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venerdì 28 ottobre 2016

Li trascinatori der popolino

Che dire 
de quelli che nu' fanno artro che sbraità,
pe strada e in televisione
pare c'ar posto de la bocca
c'hanno un cannone!

Nu ce se crede,
ma er popolino li prenne pe campioni da libbertà
pensanno che siccome che urlano tanto
assomijino der tutto a 'n santo.

Ma si rifrettessero un attimino
forse, se renderebbeno conto 
che più che a 'n santo 
assomijino ar cane,
sempre pronto a abbajare
da dietro ar cancello
pe poi scappà alla vista d'un bastone.

Eppure, e' dimmostrato,
er politico sopraffino
è quello che urla de più, 
er più caciarone,
pecchè strascina er popolino
e je fa fa' quello che vole,
come fosse un cagnolino!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

martedì 25 ottobre 2016

I trascinatori del popolo: Jean-Paul Marat

"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
(Jean-Paul Marat)

Questa frase è stata detta da Marat, uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese.
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.
Occorre fare attenzione infatti, perchè spesso chi sbraita e urla non è il migliore, ma solo il più chiassoso!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 23 ottobre 2016

Bomarzo, parco dei mostri

Se avete qualche ora da dedicare alla visita di un piccolo paese del viterbese, vi consiglio di recarvi a Bomarzo.
In cima al colle su cui si trova il paese è possibile visitare il palazzo Orsini, ai cui piedi si trova uno dei giardini più curiosi che io abbia mai visitato. Si tratta della seconda visita a dir la verità. Ma ne vale sempre la pena.
Il giardino è stato realizzato nel 1552 su incarico di Pierfrancesco II Orsini (1523-1585) dall'architetto Pirro Ligorio. Il nome originale del giardino è "Sacro bosco" ma è oggi più conosciuto come parco dei mostri. Al suo interno è possibile ammirare splendide opere "fantastiche".
Un mascherone enorme chiamato Proteo Glauco, immerso nella vegetazione, può accogliervi interamente tra le sue fauci aperte.
Poco oltre, lungo un percorso ricco di vegetazione e di ottime bacche di corbezzolo, potete ammirare la statua enorme di Ercole che strazia l'avversario Caco, un mostro della mitologia romana, che sputava fuoco dalle fauci.
Poco sotto,seminascosta dal sottobosco di felci, una splendida tartaruga di pietra e poco oltre un elefante gigante


Uno splendido drago lotta con alcuni animali che, credo, siano dei giovani leoni.


Echidna, col corpo di donna e la coda da serpente, attende i visitatori lungo il percorso, pronta a divorarli, come una volta...

Ma l'opera più stupefacente è forse la casa pendente, quando vi si entra non si riesce a stare in equilibri e si rischia sempre di cadere...

Naturalmente i "mostri" sono molti di più di quelli che avete visto in queste foto... ma i  "veri mostri" sono quelli che hanno lasciato andare in rovina il giardino per tanti anni, dopo la morte di Pierfrancesco II Orsini, mentre gli angeli sono Giancarlo e Tina Severi Bettini, coloro che nella seconda metà del '900 lo riportarono agli antichi splendori. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Caprarola, Palazzo Farnese

Se siete nel Lazio non potete non
visitare Caprarola, piccolo paese del viterbese, dove potrete gustare ottimi piatti, tra cui i pici all'amatriciana, le tagliatelle di farina di castagne coi funghi porcini, la porchetta appena sfornata... oppure immergervi nella storia.
Si, perchè Caprarola ha ospitato una delle famiglie più importanti d'Italia: i Farnese.
Palazzo Farnese è ancora li a ricordarcelo.

La costruzione, a forma pentagonale, iniziò nel 1530, affidata all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Il Palazzo venne terminato da Jacopo Barozzi da Vignola, che ne prese il posto alla sua morte. 
Tutto intorno si possono ancora ammirare gli splendidi giardini e i giochi d'acqua.
Dal piazzale antistante l'ingresso si può ammirare Caprarola.
L'opera fu commissionata da Alessandro Farnese il Vecchio (1468-1549), ovvero Papa Paolo III, 220° Papa della chiesa cattolica (1534-1549).All'interno del Palazzo vi è un cortile circolare circondato da uno stupendo portico affrescato con gli stemmi delle famiglie imparentate con i Farnese.
Una scalinata circolare permette di salire al piano superiore, dove si trovano le sale più belle, tutte affrescate con immagini classiche.

La volta dell'antro della scalinata è stupenda!
Ma in verità, ogni parete, ogni angolo, ogni particolare ci ricorda la potenza della famiglia Farnese.
 Nelle pareti è possibile ammirare splendide immagini di unicorni bianchi, presenti negli affreschi e in numerosi stemmi.
Anche al piano superiore un bel porticato permette di spostarsi da una stanza all'altra al riparo dalle intemperie... oggi non serve, è una splendida giornata.
Questo  splendido affresco è intitolato  "ERMATENA", ovvero Ermes e Atena"
 Ed ecco un piccolo particolare, lo scudo ai piedi di Ermes con la testa di Medusa al centro.
 La sala più bella, secondo me, è la sala delle mappe, dipinte nel 1573-1574 da Giovanni da Varese, detto il Vanosino. Nelle mappe è già ben visibile la configurazione del mondo "quasi" come lo conosciamo noi. Assente solo l'Australia, tra i continenti.

 In una parete si trova l'Italia, con l'indicazione delle città principali e delle grandi isole, Sicilia, Sardegna e Corsica.

 Ed ecco la sala, per intero, veramente stupenda.
I giardini poi sono stupendi, con le splendide statue e le fontane progettate per stupire e divertire gli ospiti dei Farnese.


Come detto all'inizio dell'articolo, Caprarola non è solo storia, nei piccoli negozi e osterie si trova di tutto, e non possiamo esimerci dall'assaggiare castagne, nocciole e ... porchetta!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 ottobre 2016

L'elezzione, di Trilussa

In Italia siamo sempre in periodo d'elezioni, e così avendo appena trovato un vecchio libro di Trilussa, vi rendo partecipi del suo pensiero in merito.

L'elezzione

Se nun pagava sprofumatamente
Te pensi che votava quarchiduno?
Nu' j'è tornato conto a fa' er tribbuno,
Povero amico! Adesso se la sente!

E spenni e spanni, nu' lo sa nessuno
Li voti ch'ha comprato! Solamente
Quelli del Comitato Indipendente
Je so costati trenta lire l'uno!

Fra pranzi, sbruffi e spese elettorali
C'è Pietro lo strozzino che c'ha in mano
Quarantamila lire de cambiali!

Un'antra de 'ste sbiosse, bona notte!
La volontà der popolo sovrano
Je costa cara quanto una cocotte!

Trilussa

Che dire?

Sarà cambiato qualcosa?

Sicuramente si, con trenta lire ormai
nun ce se compra propio gnente!

E Pietro lo strozzino
ha ceduto er posto ar banchiere
dietro l'angolo, che pure lavora di fino
e de cambiali er mazzo,
sur tavolo fa capolino!

E poi dicono "la volontà der popolo sovrano!
Nu' so che dire, ma mai possibbile
che io, der popolo sovrano,
nun faccio mai parte
che quelli c'ho votato tante vorte
ar governo nu' ce so mai arivati?
Come fussino senz'arte ne parte?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Porto Torres nella "Relazione sull'isola di Sardegna" di William Henry Smyth

William Henry Smyth, , Capitain della Royal Army, nel 1828 pubblicò il libro: "Sketch of the present state of the Island of Sardinia" in cui raccoglie e orgnizza tutte le osservazioni dei suoi precedenti viaggi nel Mediterraneo, e in particolare in Sardegna.
Ne risulta un bel libro di viaggi, ricco di informazioni utili ai naviganti ma anche economiche, etnologiche e storiche.
Mi voglio concentrare in questo breve articolo sulle osservazioni riguardanti la città di Porto Torres.
"Porto Torres è un piccolo porto a due moli, difeso da una solida torre ottagonale"

I due moli di quel periodo immagino siano stati inglobati nell'attuale porto, non grandissimo, ma sicuramente più esteso di allora. La torre ottagonale invece è sempre li, anche se risente del passare del tempo.

"Può accogliere poche piccole navi, quelle grandi stanno alla fonda ad un miglio. Poichè le navi da guerra fanno raramente rotta da queste parti, il nostro arrivo fu un evento eccezionale e tutti visitarono la nave, dal capitano generale al contadino più povero. Su un lieve pendio sorgono la chiesa e il piccolo borgo di San Gavino, ai cui abitanti sono riconosciuti i diritti di cittadinanza sassarese in onore a Baingio (San Gavino). Questo santo venerato qui non è conosciuto nel martirologio romano; tuttavia la storia della sua conversione, della sua decapitazione a Balai e della sua apparizione in sogno a Calpurnio è accettata dai sassaresi come una verità indubitabile, senza alcun esame dei dati su cui è fondata."

Oggi la venerazione di San Gavino non è meno forte. Forse la chiesa non è piena come un tempo, ma il nome Gavino è ancora il preferito per i bambini maschi, o perlomeno così sembra passeggiando per le strade del paese.

"La chiesa è uno degli edifici religiosi più antichi della Sardegna, perchè è stata costruita verso il 1200 ed è stata usata come cattedrale fino alla distruzione di Torres nel 1441."

Studiando la storia di Porto Torres su altri testi antichi ho scoperto che la basilica è ben più vecchia, risalendo al 514 d.C., anno in cui il giudice Comida di Torres e Oristano fece costruire la Basilica dedicata ai martiri Gavino, Proto e Gianuario, sul Monte Angellu, a seguito di un sogno in cui gli veniva chiesto di innalzare la cattedrale. 
Della distruzione della città nel 1441 per ora non so ancora niente, sto indagando e spero a breve di scoprire qualcosa!"

"E' diversa dalle altre chiese dello stesso genere in Sardegna, perchè ha il tetto di piombo. Lungo il tetto vi sono settanta brutte torrette dello stesso metallo, che sono il simbolo tradizionale di Turris Lybisonis: nome derivato dal presunto insediamento in questo luogo, dei discendenti di Ercole Libio.
L'interno è sorretto da 28 antiche colonne ed una Porta Santa, da cui passò il santo e che è accuratamente chiusa con un muro di pietre ma per venire aperta ogni cento anni con grande pompa e cerimonia."

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO