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sabato 24 giugno 2017

Difendersi dai computer quantici: l'approccio statunitense al problema

Immagine tratta da Signal on line - maggio 2017
Il futuro non è ancora arrivato, ma occorre prepararsi a difendersi dalle nuove minacce!
Potrebbe sembrare una frase da film, forse lo è, ma rappresenta anche l'approccio degli Stati Uniti alle minacce rappresentate dal (verosimile) prossimo arrivo dei computer quantici, un nuovo cyber threat!
Non si sa ancora se li vedremo tra 10 o 15 anni, ma i più informati tra gli scienziati del National Institute for Standard and Technology (NIST) affermano che "One of the impacts of quantum computers is that they would break some of the crypto systems that we use", parole di Dustin Moody, matematico e Project manager del "Post-Quantum Crypto project" (fonte Signal Magazine - maggio 2017).
Il Post.Quantum Crypto project è nato con lo scopo di stabilire degli standard da utilizzare con una tecnologia che ancora non esiste, approccio impensabile in Italia. 
Il NIST fa sapere che tra gli algoritmi utilizzati oggigiorno ve ne sono tre a rischio obsolescenza e che a breve saranno selezionati nuovi algoritmi.
Il funzionamento di questi sarà reso pubblico per consentire a tutti di studiarne a fondo il comportamento e trovare eventuali errori. 
Sicurezza attraverso la conoscenza!

Per approfondire: http://www.afcea.org/content/?q=defending-against-quantum-future (articolo di George I. Seffers).

Alessandro RUGOLO

martedì 20 giugno 2017

Novità sul fronte Cyber: pubblicato il DPCM 17 febbraio 2017


E' uscita di recente la nuova "direttiva recante indicazioni per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali".
Occorreva una nuova norma?
Direi di si.

Vediamo di capire cosa c'è di nuovo e di fare alcune considerazioni personali di carattere generale.

La "Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali" è ora Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, emanato il 17 febbraio 2017 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale nel numero 87 del 13 aprile 2017.

Quale è il suo scopo?

In primo luogo aggiornare la normativa preesistente risalente a quattro anni fa (DPCM 24 gennaio 2013), quindi "ricondurre a sistema e unitarietà le diverse competenze coinvolte nella gestione della situazione di crisi..." nel campo cyber, la cui mancanza (di unitarietà!) è evidentemente origine della difficoltà nel dare risposte ad un eventuale attacco informatico verso una o più infrastrutture critiche nazionali.

L'articolo 1 ci introduce all'argomento indicando l'oggetto della Direttiva (architettura istituzionale deputata alla tutela della sicurezza nazionale relativamente alle infrastrutture critiche materiali e immateriali...) e i principali soggetti  interessati (principalmente Ministero dello Sviluppo Economico, Agenzia per l'Italia Digitale, Ministero della Difesa e Ministero dell'Interno).

E' interessante l'articolo 2 in cui si raccolgono le definizioni più importanti per il campo cyber. Necessarie, senza ombra di dubbio, anche se non tutte personalmente condivisibili. Parlo in particolare della definizione di "spazio cibernetico" e delle conseguenze che questa può avere nella analisi del rischio cyber.
Iniziamo con la definizione del DPCM. 
"Spazio cibernetico: l'insieme delle infrastrutture informatiche interconnesse, comprensivo di hardware, software, dati e utenti, nonché delle relazioni logiche, comunque stabilite, tra di essi".

Ora prendiamo alcune delle definizioni di Cyberspace adottate dalle nazioni più avanzate nel settore: USA e RUSSIA.

- USA: The notional environment in which communication over computer networks occurs;

- RUSSIA: A sphere of activity within the information space, formed by a set of communication channels of the internet and other telecommunications networks, the technological infrastructure to ensure their functioning, and any form human activity on them (individual, organizational, state);

Queste definizioni sono tratte dal sito del NATO Cooperative Cyber Defence Centre of Excellence che si trova a Tallin, in Estonia (https://ccdcoe.org/cyber-definitions.html).

Ora, consideriamo la definizione della Russia: è facile notare che, oltre a parlare di rete internet e di canali di comunicazione, fa riferimento alle "infrastrutture tecnologiche che permettono il funzionamento delle reti di comunicazioni", infrastrutture non comprese né nella definizione USA né in quella italiana.
A mio parere la mancanza di questo riferimento potrebbe indurre in errore chi è interessato a sviluppare l'analisi del rischio cyber di una infrastruttura critica, per esempio inducendolo a non considerare la centrale elettrica che alimenta un data center critico.
Certamente questo è solo un banale esempio, ma a volte le banalità possono fare la differenza!

Altra definizione a mio parere incompleta è quella che parla di "evento cibernetico".
Secondo la direttiva un evento cibernetico è un "avvenimento significativo, di natura volontaria o accidentale, consistente nell'acquisizione e nel trasferimento indebiti di dati, nella loro modifica o distruzione illegittima, ovvero nel controllo indebito, danneggiamento, distruzione o blocco del regolare funzionamento delle reti e dei sistemi informativi o dei loro elementi costitutivi".
Anche in questo caso, a mio parere, manca qualcosa: come potremmo infatti inquadrare un evento come quello conosciuto col nome di "Stuxnet", con cui Stati Uniti e Israele (per quanto si sa) hanno sabotato la centrale nucleare iraniana di Natanz?
Il virus in questo caso ha danneggiato le centrifughe, ha cioè agito contro un elemento che non fa parte di alcuna rete informatica, eppure non si può non considerare tale evento come "attacco cyber".

Ecco due esempi che fanno capire l'importanza dell'adozione di idonea normativa e di corrette definizioni.E' chiaro che si tratta di punti di vista e che metterli in evidenza serve esclusivamente a creare consapevolezza e diffondere la conoscenza.
Per cui, benvenuto al DPCM che comunque fa chiarezza!

Ma andiamo oltre.

L'articolo 3 illustra i compiti attribuiti al Presidente del Consiglio dei Ministri, "responsabile della politica generale del Governo e vertice del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, ai fini della tutela della sicurezza nazionale anche nello spazio cibernetico".
Il Presidente del Consiglio si avvale del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) per la definizione del quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico.

E' interessante, in questo contesto, il richiamo al quadro strategico nazionale che contiene le "tendenze evolutive delle minacce e delle vulnerabilità dei sistemi e delle reti di interesse nazionale, la definizione dei ruoli e dei compiti dei diversi soggetti, pubblici e privati, e di quelli nazionali operanti al di fuori del territorio del Paese, [..] strumenti e delle procedure con cui perseguire l'accrescimento della capacità del Paese di prevenzione e risposta rispetto ad eventi nello spazio cibernetico, anche in un'ottica di diffusione della cultura della sicurezza".

E' sempre il PCM (su delibera del CISR) che adotta il "Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica" contenente obiettivi e linee d'azione coerenti con il quadro strategico nazionale.

L'articolo 4 tratta del CISR, in particolare il comma f. recita: "esercita l'alta sorveglianza sull'attuazione del Piano nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico".

L'articolo 5 introduce il CISR tecnico, come organismo di supporto al CISR, presieduto del Direttore Generale del Dipartimento per le Informazione per la Sicurezza (DIS), e finalmente si entra nel vivo! E' proprio qui sta la grande novità infatti.

Le specifiche attribuzioni al DIS sono meglio specificate nell'articolo 6. Infatti
proprio il DIS, nella figura del suo direttore generale, viene individuato dal DPCM come colui che "adotta le iniziative idonee a definire le necessarie linee di azione di interesse generale".
Lo scopo delle linee d'azione è quello di "innalzare e migliorare i livelli di sicurezza dei sistemi e delle reti...", in previsione delle necessarie azioni di contrasto e risposta ad una eventuale "crisi cibernetica da parte delle amministrazioni ed enti pubblici e degli operatori privati...".
In pratica al DIS viene dato mandato di coordinare le azioni di contrasto e risposta ad attacchi cyber in Italia. Concetto chiaramente espresso nell'articolo 7 comma 2, in cui si dice che il Direttore del DIS cura il coordinamento delle attività di ricerca informativa finalizzate a rafforzare  la protezione cibernetica e la sicurezza informatica in Italia.

L'articolo 8 introduce il "nucleo per la sicurezza cibernetica", costituito permanentemente presso il DIS per gli aspetti di prevenzione e preparazione alle situazioni di crisi e "per l'attivazione delle procedure di allertamento". Tale nucleo è presieduto da un vice direttore generale del DIS ed è composto dal consigliere militare e dai rappresentanti di:
- DIS;
- AISE;
- AISI;
- Ministero degli affari esteri;
- Ministero dell'interno;
- Ministero della difesa;
- Ministero della giustizia;
- Ministero dello sviluppo economici;
- Ministero dell'economia e delle finanze;
- Dipartimento della protezione civile;
- Agenzia per l'Italia digitale;
- Ufficio centrale per la segretezza.

Il nucleo, a mente dell'articolo 9, svolge funzioni di "raccordo tra le diverse componenti dell'architettura istituzionale che intervengono a vario titolo nella materia della sicurezza cibernetica, in particolare mantiene attiva l'unità per l'allertamento e la risposta a situazioni di crisi, unità attiva h24, 7 giorni su 7.

L'articolo 10 stabilisce composizione e compiti del Nucleo in caso di emergenza cyber, con particolare riferimento al coordinamento che deve porre in essere per la reazione e stabilizzazione. Nel comma 3 si dice che si avvale, per le sue attività tecniche, del CERT nazionale del Ministero dello sviluppo economico e del CERT PA dell'Agenzia per l'Italia digitale. E in questo caso mi trovo perfettamente d'accordo sulla necessità di unire le forze (e le risorse)!
L'articolo 11 impone agli operatori privati una serie di regole. Tra queste vi è l'obbligo di comunicare "ogni significativa violazione della sicurezza e dell'integrità dei propri sistemi informatici" e l'obbligo di collaborare alla gestione delle crisi cibernetiche contribuendo al ripristino della funzionalità dei sistemi e delle reti da essi gestiti. Sulla denuncia delle violazioni probabilmente non avverrà niente di sostanziale in quanto non è definita in alcun modo la "significatività" di un evento cibernetico, ciò comporta che ognuno valuta come vuole, invece è molto importante il fatto che gli operatori privati debbano collaborare, anche mettendo a disposizione i "Security Operation Center" aziendali.
Sempre l'articolo 11, al comma 2, indica come competenza del Ministero dello Sviluppo Economico il promuovere "l'istituzione di un centro di valutazione e certificazione nazionale per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell'assenza di vulnerabilità...", compito a mio parere più adatto al Ministero dell'Università e della Ricerca, sotto la supervisione del DIS.

Per finire, diamo uno sguardo all'articolo 13, disposizioni transitorie e finali.
Il comma 1 da una chiara idea di come il problema cyber sia sentito a livello governativo, infatti il comma 1 recita: "Dal presente decreto non derivano nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato". 
Mi viene un dubbio: che sia tutto uno scherzo?
Non credo, infatti, che l'articolo 13, comma 1, sia compatibile con tutto quanto detto prima!

Alessandro RUGOLO

Immagine tratta da: https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/chi-siamo/organizzazione.html

sabato 17 giugno 2017

FIWARE: il futuro è in Europa!

Cos'è FIWARE?

Si tratta di una iniziativa europea nata dalla Public Private Partnership Future Internet, volta a aumentare la competitività europea nel campo dell'Information and Communication Technology (ICT). FIWARE è oggi una fondazione indipendente.

Ci si potrebbe chiedere: come?
Per mezzo di una infrastruttura tecnologica basata su OpenStack (architettura open source per il cloud computing) e di un insieme di specifiche di comunicazione basate su standard open in grado di aiutare gli sviluppatori a creare smart app per la gestione di servizi nei più disparati settori.
La forza di FIWARE sta nella capacità intrinseca di semplificare la creazione di smart application, consentendo un non indifferente risparmio di tempo nella creazione di applicazioni e aumentando, di conseguenza, la competitività di chi ne fa uso.
Il successo dell'idea è testimoniato dall'immagine qui sotto, che rappresenta la community europea.


Community FIWARE in Europa
Ma FIWARE, dal 2016, si sta dimostrando competitiva in tutto il mondo.

FIWARE nel mondo
FIWARE mette a disposizione delle community di sviluppatori alcuni potenti strumenti e i cosiddetti "Generic Enablers", ovvero dei moduli base da utilizzare, come i mattoncini della Lego, per costruire applicazioni complesse. La maggior parte dei Generic Enablers è rilasciata sotto licenza open, ma esistono anche blocchi proprietari.

Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una iniziativa destinata a morire a causa dei forti interessi delle industrie del software, ma sarebbe subito smentito.
Attualmente più di 200 organizzazioni ne fanno parte (tra queste alcuni giganti del mondo ICT europeo quali la spagnola Telefonica, la francese Orange, l'europea Atos, l'italiana Engineering ma anche la statunitense IBM).
Se ciò non bastasse a far capire la magnitudo del fenomeno FIWARE, posso aggiungere che nel progetto sono già stati investiti più di 460 milioni di dollari!

La fondazione gestisce diversi laboratori che possono essere utilizzati per testare le applicazioni prodotte. Inoltre FIWARE fornisce anche supporto e formazione a chi è interessato.


Tra le iniziative più interessanti, dal mio punto di vista, vi è quella relativa alle Open and Agile Smart Cities, iniziativa che mira a sviluppare un mercato aperto basato sui bisogni delle città e delle comunità che le compongono.
A febbraio del 2017 più di cento città in Europa hanno aderito al progetto. 
Tra queste ve ne sono otto in Italia: Milano, Palermo, Lecce, Cagliari, Terni, Ancona, Genova e Messina.

Per approfondire:
- https://www.fiware.org
- www.oascities.org
- https://joinup.ec.europa.eu/community/osor/news/city-malaga-shares-open-data-portal-extensions

Alessandro RUGOLO

mercoledì 7 giugno 2017

PlayerUnknown’s Battlegrounds


PlayerUnknown’s Battlegrounds
Sviluppatori: BlueHole, Brendan Greene
Data rilascio Steam: 23 marzo 2017

Il genere Battle Royale è sicuramente uno dei più discussi degli ultimi tempi nell’ambito videoludico.
Ma come e da dove è nata l’idea di creare una modalità di gioco così particolare?
Bene, per chi non lo sapesse l’idea è tratta dal romanzo Giapponese (in seguito adattato anche cinematograficamente) chiamato proprio Battle Royale, nel quale un dispotico governo asiatico organizza esperimenti e programmi atti a terrorizzare la popolazione, in questo scenario un gruppo di adolescenti viene lasciato su un isola con il solo scopo di dare il via ad una carneficina dove solo uno di loro potrà sopravvivere…


Questo è il fulcro di PlayerUnknown’s Battlegrounds, le cui regole sono semplici ma severe:
100 giocatori vengono paracadutati su un isola con nulla addosso se non i propri vestiti, dovranno muoversi liberamente su una vasta isola di 8x8 Km alla ricerca di equipaggiamento quali munizioni, armi, mirini, giubbotti antiproiettile, medicinali e molto, molto altro. L’isola è vasta e dettagliata, numerose cittadine faranno da campo di battaglia e sono spesso i luoghi dove la guerriglia si fa più intensa. Vi sono vaste aree boschive e campagne costellate da numerose fattorie e caseggiati ma anche zone montagnose molto difficili da percorrere con i veicoli. Bunker, trincee, zone militari e centrali elettriche sono solo alcune delle altre location in cui andranno a svolgersi le nostre partite. Ogni zona presenta le sue peculiarità, nei centri cittadini sarà più facile trovare armi, lungo le strade potremo prendere i veicoli (a patto di avere con noi abbastanza carburante) e solo con l’esperienza il giocatore imparerà a scegliere quale zona vale o no la pena di esplorare.
L’area di gioco viene ristretta durante il corso della partita a causa di una cupola elettrica che stringe sempre più i giocatori rimanenti fino a costringerli in uno scontro ravvicinato. La mappa è vasta e muoversi non sarà facile senza l’aiuto di mezzi, se si resta fuori dalla cupola si comincia a ricevere danno che aumenta col passare del tempo; rimanere all’esterno di essa nelle ultime fasi di gioco anche per pochi secondi potrebbe risultarci fatale. Spesso ci troveremo nella condizione di dover correre disperatamente al suo interno , magari dopo esserci soffermati troppo a lungo nell’esplorazione di una area ricca di equipaggiamento. Fortunatamente verremo avvisati in tempo da un messaggio su schermo, sta a noi decidere quanto vorremo rischiare di trovarci in una zona pericolosa.
Alcune zone della mappa possono essere il bersaglio di bombardamenti o alcuni aerei potrebbero paracadutare delle casse contenenti equipaggiamenti militari come ad esempio tute mimetiche ghillie (che ci trasformano in veri e propri cespugli molto difficili da distinguere dal resto del paesaggio) o fucili ad alta precisione.
Per quanto riguarda l’equipaggiamento, PlayerUnknown’s Battleground si dissocia dal suo “predecessore” H1Z1 KotH che presentava una componente di crafting, infatti nel gioco viene rimossa completamente e viene fatto spazio alla modifica delle armi.
Mirini, compensatori, silenziatori, caricatori e molto altro potranno rendere la nostra arma decisamente più efficace, trovare un mirino 8x per un fucile di precisione potrebbe cambiare le sorti della nostra partita!
Si tratta insomma di un gioco che necessita un approccio estremamente tattico, non esistendo il respawn dovremo pensare le nostre azioni prima di compierle; ci capiterà di passare attraverso momenti di grande tensione e momenti di pura adrenalina ed è proprio l’alternanza di queste fasi che rende il gioco sempre diverso, mai noioso partita dopo partita.

 

Parliamo un po del creatore di questo gioco, Brendan “PlayerUnknown” Greene.
Si è fatto conoscere negli ultimi anni come modder per giochi come Arma 2 e Arma 3 ed è la mente dietro H1Z1: King of the Kill, possiamo dire che si tratti di uno dei creatori stessi di questo genere e in collaborazione con lo studio Coreano BlueHole ha deciso di creare quello che sembrerebbe per ora il Battle Royale definitivo.
Le modalità di gioco per ora si distinguono tra la partita in solitaria, ossia tutti contro tutti e la partita in squadra con 2 o 4 giocatori. Le possibilità si moltiplicano, dunque, e così il divertimento.
Fino ad ora abbiamo parlato del gioco solo a grandi linee ( anche se non sembra è proprio così!) , tecnicamente parlando PlayerUnknown non è ancora completamente maturo, ricordiamoci anche che si tratta di un gioco ad accesso anticipato su Steam (ossia in fase di sviluppo). In circa due mesi dal suo rilascio sulla piattaforma di Steam il gioco ha beneficiato di grandi miglioramenti nell’ottimizzazione ( che rappresentava una delle più grandi critiche mosse al gioco) e sul lato server, che rappresenta tutt’ora uno dei punti deboli.
Da sottolineare il fatto che il gioco in circa due mesi dal rilascio ha venduto, nonostante il prezzo superiore alla media per un titolo in alfa, più di due milioni di copie e in poco tempo si è venuta a formare una vasta e attivissima community a supportarlo, numerosi streamer su Twitch.tv e youtuber lo giocano e hanno aiutato a renderlo estremamente popolare.
Si tratta in definitiva di un titolo interessante che migliora in tutti gli aspetti gli altri titoli del suo genere, pur essendoci ancora molto da fare il gioco ci offre una esperienza divertente e mai banale, con un approccio a metà tra il realistico tipico di Arma e l’arcade di H1Z1, una miscela che non stanca mai!

Sito: http://www.playbattlegrounds.com/main.pu

Francesco Rugolo

domenica 4 giugno 2017

La Via Crucis di Giovanni Dettori a Sassari

La Sardegna del novecento ha potuto vantare alcuni tra i più grandi esponenti italiani dell'arte della xilografia.
Tra questi, indimenticati, Mario Delitala (1887-1990) e Costantino Nivola (1911-1988), entrambi di Orani e poi Felice Melis Marini (1871-1953) di Cagliari e Stanis Dessy (1900-1986) di Arzana, per citarne solo alcuni.
Poteva, il nuovo millennio, fare a meno di uno xilografo nostrano?

Domanda retorica, risposta scontata: no!

Giovanni Dettori, nato a Sassari, dopo varie vicissitudini dovute ai casi della vita, per nostra fortuna ha trovato la sua strada, una "Strada" con la "S"  maiuscola: la xilografia.

Prima fermata: Gesù viene condannato a morte
Abbiamo avuto il piacere di intrattenerci con lui, visitare il suo laboratorio, parlare della sua vita e della sua opera appena conclusa: la Via Crucis, opera monumentale venuta finalmente alla luce dopo quattro lunghi anni di prove e fatiche.
L'Opera che ha sfidato e angosciato artisti di tutti i tempi, spesso usciti sconfitti dall'impresa.
Sesta fermata: La Veronica asciuga il volto di Gesù
Giovanni Dettori, dietro la sapiente guida dell'incisore piemontese Gianfranco Schialvino, anche grazie all'aiuto dei genitori, parenti, amici e al supporto continuo della sua musa Elena, è riuscito a dar vita alla sua personale Via Crucis realizzata su tavole di ciliegio americano e poi stampata in bianco e nero.

Quattordicesima fermata: Deposizione nel sepolcro
"Per realizzare le quattordici tavole della Via Crucis ne ho preparate quaranta", ci racconta Giovanni.

Impresa degna di un Ercole dell'Arte!

Ora, a pochi mesi dal compimento dell'opera, è arrivato il momento di raccogliere il dolce frutto delle sue fatiche: a Sassari, il 9 giugno alle ore 18.00 presso la sala della Biblioteca Universitaria di Sassari, in piazza Fiume, sarà presentata la sua opera.

Giovanni Dettori sarà li a spiegare ciò che ha realizzato, con la sua simpatia e l'aria da Sardo verace che lo contraddistingue: un consiglio, avvicinatevi a scambiare qualche parola con lui, sull'arte della xilografia o sull'amore per lo studio e per i libri, dai suoi occhi potrete leggere molto di più di ciò che potrà dirvi con le parole!

Alessandro Rugolo e Giusy Schirru.
   

sabato 3 giugno 2017

Donald Trump ritira gli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima

President, do you believe that climate change is a reality?

Questa è la domanda che molti giornalisti vorrebbero fare in questi giorni al Presidente americano Donald Trump.

Ma questa, a quanto pare, è anche la domanda più evasa degli ultimi tempi dagli uomini che si trovano a lui più vicini.

Eppure non ci si poteva aspettare diversamente (anche se in Italia la cosa può stupire) infatti una delle linee guida di tutta la sua campagna elettorale era basata sull'uscita statunitense dagli accordi internazionali per la salvaguardia del clima, considerati dannosi per l'economia del nuovo mondo.

In America l'Agenzia per la protezione ambientale (Environmental Protection Agency) è sotto il mirino del Presidente che vorrebbe ridurne i finanziamenti e imbavagliare, o quanto meno fare in modo che il problema dei cambiamenti climatici sia messo in sordina.

Sembra che il pensiero di Trump in merito sia stato espresso alcuni anni fa: "The concept of global warming was created by and for the Chinese in order to make U.S. manufacturing non-competitive."

Sarà vero?

Sembra di si. 

Il fatto è, affermano i suoi più stretti collaboratori, che non si tratta di credere o meno al fatto che il clima stia cambiando. Si tratta di stabilire a quali condizioni l'America possa aderire al trattato: in pratica non vogliamo farci ridere dietro dagli altri!

Speriamo che si rendano conto per tempo dell'errore.
Anche perché la stessa cosa potrebbero dire (quasi tutti) gli stati del mondo in merito al "trattato di non proliferazione delle armi di distruzione di massa".

Il rischio è che a furia di ridere alle spalle degli altri il mondo vada a finire all'altro mondo!

Alessandro Rugolo

Per approfondire:

http://edition.cnn.com/2017/06/02/politics/donald-trump-climate-change-belief/index.html
http://edition.cnn.com/2017/06/02/politics/trump-doesnt-want-to-talk-about-climate-change/index.html
http://edition.cnn.com/2017/06/01/politics/trump-paris-climate-decision/index.html

domenica 28 maggio 2017

L'Accademia dei Tuttologi compie dieci anni sul web.

Cari amici lettori, non avrei mai immaginato di poter festeggiare, un giorno, i dieci anni di vita di questo piccolo spazio dedicato alle riflessioni mie e di qualche amico.
Eppure è così!
Oggi l'Accademia compie dieci anni sul web (23 dall'inizio del percorso!).

Credo sia opportuno fare un punto di situazione.
L'Accademia, in quanto associazione di persone, può essere considerata di poco successo. Dopo un breve periodo durante il quale diversi amici hanno partecipato pubblicando qualche articolo, ormai quasi tutti gli articoli portano la mia firma.
Di tanto in tanto però qualche amico mi manda ancora qualche articolo, tra questi devo ringraziare Enzo Cantarano.

In quanto a collaborazioni invece, il blog mi ha consentito di conoscere diverse persone con le quali collaboro pubblicando articoli su siti, blog e giornali on line. Tra questi, principalmente Difesaonline e di ciò ringrazio il Direttore Andrea Cucco.

Le statistiche non le riporto anche perchè non sono veritiere. Alcuni anni fa infatti persi tutte le statistiche e dovetti ricominciare daccapo. Oggigiorno ho circa 7.000 contatti al mese, non sono tanti ma neanche pochi.
In quanto alla mia produzione spero di riuscire a mantenere una media di 60 o 70 articoli all'anno anche per il futuro o, magari, aumentare con l'aiuto di qualche amico.
Sono pochi invece i commenti e le interazioni con i lettori. Ciò mi dispiace ma spero che comunque i miei lettori, seppure non hanno voglia di scrivere, leggano con interesse e diffondano almeno parte delle cose che io scrivo.

Perchè scrivere è per me così importante?
Perchè scrivere significa lasciare ad altri in eredità il proprio pensiero. Ogni articolo, poesia, recensione o racconto infatti, è comunque una parte di me.
Spero che ciò che scrivo un giorno serva da guida a generazioni di ragazzi, come io sono stato guidato dai tanti libri che ho letto nel corso della mia vita e dalle trasmissioni di Piero Angela!

Detto ciò auguri all'Accademia dei Tuttologi e a presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 27 maggio 2017

L'assedio di Rodi

L'Isle Adam lascia Rodi
"When shall we scape from the delay of Rome? 
And when, slow Venice, will thy Soccours come? 
How often too have we in vain Sought ayd from long consulting Spain? 
The German Eagle does no more about our barren Island sore." 
Cosi si esprimeva Alfonso, Maresciallo di Rodi, nell'opera teatrale "The Siege of Rhodes", di Sir W. Davenant. 
Ma cosa lo portava a lamentarsi in questo modo dei suoi sostenitori e alleati? 
Per capirlo occorre fare qualche passo indietro. 

Nel 1522, nel corso di una seduta del Divano Turco, alla presenza del Sultano Solimano il Magnifico da poco asceso al potere al posto del padre, l'Ammiraglio della Flotta turca prende la parola per sostenere la necessità di sottomettere Rodi all'Impero Ottomano: "Quale guerra potrebbe mai procurarti più facilmente una fama immortale, se non la vittoria e la conquista di Rodi, baluardo della Cristianità, che da sola ci preclude l'accesso ai territori degli infedeli? 
Cortug-Ogli ha ragione. 
Rodi è un ostacolo all'espansione degli Ottomani in Europa. Rodi e l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. 
Nel 1048 alcuni mercanti della città marinara di Amalfi ottengono l'autorizzazione per creare un Ospedale con annesso Monastero, per ospitare i pellegrini desiderosi di recarsi a Gerusalemme.
Nel 1113 l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni diviene indipendente e sovrano. 
Nel 1187 cade il Regno di Gerusalemme e i Cavalieri sono costretti a ritirarsi nella Contea di Tripoli da cui, nel 1291, si spostano a Cipro.
Nel 1309 i Cavalieri conquistano Rodi e qui li troviamo ancora nel 1522. 

Nella sala in cui si riuniva il Divano vi era chi era contrario a quanto chiedeva Cortug-Ogli. 
Le mura di Rodi si erano già dimostrate, in passato, un osso troppo duro anche per gli eserciti Ottomani. 
Lo stesso Mohammed II aveva visto infrangersi i suoi sforzi. Eppure Solimano decide di attaccare! 
Missive con richieste di soccorso erano partite da tempo alla volta del papa e dei capi degli stati europei rappresentanti della Cristianità. 
Qualche sporadico rinforzo arrivò... 

E' il 6 giugno del 1522 quando la flotta turca giunge in vista dell'Isola. 
Rodi è difesa da 600 cavalieri, 4500 fanti e arcieri e circa 7000 tra cittadini e contadini. I conquistatori turchi erano circa 115.000! 

Le artiglierie di ambo le parti si fecero sentire immediatamente. 
Due uomini tra tutti sono ricordati ancora oggi, dai pochi appassionati di storia: il Gran Maestro Philippe de Villiers de L'Isle Adam e il primo artigliere e ingegnere d'assedio Gabriele Tadino da Martinengo.

Nonostante la superiorità numerica degli Ottomani le difese resistettero e i Turchi, spinti in avanti dai propri comandanti, continuavano a cadere, finché un giorno si ammutinarono. 
Il Gran Visir, Piri, si vide costretto a scrivere al Sultano per richiedere la sua presenza sul posto. 
Il 28 agosto Solimano arriva a Rodi, porta con se un nuovo esercito e affronta immediatamente la rivolta interna ristabilendo l'ordine. Con nuove energie rianimò gli eserciti che ripresero a combattere. 
La battaglia riprese più cruenta di prima. 
L'Isle Adam non si dava mai per vinto e dove sorgeva la necessità lui c'era, con la sua figura imponente e la sua esperienza! 
Bombe, bombarde e basilischi mietevano vite umane da entrambe le parti. La guerra proseguiva anche sotto terra dove gli zappatori Turchi si opponevano agli uomini del Tadino. 
Gabriele Tadino da Martinengo
Gabriele Tadino era nato a Martinengo, responsabile delle difese di Candia (città cretese), venne invitato dal Gran Maestro ad unirsi ai suoi uomini. Esperto in assedi, aveva inventato un metodo per scoprire se vi fossero in corso lavori di scavo sotto le mura della città. Effettuava degli scavi sotto le mura e vi posizionava i suoi uomini muniti di uno strumento dotato di una pelle di tamburo, questa rivelava le vibrazioni degli scavi del nemico e permetteva di intervenire. 
Il 4 settembre una mina fa saltare il bastione dei Cavalieri della Langue Inglese. I turchi si precipitano all'interno della breccia apertasi nelle mura, subito ostacolati e respinti fuori da L'Isle Adam precipitatosi con alcuni cavalieri sui nemici. 
Nella battaglia che ne seguì morirono 2000 turchi da una parte e 50 cavalieri dall'altra. 
Pochi giorni dopo Solimano ordina un nuovo attacco che ottiene lo stesso risultato: nulla di fatto! 
Gabriele Tadino viene però ferito gravemente. 
Le spie infiltratesi tra gli abitanti di Rodi, intanto, agivano alle spalle. Una schiava turca e i suoi complici furono catturati, impiccati e squartati. Un medico ebreo e un cavaliere, accusati di tradimento, furono giustiziati. 
Nel campo turco la situazione non era migliore. 
Si combatte per la vita. 
Il Gran Maestro corre da un bastione all'altro per rintuzzare gli attacchi dei turchi. 
Solimano, di fronte all'inutilità del suo ultimo attacco e ai 20.000 uomini morti fa suonare la ritirata. 
Arriva il momento di punire chi ha mal consigliato il Sultano. 
I vertici militari sono rimossi con ignominia e allontanati, seppure la prima idea di Solimano fosse stata quella di decollare tutti! 
Poi ancora attacchi e nuovi morti, a migliaia. 
Non riuscendo però a vincere con la forza, Solimano diffonde la voce che se Rodi si fosse arresa avrebbe ricevuto clemenza. 
L'Isle Adam non è tipo da arrendersi: "Non sia mai detto che il nostro onore debba soccombere, se non con noi stessi!", ma i cittadini sono di diverso avviso. Lo supplicano, lo convincono a trattare. 
L'Isle Adam e un gruppo di cavalieri scelti vengono ricevuti, dopo una giornata di attesa sotto la pioggia, nella sontuosa tenda del Sultano. 
Il Gran Maestro si china e bacia la mano del Sultano, Solimano gli porge una ricca veste d'onore e gli offre un'alta carica nell'Impero. 
L'Isle Adam rifiuta: "Essere sconfitti è semplicemente il rischio di ogni guerra, ma abbandonare la propria gente e passare al nemico è, per me, una vergognosa codardia e un abbominevole tradimento." 
Solimano è colpito da quest'uomo, dalla sua forza, dalla sua integrità morale e concede condizioni di resa proporzionali al valore dell'avversario. 
I cavalieri poterono lasciare l'isola col le loro armi, i loro averi e con tutti coloro che li avrebbero voluti seguire. 
I Rodiesi che fossero restati sull'isola avrebbero potuto conservare la libertà, i propri beni e la libertà di professare la propria religione. 
Il 25 dicembre 1522 Solimano il Magnifico entra dalla porta principale di Rodi. Il 1° gennaio 1523 L'Isle Adam e il suo seguito abbandona Rodi. 
Sulle galee, in vece della bandiera dell'Ordine sventolava l'immagine della Vergine Maria che teneva Gesù fra le braccia, a voler indicare il tradimento da parte della Cristianità che li aveva abbandonati al proprio destino. 

A Rodi restavano i vincitori: gli Ottomani, con i loro 60.000 morti!  

I Cavalieri, nei secoli seguenti, proseguono il loro pellegrinaggio per il mediterraneo aggiungendo i nomi dei territori visitati al loro. 

Oggi sono conosciuti come Cavalieri del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta.

Alessandro RUGOLO

sabato 20 maggio 2017

29 maggio 1453: la caduta di Costantinopoli

Jean-Joseph Benjamin-Constant: Maometto II entra a Costantinopoli
Cinquecentosessantaquattro anni fa, Mohammed II il Conquistatore, settimo
Sultano della dinastia degli Osmanli (Ottomani), conquista la città che per lunghi secoli è stata la capitale di quella parte del mondo conosciuta col nome di Impero romano d'Oriente.
E' la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra.
L'ultimo Imperatore Bizantino, Costantino XI Dragases Paleologo, affronta il suo destino in battaglia contro i turchi e vi muore.
Per compiere l'impresa, Mohammed II, appena ventunenne, dimostrò ingegno e forza di volontà, ma sopratutto di essere un grande stratega. In preparazione dell'attacco fece costruire su Bosforo una fortezza esattamente all'altezza di un'altra fortezza costruita precedentemente dal suo avo Bajazed I per assediare Costantinopoli. Le due fortezze consentivano agli Ottomani di controllare il Bosforo e impedire che rinforzi potessero raggiungere la città. 
L'Imperatore Costantino si rese conto delle intenzioni di Mohammed II e chiese aiuto al Papa e alle potenze occidentali cristiane. Sembra che la difesa della città fosse organizzata su circa 7.000 soldati mentre l'esercito ottomano si dice fosse costituito da 160.000 a 300.000 uomini. Inoltre i turchi possedevano i primi rudimentali cannoni.
Mohammed II  inoltre non esita a far trasportare parte della sua flotta attraverso le colline per raggiungere il Corno d'Oro, in quanto il passaggio era bloccato da una catena. 
L'assedio durò circa due mesi e si concluse con la conquista della città da parte di Mohammed II.
La Basilica di Santa Sofia, cattedrale bizantina costruita nel 537 d.C. venne adibita a moschea!
La conquista di Costantinopoli, che da allora prenderà il nome di Istanbul, fece si che l'Impero Ottomano venisse riconosciuto da tutti come tale. 
Istanbul ne diverrà la capitale fino al 1922 quando, per ragioni strategiche, la capitale venne spostata ad Ankara.

Alessandro Rugolo

venerdì 19 maggio 2017

UN ALTRO, SCONOSCIUTO, PRIMATO DEL SUD: RAGGI X IN GUERRA!


L'Ospedale Militare della Trinità a Napoli nel 1896
Come purtroppo sappiamo bene, non sempre il nostro Paese, soprattutto dopo l'annessione del Regno delle Due Sicilie, ha brillato per intraprendenza e prestigio. La “Italietta”, sorta con l'Unità nel 1870, ebbe non poche difficoltà, oggettive e soggettive, nell'affrontare il suo nuovo ruolo nella compagine delle altre Nazioni, soprattutto europee, di più antica e solida fondazione. Però non furono pochi, nonostante tutto, i primati che il giovane Stato riuscì a conseguire! Uno di questi è generalmente sconosciuto ai più e noto forse solo agli otto cultori di storia o ai quattro di storia della Medicina o ai due di storia della Medicina militare. Si tratta del primato mondiale dell'impiego dei Raggi X in ambito chirurgico per esigenze belliche.

L’8 novembre del 1895 il fisico tedesco Wilhelm Röntgen scoprì quasi per caso l’esistenza di raggi che, non conoscendone la natura, denominò, “provvisoriamente” Raggi-X, cioè sconosciuti. 
Nel 1901 vinse, per questo, il Nobel. Non brevettò mai la sua scoperta e, anche per questo, morì povero e vittima dei “suoi” raggi che, con ogni probabilità, gli produssero un cancro che lo uccise nel 1923. 
Nel giro di pochi mesi l'impiego diagnostico dei raggi rivoluzionò la Medicina. La storia riferisce che già l’anno successivo nel Regno Unito era in funzione un servizio di radiologia all’interno di un Ospedale. Ma, come già accennato, è noto solo a pochi cultori della Materia il primato, ancora una volta italiano, dell'uso della metodica in ambito sanitario militare.

Non sappiamo come, in realtà, la scoperta venne realizzata perché Röntgen nel suo testamento espresse il desiderio che tutta la sua corrispondenza scientifica venisse bruciata. Mentre conduceva ricerche sulla fisica delle scariche elettriche, utilizzando un cosiddetto tubo a gas residuo di Crookes (una capsula di vetro sottovuoto attraverso cui veniva fatta passare una corrente elettrica), vide scintille che generavano fluorescenza e un foglio di carta, sul quale era stata casualmente spalmata una soluzione al platinocianuro di bario, brillare di flebile luce. Quando mise oggetti di diversa densità tra tubo e foglio, per intercettare il “quid” che era evidentemente proiettato dal tubo sul foglio, si rese conto che su quest'ultimo venivano evidenziate solo le immagini, le ombre, degli oggetti più densi interposti mentre quelli meno densi venivano attraversati senza lasciare traccia sul foglio. Si rese conto che solo il piombo riusciva a bloccare qualunque tipo di proiezione. Continuò gli esperimenti per mesi sostituendo il foglio di carta con una lastra fotografica. Quando chiese a sua moglie, che lo aiutava nelle ricerche, di mettere la sua mano tra tubo e lastra... eseguì la prima radiografia sperimentale della storia (il 22 dicembre 1895): quella delle ossa della mano (compreso l'anello matrimoniale) della signora Röntgen! 
Il 1° gennaio 1896 notificò la scoperta ad un centinaio di colleghi, in Germania e all’estero, Italia compresa. 
Quell’alba di un nuovo anno divenne, per la scienza e la società, l’alba di una nuova epoca. La notizia della scoperta venne resa pubblica in Italia attraverso i fogli del Corriere della Sera nella edizione del 12-13 gennaio 1896.
Lo stesso Corriere, in quel suo primo annuncio, intravedeva già “… la pratica applicazione come grande aiuto nella chirurgia”. E spiegava perché: “Con simile processo, sarà agevole riconoscere la natura, l’importanza delle fratture, le ferite delle armi, specie di quelle da fuoco. Nella estrazione delle palle soprattutto, il nuovo metodo di investigazione risparmierà al ferito il metodo attuale, così tormentoso, del sondaggio, operato spesso a caso”.
Quello che Röntgen aveva scoperto, ma che non aveva ancora del tutto chiaro cosa fosse, era che in certe condizioni gli elettroni che vengono normalmente emessi dai tubi con cui stava facendo esperimenti si trasformano in una radiazione elettromagnetica con la capacità di penetrare quasi qualsiasi materiale. Si scoprì, poi, che essa poteva causare gravi patologie e danni genetici che si possono evidenziare nelle successive generazioni e, in effetti, diversi utilizzatori dei raggi svilupparono patologie ad essi correlate. Attualmente tutti gli usi dei raggi-X sono attentamente e severamente normati proprio per evitare danni da sovraesposizione.

L’interesse per i raggi X e per le loro pratiche applicazioni fu subito molto vivo in Italia, dove alcuni scienziati erano stati destinatari dell’estratto inviato da Röntgen il giorno di Capodanno.

Il direttore dell’Istituto di Fisica di Pisa, Angelo Battelli, volle verificare la possibilità di ripetere il fenomeno. Insieme ad Angelo Garbasso, docente di Fisica matematica, riuscì a ottenere diverse immagini con i raggi X, e a darne comunicazione il 25 gennaio in una pubblica conferenza. Il 26 gennaio Giuseppe Vicentini, direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Padova relaziona il Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti e allega la prima radiografia diagnostica (mano di donna con anchilosi) eseguita il 18 gennaio. A
Perugia, il 5 febbraio, il milanese Enrico Salvioni era già in grado di presentare un nuovo apparecchio radiografico.
Proprio durante un lungo soggiorno di Röntgen nel nostro Paese, in Italia, allora in guerra con l'Impero d'Etiopia, ci fu la prima importante applicazione in chirurgia della sua scoperta.

Il fatto avvenne a Napoli, nell’Ospedale Militare della Trinità. Furono trasportati qui, con il piroscafo Sumatra, i primi feriti della Guerra di Abissinia, combattuta dalla “civile Italia contro la barbarie africana”, come dettava la propaganda del tempo. Il 23 marzo del 1896 sbarcarono, tra gli altri, i soldati Musiani Alfredo (del 2° Battaglione bersaglieri) e Sinigaglia Leopoldo (della 5° Batteria da montagna), che avevano riportato ferite d’arma da fuoco e che erano stati dichiarati trasportabili in Patria per le necessarie cure. Il primo era reduce dal combattimento di Mai Maret, del 25 febbraio, dove le nostre truppe avevano fatto registrare una vittoria quanto mai effimera. Il secondo aveva preso parte, il 1° marzo, alla sventurata battaglia di Adua, circa la cui errata conduzione sarebbe troppo lungo disquisire, ma che costò, oltre alla perdita di credibilità internazionale del nostro Paese ed alla caduta del Governo Crispi, anche 5000 – 7000 morti (Denis Mack Smith nota, nella sua Storia d'Italia dal 1861 al 1997, che ci furono più morti nella battaglia di Adua, che in tutte le precedenti guerre del Risorgimento italiano messe insieme),
1500 feriti, 3000 prigionieri, tutta l'artiglieria e 11000 fucili... La sconfitta fu anche uno schiaffo morale: dimostrava infatti che gli eserciti europei in Africa non erano invincibili e divenne un simbolo della lotta al colonialismo.
Per tornare alla storia dei Raggi X e del primato nel loro impiego clinico, il Tenente Colonnello medico Giuseppe Alvaro, che era in relazione con gli altri Professionisti interessati alla nuova metodica diagnostica, decise autonomamente di utilizzarla mediante un apparecchio che mostrava solo lievi modifiche rispetto a quello usato dal Röntgen stesso. Localizzò con esso, e poi estrasse chirurgicamente, i proietti che avevano ferito due soldati. 
Avendone lui stesso data comunicazione con una conferenza, poi pubblicata sul Giornale Medico del Regio Esercito, il fatto era destinato a lasciare una chiara traccia di sé e a legittimare la priorità, ma solo nel Regno di Utopia, evidentemente, non in quello d'Italia!


Luisa CARINI, Federico BIZZARRI, Enzo CANTARANO.



Bibliografia

Cantarano E, Carini L. Storia della Medicina e dell'Assistenza per le Professioni Sanitarie, UniversItalia, Roma, 2013, pag 156

Hailemelekot A, The Victory of Adwa - The first Victory of Africa over Colonialists
, CPE 2007
Marcus H G, A History of Ethiopia
, University of California Press, 2002, p. 99
Mack Smith D, Modern Italy: A Political History
, University of Michigan Press, 1997
Quirico D, Adua - la battaglia che cambiò la storia d'Italia
, Milano, A. Mondadori Ed, 2004.

giovedì 18 maggio 2017

Porto Torres: l'incisore Giovanni Dettori


La splendida cittadina in cui passiamo le vacanze, Porto Torres, ogni volta ci riserva qualche gradita sorpresa.
Questa volta la sorpresa è arrivata con un messaggio.

"Alessandro, che ne dici se ci vediamo verso le 19.00? Vi presento una persona veramente in gamba e che sono convinta che piacerà anche a te e a Giusy."

Il messaggio di Gianna è breve e conciso, nessuna spiegazione, niente che non sia essenziale.

"Naturalmente - rispondo subito - ci vediamo stasera."

E' venerdì, l'ultimo giorno della prima tranche di ferie, abbiamo corso tutto il giorno e siamo un po stanchi ma la giornata non è ancora finita.

Alle 19.00 incontriamo Gianna e pochi minuti dopo entriamo nella casa-laboratorio dei genitori di Giovanni Dettori, pittore e incisore, maestro dell'arte e della tecnica della xilografia, incisione su legno!


Giovanni è una persona solare, sorridente, ospitale come i Sardi che gli hanno dato i natali. Nato a Sassari nel 1972, vissuto quasi sempre a Porto Torres, si sente profondamente sardo come i genitori, di Ottana e Sennori.
Ci accoglie col sorriso e con un ottimo bicchiere di vermentino di produzione artigianale.

Gianna ci presenta e racconta la sua storia. Usando la lingua sarda e le sue doti di poetessa mette in scena un brano del vangelo.


Giovanni ci introduce alla sua arte, alla incisione su legno di ciliegio e alla sua personale via Crucis, personale in quanto da lui realizzata. Opera immensa cui ha dedicato gli ultimi quattro anni della sua vita.


"Nelle incisioni ci sono tutte le persone che hanno avuto una qualche influenza nella mia vita, nel bene e nel male!", ci dice con il sorriso sulle labbra.


Giovanni è schietto e diretto. Ci racconta dei suoi successi fuori dalla Sardegna e delle sue delusioni nella sua terra.
Delle sue esperienze in Italia, dei suoi studi, dell'importanza che ha avuto per lui suo fratello, morto giovane, dei suoi genitori e della sua ragazza Elena, la sua musa.

Il tempo è tiranno e facciamo appena in tempo ad affacciarci con rispetto nel suo studio, ad ammirare le sue opere, in mezzo ai suoi attrezzi, ai suoi quadri, alle foto di famiglia, ai fogli di ciliegio... che è già ora di andar via.


Ci ripromettiamo d'incontrarci ancora, abbiamo tante cose di cui parlare, esperienze da condividere, opere da realizzare...

Alessandro Rugolo e Giusy Schirru

domenica 14 maggio 2017

This War of Mine, in guerra non ci sono solo soldati




Produttore: 11 Bit Studios
Tipologia: Sopravvivenza - Gestionale
Anno: 2014
Piattaforma: Pc, Ps4, Xbox One, android e iOS
Giusto pochi giorni fa stavo passando in rassegna una lista di giochi che per mancanza di voglia o magari per dimenticanza avevo ottenuto o comprato ma mai finito.
This war of Mine era tra questi e il titolo ha destato subito la mia attenzione, si tratta infatti di un gioco unico nel suo genere.
Nel mare di gestionali e giochi di sopravvivenza infatti This war of Mine si distingue per temi trattati e cura dei dettagli, oltre a dinamiche di gioco decisamente azzeccate.
Il titolo della 11 bit studios non è una novità sul mercato dei videogiochi in quanto la sua data di rilascio risale al 14 novembre 2014 ma non per questo non merita di essere il soggetto di una recensione e di una analisi a qualche anno di distanza.
Dunque, di che genere di gioco stiamo parlando? This war of mine non è un gioco di guerra, This war of mine è un gioco SULLA guerra, cosa implica questa distinzione? Combatteremo una guerra non fatta solo di armi e spionaggio, bensì una guerra fatta di fame, freddo, paura ,stanchezza e depressione. Una guerra che viene combattuta ogni giorno dai civili di ogni età che si ritrovano nel bel mezzo di un conflitto che non lascia tregua, la battaglia per la sopravvivenza.
In particolare il conflitto che farà da scenario al nostro gioco è ispirato all’assedio a Sarajevo e il tutto viene reso in modo davvero verosimile, dai nostri personaggi con le loro storie e i loro problemi, alla baracca in cui dovremo vivere e dovremo riparare e attrezzare per renderla abitabile, ciò implica la costruzione di letti, sedie, fornelli, filtri per l’acqua piovana e molto, molto altro. Il gioco presenta infatti una bella componente di crafting che ricopre un ruolo vitale nel gameplay.
Il gioco si svolge in due fasi distinte: una fase giornaliera durante la quale dovremo esplorare la nostra abitazione e recuperare risorse e materiali utili per costruire nuovi oggetti come le barricate che serviranno a rendere la nostra casa sicura contro gli attacchi degli sciacalli, per poi cibare e far riposare i nostri uomini ed eventualmente curarli da ferite o malori. Durante questa fase potremo avere a che fare con numerosi incontri casuali che potrebbero avere ripercussioni importanti sulla partita.

Durante la notte invece avremo a che fare con la seconda fase del gioco, quella di esplorazione, decideremo chi dovrà restare a casa per fare la guardia o riposare e chi dovrà uscire allo scoperto per cercare scorte di viveri, medicinali o materiali utili per il già citato crafting. Avremo numerosi luoghi da esplorare come chiese, ospedali o abitazioni e potremo fare conoscenze più o meno gradite, troveremo persone in cerca di aiuto, anziani indifesi che potremo decidere se derubare o lasciare in pace, militari o sciacalli dal grilletto facile e persone come noi che per paura di venire privati delle loro scorte potrebbero compiere i gesti più violenti.
Il gioco ci mette effettivamente di fronte a scelte morali importanti e il tutto viene reso in maniera alquanto immersiva, tanto che ci interesseremo realmente delle scelte dei nostri personaggi e della loro salute e scegliere se aiutare chi bussa alla nostra porta in cerca di provviste o cacciar via gli sconosciuti potrebbe rappresentare un bel quesito. Mettere in pericolo il gruppo per fare una buona azione (che si ripercuote positivamente sul morale dei nostri) oppure scegliere di non mettere a repentaglio la sicurezza che siamo riusciti a costruire in giorni di fatica?
Sotto l’aspetto tecnico il comparto grafico è molto curato, i paesaggi distrutti,le case abbandonate e i muri in rovina sono resi con tonalità scure, grigie a carboncino e persino il cielo sembra essere campo di battaglia, tormentato e mai limpido, entrare nell’atmosfera è essenziale per godersi appieno l’esperienza di gioco e il team di sviluppo ci è riuscito appieno, anche gli effetti audio sono di qualità e la colonna sonora di grande effetto.
This war of mine è un gioco dalla incredibile profondità che merita ore e ore di gioco e passeranno ore prima di cominciare a scalfire la superficie di questa meravigliosa perla che purtroppo mi sono lasciato sfuggire al rilascio, l’unica pecca che ho trovato è la scarsa rigiocabilità che alla lunga potrebbe risultare ripetitivo. Da sottolineare il fatto che sono stati rilasciati due DLC per This War of Mine il cui ricavato viene interamente devoluto all’ente di beneficienza War Child.

Francesco Rugolo