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sabato 25 luglio 2009

Atlantide secondo Platone: dal Timeo al Crizia...

Precedenti:
Il Timeo...
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Era da tanti anni che cercavo un libro che mi era capitato di sfogliare da ragazzino... fu sicuramente per caso... era un libro vecchio e attirò allora la mia attenzione.
Cominciai a rigirarlo per le mani... Platone: i Dialoghi... che titolo strano pensai allora!
Cominciai a sfogliarlo...
Una parola attrasse la mia attenzione... la fantasia di un ragazzo curioso: Atlantide!
Mio padre aveva un libro su Atlantide nella sua biblioteca e io lo avevo letto da poco... chissà cosa c'era di vero, pensai allora...
Provai a leggere qualche riga del libro che avevo allora tra le mani... il Dialogo si intitolava "Crizia". Purtroppo non riuscivo a capire granché per come era scritto... ma non dimenticai mai il titolo... Crizia!
Passarono anni da quel momento e un altro testo di Platone mi capitò tra le mani e risvegliò quell'antico ricordo... il Crizia riemergeva dal passato e con lui Atlantide!
Mi trovavo di fronte ad una bancarella di libri usati, non ricordo più dove, forse a Cagliari al Bastione...
Il libro era vecchio e abbastanza rovinato... Platone... toh! pensai... che sia...
Invece no, si trattava del Timeo, opera monumentale che cominciai a leggere e abbandonai diverse volte fino a che... ancora una volta per caso, arrivai al terzo capitolo e, sorpresa, ecco ancora una volta Atlantide riemergere dal passato...
Lessi e rilessi il terzo capitolo e cominciai a cercare il Crizia, il seguito del racconto su Atlantide...
Eppure sembrava, fino a poco tempo fa, che il Crizia fosse scomparso... cominciai addirittura a dubitare della mia memoria! Che mi sbagliassi? Che solo nel Timeo Platone avesse parlato di Atlantide? Oppure il troppo tempo passato aveva cancellato o storpiato il ricordo?
Cominciai a cercare su internet ed ecco un testo in lingua inglese, autore della traduzione Benjamin Jowett, letterato inglese del 1800, professore di greco presso la Oxford University e teologo.
Anche se il mio inglese non é certo dei migliori la sfida mi affascina e così inizio a leggere... e rileggere e cercare di capire.
L'idea di tradurre il testo si fa sempre più forte e quasi senza accorgermene mi trovo a capo chino sul testo inglese, circondato da vocabolari di vario genere e la penna in mano che scrive, spesso cose senza o con poco senso, ma scrive!
Il testo non é lungo ma mi occorre comunque molto tempo... e dopo la traduzione il lavoro sembra ancora appena all'inizio. Rileggo e correggo e chiedo spiegazioni a chi conosce l'inglese meglio di me, grazie Raffaele, e rileggo e ricorreggo, sempre insoddisfatto...
E poi alla fine, quasi ci sono, ecco... forse posso cominciare a pensare di riuscire nel mio intento!
Che dire, chissà cosa provò l'illustre luminare, Benjamin Jowett quando terminò il lavoro...
Certo, il mio é un lavoro ben più modesto, ma ne vado comunque fiero... nonostante gli errori che sicuramente ci sono...
Che dire, allora, non resta che pubblicarlo... il Crizia, libera traduzione di Alessandro RUGOLO dal testo inglese di Benjamin Jowett...
Ma prima di augurarvi una buona lettura eccovi presentati i personaggi del dialogo:
Crizia, Ermocrate, Timeo e Socrate...
Ed ora...
Buona lettura!

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Timeo: Quanto sono grato, Socrate, di esser giunto alla fine e, come un viaggiatore dopo un lungo viaggio, riposarmi in tranquillità. E io prego l'essere che sempre fu e che é stato da me rivelato, di garantire per le mie parole, che possano essere ricordate fintanto che egli le giudichi credibili e accettabili, ma se, non intenzionalmente , io avessi detto qualcosa di sbagliato, prego egli che mi commini la giusta punizione, e la giusta punizione di colui che sbaglia é che sia corretto. Desiderando dunque parlare correttamente in futuro sulla generazione degli dei, lo prego di darmi la conoscenza, che di tutte le medicine é la più perfetta e la migliore. Ed ora, avendo offerto la mia preghiera, io cedo la parola a Crizia, che ci parlerà secondo i nostri accordi.

Crizia: Ed io, Timeo, accetto il vero e come tu all'inizio ai detto che andavi a parlare di argomenti importanti e pregavi di essere tolleranti nei tuoi confronti, anche io chiedo la stessa o maggiore tolleranza per ciò che sto per dire. E nonostante io sappia bene che la mia richiesta possa sembrare scortese, in ogni caso va fatta! Potrà, ogni uomo di buon senso, negare che io avrò ben parlato? Io posso solo fare del mio meglio per mostrare che necessito più indulgenza di te, perché il mio argomento é più difficile; e cercherò di mostrarvi che parlar bene degli dei agli uomini è più semplice che parlare bene degli uomini agli uomini, in quanto l'inesperienza e la grande ignoranza degli auditori sul soggetto è di grande aiuto a colui che deve parlare, e noi sappiamo quanto siamo ignoranti circa gli dei. Ma io cercherò di spiegarmi più chiaramente, Timeo, se vorrai seguirmi. Tutto ciò che é detto da ciascuno di noi può essere solo imitazione o rappresentazione. Se noi consideriamo le immagini che i pittori realizzano dei corpi divini e celestiali, ed i diversi gradi di gratificazione con cui l'occhio dello spettatore lo riceve, noi vedremo che saremo soddisfatti dell'artista che é capace, in massimo grado, di imitare la Terra e le sue montagne, e i fiumi e i boschi e l'universo, e le cose che vi sono e si muovono al suo interno, e dunque, non conoscendo con precisione queste materie, noi non esaminiamo o analizziamo i dipinti; tutto ciò che é richiesto é qualcosa di indistinto e illusorio che in qualche modo sia capace di renderne l'immagine. Ma quando una persona cerca di dipingere la forma umana noi siamo veloci a trovarne i difetti e la nostra familiarità (col soggetto) ci rende giudici severi di chiunque non renda con precisione ogni punto. E noi possiamo renderci conto che la stessa cosa accade nei discorsi; siamo soddisfatti da una descrizione delle cose divine e celestiali che é appena somigliante alla realtà, ma siamo molto più precisi nelle critiche sulle cose mortali ed umane. Dunque, se per qualunque motivo durante il mio discorso io non sarò in grado di esprimere adeguatamente il mio pensiero, dovrete perdonarmi pensando che descrivere adeguatamente le cose umane é tutt'altro che facile. Questo é ciò che io voglio suggerirvi e allo stesso tempo ti prego, Socrate, di poter ricevere non meno ma maggior indulgenza su ciò che dico. Il quale favore, se io sono nel giusto, posso sperare che tu mi vorrai concedere.

Socrate: Certamente Crizia, noi accettiamo la tua richiesta e garantiamo lo stesso trattamento ad Ermocrate, come già fatto per te e Timeo, perché non ho dubbi che quando fra poco sarà il suo turno lui farà la stessa vostra richiesta. Così, affinché lui possa pensare ad un nuovo inizio senza doversi preoccupare di dire ancora le stesse cose, facciamogli capire che l'indulgenza é estesa anticipatamente anche a lui. Ed ora, amico Crizia, ti annuncerò il giudizio del pubblico. Essi sono dell'opinione che l'ultimo che ha parlato ha avuto uno splendido successo e che dunque tu necessiterai una grande indulgenza affinché tu sia in grado di prenderne il posto.

Ermocrate: L'avviso, o Socrate, che tu hai indirizzato a lui, devo considerarlo valido anche per me. Ma ricorda, Crizia, che la mancanza di coraggio non ha mai consentito di conquistare un trofeo; quindi tu devi procedere e attaccare l'argomento come un uomo. Prima invoca Apollo e le Muse, quindi lasciaci sentire come tu glorifichi e ci mostri le virtù dei tuoi antichi cittadini.

Crizia: Amico Ermocrate, a te che per ultimo hai parlato e un altro hai di fronte che non ha ancora perso il coraggio, la gravità della situazione ti verrà presto rivelata, in ogni caso io accetto le tue esortazioni ed incoraggiamenti. Ma tra gli dei e le dee che tu hai menzionato, in particolare voglio invocare "Mnemosyne ", in quanto la parte principale del mio discorso dipende dai suoi favori, e se io potrò ricordare e recitare abbastanza di quanto fu detto dai sacerdoti e portato in questo luogo da Solone, io non dubito di essere in grado di soddisfare questo "teatro". Ed ora, senza ulteriori indugi, procederò.
Lasciatemi cominciare osservando, prima di tutto, che a novemila assommano gli anni che son passati dalla guerra che come é stato detto, vi fu tra coloro che vivevano oltre le colonne d'Ercole e coloro che vivevano al loro interno, questa guerra io stò per descrivervi . Sui combattenti, si dice che da una parte la città di Atene fosse a capo e che avesse combattuto misurandosi in guerra; dall'altra parte i combattenti erano comandati dai re di Atlantide che, come avevo detto, era un'isola più grande in estensione di Libia e Asia e che, in seguito, colpita da un terremoto divenne una barriera di fango insormontabile per i viaggiatori che andavano per mare in ogni parte dell'Oceano. Il seguito della storia rivelerà le diverse nazioni dei barbari e le famiglie degli Elleni che esistevano, e come essi successivamente apparirono sulla scena, ma io devo descrivere prima di tutto gli ateniesi di quei giorni, e i loro nemici che combatterono con loro, e quindi le rispettive potenze e i governi dei due regni. Lasciateci dare la precedenza ad Atene.
Nei tempi antichi gli dei avevano distribuito tra loro per sorteggio l'intera terra. Non c'era da discutere; non potete infatti supporre che gli dei non sapessero cosa fosse giusto per ognuno di loro possedere, o, sapendo ciò, che essi volessero ottenere per se attraverso una contesa ciò che fosse più propriamente proprietà altrui. Essi tutti, per mezzo di giusta suddivisione, ottennero ciò che desideravano, e popolarono i loro distretti; e quando ebbero popolato i propri distretti essi accudivano i loro assistiti e possedimenti come pastori che accudiscono le loro greggi, con l'eccezione che essi non usavano la violenza o la forza fisica, come fanno i pastori, ma governavano come i piloti dal timone del vascello, che é la via più semplice di guidare gli animali, tenendo le nostre anime per mezzo dello strumento della persuasione in accordo al loro stesso piacere, così essi guidavano tutte le creature mortali.
Ora, dei diversi avevano i loro assegnamenti in luoghi diversi da loro ordinati. Hephaestus e Athene, che erano fratello e sorella, originati dallo stesso padre, avendo la stessa natura ed essendo uniti dallo stesso amore per la filosofia e l'arte, entrambi ottennero come loro parte questa terra che era adatta per natura alla saggezza e alla virtù; e qui essi impiantarono figli coraggiosi del suolo, e misero nelle loro menti l'ordine di governare; i loro nomi si sono conservati, ma le loro azioni sono sparite a causa della distruzione di coloro che ricevettero le tradizioni e dello scorrere del tempo. Per quanto ci fossero dei sopravvissuti , come ho già detto, essi erano uomini che vivevano sulle montagne, essi non conoscevano l'arte della scrittura e avevano sentito solo i nomi dei capi della terra ma sapevano molto poco delle loro azioni.
Essi erano ancora in grado di tramandare questi nomi ai loro figli ma riguardo le virtù e le leggi dei loro antenati, essi le conoscevano solo attraverso oscure tradizioni e siccome ad essi stessi ed ai loro figli mancò per diverse generazioni il necessario per vivere, essi indirizzarono le loro attenzioni a sopperire ai loro bisogni e di ciò essi conversarono , dopo aver dimenticato gli eventi accaduti in tempi antichi, per la mitologia e la ricerca del passato, vennero introdotti nelle città quando essi incominciarono ad avere del tempo libero e quando videro che al necessario per vivere si era già provveduto, ma non prima. Ed é questa la ragione per cui i nomi degli antichi sono stati conservati fino a noi ma non le loro azioni. Questo io deduco da quanto Solone disse, cioè che i sacerdoti durante il loro racconto di questa guerra nominarono molti dei nomi che sono registrati prima del tempo di Teseo, quali Cecrops e Erectheus ed Erichthonius e i nomi delle donne allo stesso modo. Inoltre in quel periodo le attività militari erano comuni a uomini e donne, gli uomini di allora in accordo con i costumi del tempo, preparavano una figura ad immagine della deità,completamente in armi, affinché testimoniasse che tutti gli animali nel loro complesso, maschi e femmine, possono se lo desiderano, praticare in comune la virtù che deriva da essi senza distinzione di sesso.
Ora, il paese in quei giorni era abitato da diverse classi di cittadini; c'erano artigiani e vi erano uomini di famiglia e vi era anche una classe guerriera, in origine costituita da uomini divini. Questi ultimi vivevano per conto loro e avevano tutto ciò che occorreva per nutrirsi e per l'educazione, nessuno di loro possedeva niente, ma essi utilizzavano tutto ciò che avevano quale comune proprietà, niente essi chiedevano di avere dagli altri cittadini oltre al cibo necessario. Ed essi svolgevano tutti i compiti che noi ieri abbiamo descritto parlando dei nostri guardiani immaginari.
Al riguardo del paese i sacerdoti egizi dicevano che non solo era probabile ma manifestamente vero che i confini in quei giorni erano fissati sull'istmo e che in direzione del continente si estendevano fino alle cime del Cithaeron e Parnes. La linea di confine scendeva in direzione del mare tenendo il distretto di Oropus sulla destra, e il fiume Asopus come limite sulla sinistra. Il territorio era il migliore del mondo ed era inoltre in grado di supportare un grande esercito, accresciuto dai popoli confinanti. La parte dell'Attica che ancora oggi esiste può competere con qualunque regione del mondo per la varietà e l'eccellenza dei suoi frutti e per i suoi ottimi pascoli per tutti i tipi di animali il che prova ciò che stavo dicendo. Ma in quei giorni il paese era giusto e corretto come oggi e più produttivo di oggi.

Come posso far si che crediate alle mie parole? e quale parte di esse possa essere correttamente detta ""il ricordo della terra che fu?". L'intero paese é solo un lungo promontorio che si estende in profondità nel mare, lontano dal resto del continente, mentre il bacino del mare circostante é in ogni luogo profondo in prossimità della riva. Molti grandi diluvi si sono susseguiti durante i novemila anni, perché questo é il numero di anni che sono passati dal tempo di cui sto parlando; e durante tutto questo tempo e attraverso così tanti cambiamenti non c'è mai stato un consistente accumulo di suolo che scendeva dalle montagne, come per altri posti, ma la terra é caduta via tutto attorno ed é sparita dalla vista. La conseguenza é che in confronto a ciò che era, sono restate solo le ossa del vasto corpo, se così si può dire delle piccole isole; tutto il soffice e ricco terreno é andato via e solo lo scheletro della terra é restato.
Ma nella condizione iniziale del territorio le montagne erano alte colline coperte di terra e il piano, così come chiamato da noi, di Phelleus , era ricco di ottima terra e vi era abbondanza di boschi sulle montagne. Di questi ultimi le tracce ancora restano, anche se alcune delle montagne sono oggi capaci solo di fornire sostentamento alle api, non molto tempo fa era ancora possibile vedere tetti di legno, tagliati da alberi che crescevano qui, che erano della taglia sufficiente a coprire le case più grandi. e vi si trovavano molti altri alti alberi coltivati dall'uomo e che producevano cibo in abbondanza per il bestiame. Inoltre la terra era beneficiata dalle piogge annuali, non come oggi che perde l'acqua che scorre via attraverso "le ossa" della terra fin dentro il mare, ma avendosi abbondante rifornimento in tutti i posti e accogliendo l'acqua al suo interno e custodendola nella parte superiore del suolo. Rilasciando poi nelle valli i fiumi d'acqua assorbiti nei luoghi elevati, rifornendo ogni luogo di abbondanti sorgenti e fiumi, delle quali possono essere ancora osservate sacre vestigia in luoghi in cui un tempo esistevano le sorgenti. E ciò prova la verità di quanto detto.
Questa era la condizione naturale del paese, che era ben coltivato, come possiamo ben credere, da vari agricoltori, che fecero dell'agricoltura il loro mestiere, ed erano amanti dell'onore e di nobile natura, e avevano il miglior terreno del mondo e abbondanza d'acqua e nel cielo sovrastante un eccellente clima temperato. Ora, la città (di Atene) in quel tempo era sistemata in questo modo: prima di tutto l'acropoli non era come é oggi a causa di una unica notte di piogge eccessive che lavarono via la terra lasciando scoperte le rocce, nello stesso tempo vi furono terremoti e quindi una straordinaria inondazione, la terza prima della grande distruzione di Deucalione. Ma in quei tempi antichi la collina dell'acropoli si estendeva dall'Eridano all'Ilissus e includeva il Pnyx da una parte e il Lycabettus come confine dalla parte opposta, ed era ben ricoperta di suolo e livellata in sommità con l'eccezione di uno o due punti.
Al di fuori dell'acropoli ed ai piedi della collina vi abitavano gli artigiani e una parte dei contadini che coltivavano la terra li vicino. La classe dei guerrieri viveva per conto proprio intorno ai templi di Atena ed Efesto , che essi avevano recintato con un recinto semplice simile a quello del giardino di una casa singola. Sul lato nord essi abitavano in comune e avevano costruito dei locali per cenare in inverno ed avevano tutti gli edifici di cui necessitavano per la vita in comune. Oltre ai templi, ma questi non erano adornati con oro e argento, perché loro non ne facevano uso per nessun motivo; essi seguivano una via intermedia tra povertà ed ostentazione e costruivano case modeste nelle quali essi e i loro figli diventavano vecchi, e essi lo passarono ad altri che erano simili a loro stessi, sempre uguale. Ma in estate essi lasciavano i loro giardini e palestre e sale da pranzo e quindi si spostavano nella parte sud della collina adibita allo stesso scopo.
Dove oggi si trova l'acropoli c'era una sorgente che venne disseccata da un terremoto, restarono solo pochi piccoli rivoli che ancora esistono nei pressi ma, in in quei giorni, la sorgente dava un abbondante rifornimento d'acqua per tutti, alla temperatura giusta sia in estate che in inverno. Così é come essi vivevano, essendo i guardiani dei loro stessi cittadini e i leaders degli elleni , che erano i loro bendisposti seguaci. Ed essi avevano cura di preservare lo stesso numero di uomini e donne nel tempo, essendo tanti quanti ne occorrono per scopi simili alla guerra, allora come ora - così si dice, circa ventimila. Questi erano gli antichi ateniesi e in questo modo essi amministravano correttamente le proprie terre e il resto della Grecia. Essi erano rinomati in tutta l'Europa e l'Asia per la bellezza delle loro persone e per le tante virtù delle loro anime, e di tutti gli uomini che vivevano in quei tempi essi erano i più illustri. Ed ancora, se io non ho dimenticato quanto sentito da ragazzino, vi racconterò il carattere e l'origine dei loro avversari. Perché gli amici non devono tenere le proprie storie per se stessi ma devono metterle in comune con questi.
Ora, prima di procedere oltre nella narrazione, io desidero avvisarvi che non dovrete sorprendervi se doveste udire nomi ellenici attribuiti a stranieri. Vi dirò la ragione di ciò: Solone, che aveva intenzione di usare il racconto per il suo poema, ricercò il significato dei nomi e trovò che gli antichi egizi, scrivendo i nomi, li traslarono nella loro lingua e lui recuperò il significato di molti nomi e quando li ricopiò li tradusse nella nostra lingua. Mio bisnonno, Dropide, possedeva lo scritto originale, che é ancora in mio possesso e che io studiai attentamente quando ero un bambino. Dunque, se voi sentirete nomi come quelli usati in questo paese non dovete essere sorpresi perché vi ho raccontato come vi arrivarono. Il racconto, che era molto lungo, iniziava così:
io vi ho già indicato a parole, della suddivisione degli dei, che essi distribuirono l'intera terra in parti che differivano per estensione e costruirono per se stessi templi ed istituirono sacrifici. E Poseidone, ricevendo come sua parte l'isola di Atlantide, divenne padre di figli di una donna mortale e li sistemò in una parte dell'isola che io vi descriverò. Guardando in direzione del mare, ma al centro dell'intera isola, c'era una pianura che si diceva fosse la più sincera/giusta tra tutte le pianure e molto fertile. Vicino alla pianura e nel centro dell'isola, alla distanza di circa 50 stadi c'era, su un lato, una montagna non troppo alta.
In questa montagna viveva uno dei primi uomini nati in quel paese, il suo nome era Evenor, ed aveva una moglie chiamata Leucippe, essi avevano un'unica figlia chiamata Cleito. La ragazza aveva già raggiunto la maturità quando il padre e la madre morirono; Poseidone si innamorò di lei e vi si unì. Spaccando la terra inglobò la collina nella quale lei viveva con zone alternate di mare e terra, più larghe e più strette, l'una circoscritta dall'altra, ve ne erano due di terra e tre d'acqua, che egli formò come ruotando intorno ad un asse. Ognuno aveva la circonferenza sempre equidistante dal centro così che nessun uomo potesse arrivare all'isola, perché le navi e i viaggi non erano come ora. Lui stesso, essendo un dio, non ebbe difficoltà a sistemare in un modo speciale il centro dell'isola, facendo sbucare due sorgenti d'acqua da sotto la terra, una d'acqua calda ed una d'acqua fredda e producendo ogni varietà di cibo che può essere prodotto dal suolo.
Egli divenne padre e crebbe cinque coppie di gemelli maschi e, dividendo l'isola di Atlantide in dieci porzioni, diede al primo nato della prima coppia il territorio in cui abitava la madre e l'area circostante, che era il più grande e il migliore e lo fece re sugli altri; gli altri furono nominati principi e li fece governatori di molti uomini e di un grande territorio. E tutti loro ebbero un nome; il più vecchio, che fu il primo re, lui chiamò Atlas e dopo di lui l'intera isola e l'Oceano furono chiamati "Atlantic". Il suo fratello gemello, nato dopo di lui, ottenne come parte l'estremità dell'isola vicino alle colonne d'Ercole, che fronteggia il paese che oggi é chiamato "regione di Gades" in quella parte del mondo, gli diede il nome che nel linguaggio ellenico corrisponde ad "Eumelus", nel linguaggio del paese é invece chiamato "Gadeirus. Della seconda coppia di gemelli al primo diede il nome "Ampheres" e all'altro "Evaemon". Al più vecchio della terza coppia di gemelli diede il nome di "Mneseus" e "Autochthon" a quello che venne dopo. Della quarta coppia di gemelli chiamò Elasippus il più vecchio, Mestor il più giovane. E della quinta coppia lui diede al più vecchio il nome di Azaes e al più giovane quello di Diaprepes. Tutti questi e i loro discendenti per molte generazioni furono gli abitanti e i governatori di varie isole nel mare aperto e inoltre, come é stato già detto, essi navigarono verso di noi attraverso il paese tra le Colonne, l'Egitto e la Tirrenia.
Dunque, Atlas ebbe una numerosa e onorevole discendenza ed essi mantennero il regno, passandoselo di generazione in generazione al figlio maggiore, per molte generazioni. Essi ebbero una tale quantità di ricchezze che che non fu mai in mano ad alcun re o potentato, e non é probabile che ciò accada in futuro. Essi possedevano ogni cosa di cui necessitavano, sia in città che in campagna. A causa della grandezza del loro impero molte cose furono loro portate dalle nazioni straniere e le stesse isole provvedevano a fornire molte delle cose che servivano loro per le necessità della vita. All'inizio essi estrassero dalla terra qualunque cosa vi si trovasse, solido o liquido, e che oggi è solo un nome ma allora era qualcosa di più di un nome, orichalcum; veniva estratto in molte parti dell'isola essendo più prezioso, in quei tempi, di ogni altra cosa ad eccezione dell'oro. C'era legno in abbondanza per i lavori di carpenteria e pastura sufficiente per gli animali d'allevamento e selvatici.
Inoltre c'era un gran numero di elefanti sull'isola; così come c'era il necessario per tutte le altre specie di animali, sia per quelli che vivono nei laghi, nelle paludi e nei fiumi, sia per quelli che vivono in montagna o in pianura; così c'era per il più grande e più vorace tra tutti gli animali. Inoltre, qualunque cosa commestibile che oggi è sulla terra, si tratti di radici, vegetali, alberi, essenze distillate da frutti o fiori, sviluppate e cresciute vigorose in quella terra, e i frutti che possono essere coltivati, sia il tipo secco che ci é stato dato per nutrimento, e ogni altro che possa essere usato per cibo - noi chiamiamo tutti questi col nome comune di "semi" sia i frutti che hanno un guscio rigido che forniscono da bere e cibi e cosmetici e buone conserve di castagne e simili, che fornisce piacere e benessere, e ci sono frutti che servono per le conserve e piacevoli tipi di dessert, con cui noi ci consoliamo dopo cena, quando siamo stanchi di mangiare - tutto ciò questa sacra isola che un tempo guardava la luce del sole, produceva ogni volta che occorreva, splendide e squisite in abbondanza. Con questa beatitudine la terra li riforniva gratuitamente, nel frattempo essi costruivano i loro templi, palazzi, porti e cantieri navali.
Ed essi provvidero l'intero paese in questo modo: prima di tutto costruirono ponti sulle zone di mare che circondavano le antiche metropoli, costruendo una strada per e dal palazzo reale. E proprio all'inizio essi costruirono il palazzo reale. E proprio all'inizio essi costruirono il palazzo nell'abitazione del dio e dei loro antenati che essi continuarono ad abbellire nelle generazioni successive, ogni re sorpassando quello precedente con la grandezza della sua potenza, finché essi trasformarono il palazzo in una meraviglia che faceva notizia sia per grandezza che per bellezza. E, iniziando dal mare, essi costruirono un canale di trecento piedi di grandezza, cento piedi di profondità e cinquanta stadi di lunghezza, che essi realizzarono attraverso la zona circostante, facendo un passaggio tra il mare e la città-palazzo, che divenne un porto , lasciando una apertura sufficiente atta a consentire ai più grandi vascelli di poter entrare. Inoltre essi divisero, in corrispondenza dei ponti, le strisce di terra che erano interposte alle strisce di mare lasciando lo spazio necessario perché una singola trireme potesse passare da una zona all'altra, quindi ricoprirono i canali così da creare una strada sotterranea per le navi, in quanto i moli erano innalzati considerevolmente al di sopra del livello dell'acqua.
Dunque, la zona più larga attraverso la quale fu realizzato un passaggio/canale sul mare era di tre stadi (circa 600 metri) e la striscia di terra che veniva dopo era della stessa larghezza, ma le due zone successive, una d'acqua e l'altra di terra erano di due stadi, e quella che circondava l'isola centrale era solo uno stadio di grandezza. L'isola in cui si trovava il palazzo aveva un diametro di cinque stadi (circa 1 chilometro). Tutto ciò, incluse le zone e i porti, i quali avevano una larghezza pari alla sesta parte di uno stadio, circondarono con mura di pietra su ogni lato, aggiungendo torri e porte sui ponti in cui passava il mare. Le pietre usate per il lavoro furono scavate dal sottosuolo del centro dell'isola e dal sottosuolo delle aree più interne e più esterne. Un tipo era bianca, un altro nera ed un terzo rossa. E come le estraevano, essi allo stesso tempo scavavano un doppio magazzino, che aveva i tetti formati dalla roccia nativa. Alcune delle loro costruzioni erano semplici ma in altre essi misero assieme pietre differenti, variando i colori per compiacere gli occhi e per essere una sorgente naturale di delizia. L'intero circuito del muro, che circondava la zona più esterna, essi la ricoprirono con un tappeto d'erba e il circuito del muro essi ricoprirono con metallo argenteo/bianco, e il terzo che circondava la cittadella luccicava della lucentezza rossa dell'oricalco.
I palazzi all'interno della cittadella erano costruiti in questo modo: nel centro c'era un tempio sacro dedicato a Cleito e Poseidone, che risultava inaccessibile ed era circondato da un recinto d'oro. Questo era lo spazio in cui le famiglie dei dieci principi all'inizio videro la luce e in quel luogo le persone annualmente portava i frutti della terra nella loro stagione da ognuna delle dieci porzioni, come offerta da parte dei dieci principi. Qui c'era il tempio di Poseidone che aveva la lunghezza di uno stadio e la larghezza di mezzo stadio e l'altezza in proporzione, aveva uno strano aspetto barbarico. Tutta la parte esterna del tempio, ad eccezione delle torri, fu ricoperta d'argento e le torri d'oro. All'interno del tempio il tetto era d'avorio, curiosamente rivestito in ogni luogo con oro, argento ed oricalco. e tutte le altre parti, le pareti e le colonne e il pavimento, essi ricoprirono con oricalco.
Nel tempio essi misero statue d'oro: c'era lo stesso dio in piedi in un calesse, il calesse con sei cavalli alati, ed aveva una dimensione tale che toccava il tetto della costruzione con la sua testa. Intorno a lui c'erano un centinaio di nereidi che cavalcavano delfini, per questo si é pensato essere il loro numero degli uomini di quei tempi. Nell'interno del tempio c'erano anche altre immagini che erano state offerte da privati. E intorno al tempio, all'esterno, vi erano piazzate statue d'oro di tutti i discendenti dei dieci re e delle loro mogli, e c'erano molte altre grandi offerte di re o di privati che arrivavano dalla città stessa e dalle città straniere sulle quali essi avevano influenza. C'era anche un altare che in quanto a dimensioni e a lavorazione corrispondeva alla magnificenza del luogo, e i palazzi, allo stesso modo, rispondevano alla grandezza del regno e alla gloria del tempio.
Nel posto successivo esse avevano fontane, una d'acqua fredda e un'altra di acqua calda, che scorrevano con grazia e abbondanza; ed erano splendidamente adatte all'uso grazie alla piacevolezza ed eccellenza delle acque. Essi costruirono edifici nei pressi e piantarono alberi costruirono anche cisterne, alcune a cielo aperto, altre ricoperte da tettoie, da usare in inverno come bagni caldi; c'era il bagno del re e i bagni di privati, che erano tenuti a parte, e c'erano bagni separati per le donne, per i cavalli e per il bestiame ed ognuno di questi era ornato nel modo migliore. Delle acque che scorrevano via essi ne portavano una parte nel boschetto di Poseidone, dove crescevano tutti i tipi di alberi di stupenda altezza e bellezza grazie all'eccellenza del suolo, mentre l'acqua che avanzava era convogliata per mezzo di acquedotti lungo i ponti verso i cerchi esterni, e vi erano molti tempi costruiti e dedicati ai numerosi dei, anche giardini e luoghi per esercizi, alcuni per uomini, altri per i cavalli, in entrambe le due isole formate dalle zone; e nel centro della più larga delle due c'era una pista da corsa larga uno stadio e lunga quanto tutta l'isola, in cui potevano correre i cavalli. C'erano inoltre stazioni di guardia, ad intervalli, per le guardie, le più fidate delle quali erano incaricate di tenere d'occhio la zona più piccola che era più vicina all'acropoli, dove i più fidati avevano le case dategli nei pressi della cittadella vicino ai familiari dei re. I porti erano pieni di triremi e di magazzini navali e tutto era quasi pronto all'uso. Sufficiente per il piano del palazzo reale.
Lasciando il palazzo e attraversando le tre zone, si arrivava ad un muro che iniziava sul mare e faceva tutto il giro: questo era in ogni punto distante cinquanta stadi dalla zona più larga o parte, e la racchiudeva interamente, i due capi del muro si incontravano all'ingresso del canale che conduceva al mare. L'intera area era densamente popolata di abitazioni e il canale e il più largo dei porti erano pieni di vascelli e mercanti che arrivavano da tutte le parti che, per il loro numero, risuonavano di una moltitudine di suoni di voci umane e di rumori e suoni di tutti i tipi di notte e di giorno.
Io ho descritto la città e i dintorni dell'antico palazzo circa con le parole di Solone e ora devo cercare di descrivere la natura e la sistemazione del resto della terra. L'intero paese era detto da lui essere molto elevato e a precipizio dalla parte del mare, ma la parte del paese nelle immediate vicinanze e intorno alla città era una pianura livellata, essa stessa circondata da montagne che si tuffavano nel mare, era regolare ed uniforme e aveva una forma oblunga, estendendosi in una direzione per tremila stadi, ma attraverso il centro erano duemila. Questa parte dell'isola guardava verso sud ed era riparata dal nord. le montagne circostanti erano celebri per il loro numero e dimensione e bellezza, e al di là di tutto ciò che ancora esiste, essi possedevano al loro interno anche molti salubri villaggi nella campagna, e fiumi, e laghi e pascoli che rifornivano sufficiente cibo per ogni animale, selvatico o d'allevamento, e molto legno di vari tipi, abbondante per ogni tipo di lavoro.
Ora descriverò la pianura, come era affascinante per natura e per il lavoro di molte generazioni di re attraverso lunghi anni. Era per la maggior parte rettangolare ed oblunga, e poi discendeva seguendo la linea del canale circolare. La profondità, la larghezza e la lunghezza di questo canale erano incredibili e davano l'impressione che un lavoro di una simile estensione, sommato a molti altri, non sarebbe mai potuto essere artificiale. Nonostante ciò, io devo dirvi ciò che mi venne raccontato. Era scavato della profondità di un centinaio di piedi e la sua larghezza era di uno stadio in ogni punto, era stato realizzato intorno alla intera pianura ed aveva una lunghezza di diecimila stadi (quasi 2000 chilometri!) Riceveva i flussi d'acqua che venivano giù dalle montagne e che circolando intorno alla pianura e incontrandosi in città finivano infine nel mare. Inoltre nell'interno, similmente, canali diritti di cento piedi di larghezza erano tagliati da esso per tutta la pianura e quindi si gettavano nel canale in direzione del mare. Questi canali erano posti ad intervalli di cento stadi e grazie a questi essi portavano giù la legna dalle montagne alle città e convogliavano i frutti della terra in navi, tagliando passaggi trasversali da un canale ad un altro e verso la città. Due volte l'anno si raccoglievano i frutti della terra, in inverno grazie ai benefici delle piogge del cielo, in estate grazie all'acqua che proveniva dai canali.
In quanto alla popolazione, ognuno dei gruppi della pianura doveva scegliersi un capo per gli uomini abili al servizio militare e la dimensione di ogni territorio era un quadrato di 10x10 stadi e il numero totale dei lotti era di 60.000. E degli abitanti delle montagne e del resto del paese ve ne erano una grande moltitudine che era distribuita tra i lotti e aveva i capi assegnati loro in accordo con i loro distretti di appartenenza e i villaggi. Al capo era richiesto in tempo di guerra di fornire la sesta parte di un carro da guerra, così da avere fino a diecimila carri da guerra, oltre a due cavalli e relativi cavalieri e una coppia di cavalli da carro senza sella, accompagnati da uno stalliere che potesse combattere appiedato portando un piccolo scudo e avendo un carrettiere che stesse dietro l'uomo armato per guidare i due cavalli; gli veniva richiesto di fornire due soldati completi di armi pesanti, due portatori, tre lanciatori di pietre e tre lanciatori di giavellotto che erano stati dotati di armi leggere, e quattro marinai per essere di completamento di 1200 navi. Questo era l'ordinamento militare della città del re, l'ordinamento degli altri nove governatorati variava, e sarebbe monotono render conto delle differenze.
In quanto agli uffici ed onori ciò che segue era quello che riguarda il primo. Ognuno dei dieci re, nella sua divisione e nella propria città aveva il controllo assoluto sui cittadini e, nella maggioranza dei casi, anche delle leggi, punendo e condannando a morte a proprio piacimento. Dunque, l'ordine di precedenza tra essi e le mutue relazioni erano regolate dalle disposizioni di Poseidone che aveva creato le leggi. Queste furono incise dai primi re su una colonna di oricalco, posizionata al centro dell'isola nel tempio di Poseidone, dove i re si riunivano assieme alternativamente ogni quinto e sesto anno, in questo modo rendendo onore uguale ai numeri pari e dispari. E quando essi erano riuniti assieme si consultavano sugli interessi comuni e si interrogavano se qualcuno avesse trasgredito in qualcosa e venivano sottoposti a giudizio e prima di essere giudicati essi si scambiavano reciprocamente solenni promesse in questo modo: C'erano tori che stavano nei pressi del tempio di Poseidone e i dieci re, essendo doli nel tempio, dopo aver offerto preghiere al dio affinché essi potessero catturare la vittima giusta per lui, uccisero i tori, senza armi ma con ..... e con cappi, e il toro che acchiappavano essi portarono di fronte alla colonna e gli tagliarono la gola su di essa così che il sangue cadesse sulle sacre iscrizioni.
Ora, sulla colonna, affianco alle leggi, vi era scritta una preghiera che invocava potenti punizioni per il disobbediente. Quando inoltre, dopo aver sacrificato il toro nel modo adeguato, essi avevano bruciato le sue cosce, essi riempivano una boccia di vino e preparato un coagulo di sangue per ciascuno di essi, mettevano al fuoco il resto della vittima, dopo aver purificato la colonna tutto intorno. Quindi essi versavano dalla boccia in calici d'oro e versavano una libagione sul fuoco, essi giuravano che essi avrebbero giudicato in accordo alle leggi della colonna e avrebbero punito colui che in qualche punto le avesse trasgredite, e per il futuro essi non avrebbero, se potevano aiutare, mancato contro le scritture della colonna, e mai avrebbero comandato gli uni sugli altri, ne obbedito ad alcun ordine da parte loro di agire diversamente da quanto previsto dalle leggi del loro padre Poseidone. Questa era la preghiera che ognuno di essi offriva per se stesso e per i propri discendenti, contemporaneamente bevendo e sacrificando dalla coppa in cui essi bevettero nel tempio del dio; e dopo aver cenato e soddisfatto i loro bisogni, quando scendeva l'oscurità e il fuoco del sacrificio era freddo, tutti indossavano i loro più bei vestiti azzurri e sedendo in terra di notte, sopra le brace dei sacrifici che avevano compiuto e estinguendo tutto i fuoco intorno al tempio, essi ricevevano e davano giudizio, se qualcuno di loro aveva una accusa contro qualcun altro, e quando essi giudicavano durante l'intervallo del giorno scrivevano le loro sentenze in una tavoletta d'oro e la dedicavano assieme alle loro cose affinché restasse a memoria.
C'erano molte leggi speciali riguardanti i differenti re, incise nei templi, ma la più importante era la seguente: essi non potevano prendere le armi l'uno contro l'altro e dovevano intervenire in soccorso se qualcuno in una qualunque delle città avesse cercato di rovesciare la casa reale; similmente ai loro antenati essi dovevano deliberare in comune sulla guerra e su altri argomenti, dando la supremazia ai discendenti di Atlas. E il re non aveva il potere di vita e di morte su nessuno dei suoi parenti senza l'assenso della maggioranza dei dieci.
Questo era il vasto potere che il dio aveva donato alla perduta isola di Atlantide e questo egli più tardi diresse contro la nostra terra per le seguenti ragioni, così come racconta la tradizione. Per molte generazioni, fino a che la natura divina restò in loro, essi rispettavano le leggi e ben affezionati al loro dio,.di cui il seme essi erano; per questo essi possedevano sinceri e sempre grandi spiriti, unitamente a gentilezza e saggezza nei vari casi della vita e nelle relazioni tra gli uni e gli altri. Essi rispettavano ogni cosa per virtù, curandosi poco del loro presente stato e pensando illuminatamente al possesso di oro e di altre proprietà, che per loro sembrava solo un peso; essi non venivano intossicati dalla lussuria ne privati del loro autocontrollo ma erano sobri e vedevano chiaramente che tutti questi beni erano accresciuti da virtù e amicizia dell'uno con l'altro, in contrasto con il grande riguardo e rispetto per loro, essi si sono persi e con essi l'amicizia tra loro. Per simili riflessioni e per la prosecuzione in loro della natura divina, le qualità che abbiamo descritte crebbero e aumentarono tra loro, ma quando la parte divina cominciò a scomparire venendo troppo diluita con la parte mortale, e la natura umana divenne la parte più grande, essi allora divennero incapaci di gestire la loro fortuna, reagirono in modo indecente e a colui che aveva un occhio per vedere visibilmente incrementato il degrado, perché essi stavano perdendo la parte migliore dei preziosi doni, ma per coloro che non avevano occhi per vedere la vera felicità, essi apparivano gloriosi e santi anche quando essi erano pieni di avarizia e di ingiusta potenza. Zeus, il dio degli dei, che governa secondo la legge, ed é capace di guardare queste cose, percependo che un giusto corso della vita era in cattivo stato e desiderando infliggere una punizione su di loro, così che essi potessero essere castigati e corretti, raggruppò tutti gli dei nella più santa tra le loro abitazioni che, essendo posta al centro del mondo, poteva osservare tutte le cose create. E quando li ebbe riuniti tutti parlò così:...

Fine
____________________

Il resto del testo non ci é mai arrivato... peccato!
Spero vi sia piaciuto almeno quanto é piaciuto a me... e se trovate errori o qualche parte fosse poco comprensibile, contattatemi cosicché possa effettuare la correzione...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 30 giugno 2009

Il biscione di Milano... tra storia e leggenda!

Talvolta capita, quasi per caso, di scoprire o pensare di aver scoperto qualcosa da tempo dimenticato...
Talvolta si sbaglia, altre volte si ha ragione!
Non sono certo io a poter dire se la cosa sia o meno fondata ma posso sicuramente far notare ciò che ho in qualche modo riscoperto... e come la cosa sia accaduta!

Tutti, per averlo visto almeno in Tv, sappiamo che uno dei simboli di Milano é il biscione, il drago con in bocca un uomo... tale simbolo, di origine più o meno ignota, fu utilizzato da importanti famiglie del passato, tra queste i Visconti e gli Sforza.

Il simbolo araldico di queste famiglie è un serpente o drago che ingoia un bambino o uomo.
Tra le spiegazioni che vengono date ve ne sono alcune legate alla religione e altre legate a leggende antiche. Il serpente per alcuni è il Basilisco o "re dei serpenti", capace di uccidere con il solo sguardo.

Girando per la Lombardia e il Piemonte é possibile trovare il simbolo, con alcune lievi varianti, in tantissimi gonfaloni dei comuni.
Visitando l'Isola di San Giulio, sul lago d'Orta, in Piemonte, mi é capitato di notare lo stesso simbolo e l'Isola stessa veniva raffigurata come un covo di serpenti, liberata da San Giulio nel 390 d.C..
Sull'isola venne costruita una basilica... ricca di simboli di tutti i tipi!

Ma torniamo ancora indietro nel tempo, come in un viaggio alla ricerca del passato dimenticato da tutti o talvolta semplicemente nascosto tra le righe di un libro...
Euripide (Salamina 480-Pella 406 a.C.), autore tra l'altro della tragedia "le Fenicie", tragedia scritta per non dimenticare il dramma della lotta fratricida tra i figli di Edipo, Eteocle e Polinice, compiutosi a Tebe. Senza raccontarvi la tragedia, che potete trovare in lingua italiana su internet, voglio però far notare un punto in cui si descrive lo scudo di Adrasto, Re di Argo, che per essersi legato con Polinice avendogli dato in sposa una delle figlie, lo aiuta nella lotta contro il fratello.
Ecco la descrizione dello scudo di Adrasto:

"Alla settima porta era schierato
Adrasto: a lui lo scudo empieano cento
vipere impresse, e col sinistro braccio
l'idre reggeva, onde Argo insuperbisce.
E con le fauci, di mezzo alla rocca,
i figli dei Cadmèi rapian quei draghi."

Come é possibile vedere, il drago/serpente era presente nello scudo e presumibilmente stava ingoiando un bambino Cadmeo, cioè di Tebe. Cadmo era infatti il mitico fondatore di Tebe.

Forse non é niente altro che la mia immaginazione, ma a me tutto ciò fa pensare...

E se il simbolo del drago fosse, dunque, molto più antico di ciò che comunemente si crede?
E se si trattasse di un simbolo di una popolazione esistente 1300 anni a.C. e forse prima?
E se fosse proprio il simbolo di Tebe, costruita secondo la leggenda da una razza di uomini generata dai "denti di un drago", seminati da Cadmo per volere degli Dei? Sul fatto che il drago fosse simbolo di Tebe a dar retta sempre alle Fenicie di Euripide, non vi possono essere dubbi:

"O Terra, fra i barbari udii raccontar nella patria che tu la progenie generasti che nacque dai denti del drago crestato di porpora, pasciuto di belve, che fregio fu di Tebe".

La guerra tra Eteocle e Polinice, se mai vi fu, doveva essere avvenuta prima della guerra di Troia in quanto lo stesso Omero ne parla nell'Iliade (Libro IV, 375-381) quando, parlando di Tideo, dice:

"Così dissero quelli che l'han visto combattere; io mai l'ho incontrato ne visto: ma dicono fosse migliore di tutti. Egli venne una volta a Micene, però non in guerra, ospite, col divino Polinice, raccogliendo soldati; essi allora movevano in campo contro le mura sacre di Tebe, e supplicavano molto che dessero scelti alleati..."

Il riferimento é chiaramente diretto alla guerra tra Polinice ed Eteocle!

Occorre poi considerare che una delle popolazioni che partecipò alla guerra di Troia era conosciuta come "Eneti" che già dall'antichità sta ad indicare i nostri "Veneti"!

Dunque, per concludere, mi sembra corretto dire che ciò che ho scritto é frutto di mie considerazioni basate su libri "non riconosciuti come storici" e su fatti che non é garantito siano mai avvenuti... l'unica certezza è che ancora oggi é possibile ammirare il biscione con in bocca un bambino... che fosse uno dei figli dei Cadmei?!?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 27 giugno 2009

Riflessioni sui Fenici

Rifletto...
L'oggetto della riflessione?
I Fenici...
Qualche tempo fa un amico studioso della storia della Sardegna mi ha invitato a riflettere sui Fenici e sulla loro realtà storica!
Risposi che non sapevo se i Fenici fossero esistiti realmente o meno ma che ero convinto, come lo sono tutt'ora, che quella parte di storia antica e in particolare la civiltà Fenicio-Punica aveva qualcosa di strano... forse una storia differente da quella nota e che magari un giorno sarebbe venuta a galla!
Diverse volte o ripensato ai Fenici e oggi, per caso, durante una delle mie solite visite in libreria, mi sono fermato a leggere un libro dal titolo "Le Fenicie" di Euripide...
Conoscevo l'esistenza di questo testo e fa parte della lista dei libri che devo comprare per la mia biblioteca... ma, tornando al discorso, apro alla prima pagina e leggo...

"oh, come infausto
sopra Tebe quel dí scagliasti i raggi,
quando, lasciata la fenicia terra
cinta dal mare, a questo suolo giunse
Cadmo"

Giocasta, rivolgendosi al Dio-Sole parla di Cadmo e di quando egli lasciò la sua terra, la Fenicia circondata dal mare...
Circondata dal mare?!?
Come é possibile?
E allora comincio la ricerca su internet...
traduzioni diverse dicono cose diverse, come sempre...
Per alcuni la terra Fenicia é vicino al mare, per altri é circondata dal mare...
Anche questa volta devo combattere con l'ambiguità di testi diversi...
Alla fine niente di fatto, occorre chiedere supporto a chi conosce il greco!

La domanda é la seguente: la Fenicia é circondata dal mare oppure lambita dal mare?
Seppure la cosa possa sembrare irrilevante, così non é... se infatti fosse circondata dal mare, la Fenicia sarebbe un'isola... e non una striscia di terra del Mediterraneo Orientale!

Poco più avanti nel testo si dice ancora più chiaramente che

" Lasciando il Tirio pelago,
dell'isola Fenicia, al Nume ambiguo,
primizia di vittoria
venni, ministra al tempio
di Febo"

Sembra dunque appurato che, secondo Euripide e quanto scrisse nella sua opera, la Fenicia sia proprio un'isola...

Allora, per tornare alla riflessione... i Fenici furono realmente un popolo oppure no?!
E se si, quale fu la loro terra d'origine? Una striscia di terra ad est del Mar Mediterraneo o un'isola da qualche parte nel Tirio pelago?

Ancora non sono in grado di rispondere...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 24 giugno 2009

Passato, presente e futuro...

Io credo che si debba pensare al passato come ad un buon, severo, maestro di vita,

si debba vivere il presente quanto basta per non aver rimorsi,

si deve preparare il futuro per consentire ai nostri figli di vivere meglio di noi...

e questo é il punto più difficile!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 10 giugno 2009

UTOPIA... di Thomas More

"Ovunque infatti si possono trovare creature orribili che divorano esseri umani, mentre non é così semplice trovare esempi di sani ordinamenti civili".

Chi ha letto Utopia di Thomas More (Londra 1478-1535), famoso statista e umanista inglese certamente non si stupisce di fronte alla frase che ho riportato poco fa... a ben pensarci anche chi non ha letto Utopia ha comunque ben poco da stupirsi di fronte a questa frase!

Ma siccome penso che i lettori di un libro dal titolo così particolare non siano poi tanti allora cosa posso fare se non intervistare il grande statista?
Sempre che egli sia disponibile chiaramente...

Eccellenza, posso farle alcune domande per i nostri lettori?

Alessandro, chiamami pure Tommaso, per voi italiani penso sia meglio...

La ringrazio Eccell.. ehm, Tommaso!
Posso farti alcune domande, dunque?

Dipende... non troppo compromettenti sai, non vorrei dover pagare per ciò che dico...

Mi prendi in giro Tommaso? Credo che tutti sappiano ciò che ti é accaduto...

Alessandro, la gente dimentica... soprattutto chi e scomodo!

Chissà... forse hai ragione!
Ma possiamo parlare del tuo libro?
Cosa é Utopia?

Domanda scontata... dovevo immaginarlo! Utopia... vediamo, potrei risponderti con "un luogo che non é".

Risposta scontata, dico io! Seriamente, cosa é Utopia? Cosa ci volevi dire tra le righe del tuo libro?
Da chi hai preso spunto?

Dai, lo sai anche tu... ho preso spunto, come dici tu, da tante letture che ho fatto nel tempo! La Repubblica di Platone... per esempio. L'hai letta?

Si... tempo fa. Ma poi? Mi sembra che per certi aspetti tu ti sia rifatto anche ad altre opere di Platone... il Timeo per esempio, il Crizia forse. Ma anche altri autori posteriori hanno scritto su questi argomenti!

Si, hai ragione, sono in tanti ad aver cercato di capire e descrivere l'organizzazione sociale perfetta. Quasi sempre con scarsi risultati... ma, cosa ancora peggiore, talvolta qualcuno ha cercato di mettere in pratica le proprie idee relative alla società perfetta e i risultati sono stati ancora più disastrosi, non pensi?

Credo di si. Hai ragione. Ma perché é così?
Cercherò di spiegarmi meglio... perché è così difficile creare una società equa, in cui l'uomo possa vivere a suo agio e in pace col prossimo?

Alessandro... la risposta é semplice, il problema é l'Uomo... infatti al contrario di quello che talvolta si dice, la verità é che la realtà umana non sarà mai perfetta, almeno fino a quando non lo saranno gli esseri umani, cosa che non si realizzerà mai!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 6 giugno 2009

La steganografia da Erodoto a Bin Laden di Nicola AMATO


Che dire di più?
Il titolo dice tutto direte voi!
Forse é così, ma forse é meglio spendere qualche parola... sia perché Nicola é un amico, sia perché il suo libro merita di essere letto anche da chi non é assolutamente interessato alla steganografia!
Ma entriamo subito nel vivo e immaginiamo di intervistare l'autore...
Nicola, o forse dovrei chiamarti "Professore", posso farti alcune domande?
Certo Alessandro, chiedi pure...
La prima é una domanda semplice, cosa é la steganografia?
Bene, non perdiamo tempo allora, devi sapere che la parola steganografia deriva dall'unione di due vocaboli greci, stèganos che vuol dire nascosto e gràfein che significa scrivere...
La steganografia é dunque l'insieme delle tecniche che consente a due o più persone di comunicare tra loro in modo tale da nascondere l'esistenza della comunicazione agli occhi di un eventuale osservatore, cosa diversa dalla crittografia!
Ma per cosa viene utilizzata la steganografia?
Esistono vari utilizzi, leciti e illeciti.
La steganografia può essere impiegata per permettere di riconoscere la proprietà intellettuale su un file, una foto o altro come può essere impiegata per inviare messaggi tra terroristi della stessa rete... magari quella di Bin Laden...
Ma dimmi, da quanto tempo si conosce e si usa la steganografia? Perché non si tratta certamente di tecniche recenti sviluppate con la nascita del computer e di internet...
Hai perfettamente ragione, stiamo parlando ti tecniche antiche, anzi antichissime...
Possiamo trovare traccia della esistenza della steganografia già in Erodoto nella sua opera "Storie". Durante la guerra tra greci e persiani vennero usate delle tavolette per la scrittura in modo particolare, la scrittura infatti venne incisa direttamente sulla tavoletta e poi ricoperta di cera così da far sembrare di aver a che fare con tavolette ancora non utilizzate (normalmente si incideva la cera asciutta!). In questo modo Demarato riuscì a far arrivare notizie dei preparativi di guerra di Serse.
Interessante...
Si, molto... la storia della steganografia é interessantissima... uno dei personaggi più interessanti é forse l'abate tedesco noto come "Trithemius", nel 1500 scrisse un trattato dal titolo "Steganographia" in cui tra le altre cose dice che condurrà il lettore a inviare messaggi a qualunque distanza senza ausilio di testi scritti, oggetti, segnali o messaggeri.
Oggi si può fare con l'uso delle onde radio, ma allora per quanto ne so nessuno le aveva ancora studiate... anche se anche Galileo accenna a qualche cosa di simile...
Sai Nicola mi piacerebbe farti altre domande ma va a finire che poi annoiamo chi legge... dunque grazie!
Ho letto il libro con interesse e lo farò ancora più avanti... dopo aver approfondito con la lettura degli antichi testi...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 24 maggio 2009

La scrittura ai tempi della guerra di Troia

Spesso si sente dire che Iliade ed Odissea siano state tramandate oralmente e poi solo molti secoli dopo raccolte e pubblicate...
Ma cosa c'é di vero in questo?
E per quale motivo gli antichi avrebbero dovuto tramandare questi poemi oralmente, senza scriverli?

Di solito si dice che la scrittura, a quei tempi non esisteva (ricordo che attualmente si pensa che la guerra di Troia sia avvenuta intorno al 1280 a.C.), ma siamo sicuri che ciò sia vero?

A me risulta che le cose siano ben diverse...

Troia é situata in Asia Minore e se andiamo a vedere le popolazioni che confinavano con la Troade in quei periodi vi troviamo senza fatica popoli che la scrittura la conoscevano eccome!
Forse non conoscevano la scrittura greca... teoricamente venuta dopo, ma sicuramente conoscevano la scrittura cuneiforme e geroglifica!
Ad est della Troade si trovavano le terre di Hattusa, le terre del popolo che noi conosciamo col nome di Ittita. Di questo popolo abbiamo testimonianze scritte anche antecedenti al 1300 a.C.!
Esistono anche testi che parlano di una città di nome Wilusa che da alcuni studiosi é identificata con Ilios/Troia!
La vita in quel tempo era probabilmente molto più globalizzata di quello che oggi normalmente si pensa... ma questa é solo una mia opinione!

Torniamo all'argomento iniziale... la scrittura ai tempi della guerra di Troia.
Esiste almeno una testimonianza diretta dell'esistenza della scrittura all'interno delle opere attribuite ad Omero, ma vediamo subito di che si tratta:

[Iliade, libro VI, 160-170]
Con lui bramava la donna di Preto, Antea gloriosa, unirsi furtiva d'amore; né quello davvero persuase, poich'era saggio Bellerofonte magnanimo. Essa allora parlò mentendo al re Preto: "Preto, che tu possa morire, se non ammazzi Bellerofonte; a me volle unirsi d'amore, ma io non lo volli!"
Disse, e il furore s'impadronì del re, tal cosa udiva. Ma si guardò dall'ucciderlo, n'ebbe scrupolo in cuore, e lo mandò nella Licia, gli diede dei segni funesti, molte parole di morte tracciando su duplice tavola, e ingiunse, per farlo perire, che la mostrasse al suocero.

Ora, senza perdere troppo tempo anche per evitare di annoiare il lettore che può, se interessato, leggere tutto il brano direttamente dall'Iliade, sembra abbastanza chiaro che il re Preto mandò al re della Licia, che era un suo parente, una doppia tavoletta incisa che portava delle informazioni a chi era in grado di leggerla, vi si chiedeva la morte del latore, Bellerofonte!

Dunque, la scrittura era sicuramente nota al tempo della guerra di Troia (1280 a.C.) e non solo, doveva essere nota anche la crittografia...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 23 maggio 2009

Prime

Versi di fine millennio
Raccolti tra i sassi
Di luoghi remoti
Ove l’anima nera diventa
Fatta di sogni e bugie
Il ritorno dal viaggio
Una nuova partenza.

Versi del terzo millennio
Speme di pace e sconfitta
Raccolta di altre parole
Città diverse vissute
O intraviste soltanto
Non ho ascoltato esperanto
Ho guardato di nuovo le guerre.

Giuseppe MARCHI

venerdì 22 maggio 2009

Bhagavad-gita: la reincarnazione delle anime...

L'anima...
Cosa é questa strana parola?
Cosa c'é dietro?
Quale sostanza o potenza la compone?

Queste domande non hanno mai trovato risposta e probabilmente non vi saranno mai risposte!

Ciò che si può fare, però, é chiedersi cosa pensano i diversi popoli e le diverse religioni sull'anima... e così scopriamo che per alcuni l'anima é immortale!

[Baghavad-gita 2,12]
Mai ci fu un tempo in cui non esistevamo, Io, tu e tutti questi re; e mai nessuno di noi cesserà di esistere.

Così diceva il Signore Beato, Krsna, rivolgendosi ad Arjuna, sul campo di battaglia di Kuruksetra...

[Baghavad-gita 2,13]
Come l'anima incarnata passa, in questo corpo, dall'infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l'anima passa in un altro corpo all'istante della morte. L'anima realizzata non é turbata da questo cambiamento.

L'anima passa dunque da un corpo all'altro all'istante della morte... anima immortale!


[Baghavad-gita 2,17]
Sappi che non può essere annientato ciò che pervade il corpo. Nulla può distruggere l'anima eterna.

Anima immortale, persisti dopo la morte del corpo... ma perché questo concetto é così importante?
Perché i saggi, i guerrieri, i re, erano convinti o dovevano essere convinti dell'immortalità dell'anima?

Forse per poter compiere il loro dovere senza porsi il problema della sopravvivenza?

Il corpo può morire... ma non importa se sai che l'anima é immortale e che si reincarnerà, per sempre...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Tito Livio: la morte di Remo...

Precedenti:

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo...

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buon pomeriggio Maestro,
come sta?

"Ciao Alessandro, io sto bene e tu?
Come proseguono i tuoi studi?
E' un po che non ci sentiamo..."

Ha ragione Maestro, le chiedo scusa...

"Non ti devi scusare, so bene che comunque i tuoi studi proseguono incessantemente... come va la lettura di Polibio?"

Maestro, sa anche questo?

"E' naturale... noi abbiamo accesso a tutte le informazioni che ci occorrono!"

Capisco... io cerco di seguire la regola che occorre studiare tutti gli autori, al fine di evitare di sentire una sola campana! Questo mi permette di farmi una mia idea sugli avvenimenti accaduti...

"Ed hai pienamente ragione, bravo, continua così!
Ma ora cosa ne dici se andiamo avanti con la storia di Roma? Siamo arrivati al dunque..."

E si, l'ultima volta abbiamo visto che Romolo e Remo, assieme al nonno Numitore hanno ucciso il re Amulio... cosa accadde poi?

"Accadde che Numitore tornò ad Alba come re... alla popolazione si erano aggiunte le schiere di Romolo e Remo e di Numitore, troppe persone per una sola città!
Romolo e Remo decidono così di lasciare Alba e fondare una loro città. Romolo si portò sul colle Palatino mentre Remo si fermò sull'Aventino. Sarebbero stati gli dei a decidere chi dei due avrebbe regnato sulla nuova città... l'attesa non fu lunga, sei avvoltoi passarono sul colle Aventino e Remo e i suoi li videro. Ciò avrebbe dovuto significare che Remo era destinato a regnare sulla nuova città, ma in quel mentre anche Romolo scorse degli avvoltoi, questi erano addirittura dodici..."

Ecco, ora iniziano i guai...

"Proprio così! Nessuno dei due aveva intenzione di cedere il comando all'altro, così, dimenticatisi di essere fratelli, si azzuffarono, e con loro le loro schiere! Remo rimase a terra, colpito a morte..."

Il potere... sempre il potere di fronte a tutto, anche alla famiglia! Perché l'uomo é così stupido, Maestro?

"Non so cosa dirti Alessandro... se non che la penso come te!
Ma lasciami dire che esiste anche un'altra leggenda sulla morte di Remo. Secondo questa versione durante la costruzione delle mura della città Remo saltò dalla parte del fratello in segno di scherno ma il fratello, preso dall'ira lo uccise urlando: 'Patisca la stessa sorte chiunque abbia ad oltrepassare le mie mura'."

Che storia... o leggenda che sia!

"Per Remo fu in ogni caso la fine, per Roma invece questo fu, secondo la leggenda, l'inizio..."

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 20 maggio 2009

Polibio e l'importanza della storia

Polibio nacque a Megalopoli intorno al 200 a.C., la sua fama ancora oggi é legata alla sua opera in 40 volumi dal titolo "Storie". Il suo interesse é per la storia di Roma ma in queste poche righe introduttive non parlerò della storia di Roma, ma dell'importanza della storia per questo grande storico antico.
L'importanza della storia... ne hanno parlato tutti i grandi storici, invocando gli uomini a studiare e conoscere i fatti accaduti per capire ed evitare errori già commessi.
Polibio non é da meno!
Secondo lui "per gli uomini non esiste altro strumento educativo più efficace della conoscenza delle vicende trascorse" in quanto "gli insegnamenti che si traggono dalla storia sono l'educazione e l'esercizio più efficace per l'azione politica e [..] il ricordo delle vicissitudini occorse agli altri é l'unico e il più chiaro maestro di come si possano affrontare con dignità i rovesci della sorte".

E forse possibile dargli torto?
Direi di no... allora mi chiedo, e lo chiedo a tutti voi, perché nelle scuole (o almeno quelle che ho fatto io!) la Storia era così poco importante?
Perché il programma non veniva mai terminato?
Perché periodi interi della nostra storia patria venivano semplicemente saltati?
Verrebbe da pensare che la cosa sia stata fatta intenzionalmente... ma chi guadagna dall'ignoranza (intesa come mancanza di conoscenza) della gente?

Domande senza risposta...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 18 maggio 2009

Egizi e Ittiti, primo trattato internazionale?

Solo poche righe per incuriosire... dal libro sugli Ittiti, il popolo dai mille dei, il popolo che usava il ferro e forse l'acciaio, durante quello che é considerato il periodo del bronzo!

Due grandi re, Ramesse II per gli Egizi, Hattusili III per gli Ittiti; forse é loro il primo trattato internazionale in cui si bandisce la guerra come mezzo per la soluzione delle controversie... se le datazioni sono corrette il trattato fu stipulato nel 1259 a.C. circa!

"Per quello che riguarda i rapporti fra il gran re, il re d'Egitto, ed il gran re, il re di Hattusa, così la divinità ha proibito per tutti i tempi, con questo trattato, che fra di loro ci possa essere guerra".

Meditate gente, meditate... 1259 a.C.!

Circa 3200 anni più tardi arriva la firma della Carta dell'ONU!

Ma le guerre non finirono, comunque...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 1 maggio 2009

L'Accademia festeggia... il suo secondo anno!

Cari amici, a conclusione del secondo anno dell'Accademia on-line occorre fermarsi un attimo e cercare di capire cosa é successo e come si può proseguire!
Intanto le statistiche:
Siamo passati da una media di 50 lettori al giorno a più di 100!
Ma da dove vengono i lettori?
Un po da tutto il mondo,nonostante la maggior parte degli articoli continui ad essere solo in italiano, con qualche articolo in tedesco (grazie Patrick)!
Ma occorre essere seri fino in fondo e verificare se abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo proposti. Cioè:

1. 100.000 pagine lette;

2. iniziare la traduzione in lingua inglese della pagina di poesia e di istanti di viaggio;

3. trasformare l'Accademia in una associazione vera e propria.

In merito al primo, niente da fare, solo 76.000 pagine visualizzate dall'inizio, dunque circa 50.000 nell'ultimo anno. Obiettivo non raggiunto!

In quanto al secondo, pure peggio se possibile, nessuna traduzione effettuata!

Terzo, l'Accademia continua ad essere non ufficiale!

Certo che se qualcuno dovesse valutarmi per le mie capacità manageriali... Obiettivi non raggiunti Rugolo, il progetto "Accademia" é chiuso e lei é licenziato!

Ma non essendo io un manager e contando sulla vostra clemenza e fiducia... l'Accademia continuerà ad operare, e se qualcuno mi aiuta, meglio di come é stato fatto fino ad ora!

Ma occorre cercare di capire cosa é successo... perché non é stato raggiunto alcun obiettivo?

Mea culpa... io mi lascio trascinare dalla passione del momento, così ho investito molto del mio tempo nello studio dei testi antichi, nello stringere rapporti di partecipazione con altri siti e con altri scrittori e studiosi di storia antica e di mitologia, nella creazione di un gruppo di sostenitori su Facebook, che ad oggi ha raccolto 963 iscritti!

Ecco perché non ho raggiunto gli obiettivi... diciamo che ho cercato di investire il mio tempo, in vece che in obiettivi a breve termine, in obiettivi a medio lungo termine... chissà!

Concludendo, cerchiamo di fissare degli obiettivi per l'anno che é appena iniziato:

1. 200.000 pagine lette;

2. iniziare la traduzione in lingua inglese di alcuni articoli... diciamo una decina;

3. trasformare l'Accademia in una associazione vera e propria.

Per finire un ringraziamento a tutti i Tuttologi, a quelli vecchi e a quelli nuovi, a quelli che partecipano assiduamente e a quelli che mi seguono da lontano, a quelli che leggono e basta e anche a coloro che, non volendo, ho disturbato!

L'obiettivo vero dell'Accademia é quello di svegliare dal torpore della vita quotidiana quei neuroni ancora sani che si trovano nei nostri cervelli, tutto il resto é solo di contorno!

Se sono riuscito, in qualche modo, a stimolare la nascita di un dubbio, una domanda o anche una semplice curiosità, beh, allora l'Accademia può andare avanti ancora!

Auguri Accademia, auguri a tutti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 29 aprile 2009

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo...

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buona sera maestro...
Possiamo proseguire la Storia di Roma?
E' disponibile oggi?

"Sono sempre disponibile verso chi ha voglia di imparare... sai Alessandro, non c'era tanta gente disponibile ad imparare ai miei tempi!
Dimmi Alessandro, ai tuoi tempi le cose vanno meglio?"

Maestro, ai miei tempi di fronte ad una domanda cui non vogliamo o non possiamo dare risposta diciamo: "Qual é la domanda di riserva?"
Mi perdoni, ma preferirei sentire Lei, magari ci potrebbe dire qualcosa di più su Romolo e Remo... se vuole!

"Alessandro, ricordi da chi prese il nome il Tevere?"

Certo maestro, da Tiberino, annegato mentre attraversava il fiume Albula, ma cosa centra questo?

"Niente... volevo solo vedere se mi hai seguito fino ad ora... Bravo!
Allora andiamo avanti.
Proca ebbe due figli, Numitore ed Amulio. Numitore ricevette in eredità il regno ma il fratello Amulio usò la violenza per allontanare Numitore dal regno quindi trucidò i suoi figli maschi e costrinse l'unica figlia, Rea Silvia, a diventare vestale per evitare che potesse generare dei discendenti legittimi che un giorno avrebbero potuto reclamare il trono. Rea Silvia però venne violentata dal dio Marte ed ebbe due gemelli. Amulio non era certo contento del fatto, fece incatenare Rea Silvia e ordinò che i due gemelli venissero abbandonati al fato, sul fiume Tevere..."

Una bella storia, maestro, ma cosa c'é di vero e quanto di mito?

"Domanda legittima, risposta impossibile anche per me!
Ma andiamo avanti.
La leggenda dice che i gemelli vennero abbandonati in una cesta ma che il Tevere li depositò in riva. Una lupa assetata che era scesa dalle colline li vide e li prese sotto la sua protezione allattandoli... Un pastore che si trovava li vicino chiamato Faustolo trovò la lupa con i due piccoli, li prese e li portò alla moglie Larenzia che li allevò."

La lupa... e si, questa storia si sente spesso a scuola, me la ricordo dalle elementari...

"Alessandro, devi sapere che ce chi dice che la lupa non fosse una vera lupa...
Pare infatti che Larenzia, la moglie di Faustolo, si prostituisse e che fosse conosciuta come "la lupa" dai pastori della zona..."

Ha! Questo non lo sapevo...

"Bene, questi due gemelli erano Romolo e Remo e crebbero quasi selvaggi in mezzo ai pastori, lavorando nelle stalle o pascolando le greggi, oppure girovagando per i boschi, cacciando e facendo preda. Fu proprio a causa delle loro attività che un giorno durante la festa in onore del dio Pan Liceo, la festa Lupercale, Remo fu catturato riconosciuto predone e condotto al re Amulio con l'accusa di aver invaso il territorio di Numitore..."

Numitore? Ma non era stato ucciso?

"No, era stato scacciato, allontanato dal regno, ma evidentemente non doveva essere poi tanto lontano...
Ma proseguiamo, dunque...

Remo, accusato di essere un poco di buono e di aver invaso il territorio di Numitore, venne inviato proprio a Numitore, che era il nonno, per essere punito.
Ora, Faustolo, il pastore, padre adottivo di Romolo e Remo, sospettava da tempo la verità ma non aveva mai detto niente, aspettando il momento giusto.
Così, valutato il pericolo, si decise finalmente a raccontare tutto a Remo. Intanto anche Numitore, avendo saputo che Romolo aveva un fratello gemello e ricordando i tragici avvenimenti della sua famiglia si era insospettito. Anche perchè Romolo aveva un carattere forte e fiero, degno di un re!"

Così Romolo e Remo con l'aiuto dei pastori e di Numitore uccidono il re Amulio...

"Vedo che hai studiato... bene!"

Si maestro, ma é sempre un piacere sentirla...
Ancora una volta grazie... ma mi sembra stanco, forse é meglio se si riposa, continueremo un'altra volta se per lei va bene.

"Ti ringrazio, un saluto a te e a tutti i tuoi lettori allora!

Grazie maestro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 26 aprile 2009

Il bivio della vita

C'era una volta un vecchio che aveva una casetta in campagna, era veramente tanto vecchio, ma così tanto che i suoi occhi non si vedevano più ricoperti com'erano dalle folte sopracciglia bianche... ed aveva una barba lunga e bianca e i capelli, anche essi bianchi, arrivavano quasi a terra...
Vicino alla sua povera casetta c'era un bivio, un grande incrocio pieno di gente di tutti i tipi... e dietro la casetta un grande parcheggio.
Il vecchio era veramente vecchio e aveva l'incarico di far passare la gente per una strada o per l'altra...
Quando arrivava una persona lui la prendeva per mano e la invitava nella sua povera casa, gli offriva quello che aveva e ci parlava per qualche minuto, poi lo indirizzava per una delle strade o per il parcheggio dietro casa... Una strada era la strada della sapienza, era una stradina stretta, ripida sin dall'inizio, non vi era asfalto ma solo buche e fango e spine lungo i bordi e di tanto in tanto veniva attraversata da animali selvatici di ogni specie... per questa strada si procedeva di giorno e di notte senza alcuna pausa, guidati da una luce che si vedeva talvolta, lontanissima... molti non arrivavano mai alla fine del loro percorso, ma per chi vi arrivava c'era un premio speciale... all'arrivo ci si trovava in cima ad un monte altissimo, da cui si poteva vedere tutto il mondo... l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande! E li si passava il tempo a parlare con i pochi che vi erano arrivati e a riflettere e a cercare il modo di aiutare il mondo e tutti gli uomini a vivere meglio...
L'altra strada era molto bella... era pavimentata con il migliore degli asfalti, quello anti pioggia, che ti permette di correre quanto vuoi anche sotto la pioggia... era sempre in discesa, e ben illuminata. Superato il bivio si poteva scegliere la macchina che si voleva usare per proseguire il viaggio in modo tale da essere più comodi possibile. Ogni tanto, lungo la strada, c'erano dei bellissimi alberghi per riposarsi, amici con cui far baldoria, giochi e divertimenti contro la noia e ogni tipo di distrazione...
E così si andava avanti per sempre fino a che un giorno non ci si accorgeva di aver finito il tempo a propria disposizione... senza aver fatto niente di niente che meritasse la pena di essere ricordato! Così le persone scomparivano e nessuno sapeva più niente di loro... qualcuno di quelli che era riuscito a tornare indietro per poi prendere la strada giusta diceva di essere arrivato fino alla fine della strada, di essersi fermato per caso o per fortuna, giusto sull'orlo di un immenso burrone senza fondo, dove andavano a finire tutti quelli che viaggiavano a bordo delle loro bellissime macchine...
Il vecchio sbagliava raramente, anche se qualche volta nel corso della sua lunga vita gli era capitato di incontrare qualcuno che tornava indietro dalla strada che aveva intrapreso per prendere quella giusta...
Ma la maggior parte delle persone venivano indirizzate al parcheggio, un posto ne bello ne brutto, dove si viveva modestamente in attesa di prendere una decisione...
E così il vecchio diventava sempre più vecchio e i suoi capelli crescevano e la sua barba diventava sempre meno barba e sempre più cotone...
E lui, il vecchio, era l'unico che aveva conosciuto tutti gli uomini di tutti i tempi e avrebbe continuato così, per sempre...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 25 aprile 2009

Pitagora secondo Tito Livio

Precedenti:

Aristotele, i Pitagorici e i corpi che si muovono nel cielo...
La sapienza degli antichi: Pitagora e gli strumenti per correggere i sensi
Giamblico - I misteri dell'Egitto
Moderazione...
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Pitagora... sempre lui.
Tito Livio doveva tenerlo in grande considerazione, e come lui i suoi predecessori!

Storia di Roma, volume I:
"Erano a quel tempo, famosi il senso di giustizia e la pietà di Numa Pompilio. Abitava a Curi, capitale dei Sabini, ed era l'uomo di maggior cultura, per quanto riguarda il diritto umano e divino, che si potesse trovare a quei tempi.
Secondo una ipotesi errata (ma in chi altro si sarebbe potuto identificare il suo maestro?) ad impartirgli l'insegnamento sarebbe stato Pitagora di Samo: ma sappiamo che costui raccoglieva attorno a sé, nelle regioni estreme d'Italia, a Metaponto, Eraclea e Crotone, dei giovani, tra loro in gara a chi dimostrava maggior zelo, quando a Roma, più di cento anni dopo, regnava Servio Tullio".

Ricordiamo che, secondo la cronologia oggi riconosciuta:

- Numa Pompilio, secondo Re di Roma, visse tra il 754 e il 674 a.C.
- Pitagora visse tra il 575 e il 495 a.C.;
- Servio Tullio regnò su Roma tra il 578 e il 535 a.C.;

Se le date oggi conosciute sono esatte si può pensare che effettivamente Tito Livio avesse ragione a ritenere impossibile che il maestro di Numa Pompilio fosse Pitagora... ma sarebbe interessante capire da dove e da chi provenga questa leggenda...

"Ma se anche fossero stati contemporanei, come avrebbe potuto giungere ai Sabini da città così lontane la fama di Pitagora? E ricorrendo a quale linguaggio avrebbe suscitato in qualcuno la voglia di apprendere? Con che mezzi un uomo solo avrebbe potuto attraversare popoli tanto diversi per lingua e costumi?"

Queste le domande che si poneva Tito Livio (59 a.C. - 17 d.C. circa).
Chi può sapere se lui avesse avuto notizia delle leggende su Pitagora?
Se così fu, non ci ha però lasciato detto niente di più...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 21 aprile 2009

Il libro di Enoch... chi era Enoch?

Elia ed Enoch
Bene,
anche per distrarmi dalla traduzione del Crizia, é arrivato il momento di proseguire il viaggio alla scoperta del libro di Enoch.
Da cosa iniziare?
C'é solo l'imbarazzo della scelta per cui iniziamo semplicemente dall'inizio!
E prima di tutto occorre cercare di capire chi era Enoch...
Per sapere chi egli fosse possiamo consultare la Bibbia dove troviamo alcune informazioni sulla sua discendenza, ma è possibile anche capirlo dalla lettura del suo libro, da qui è possibile ricostruire l'albero genealogico:

Malalel --> Jared --> Enoch --> Methuselah --> Lamech --> Noah ...

Ecco dunque Enoch, figlio di Jared, padre di Matusalemme, bisnonno di Noè... si, proprio quel Noè del Diluvio universale!
Storia o mito? Decidete voi... a me non interessa prender parte in questa discussione, ciò che mi interessa è cercare di capire leggendo i testi antichi... come si dice, "ai posteri l'ardua sentenza!"

Ed ora che abbiamo individuato la posizione nel tempo del nostro autore, vediamo se troviamo qualche altra indicazione...
Dalla bibbia, Genesi 5, I Patriarchi anteriori al diluvio, troviamo altre informazioni, Enoch sa parte dei discendenti di Adamo, della stirpe di Set... ma andiamo direttamente al nostro uomo, Jared, il padre di Enoch, aveva 162 anni quando generò Enoch e visse in tutto 962 anni... e si, in quel periodo la vita doveva essere ben più lunga di quella di oggi o, se preferite, gli antichi di allora non conoscevano il nostro calendario ma usavano il calendario lunare o qualcosa di simile... io non sono di questo parere, ma non importa! Ciò che però importa é il fatto che nel libro di Enoch vi é un intero capitolo che parla dei calendari da loro conosciuti... ma di questo ne parleremo al momento opportuno!

Ciò che importa ora é che ci viene detto che Enoch nacque nel 162° anno di vita del padre.
Enoch stesso visse a lungo, 365 anni in tutto! All'età di 65 anni generò suo figlio Matusalemme. Matusalemme all'età di 187 anni generò Lamech.
Lamech all'età di 182 anni generò Noè...
Tutti questi dati solo per avere una chiara idea delle generazioni...
Secondo la Bibbia dunque Enoch non conobbe Noè perchè: "Enoch camminò con Dio e non fu più perchè Dio l'aveva preso"!
Secondo il Libro di Enoch le cose non andarono così... Enoch infatti conobbe il suo bisnipote! Ma anche questa é un'altra storia...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 19 aprile 2009

Traduciamo i classici greci e latini e mettiamo i testi on-line disponibili gratuitamente, come fanno gli inglesi

Nel corso dei miei studi ho avuto spesso bisogno di consultare i testi dei grandi del passato...
Risultato?
La maggior parte delle volte ho dovuto acquistare i libri, magari 20 pagine di dialogo e 80 pagine di commenti, note, introduzioni e così via...
Ma ora, da quando capisco qualcosa di inglese, in parte ho risolto i miei problemi, i testi antichi li scarico gratuitamente e poi me li traduco dall'inglese all'italiano!
Certo, per i puristi non sarà la stessa cosa, ma io non ho avuto la possibilità di studiare latino e greco e così mi arrangio come posso!
Ma allora perché non cercare di aiutare chi come me ha la passione ma non tutti gli strumenti (e i soldi!) per proseguire i propri studi?
Così ho cominciato a tradurre in italiano qualcosa da mettere on-line gratuitamente per tutti.
Ho scaricato il Crizia, dialogo di Platone, ciò che ne resta, nella versione inglese di Benjamin Jowett (letterato inglese del 1800) ed ora sono impegnato nel cercare di tradurlo al meglio delle mie possibilità!
Ancora una volta, non sarà il massimo, ma meglio che niente!
Appena terminato lo pubblicherò sul blog... a disposizione di tutti!

Alesssandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 18 aprile 2009

Aristotele, i Pitagorici e i corpi che si muovono nel cielo...

Aristotele, nel suo testo "Metafisica" ci parla delle dottrine filosofiche dei suoi predecessori e tra questi parla anche dei Pitagorici.

Io non sono un filosofo e dunque non mi voglio addentrare in considerazioni filosofiche ma cercherò semplicemente di mettere in risalto alcune notizie su questi "filosofi", seguaci di Pitagora... e per farlo chiamerò a testimoniare proprio lui, Aristotele... sempre che sia disponibile...

Certo, Alessandro, molto volentieri... devi sapere che i Pitagorici "per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire e, nutriti delle medesime, credettero che i principi di queste fossero i principi di tutti gli esseri [..] e che tutto quanto il cielo fosse armonia e numero"...

Ma anche oggi é così, la natura si può spiegare, o meglio modellare, per mezzo di formule...

Allora anche tu sei un Pitagorico? Ma lasciami finire prima di parteggiare per loro... devi sapere che "siccome il numero dieci sembra essere perfetto e sembra comprendere in se tutta la realtà dei numeri, essi affermavano che anche i corpi che si muovono nel cielo dovevano essere dieci; ma da momento che se ne vedono soltanto nove allora essi ne introducevano un decimo, l'antiterra..." ti rendi conto?!?

Aristotele, perché mi parli di nove corpi celesti?
Quali sono? Se per te, come descritto dagli Stoici, al centro del mondo conosciuto c'era la Terra (perché era cosi, non é vero?) gli altri corpi visibili erano la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno, se aggiungiamo la Terra arriviamo a otto! Qual era il nono?

E cosa si intendeva per "Antiterra"?
Ma soprattutto per quale motivo i Pitagorici erano così sicuri che vi fossero dieci corpi che si muovono nel cielo al punto da introdurre l'Antiterra?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 15 aprile 2009

La sapienza degli antichi: Pitagora e gli strumenti per correggere i sensi

Giamblico é una fonte inesauribile di sorprese!

Ma questo lo sapevo...

Oggi non vi parlo di lui, anche se lo meriterebbe, chi vuole può leggere qualche cenno biografico e qualche curiosità su:

Giamblico - I misteri dell'Egitto

Giamblico e la forza di gravità.

Già tante volte ho scritto articoli sulle conoscenze scientifiche degli antichi ma pare che le sorprese non finiscano mai, ancora una volta devo ringraziare Giamblico per le interessanti notizie...
Giamblico tra le sue opere ha scritto una "vita Pitagorica".
Pitagora visse approssimativamente nel VI° secolo a.C. tra Samo (piccola isola dell'Egeo) e quella parte del sud Italia che forse proprio da lui prese il nome di Magna Grecia, in particolare nella città di Crotone (in Calabria).
Ma prima di arrivare a Crotone, durante la 62a Olimpiade, visitò e studiò a Mileto, a Sidone (in Fenicia) sua città natale secondo Giamblico, in Egitto dove passò 22 anni e poi quindi a Babilonia dove passò altri 12 anni "ospite"di Cambise. In Egitto studiò astronomia e geometria e tutti i misteri divini, a Babilonia frequentò i Magi...
Alla veneranda età di 56 anni tornò in quella che considerava la sua patria, Samo, portando con se le conoscenze acquisite durante i lunghi anni di lontananza e i suoi viaggi...

Giamblico ce ne parla dunque come di un uomo dedito allo studio e alla ricerca e con un gran senso di rispetto:

"e la sua superiorità rispetto a quanti successivamente adottarono le sue dottrine risiedette nel fatto che questi diventarono fieri oltre misura di studi di poco conto, laddove egli diede fondo alla scienza delle cose celesti, giungendo a comprenderla appieno con compiute dimostrazioni aritmetiche e geometriche."

Giamblico in un altro passo ci dice che Empedocle, parlando di Pitagora e della perfezione dei suoi organi, vero dono divino, diceva:

"V'era tra quelli un uomo di straordinaria conoscenza, il quale possedeva un'immensa ricchezza d'ingegno, e in sommo grado padroneggiava ogni sorta d'opere di sapienza. E quando tendeva tutte le forze della mente, agevolmente scorgeva ciascuna delle cose che sono, in dieci, e in venti generazioni umane."

Al di la della sapienza, cosa significa
"quando tendeva tutte le forze della mente, agevolmente scorgeva ciascuna delle cose che sono, in dieci, e in venti generazioni umane"?

Forse che Pitagora era uno storico?
Non mi sembra...
Cosa significa "perfezione dei suoi organi"?
Non saprei...

A Crotone Pitagora ebbe l'opportunità di conoscere Abari lo scita, venuto dal paese degli Iperborei in qualità di sacerdote del dio Apollo venerato nel suo paese. Abari era un sacerdote anziano e fu ammesso senza indugi alla presenza e agli insegnamenti di Pitagora. Così trovò che Pitagora era "in tutto somigliante al dio di cui era sacerdote".
Il sacerdote Abari aveva con se uno strumento particolare che lo aiutava a compiere il suo viaggio, strumento che Giamblico chiama "freccia".

Il sacerdote Abari "viaggiando a cavallo della freccia attraversava anche i luoghi inaccessibili (fiumi paludi, stagni, monti e simili...)".

Ancora una volta, di che si tratta?

Giamblico ce ne parla ancora, poco più avanti quando parla delle favolose capacita di Pitagora che "nel medesimo giorno fù a Metaponto in Italia e a Tauromenio in Sicilia, e in entrambi i luoghi rivolse la parola ai suoi discepoli"
ed ancora,
"Empedocle era soprannominato colui che storna i venti, e purificatore Epimenide, e colui che viaggia in cielo Abari perché a cavallo della freccia di Apollo Iperboreo che aveva ricevuto in dono, superava fiumi, mari e luoghi altrimenti invalicabili, appunto viaggiando in cielo in modo arcano. La stessa cosa alcuni pensano sia capitata anche a Pitagora..."

Cosa é questa "freccia" del sacerdote Abari?
Solo fantasie?
Oppure, come sembrerebbe, un qualche "arcano" mezzo di locomozione?
Chissà!

Giamblico ci dice che il sacerdote, avendo riconosciuto in Pitagora il suo dio, gli restituisce la "freccia". Il sacerdote Abari, pare, decise di restare al fianco di Pitagora...

Ma non é finita.
Giamblico ci racconta ancora che Pitagora "era teso nello sforzo di riflettere e calcolare se gli fosse possibile escogitare uno strumento che offrisse all'udito un sicuro e infallibile aiuto, quale davano alla vista il compasso, il regolo o la diottra, ovvero la bilancia e l'invenzione delle misure al tatto..."

Pitagora cercava qualche cosa che aiutasse l'udito, che lo migliorasse forse, che gli permettesse di distinguere, misurare i suoni, le frequenze... e qualcosa in effetti inventò!
Ma io sono interessato a ciò che viene dato per scontato in quanto già esistente... la "diottra" in particolare...
Di che cosa si tratta?
Era un qualcosa che offriva aiuto sicuro alla vista, questo ce lo dice lo stesso Giamblico, ma in che senso?
Era forse una specie di occhiale?
Ma lenti e occhiali non vennero inventati molto tempo dopo?
Ma quando?
Ma siamo sicuri?

Leggendo un libro sulla vita di Galileo Galilei avevo già notato che il cannocchiale non era stato inventato da lui, ma solo perfezionato, ma prendendo spunto da quali precedenti studiosi?
Uno di questi poteva forse essere il francescano Ruggero Bacone?
Alcuni passi dell'opera del celebre doctor Mirabilis, meglio noto forse col nome di Roger Bacon italianizzato in Ruggero Bacone, fanno pensare che lui conoscesse i principi dell'ottica e teoricamente era forse in grado di costruire occhiali, telescopi e microscopi... ma era il primo?
Forse no, altri prima di lui parlarono di strumenti per la correzione della vista.

Su wikipedia trovo che Seneca il giovane abbia scritto: "Lettere, anche se piccole e indistinte, si possono vedere ingrandite e molto chiare attraverso l'uso di un globo di vetro riempito d'acqua".
Sempre secondo wikipedia (versione inglese!) pare che il primi semplici esempi di strumenti per l'ingrandimento possano trovarsi già in alcuni geroglifici dell'antico Egitto, risalenti all'ottavo secolo A.C.!

Bene... anche senza credere a tutto ciò che ho scritto e letto, credo ci sia abbastanza materiale per stimolare la curiosità di tutti!

E allora che aspettate?
Io, da parte mia vado avanti e se troverò qualcosa di interessante, come al solito, ve lo farò sapere...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Visita a Milano

Siamo ad Aprile, sette mesi in Lombardia e ancora non abbiamo visto il Duomo di Milano!
E' questa la considerazione che ci spinge, ancora una volta, ad uscire di casa...
Le grandi città ci spaventano... traffico, caos... quell'ansia che ti assale poco prima di un viaggio difficile da compiere!
Eppure, oggi niente traffico! Lascio la macchina al parcheggio di Lampugnano e prendiamo la Metro che ci porta proprio sotto il Duomo...
Quando riemergiamo resto impressionato dalla grandezza di ciò che vedo!
Sbuchiamo proprio ai piedi della Galleria Vittorio Emanuele II, che con il suo imponente Arco Trionfale ti fa sentire una formica! Che mente doveva essere il suo architetto, Giuseppe Mengoni, che abilità gli artisti che vi lasciarono la loro impronta... 1865 - 1867!
Due anni di lavori per congiungere Piazza del Duomo e Piazza della Scala... e poi l'inaugurazione alla presenza del Re!
Ma non faccio in tempo a respirare che sulla mia sinistra compare il Duomo...

Come descriverlo?
Impossibile...
La costruzione iniziò nel 1386, come ci ricorda la targa della posa della prima pietra, su impulso dell'Arcivescovo Antonio de Saluzzi e del Duca della Città, Gian Galeazzo Visconti.
Terminò cinque secoli più tardi... per volere di Napoleone.
Più grande del Duomo c'é solo San Pietro, la Cattedrale di Siviglia e Sain Paul a Londra.
All'interno ci si perde... l'oscurità del luogo, se non fosse per la presenza di tante persone, intimorisce! Le vetrate, enormi, sono stupende...
Sopra il Duomo, protetta dalle guglie della Cattedrale, ecco la Madonnina, realizzata da Giuseppe Perego e messa in opera nel 1774... diventata simbolo di Milano!

Ma basta girare per la città per rendersi conto che di simboli ce ne sono veramente tanti...
Il più antico pare essere quello del "biscione"...
Un serpente che ingoia un uomo...
Cosa significa?
E' il simbolo del casato dei Visconti e simboleggia potenza ed eternità della stirpe...
E' un simbolo particolare, inquietante, che abbiamo già trovato, con poche differenze, nella basilica dell'Isola di San Giulio!
Ci spostiamo di poche centinaia di metri e, all'uscita dalla galleria, che ci ha tenuto con il naso all'insù, la piazza della Scala e al centro, la statua dedicata a Leonardo da Vinci...
Ci spostiamo ancora, questa volta verso il Castello Sforzesco...
Lungo la strada passiamo ancora una volta davanti al Duomo... poi proseguiamo in direzione del Castello che si intravvede in lontananza. Nasce nel 1368 per volere di Galeazzo II Visconti ed è stato la dimora dei Visconti e degli Sforza.
Purtroppo del Castello, come doveva essere un tempo, é restato ben poco...
Possiamo ammirare ben poco oltre la sua grandezza!
Peccato...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 14 aprile 2009

Moderazione...

Giamblico... lo ricordate?
Ve lo presentai due anni fà...
Oggi ho iniziato a leggere "La vita Pitagorica" e voglio semplicemente lasciarvi una frase su cui riflettere...
la frase che secondo Giamblico, può usarsi per riassumere il pensiero e l'opera di Pitagora!

"Occorre bandire e estirpare con ogni mezzo, col ferro e col fuoco e ogni altro espediente, la malattia dal corpo, l'ignoranza dall'anima, la smoderatezza dal ventre, la sedizione dalla città, la discordia dalla casa e insieme la dismisura da tutte le cose..."

Che altro dire?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 13 aprile 2009

Alla ricerca del passato. Il libro di Enoch


Precedenti:

Lago d'Orta e l'Isola di San Giulio
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Alcune volte si inizia una viaggio dopo aver letto un libro, altre volte un viaggio porta a leggere un libro... o più d'uno, magari!
Qualche giorno fa ho iniziato un nuovo viaggio tra i libri alla ricerca di un passato dimenticato... tutto é iniziato con la visita all'Isola di San Giulio.
La basilica di San Giulio e i suoi affreschi, le sue statue, i simboli, l'aria di mistero...

Un pilastro con la rappresentazione di un "Serafino" dai mille occhi, una ricerca su Wikipedia alla ricerca del significato di "Serafino", come al solito poco o niente nella parte italiana:
I serafini sono una classe di Angeli con sei ali... il loro nome pare derivi da un termine ebraico che vuol dire "ardente". Nella Bibbia é Isaia che ce ne parla, ma solo poche righe... dove trovare altre informazioni?
Wikipedia in inglese é più interessante...
Oltre che nella Bibbia ne parla il Libro di Enoch, dove vengono chiamati "Dracones" cioé "serpenti"... anche se il termine deriva dall'Ebraico "Sarap" cioé "bruciare"...
Nel libro di Enoch si parla dei "Serafini" assieme ai "Cherubini", creature angeliche che stanno al fianco del trono di Dio!
Serafini... Serpenti... Angeli... Cherubini... Dio...
Mi torna in mente una vecchia lettura, non ricordo se da uno dei libri della Bibbia, in cui si parlava di Cherubini...
E' sufficiente! Ho deciso di andare avanti...
Ciò che mi occorre é Il libro di Enoch... ma dove lo trovo?
Wikipedia, versione inglese, mi viene incontro, ancora una volta... é possibile scaricare una traduzione dall'Etiope antico all'Inglese, realizzata a fine 1800 dal Rev. George H. SCHODDE. Certo, l'inglese del 1800 é diverso da quello di oggi... ma l'impresa si può tentare!
Così mi ritrovo per le mani un vecchio testo, "The book of Enoch", e dopo la stampa sono pronto ad immergermi nella lettura... e che lettura!
I Giganti, il Diluvio, esseri angelici di vario tipo, le leggi del cielo, il calendario... 108 capitoli suddivisi in venti sezioni di lunghezza irregolare...
Curiosi?!?
E allora seguitemi...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 aprile 2009

Gita a Zurigo

Finalmente il bel tempo!
Decidiamo così di intraprendere un viaggio per lunghi mesi rimandato... visita a Zurigo.
Dobbiamo attraversare tutta la Svizzera ma non occorrono più di tre ore dalla Lombardia, così decidiamo e si parte!
Superato il tunnel del San Gottardo (17 chilometri di galleria!) il paesaggio cambia totalmente, niente più fabbriche, niente più nuvole, splendidi colori di prati verdi, casette in legno dalle mille piccole finestrelle, ancora le nevi bianche sulle cime...Siamo quasi tentati di fermarci nel primo villaggio... ma sappiamo che se ciò accadesse non raggiungeremo Zurigo così, anche se a malincuore, proseguiamo il nostro viaggio!

Ed eccoci ripagati dalle fatiche, dopo aver parcheggiato in uno degli immensi sili interrati al centro della città eccoci, visitatori per il centro storico.
Quanta gente, quante lingue diverse si sentono per la capitale del cantone Zurigo, Zürich o Taricum... città nata celtica, forse intorno al 500 a.C.
Passeggiare per il centro storico é molto suggestivo, vi sono punti in cui quasi non si riesce a passare tanta é la folla, altri in cui é possibile godersi il panorama e, magari fare una partita a scacchi con gli amici, senza essere disturbati da nessuno...
Per le stradine fermatevi a vedere le vetrine, quelle degli orologi a cucù sono stupende...
Per chi viene dall'Italia le chiese sono particolari, esternamente molto interessanti, l'interno é spesso spoglio, essenziale, e molto luminoso...
La chiesa evangelica riformata di St. Peter, la più antica di Zurigo, risale almeno al IX secolo. L'orologio della torre, con un diametro di quasi 9 metri, é il più grande d'Europa...
Affacciata sul fiume Limmat, la chiesa di Grossmünster, con le sue due torri. La leggenda vuole che Carlo Magno ne facesse edificare il primo edificio...
Dall'altra parte del fiume, la chiesa di Fraumünster, fondata nel 853 da Ludovico il Tedesco...In una parete di una casa ecco l'immagine di Carlo III, detto "il grosso"...
Ogni angolo merita di essere osservato attentamente...per la sua bellezza...

Ed ecco la chiesa di Predigerkirche, nei pressi dell'università...

Ma il tempo é volato via e così, con questa immagine vi lascio e lasciamo Zurigo con l'idea di tornarvi, un giorno...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Visita a Zurigo

Finalmente il bel tempo!
Decidiamo così di intraprendere un viaggio per lunghi mesi rimandato... visita a Zurigo.
Dobbiamo attraversare tutta la Svizzera ma non occorrono più di tre ore dalla Lombardia, così decidiamo e si parte!
Superato il tunnel del San Gottardo (17 chilometri di galleria!) il paesaggio cambia totalmente, niente più fabbriche, niente più nuvole, splendidi colori di prati verdi, casette in legno dalle mille piccole finestrelle, ancora le nevi bianche sulle cime...Siamo quasi tentati di fermarci nel primo villaggio... ma sappiamo che se ciò accadesse non raggiungeremo Zurigo così, anche se a malincuore, proseguiamo il nostro viaggio!

Ed eccoci ripagati dalle fatiche, dopo aver parcheggiato in uno degli immensi sili interrati al centro della città eccoci, visitatori per il centro storico.
Quanta gente, quante lingue diverse si sentono per la capitale del cantone Zurigo, Zürich o Taricum... città nata celtica, forse intorno al 500 a.C.
Passeggiare per il centro storico é molto suggestivo, vi sono punti in cui quasi non si riesce a passare tanta é la folla, altri in cui é possibile godersi il panorama e, magari fare una partita a scacchi con gli amici, senza essere disturbati da nessuno...
Per le stradine fermatevi a vedere le vetrine, quelle degli orologi a cucù sono stupende...
Per chi viene dall'Italia le chiese sono particolari, esternamente molto interessanti, l'interno é spesso spoglio, essenziale, e molto luminoso...
La chiesa evangelica riformata di St. Peter, la più antica di Zurigo, risale almeno al IX secolo. L'orologio della torre, con un diametro di quasi 9 metri, é il più grande d'Europa...
Affacciata sul fiume Limmat, la chiesa di Grossmünster, con le sue due torri. La leggenda vuole che Carlo Magno ne facesse edificare il primo edificio...
Dall'altra parte del fiume, la chiesa di Fraumünster, fondata nel 853 da Ludovico il Tedesco...In una parete di una casa ecco l'immagine di Carlo III, detto "il grosso"...
Ogni angolo merita di essere osservato attentamente... per la sua bellezza...

Ed ecco la chiesa di Predigerkirche, nei pressi dell'università...


Ma il tempo é volato via e così, con questa immagine vi lascio e lasciamo Zurigo con l'idea di tornarvi, un giorno...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO