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sabato 30 luglio 2016

Il libro delle Piramidi, di C.W. Ceram

Tempo addietro, abitavo allora ad Aprilia, mi capitò di passare nei pressi di uno scaffale all'uscita di un grande centro commerciale. Sullo scaffale, pieno di libri usati, c'era scritto: "Libri randagi"; vi era inoltre una specie di regolamento che incitava a prendere un libro da leggere e portarne qualcun' altro in cambio per consentire così la diffusione della cultura.
Incuriosito, mi fermai e diedi una scorsa ai titoli, fermandomi talvolta e poi ripartendo insoddisfatto. La maggior parte dei libri infatti erano in cattive condizioni e trattavano argomenti non di mio interesse. Poi, verso la fine, quando scoraggiato stavo per andar via senza aver preso niente, dietro una fila di romanzi rosa apparve un libriccino: Il libro delle piramidi, di Ceram.
Presi il libro e lo adottai.
Da allora son passati diversi anni (dieci? dodici?) e diverse letture mi hanno portato ad approfondire la storia antica in generale eppure, anche questa estate, scorrendo i libri della mia libreria non ho saputo resistere all'attrazione e ho riletto, per la terza volta, questo piccolo libro adottato.
Naturalmente, come tutti i miei libri, è pieno di note e appunti fatti a mano, sottolineature e orecchie: insomma, è un libro vissuto.
Questo libriccino racconta la storia di una grande avventura: la scoperta dell'archeologia in Egitto. Ceram (ovvero Marek, se vogliamo usare il vero nome dell'autore) parte da Napoleone e la sua conquista dell'Egitto per raccontare come l'Europa ha riscoperto un mondo favoloso e dimenticato.
"Parigi pesa su di me come una cappa di piombo! La vostra Europa è una collina di talpe! Solo in Oriente, dove vivono seicento milioni di uomini, possono essere fondati grandi regni e organizzate grandi rivoluzioni!", queste le parole di Napoleone. Il 19 maggio 1798 Napoleone parte da Tolone alla volta dell'Egitto. 
L'Egitto doveva essere la prima tappa per le Indie ma napoleone deve scontrarsi prima con l'esercito dei Mamelucchi guidato da Murad bey e poi con la flotta di Nelson. Seguirono un anno di battaglie fino a che Napoleone decide di rientrare in Europa, il suo esercito non è più in grado di proseguire.
La spedizione militare è fallita, ma non si può dire che Napoleone torni in Europa a mani vuote.
Assieme alle truppe Napoleone portò in Egitto centosettantacinque scienziati civili, forniti di una intera biblioteca sull'Egitto e degli strumenti necessari a fare rilievi e misurazioni. Tra questi vi era Dominique Vivant Denon, disegnatore, diplomatico e direttore generale di tutti  i musei di Francia. 
Denon era stato aggregato alle truppe del Generale Desaix che inseguì Murad bey mentre questi fuggendo si addentrava nell'alto Egitto.  Durante tutto il periodo visse frugalmente come le truppe e il suo unico interesse fu quello di disegnare, qualunque scena che a lui paresse interessante veniva immortalata. Tra i suoi disegni naturalmente non mancarono i geroglifici e i principali monumenti archeologici incontrati durante le lunghe giornate di marcia. Tra gli oggetti raccolti durante la marcia vi fu una stele in basalto nero contenente una iscrizione trilingue, la ormai famosa stele di Rosetta. Al rientro in Francia Denon pubblicò il suo racconto di viaggio illustrato: Voyage dans la Haute et la basse Egypte.
Mentre scrivo rileggo i passi principali e mi vien voglia di rileggerlo ancora una volta tanto è scritto bene ed interessante.
Ceram prosegue il suo racconto citando i passi dei testi antichi in cui si parla del regno dei faraoni per passare poi a colui il quale dobbiamo la decifrazione dei geroglifici, Champollion. La sua fu un'impresa che solo un genio poteva portare a termine.
Poi è la volta dei principali esploratori dell'Egitto, Belzoni, l'ialiano raccoglitore; Lepsius, il tedesco ordinatore; Mariette, il francese conservatore ed infine Petrie, l'Inglese misuratore e interprete.
L'Egitto è un museo a cielo aperto e la storia dei ritrovamenti può essere assimilata ad un grande romanzo in cui i personaggi percorrono millenni di storia per arrivare fino ai nostri giorni spesso completamente dimenticati. Ceram è uno di quegli uomini che, con i suoi libri ha permesso all'Egitto di continuare a vivere. 
In definitiva, il libro delle piramidi è un libro che non può mancare nella propria biblioteca.

Buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

1 commento:

  1. Il libro delle piramidi è la seconda parte delle cinque che compongono il libro Civiltà sepolte di Ceram, pseudonimo di Marek. L’amore sincero per l’avventura umana dell’archeologia traspare evidente in queste pagine dedicate all’antico e moderno Egitto, come del resto è presente a piene mani nell’opera da cui sono tratte. Quando la cultura ha i contorni della curiosità dell’autodidatta, rigoroso decifratore dei misteri delle lingue antiche, e non del dilettante allo sbaraglio, autoincensatosi intellettuale per ingannare il tempo, essa può ergersi imperiosa e stare alla pari della politica e non succube tremante di fronte alla sua consueta protervia. Così l’incontro fra Champollion e Napoleone diventa il contatto tra “due conquistatori dell’Egitto” ed è il secondo a subire il fascino degli arditi studi del primo, che invece “rimane freddo” e per nulla impressionato di trovarsi davanti al grande imperatore. Ma l’imponenza e la bellezza delle piramidi, soprattutto quelle di Cheope, Chefren e Micerino, faraoni della quarta dinastia, non fa dimenticare all’autore che esse furono realizzate attraverso il sacrificio, condito da sudore, sporcizia e frustate di migliaia di schiavi. C’è l’amara constatazione che l’ideologia che fu alla base della loro costruzione non mirasse alla comune salvezza, come accadde più tardi con le cattedrali cristiane, né fosse democraticamente politeista come per le ziggurah babilonesi. Era un’ideologia egocentrica legata esclusivamente al bene e alla salvezza dell’anima del faraone, del suo ka. Uomo - dio staccato da tutti gli altri uomini. A suo tempo Ceram fu accusato di essere stato poco scientifico per aver romanzato l’archeologia. Ma essa è stata veramente una vicenda umana di avventure ineguagliabili. Un esempio su tutti. La scoperta della tomba di Tutankhamon nel 1922 da parte di Howard Carter (da gustare lentamente come una buona tazza di tè, la descrizione dei suoi tremori e ansie nell’entrare nella tomba del faraone giovinetto) consentì di far venire alla luce l’esistenza del suo tesoriere Maya, dando modo poi a Geoffrey Martin di scoprire la sua tomba nel 1986, dopo aver scoperto quella di Horemheb, generale di Tutankhamon. Una sequenzialità storica che fa dell’archeologia quel romanzo storico affascinante che Ceram ha descritto con passione e ammirazione sincere decenni prima.

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