. Fu subito chiamata la polizia che non trovò documenti addosso al cadavere che potessero indicare la sua identità. Il proiettile che l'aveva ucciso era stato sparato con la pistola che aveva in mano e si pensò ad un suicidio. 
Ma perché si sarebbe dovuto togliere la vita proprio in mezzo alla strada? 
La polizia brancolava nel buio e per questo venne chiamato un investigatore da Londra, il signor Ben Harvey, un investigatore non molto famoso ma molto abile e sveglio. Ben, dopo un breve viaggio in treno arrivò in paese e perquisì le case degli White e dei loro vicini. Ben trovò gli White molto turbati dalla vicenda ma soprattutto la signora White sembrava molto preoccupata per quello che era successo. I vicini di casa degli White non potevano aver sentito lo sparo perché una famiglia era andata a trovare dei parenti fuori città ed era rientrata quel pomeriggio, gli altri vicini erano distanti più di un centinaio di metri dalla casa degli White, perché tra le due case si trovavano un piccolo parco ed una casa abbandonata. L'unico mistero era il perché gli White non avessero sentito lo sparo.
Ben aveva già le idee abbastanza chiare. Probabilmente non si era trattato di suicidio. L'uomo era stato ucciso in un altro posto e poi trasportato davanti alla casa degli White, come per avvertirli di qualcosa.
Questa teoria era supportata dal fatto che le suole delle scarpe erano in parte graffiate, come se per un breve tratto il corpo fosse stato trascinato.
L'assassino doveva essere uno solo perché se fossero stati in due l'altro l'avrebbe sollevato per le gambe e le suole non si sarebbero rovinate. Ben si mise subito ad indagare sul passato dei signori White.
John aveva vissuto ad Edimburgo prima di incontrare Mary ed aveva lavorato come direttore di una piccola fabbrica che produceva attrezzi agricoli in ferro mentre la signora Mary aveva lavorato a Londra, in banca, ma si era licenziata quando aveva conosciuto John e si erano sposati.
 Facendo ricerche più accurate Ben scoprì che la banca poco tempo prima del licenziamento di Mary era stata svaligiata ed erano stati accusati due uomini, uno dei quali ebbe una pena più mite perché aiutò la polizia a smascherare il suo complice. Ben riuscì a trovare una foto dell'uomo che anche se appariva molto più giovane era proprio l'uomo trovato ucciso davanti alla casa degli White. 
Ben riuscì a collegare tutto.
Molto probabilmente la signora Mary Wells centrava qualcosa in tutta questa storia. Ben scoprì anche che l'uomo accusato del furto alla banca, Peter Jackson, era stato rilasciato circa un mese prima dell'omicidio. Ben aveva intuito la verità ma siccome era all'oscuro di alcuni dettagli, decise di adottare una tattica che con un po' di fortuna avrebbe potuto funzionare. Finse di essere a conoscenza di ciò che era accaduto quando Mary viveva a Londra. Fortunatamente la tattica funzionò, la signora Mary stette per un po immobile, a scrutare la campagna al di fuori della finestra, come se fosse indecisa se credere o no alle parole di Ben, poi scoppiò in pianto. Ben riuscì a capire dalle sue parole, scosse dal singhiozzo, che lei e Peter erano stati assieme e che avevano progettato tutto ma poi lei si era pentita delle sue azioni ed aveva deciso di andarsene, in seguito anche l'altro complice, che si chiamava Abraham Sand, si era pentito ed aveva aiutato la polizia in vece di scappare come fece Mary e questo gli costò caro visto la fine che fece. La sera dopo la polizia si accostò dentro casa e nel parco adiacente e aspettò che arrivasse Peter Jackson per finire di compiere la propria vendetta contro coloro che l'avevano tradito ed erano scappati invece di proteggerlo.
Peter comparve due sere dopo e fu catturato dalla polizia. Adesso lui è di nuovo in carcere insieme alla signora Mary Wells che, anche se pentita, aveva partecipato al furto.

Fry

Giovambattista Ramusio e il Periplo di ANNONE

Giovambattista Ramusio
Il Periplo di Annone é uno dei racconti che mi hanno sempre incuriosito.
Durante le mie letture mi é capitato di incontrarlo varie volte e mi sono sempre ripromesso di cercare il testo per leggerlo. Nonostante le mie ricerche nelle varie biblioteche e librerie che frequento solitamente non ho mai trovato niente. Così ieri, dopo aver incontrato ancora una volta il riferimento ad Annone in un altro testo, mi son messo di buona lena ed ho cercato il testo su google books. Ecco dunque che salta fuori un testo di Giovambattista Ramusio, veneziano. Nato nel 1485 a Trevigi (credo l'attuale Treviso) già nel 1533 era segretario del Consiglio de' Dieci. Viaggiò molto e svolse incarichi di fiducia per Venezia. Studiò greco, latino, francese, Portoghese e spagnolo. Morì a Padova nel 1557. Sono convinto che Ramusio meriti più di queste poche righe ma ognuno di voi lettori ha ora l'opportunità, se vuole, di approfondire da sé! 
Ciò che a me interessa riguarda Annone e il suo periplo per cui lasciamo ogni indugio e vediamo cosa ci resta di questo testo vecchio di 2500 anni.
I Cartaginesi decisero che Annone dovesse navigare fuori dalle Colonne d'Ercole ed edificare delle città libifenicie: egli navigò con sessanta navi penticontori, cioè con cinquanta remi, conducendo con se una gran moltitudine di uomini e donne, 30.000, con vettovaglie e ogni altra cosa potesse essere utile. Dopo questa introduzione inizia il racconto vero e proprio, attribuito ad Annone:  
"Giunti alle Colonne, le passammo; e avendo navigato di fuori per due giornate, edificammo la prima città, nominandola Timiaterio: intorno della quale era una grandissima pianura. Dipoi, volgendoci verso ponente, giugnemmo ad un promontorio dell'Affrica, detto Soloente, tutto pieno di boschi: e avendo quivi edificato un tempio a Nettunno, di nuovo navigammo mezza giornata verso levante, finché arrivammo ad una palude che giace non molto lontano dal mare, ripiena di lunghe e grosse canne; eranvi dentro elefanti e molta copia d'altri animali che andavano pascendo. Poiché avemmo trapassata la detta palude quanto saria il navigar d'una giornata, edificammo alcune città nella marina, per proprio nome chiamandole Muro, Carico, Gitta, Acra, Melitta e Arambe. E essendoci partiti di là, venimmo al gran fiume Lisso, che discende dall'Affrica: appresso il quale stavano a pascere i loro animali alcuni uomini pastori, detti Lissiti, co'quali dimorammo insinoattantochè si dimesticarono connesso noi. Nella parte a loro di sopra abitavano i Negri che non vogliono commercio con alcuno: e il lor paese è molto salvatico, e pieno di fiere; ed è circondato da monti altissimi, dai quali dicono discendere il fiume Lisso, e intorno a'monti abitarvi uomini di varie forme, che ànno i loro alberghi nelle grotte e nel correre sono più veloci dei cavalli, secondochè dicevano i Lissiti: dai quali avendo noi tolto alcuni interpreti, navigammo presso di una costa deserta, verso mezzogiorno per due giornate. e di là poi di nuovo volgemmo una giornata verso levante, dove nell'intima parte del golfo trovammo una ìsola piccola che di circuito era cinque stadj, la qual facemmo abitare, nominandola Cerne: e per lo spazio della navigazione fatta giudicavamo che l'isola fosse a diritto di Cartagine; perciocchè ne pareva simile la navigazione da Cartagine insino alle Colonne, e dalle Colonne insino a Cerne. Dalla quale partendoci, e navigando per un gran fiume chiamato Crete, arrivammo ad una palude che aveva tre ìsole, maggiori di Cerne. dalle quali avendo navigato per ispazio d'un giorno, arrivammo nell'ultima parte della palude, di sopra la quale si vedevano montagne altissime che le soprastavano: dove erano uomini salvatichi, vestiti di pelli di fiere, i quali tirando delle pietre ci discacciavano, vietandoci di smontare in terra. Dipoi navigando via di là, venimmo in un altro fiume grande e largo, pieno di coccodrilli e di cavallimarini: di qui volgendoci poi di là per dodici giornate verso mezzogiorno, non ci allontanando troppo dalla costa: la qual tutta era abitata dai Negri, che, senza punto aspettarci, da noi si fuggivano; e parlavano di maniera che nè anche i Lissiti che erano conesso noi, gl'intendevano. L'ultimo giorno arrivammo ad alcuni monti pieni di grandissimi arbori, i legni dei quali erano odoriferi e di varj colori. Avendo noi adunque navigato per due giorni presso di questi monti, ci trovammo in una profondissima voragine di mare: da un lato del quale, verso terra, vi era una pianura dove la notte vedemmo fuochi accesi d'ogn'intorno, distante l'uno dall'altro alcuni più, alcuni meno. Quivi avendo fatto acqua navigammo presso di terra più avanti cinque giornata; tantochè giugnemmo in un gran golfo, il quale gl'interpreti ci dissero che si chiamava il Corno di Espero. In questo vi era una grande isola, e nell'isola una palude che pareva un mare, e in questa vi era un'altra isola: nella quale essendo noi dismontati, non vedevamo di giorno altro che boschi; ma di notte, molti fuochi accessi; e udivamo voci di pifferi, e strepiti, e suoni di cembali e di timpani, e oltreaddiciò infiniti gridi: di che noi avemmo grandissimo spavento; e i nostri indovini ci comandarono che dovessimo abbandonar l'isola. Onde velocissimamente navigando, passammo presso di una costa di odori, dalla quale alcuni rivi infocati sboccavano in mare; e nella terra, per l'ardente caldezza non si poteva camminare. Perlaqualcosa, spaventati, subitamente facemmo vela: e in alto mare trascorsi lunge per ispazio di quattro giornate, vedevamo, di notte, la terra piena di fiamme; e nel mezzo, un fuoco altissimo, maggiore di tutti gli altri, il qual pareva che toccasse le stelle: ma questo poi di giorno si vedeva che era un monte altissimo, chiamato Teonochema, cioé Carro degli Dei. Ma avendo poi per tre giornate navigato presso dei rivi infocati, giugnemmo in un golfo che si chiamava Notucema, cioè Corno di Ostro: nella intima parte del quale vi era una isola simile alla prima, che aveva una palude; e in essa vi era un'altra isola piena di uomini salvatichi, e le femmine erano assai più: le quali avevano i corpi tutti pilosi, e dagl'interpreti nostri erano chiamate Gorgoni. Noi avendo perseguitato degli uomini, non ne potemmo prender niuno; perciocchè tutti fuggiron via in alcuni precipizj e con le pietre facevano difesa: ma delle femmine ne pigliammo tre, le quali mordendo e graffiando quei che le menavano, non gli volevano seguitare: onde essi avendole ammazzate, le scorticammo, e le pelli portammo a Cartagine; perciocchè, essendoci mancate le vettovaglie non navigammo più innanzi.

Sarebbe interessante ricostruire su una carta geografica questo fantastico viaggio... chissà, magari un giorno lo farò, per ora questo è tutto!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

sabato 19 febbraio 2011

Ammiano Marcellino e i geroglifici dell'obelisco di San Giovanni Laterano


Storie, di Ammiano Marcellino, é una fonte inesauribile di curiosità... peccato che non si possa più disporre dell'intera opera.
Oggi vi propongo un passo di sicuro interesse per tutti coloro che amano l'Egitto, i geroglifici e la storia antica.
Il passo è tratto dal libro XVII, 4 e parla degli obelischi che dall'Egitto sono stati portati via per abbellire altre città, tra queste Roma.
Ammiano ci racconta che uno di questi immensi obelischi fu trasportato a Roma e poi innalzato nel Circo Massimo. Di questo obelisco, oggi a fianco di San Giovanni in Laterano, Ammiano riporta la traduzione in greco secondo l'interpretazione di Ermapione.
Così ho pensato che questa interpretazione, seppure da alcuni considerata imprecisa, per la sua antichità meriti di essere condivisa.

Lato sud:
Riga prima:
Il sole dice al re Ramestes: ho concesso a te, che sei amato dal Sole, di regnare con gioia su tutto il mondo abitato. Apollo potente ed amante della verità, figlio di Erone, divino creatore dell'universo, che il Sole scelse, il re Ramestes, valoroso figlio di Ares, a cui è sottoposta tutta la terra grazie al suo valore ed alla sua audacia. Il re Ramestes figlio del Sole, dall'eterna vita.
Riga seconda:
Apollo potente, il quale si erge sulla verità, signore del diadema, che tutti considerano padrone dell'Egitto, il quale ha reso splendida Eliopoli, ed ha creato il resto dell'universo e che ha molto onoratogli dei collocati in Eliopoli, che il Sole ama.
Riga terza:
Apollo potente, figlio splendente del Sole, che il sole scelse ed Ares valoroso fornì di doni. I suoi beni durano in ogni tempo ed Ammone lo ama, riempiendo il tempio dei frutti della palma. A lui gli dei donarono il tempo della vita.
Apollo potente, figlio di Erone, Ramestes sovrano dell'universo, che difese l'Egitto vincendo i popoli stranieri, che Elio ama, a cui gli dei donarono molto tempo di vita. Ramestes signore dell'universo, dall'eterna vita.

Lato Ovest:
La prima riga non è riportata.
Riga seconda:
Il dio Sole, grande Signore del cielo. Ti ho concesso una vita dalla durata imprevedibile. Apollo potente, incomparabile signore del diadema, che ha eretto le statue degli dei in questo regno, dominatore dell'Egitto, ed adornò Eliopoli in maniera eguale al Sole, signore del cielo. Compì un'opera buona il figlio del Sole, il re dell'eterna vita.
Riga terza:
Il dio Sole, signore del cielo, al re Ramestes. Ti ho concesso la potenza ed il dominio su tutti. Lui Apollo, amante della verità, signore dei tempi, ed Efesto, padre degli dei, scelse per causa di Ares. Re lietissimo, figlio del Sole ed amato dal Sole.

Lato Est:
Riga prima:
Il grande dio di Eliopoli, il celeste e potente Apollo, figlio di Erone, che il Sole amò, che gli dei onorarono, sovrano di tutta la terra, che il Sole scelse, il re valoroso per causa di Ares, che Ammone ama. E lo splendente avendo dichiarato eterno re...

Purtroppo Ammiano non riporta il resto.

Alla prossima!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 16 febbraio 2011

Ammiano Marcellino: curiosità su Seleucia

Cari amici,
oggi voglio condividere con voi una curiosità tratta da "Storie" di Ammiano, cap. XXIII.6.23.
Ammiano in questo passo parla delle più antiche città dell'Assiria: Babilonia, Ctesifonte e Seleucia. Ciò che mi interessa riguarda Seleucia.
"Seleucia, opera ambiziosa di Seleuco Nicatore [..] quando questa città fu espugnata dai generali di Vero Cesare, fu tolta dalla sua sede un'immagine di Apollo Comeo, che fu portata a Roma dove i sacerdoti degli dei la collocarono nel tempio di Apollo Palatino. Si narra poi che dopo il rapimento di questa statua, allorché fu data alle fiamme la città, i soldati, rovistando nel tempio, si imbatterono in un foro angusto; apertolo nella speranza di trovarvi qualche oggetto prezioso, da un recesso, che era stato chiuso con formule magiche dai Caldei, balzò fuori una pestilenza primordiale che, formata da violente ed insanabili malattie, all'epoca dello stesso Vero e di Marco Antonio, contaminò con contagi e morti tutto l'Impero, dai confini della Persia fino al Reno e alle Gallie.

Curioso... non pensate?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 13 febbraio 2011

La conoscenza dell'Universo ai tempi di Ammiano Marcellino

Cari amici,
oggi voglio proporvi un passo dalle "Storie" di Ammiano Marcellino (Antiochia, 325-391 d.C.).

Storie XX,3.12
"Quanto al fatto che, come precedentemente abbiamo detto, il sole si aggira ora nell'etere ora nel mondo inferiore, bisogna sapere che i corpi astrali (per ciò che concerne l'universo) né tramontano né sorgono, ma così sembra al nostro sguardo, poiché ci troviamo fissi sulla Terra che rimane sospesa in seguito al movimento di una forza interna".

Credo non ci sia niente da aggiungere.
Come già ho detto più volte la conoscenza degli antichi sulla natura era grande, molto simile alla nostra. La nostra conoscenza sul sapere degli antichi é invece ancora molto piccola, soprattutto perché nessuno legge le loro opere...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 11 febbraio 2011

Dal Puntland può partire la rinascita della Somalia

Il fallimento di un’entità statuale viene solitamente determinata dall'assenza di un Governo centrale che detenga il controllo del territorio e dalla mancanza dei più elementari sevizi pubblici. A questi elementi si aggiungono flussi migratori involontari, presenza diffusa di rifugiati, corruzione, criminalità e pessime condizioni economiche.
La fine della Guerra Fredda ha cambiato profondamente il contesto strategico globale, spaccando i blocchi in cui era suddiviso il mondo fino al 1989 e inaugurando quella fase di rapporti di forza asimmetrici che dura tutt’ora. All’indomani del crollo del regime bipolare, il nazionalismo esasperato ed estremista si è ripresentato con eccezionale virulenza, proprio in un momento storico caratterizzato da forti insicurezze sulle sorti dell’ordine mondiale. Soprattutto, ne sono risultati coinvolti Paesi del Terzo Mondo o comunque quelli in cui lo state building non aveva raggiunto uno stadio avanzato, come la Somalia. In questo contesto, agli scontri tra eserciti nazionali, ai quali eravamo abituati, sono subentrate manifestazioni di violenza su larga scala, perpetrate sulla popolazione civile e spesso sottratte al monitoraggio e all’intervento della Comunità Internazionale in quanto interne ad uno Stato sovrano.
Attualmente, la Somalia è l'esempio più drammatico di Stato i cui apparati non hanno saputo mantenere l'ordine, pacificare gli integralismi di tipo nazionalistico e i conflitti di interesse creatisi nella regione in seguito alla caduta del muro di Berlino e alla fine della Guerra Fredda. In particolare la Somalia è un Paese che molte parti viene considerato fallito. Dal 1991 è piombato in una guerra civile, cui la Comunità Internazionale ha provato inutilmente e ripetutamente a porre termine. Dal 2000, la Conferenza di Gibuti e quella di Nairobi hanno inizializzato un processo di conciliazione di cui ancora è molto difficile prevedere una fine definitiva. Dopo la Conferenza di Nairobi, nel 2004, è stata adottata la Transitional Federal Charter che ha ufficialmente segnato la nascita del Transitional Federal Government (TFG). Questo nuovo Governo è stato riconosciuto dalla maggior parte dei membri della Comunità Internazionale ma non ha tutt’ora il controllo del territorio e vi sono molteplici forze che si contrappongono al processo di pacificazione del Paese. Ad esempio, il Governo separatista del Somaliland non riconosce il TFG e controlla parte del Paese in completa autonomia. Alle entità territoriali con velleità indipendentiste si aggiungono le corti islamiche riunite politicamente (a partire dal 2000) sotto la bandiera dell’Islamic Courts Union (ICU) che hanno come scopo non il controllo del territorio, ma piuttosto il controllo della popolazione e l’instaurazione della sharia. Parallelamente, nel 2006 nel Paese si è costituito un gruppo terroristico di matrice islamica – Al-shabaab - che sempre più si sta accreditando come braccio armato di Al-Qaeda in Africa orientale.
L’attuale sistema politico somalo è dunque caratterizzato dalla mancanza di un Governo centrale capace di imporre il proprio potere, dalla frammentazione politica in clan desiderosi di controllare il territorio d’appartenenza e dalla presenza di formazioni religiose militanti che stanno approfittando del vuoto di potere per imporre la propria autorità.
La profonda crisi che coinvolge il Paese da ormai vent’anni ha condotto le Nazioni Unite a delegare all’Unione Africana il dispiegamento e la conduzione dell’operazione di peacekeeping African Union Mission to Somalia (AMISOM) per consentire al Paese di ristabilire una condizione accettabile di sicurezza che favorisca il processo di riconciliazione nazionale. Pochi Stati africani, tuttavia, sono stati disposti a dispiegare truppe a Mogadiscio soprattutto a causa degli elevati rischi della missione. Attualmente partecipano solo Uganda e Burundi forniscono un contingente di circa 6.000. La scadenza del mandato ONU è prevista per il 31 gennaio 2011 e più volte i governanti dell’Africa orientale hanno chiesto alle Nazioni Unite di prendere il posto dell’Unione Africana. Attualmente il controllo del territorio da parte del Governo centrale e dei caschi verdi è limitato ad alcuni quartieri della capitale somala. Al di fuori di Mogadiscio, il caos regna in quasi tutto il sud e il centro del Paese.
Tuttavia, il contesto profondamente critico che caratterizza gran parte della Somalia sembra non aver per ora intaccato la stabilità di cui ancora gode la regione autonoma del Puntland. Dalla sua costituzione nel 1998, il Puntland ha sempre cercato di trovare un'alternativa alla devastante guerra civile che continua a stravolgere il resto del Paese, pur rimanendo parte, della Federazione. La regione si è dotata di istituzioni di pubblico servizio, di strutture economiche e sociali che potrebbero renderla un’ottima base di partenza qualora la Comunità Internazionale decidesse di impegnarsi a fondo per ripristinare lo Stato di diritto e la pacifica convivenza nella martoriata Somalia.
In definitiva, un’iniziativa diplomatica coerente e continuativa potrebbe riportare la stabilità in un periodo relativamente breve. Tuttavia, il perdurare della crisi è causato da cause endogene ed esogene che non fanno altro che frammentare ancora di più il Paese. La causa endogena è data dal continuo contrasto tra poteri locali e potere statuale nazionale, ancora troppo debole per imporsi. La causa esogena è radicata nell’eredità coloniale, che ha tracciato confini regionali provvisori e considerati ingiusti in quanto spaccano a metà comunità omogenee, come nel caso dell’Ogaden. In questo caso, le dispute territoriali tra Eritrea, Etiopia e Somalia si riflettono nel conflitto interno somalo e lo amplificano rendendolo pressoché ingestibile. Parimenti, sempre dall’esterno si è avuta l’importazione di un modello teocratico che, se da una parte ha rappresentato inizialmente una speranza di normalizzazione (e per questo ha incontrato il favore della popolazione) dall’altra ha imposto regole di vita estranee alla cultura tradizionale somala e alla lunga mal sopportate dalla popolazione. Infine, la stessa presenza del contingente AMISOM, se da un lato è utile a stabilizzare la capitale e fornire credibilità al Governo di transizione, dall’altro acuisce l’acredine della popolazione verso le presenze esterne.
L’attuale contesto somalo è dunque complesso e pericoloso e rischia di allontanare dannosamente l’interesse e l’impegno della Comunità Internazionale e africana. Al contrario, mai come adesso la Comunità Internazionale dovrebbe impegnarsi per la stabilizzazione della Somalia soprattutto con l’indispensabile aiuto della popolazione, che ogni giorno lotta contro la fame e la sofferenza e che rischia di soccombere in breve tempo agli stenti a cui per troppo tempo è stata sottoposta.
L’azione diplomatica abbinata a strumenti economici e sociali - progetti di sviluppo locale, micro-finanziamenti, sostegno all’associazionismo, programmi di aiuto alimentare correlati alla frequenza scolastica e finanziamento dei media indipendenti - potrebbero conseguire successi significativi e duraturi, come avvenuto in altre parti dell’Africa (Mozambico, Liberia).
Sebbene questo approccio imponga una conoscenza capillare del territorio e richieda logiche di medio e lungo periodo, non è più possibile ritardare una presa di posizione nei confronti della Somalia. La situazione del Paese richiede coerenza e continuità dello sforzo, due qualità che troppe volte nell’approcciare questa crisi sono venute a mancare. In effetti, l’attuale situazione somala, ove sottovalutata, rischia di incendiare una porzione di Africa fondamentale per la stabilità dell’intero Corno d’Africa.
La Perigeo International da anni lavora nel Corno d'Africa, impegnata in numerose umanitarie, culturali e di peacebuilding. Le azioni intraprese sono accompagnate da attente analisi della situazione politica, economica, sociale e antropologica delle regioni in cui l’associazione interviene. Inoltre, l'esperienza accumulata in zone dell’Etiopia particolarmente caratterizzate da forti tensioni interetniche e la profonda conoscenza della macroregione di cui la Somalia fa parte, stanno permettendo alla Perigeo International di promuovere attività di cooperazione e peacebuilding anche nella regione somala del Puntland.
In particolare, la Perigeo International ha preso in considerazione la regione in oggetto per una serie di motivi:
l'amministrazione del Puntland ha saputo mantenere la pace dal 1998 ad oggi, instaurare lo Stato di diritto e l'ordine sociale, promuovere l'economia e mantenere la stabilità della regione;
pur promuovendo strutture moderne di governo sul modello degli Stati democratici, le figure di leadership tradizionali dei clan hanno mantenuto l’autorità tradizionale e conservano ruoli importanti nei processi di risoluzione delle controversie, inclusa quella territoriale con il vicino Somaliland. Tale caratteristica è un importante indice di equilibrio tra le istituzioni statali moderne e le tradizioni culturali somale;
le relazioni del Puntland con l'Etiopia sono buone e includono attività di cooperazione diplomatica ed economica. Tali rapporti contribuiscono a stabilizzare la regione ed a allontanare il pericolo dell’espansionismo pan-somalo nei confronti del potente vicino;
le attività di pubblico servizio e la stabilizzazione della situazione politica ed economica nel Puntland hanno contribuito ad evitare la diffusione dell’integralismo islamico e l'instaurarsi di cellule terroristiche, nonché a conservare la tradizione religiosa somala caratterizzata da un Islam moderato con numerose influenze sufi;
Il Puntland collabora con le principali Organizzazioni Internazionali per il processo di conciliazione del Paese e partecipa alle numerose riunioni sul tema che si tengono regolarmente nel Djibouti.
La Somalia viene definita uno Stato fallito, da tre anni il più pericoloso al mondo. Tuttavia, un'analisi più attenta rivela l'esistenza di una regione, il Puntland, che ha saputo ripristinare e mantenere la pace in un contesto estremamente critico, pur rimanendo parte della federazione Somala. Esso è un esempio di come la popolazione locale si sia organizzata in una struttura che coinvolga le tradizioni claniche e le istituzioni moderne. Un modello da studiare, adattare e possibilmente esportare al resto del Paese.
Una speranza per la Somalia e per l’intero Corno d’Africa.

Dott.ssa Alessandra Poggi
Perigeo International Onlus (www.perigeo.org)