Traduttore automatico - Read this site in another language

sabato 4 aprile 2009

Vite dei grandi: Galileo Galilei


E' stata una settimana piena!
La famiglia, il lavoro... la lettura della biografia di un grande uomo, Galileo Galilei.
Galileo nasce a Pisa il 15 febbraio 1564, muore ad Arcetri l'8 gennaio 1642 lasciando in eredita al mondo intero il suo pensiero scientifico.
Il Dialogo dei Massimi Sistemi, causa per lui, nello stesso tempo, di fama e notorietà infinite e di disgrazie imminenti, ora si trova sulla mia scrivania, appena stampato, pronto ad essere letto e studiato e commentato come non ho mai fatto all'Università con i miei libri di testo... che differenza!

Ma ora cercherò di presentarvi Galileo, o forse solo di incuriosirvi e spingervi, sulle ali della vostra curiosità e grazie alla biografia scritta da Ettore Janni , a ricercare da voi stessi di approfondire una pagina di storia incupita dalla stupidità umana... Vi racconterò Galileo, per quel che ne so, presentandovi alcune curiosità da lui scoperte o comunque che emergono durante le mie letture.
Niente di sistematico dunque... non vi spaventate!

Galileo soffriva di salute cagionevole... causa, pare, l'aria condizionata...
Aria condizionata? Direte voi... si, proprio l'aria condizionata! Altro che invenzione moderna...

"Una volta, dunque, secondo il Viviani, egli si recò in compagnia di due gentiluomini amici, a una villa dei Trento a Costozza, nel Vicentino. Dopo il pranzo la brigata si pose a fare la siesta in una sala dove sboccava un condotto d'aria fresca proveniente da certe grotte. Era una speciale ricercatezza in quel luogo, e non soltanto in quella villa, temperare i calori estivi per mezzo di una conduttura che recava dalle grotte una piacevole frescura [..] Ma quella volta, o per l'eccesso di calore o per la negligenza della compagnia gravata dal sopore della digestione, l'aria fredda fu lasciata entrare in troppo gran quantità e troppo a lungo [..] le conseguenze furono gravi: uno ne morì, probabilmente di polmonite, di lì a pochi giorni, l'altro divenne sordo e Galileo fu preda di quei dolori reumatici e artritici che lo tormentarono tutta la vita".

Ma i dolori reumatici non furono la sua unica tortura. I fastidiosi emulatori, sostenitori dell'immutabilità dell'universo e della Terra al centro del mondo erano i veri fastidi!

Galileo ebbe l'opportunità di aprire all'uomo l'infinita grandezza dell'Universo stellato! Il cannocchiale, o cannone, come talvolta era chiamato, da lui migliorato così da permettergli di osservare la via lattea e di scoprire i satelliti di Giove, si diceva fosse però conosciuto sin dalla antichità...

"Quando se ne cominciò a parlare e a discutere fra studenti e curiosi, se ne cercò l'origine nell'antichità, secondo l'opinione tuttora corrente che quasi tutte le cose nuove trovate di poi e che saranno trovate in avvenire siano state per lo meno intraviste dagli antichi. Galileo vide col telescopio che la via lattea era formata di innumerevoli piccole stelle, e Democrito, un paio di millenni prima, aveva detto che così doveva essere".

Prima di Galileo altri avevano almeno studiato, se non realizzato, lenti capaci di ingrandire e avvicinare, Ruggero Bacone, francescano inglese del XIII secolo fu uno di questi e nell'Opus Majus, la sua opera, se ne può trovar traccia... e non appena potrò ve ne lascerò testimonianza scritta!
Alcuni attribuirono addirittura ad Archimede la costruzione di una "macchina da veder lontano venticinque o trenta miglia, fatta a forma di tamburo con un solo fondo, che sarebbe esistita lungo tempo a Ragusa, in Dalmazia...". Fantasie? O, veramente, gli antichi conoscevano il cannocchiale o telescopio?
Forse non avremo mai una risposta...

Ma gli studi di Galileo si spingevano troppo in avanti, toccavano parti dell'ordine costituito che la Chiesa non poteva non considerare come eretiche! Galileo d'altro canto si faceva trascinare ben volentieri, dal suo spirito vivo, nel discorrere su temi cari alla Chiesa come le Sacre Scritture. Chi era Galileo per arrogarsi il diritto di interpretarle?

"Il cardinale Bellarmino, massima autorità del Santo Uffizio, s'era rivolto ai matematici del Collegio per sapere che c'era di vero in quelle novità galileiane. La più rigorosa sorveglianza della chiesa sul movimento intellettuale esigeva una sollecita attenzione ai pericoli che potevano nascere per la tradizione e per l'autorità da opinioni e teorie nuove".

Il nuovo che mette in pericolo lo status quo!
Sempre la solita storia, la stessa che impedisce all'umanità di progredire, la stessa, però, che impedisce talvolta alla stessa umanità di commettere enormi errori contemperando il nuovo con la saggezza del conosciuto!

Galileo insegnava, studiava, inventava, scriveva... e intanto cercava anche di vivere al meglio!
Diversi personaggi famosi e potenti, principi e Cardinali, lo conoscevano e lo stimavano, come matematico e scienziato o, come amava dire lui, come filosofo della natura. L'Accademia dei Lincei, fondata da Principe Cesi, lo annoverava tra i suoi gioielli!

Erano tempi difficili quelli, tempi in cui chi osava troppo veniva bruciato al rogo!
Giordano Bruno era allora un ricordo recente...

I peripatetici copiavano, secondo Galileo. Egli aveva sotto gli occhi il naturale, loro avevano sotto gli occhi i libri del loro maestro, Aristotele, e mai li sollevavano al mondo per osservarlo e studiarlo!

Il dubbio, il porsi domande, l'investigare la natura, é il fondamento della filosofia... mai la certezza!

Ma ciò non significa che Galileo non ammirasse i grandi uomini del passato, che non li studiasse, anzi tra questi ammirava e stimava, pare, Pitagora. Galileo combatteva l'idea che veniva sostenuta dai peripatetici, che ciò che aveva scritto Aristotele fosse immutabile perché perfetto! Ma Galileo non era contro Aristotele ma contro la stupidità dei suoi seguaci!

La teoria Copernicana é al centro della sua opera "Dialogo dei massimi sistemi" ma Galileo sostiene che prima di Copernico altri furono della stessa opinione "Questa teoria del resto, é tanto poco sua che l'ebbero Pitagora con tutti i suoi,Eraclide Pontico, Filolao maestro di Platone e Platone stesso, Aristarco di Samo, forse lo stesso Archimede, Niceta filosofo citato da Cicerone; se la propose Seneca come un problema da considerare e finalmente fu confermata da Copernico".
Nomi insigni... grandi menti del passato... ma da dove veniva la loro conoscenza del sistema solare? Dobbiamo dunque supporre che il passato remoto abbia avuto uno o più "Galilei"?

Pitagora, forse?
Che alcune antiche leggende sulla sua persona lo vogliono in grado di viaggiare attraverso il tempo e lo spazio e di comunicare con piante ed animali!?!

Ma torniamo a Galileo e alle sue opere senza ulteriori digressioni... e a quelli che forse sarebbero diventati i suoi principali oppositori e persecutori, i Gesuiti. Tra questi vi fu "il Mostro", padre Niccolò Riccardi, forse combattuto tra il dovere e il rispetto per una grande mente...

Ma anche Galileo sbagliava, come é normale per gli uomini, ma aveva anche la capacità di riconoscere la "sua umanità". Spesso diceva "questa è una di quelle tante e tante cose ch'io non so" oppure "questa é una di quelle tante cose che so di non sapere".

I suoi studi occupavano tutto il suo tempo, anche perché non doveva più dedicarsi a i suoi studenti... anche se ne ebbe sempre intorno!
La sua mente era sempre in fervore, e su problemi i più diversi.

"Nel 1626 scriveva al Marsili: "Io sono da tre mesi in qua sopra un maneggio ammirabile, che é di multiplicar con artificio estremamente la virtù della Calamita di sostenere il ferro: già sono arrivato a fare che un pezzetto di sei once, che per sua forza naturale non sostiene più di un'oncia di ferro, ne sostiene con arte once 150, e spero di avere a passare ancora a maggior quantità..."

Esperimenti sull'elettromagnetismo? Parrebbe di si!

E quante lettere tra lui e i grandi del tempo, Keplero, Tommaso Campanella... sulle maree e sugli effetti del movimento della Terra o della Luna!

Nel Dialogo dei Massimi Sistemi Galileo dice: "Però, se a niuno toccò mai in eccesso differenziarsi nell'intelletto sopra gli altri uomini, Tolomeo e 'l Copernico furono quelli...ch'io stimo i maggiori ingegni che in simili speculazioni ci abbian lasciato loro opere". Era sincero fino in fondo? Oppure vi fu portato dalla prudenza?
Tutta l'opera, scritta in forma di dialogo tra tre personaggi, aveva il solo scopo di "rimettere la Terra nel cielo". I personaggi rappresentano Galileo e i suoi nemici e nell'arco temporale di quattro giornate discutono delle teorie Copernicana e Tolemaica, cercando di mostrare l'importanza del metodo scientifico, la necessità di sperimentare, osservare, riprodurre...
A questo forse dobbiamo anche il ritardo di secoli negli esperimenti sulle onde radio, forse già ipotizzate o scoperte...

"Curioso é l'esempio che reca a un certo punto l'arguto veneziano della necessità di sicure dimostrazioni; curioso perché parla di un tale che sarebbe stato un precursore, nientemeno, del telefono e della radio.
Voi mi fate sovvenire di uno che mi voleva vendere un segreto di poter parlare, per via di certa simpatia di aghi calamitati, a uno che fusse stato lontano due o tremila miglia [..] io lo licenziai..."


Che dire...

Era un tempo di grandi uomini, di grandi studiosi, di grandi rivolgimenti... tutti nuovi o alcuni riemersi dal passato?
Chissà cosa voleva dire il Castelli quando parlando dell'emisfero sud del globo terrestre dovessero trovarsi "vaste provincie di continenti e terre"?

Seguiva forse l'esempio del grande Galileo Galilei, autore di grandi opere che meritarono le parole

"Non est factum tale opus in universa Terra"?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 29 marzo 2009

galileo Galilei...

Solo poche righe per introdurci ad un grande genio, Galileo, sulle orme di un grande giornalista, Ettore Janni!

"Avendo oramai travagliato venti anni, e i migliori della mia età, in dispensare, come si dice, a minuto alle richieste d'ognuno quel poco di talento che da Dio e dalle mie fatiche mi é stato conceduto nella mia professione, mio pensiero sarebbe conseguir tanto d'ozio e di quiete che io potessi condurre a fine..."

Così Galileo scriveva al maestro di casa del mecenate, il principe Cosimo II di Toscana.
Era allora già famosissimo per le sue scoperte e lezioni.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Distillato di vita

Distillato di vita,
racchiuso nell’ampolla del tempo,
contiene i giorni del nostro passato
evidenziati in attimi sognanti.
Sono il mandante dell’amore,
un tramite per il futuro,
ignoro i sogni,
che legano la mia vita
al presente.
Cullata dalla dolcezza delle tue carezze
mi annullo nel tuo respiro
e le mie poesie
resteranno violate compagne
del mio silenzio,
come uniche eredi di un’esistenza,
che non ha più tempo.


Daniela MEGNA

sabato 28 marzo 2009

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Precedenti:Tito Livio: storia di Roma
_______________________________________________________________

Maestro, possiamo riprendere da dova abbiamo lasciato?
Le avevo posto alcune domande...

"Ricordo, volevi sapere chi si trovava nel Lazio all'arrivo di Enea.
E se non ricordo male ti dissi che il Lazio era abitato dagli Aborigeni, il cui re si chiamava Latino.
Esistono due versioni riguardo i primi tempi. Secondo alcuni Enea e Latino vennero allo scontro quasi subito e risolsero la questione con una grande battaglia campale, Enea uscì vincitore e Latino, dopo aver concordato la pace, decise di stringere rapporti di parentela con i nuovi arrivati. Lavinia, figlia di Latino, venne data in sposa ad Enea..."

Questa é la prima versione, la seconda?

"Sei impaziente? Lasciami pensare... sono vecchio!"

Perdonami maestro...

"Dicevo, secondo altri Latino ed Enea erano schierati in formazione di battaglia pronti ad affrontarsi quando Latino, spinto forse dalla curiosità, decise di capire chi fossero i suoi avversari. I re si parlarono ed Enea ebbe modo di spiegare chi fossero e per quale motivo si trovassero così lontano dalla loro patria, ormai distrutta da una terribile guerra".

"Latino, valutata la situazione, preferì imparentarsi con il nuovo arrivato dando in sposa la figlia Lavinia e concedendo la possibilità di fondare una città..."

Dunque così nacque Roma? Bellissima sto...

"Alessandro, abbi pazienza, se non hai voluto leggere i miei testi prima del nostro incontro, come ti avevo suggerito, almeno abbi la pazienza di ascoltarmi!"

"Non nacque Roma, ma Lavinio. Enea fondò Lavinio, dal nome della moglie Lavinia. Da matrimonio nacque un figlio, Ascanio..."

"Se ben ricordi la guerra di Troia ebbe inizio a causa di una donna, la bellissima Elena. Allo stesso modo Lavinia, seppure involontariamente, fu la causa di una nuova guerra... Prima dell'arrivo di Enea, infatti, era stata promessa a Turno, re dei Rutuli. Turno dichiarò guerra ad Enea e a Latino ma fu sconfitto. Turno si rivolse allora agli Etruschi di Cere e al loro re, Mesenzio".

"Intanto il popolo di Enea e quello degli Aborigeni di Latino diventano un unico popolo portatore di un unico diritto e di un unico nome, i Latini, così la loro città e la loro potenza cresceva...
Ma le cose non potevano durare, i vicini Etruschi ed i Rutuli infatti scesero in guerra ed Enea li affrontò in battaglia e vinse. Per Enea quella fu l'ultima battaglia. Dopo essere sopravvissuto alla guerra di Troia andò a morire in terra straniera. Le sue spoglie giacciono in riva al fiume Numico e viene chiamato Giove Indigete".

Che storia...

"Ma ora, ancora una volta, devo chiederti di pazientare... la mia età mi spinge a riposarmi!"

Va bene Maestro, a presto dunque e grazie per ora!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 27 marzo 2009

Premio Letterario Nazionale Giuseppe Dessì

Cari amici,
oggi vi rubo qualche minuto per presentarvi una grande iniziativa, il Premio Letterario Nazionale Giuseppe Dessì giunto alla XXIV edizione.
Il Concorso Letterario Nazionale é organizzato dalla Fondazione Dessì e dal Comune di Villacidro, d’intesa col Comitato Promotore, e col patrocinio del Consiglio Regionale della Sardegna, dell’Assessorato Regionale alla Pubblica Istruzione, del Ministero per i Beni e le Attività culturali, dell’Amministrazione provinciale del Medio Campidano, del Consorzio Industriale di Villacidro.
Possono partecipare al concorso opere di narrativa e di poesia che rispettino i requisiti previsti dal bando.
La richiesta del bando e le informazioni inerenti al Premio, vanno indirizzate a:
Segreteria organizzativa
Fondazione Giuseppe Dessì
Via Roma n.65 – 09039 - Villacidro
Tel. O709314387 – 3406660530 - 3495456432
Fax. 1782218462
http// www.fondazionedessi.it
E-mail: premio.dessi@tiscali.it - fondessi@tiscali.it

In bocca ala lupo agli organizzatori e a tutti i partecipanti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 22 marzo 2009

Tito Livio: storia di Roma

Chi non ha mai sentito parlare di Tito Livio? Autore di una "Storia di Roma", Ab Urbe condita, per gli amanti del Latino.
Livio nasce forse intorno al 59 a.C. a Patavium, cioè a Padova.
La sua opera consisteva di 142 (o 144 per alcuni!) libri che coprono la storia di Roma dalle origini al 9 a.C, alla morte di Druso. Della sua immensa opera resta poco, i primi 10 libri e poi quelli dal 21 al 45, attraverso i quali é però possibile farsi una idea della storia di Roma.
Come al solito non voglio raccontarvi ciò che ho letto, ma solo stimolare la curiosità. Chi vuole potrà trovare i libri in qualunque biblioteca o in libreria...
Attraverso delle curiosità proveremo a percorrere i primi cinque libri della "Storia di Roma".
Livio inizia dalla guerra di Troia, ma proviamo a chiedere a lui direttamente, se é disponibile, di raccontarci la storia della nascita di Roma...

Maestro, possiamo disturbarLa?

"Dimmi Alessandro, sii breve però, sono molto impegnato..."

Certo, cercherò di essere breve, avrei alcune domande per Lei, ho letto alcuni libri della sua opera e...

"E ti sei incuriosito, vero? E' ciò che volevo, incuriosirti, cosicché tu e i tuoi amici dedichiate parte del vostro tempo allo studio della Storia!"

Posso farle, dunque, alcune domande? Se per lei va bene iniziamo dall'inizio... é mai possibile che Roma abbia avuto tra i fondatori proprio i profughi dalla distruzione di Troia?

"Iniziamo bene... Devi capire che tutto ciò che é così remoto, non può essere raccontato con certezza, la tradizione ci dice che le cose andarono proprio così.
Enea e Antenore, e con loro parte del popolo, si salvò dalla distruzione di Troia. Partirono alla volta di quella che oggi chiamate penisola italiana. Antenore sbarcò nel territorio degli Euganei, nelle coste bagnate dall'Adriatico. Antenore era a capo dei superstiti del suo popolo, gli Eneti. Una volta sbarcati, allontanarono gli Euganei e si stanziarono. Così i nuovi popoli presero il nome di Veneti e chiamarono col nome della antica città ormai distrutta il nuovo territorio".

Dunque i Veneti sarebbero i discendenti degli Eneti?

"Tu l'hai detto!"

Ed Enea, che cosa ne fu di lui?

"Enea sbarcò prima in Macedonia, quindi si spostò in Sicilia e poi ancora verso nord, nell'agro Laurente, in quello che oggi voi chiamate Lazio, a sud di Roma, ma allora Roma ancora non esisteva. Enea, chiamò il territorio Troia".

Ma nel Lazio non vi era nessuno in quel periodo?
Nessuna popolazione precedente?
Possibile che Enea sbarchi nelle coste del Lazio nessuno dica niente?

"Infatti non andò così! La terra era abitata dagli Aborigeni e il loro re si chiamava Latino...
Ma ora non posso proseguire, ti dispiace se ne parliamo domani? Così magari anche tu hai modo di leggere i miei libri ed approfondire..."

Va bene Maestro, come preferisci, a presto dunque e grazie per ora!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 7 marzo 2009

Licaone, l'uomo e il lupo!

Licaone... empio sovrano d'Arcadia!

Ovidio, Metamorfosi, I,198,221; II,526; I,165; II,496.
"... si narra che i Giganti aspirarono ad impadronirsi del regno celeste e che ammucchiarono i monti innalzandoli fino alle stelle...".

Così Ovidio ci introduce alla stirpe umana nata dalla terra, bagnata dal sangue dei giganti ,schiacciati sotto la terra che loro stessi avevano sollevato. Ma la nuova stirpe umana "divenne sprezzante degli dei e avidissima di strage spietata e violenta".

Così Giove "quando vide tale scelleratezze dall'alto dei cieli se ne dolse e, ripensando ai ributtanti banchetti della reggia di Licaone, imbanditi di recente e per questo non ancora divulgati concepisce nell'animo un'ira tremenda e degna di lui e convoca un concilio..."

"Pensate forse, o dei superni, che essi [Semidei, Ninfe, Fauni, Satiri...] non corrano pericoli?, dal momento che Licaone, noto per la sua ferocia, ha teso insidie a me, che pure sono armato del fulmine e tengo voi sotto il mio potere?". Così Giove apostrofa gli dei...

Per gli uomini sarà l'inizio della fine, Giove e gli dei puniranno la stirpe umana, che oramai non ha più alcun rispetto per loro, con il Diluvio...

Ma é arrivato il momento di capire di cosa é accusato Licaone per aver provocato l'ira degli Dei... ascoltiamo Giove come testimone:

"L'ignominia del tempo era giunta alle nostre orecchie, augurandomi che essa non fosse vera, scendo dal sommo Olimpo e, pur dio, esploro le terre sotto sembianza umana. Sarebbe lungo descrivere quanta malvagità abbia trovato in ogni luogo: la cattiva fama era inferiore al vero".

Giove attraversò la terra di Arcadia, su cui regnava Licaone. Mandò un segno del suo arrivo e il popolo cominciò a pregare... ma non Licaone che deride chi prega! Non contento decide di mettere alla prova Giove...

"proverò di sapere, con un esperimento palese, se sia un dio o un uomo; la verità della prova potrà essere messa in discussione".

Questo pensa Licaone, e si prepara ad uccidere il Padre degli dei nel sonno. Ma la sua crudeltà non ha limiti e così decide di servire al suo ospite cibo umano quindi, sgozzato con la spada un ostaggio mandato dai Molossi...

"butta nell'acqua bollente parte delle membra ancora palpitanti, e parte le abbrustolisce sul fuoco".

Giove, quando gli venne servito il banchetto, riconobbe Licaone colpevole e fece crollare la sua casa. Licaone scappò e raggiunta la campagna...

"comincia ad ululare e invano tenta di parlare; la bocca raccoglie da lui stesso la rabbia e sfoga la brama della strage, per lui abituale, sugli armenti, e ancora oggi gode del sangue. La veste si muta in un vello, le braccia in zampe; diventa lupo e mantiene le tracce dell'antico aspetto; identico il colore grigiastro, identica la ferocia del volto; guizzano minacciosi gli stessi occhi, immutata l'aria di crudeltà".

Questa la punizione per Licaone, ma é solo l'inizio...
Giove e il consiglio degli dei si apprestano infatti a distruggere la stirpe umana con i fulmini ma poi, per paura che "a causa di tanti fuochi il sacro etere si infiammasse e bruciasse il lungo asse terrestre" e con esso, oltre la terra e il mare anche la reggia celeste, decide di "distruggere la stirpe dei mortali con un'inondazione e mandare un diluvio da ogni parte del cielo".

Ma sentiamo ora Apollodoro, anche lui ci ha tramandato con la sua opera, la Biblioteca, la storia di Licaone e della sua empietà.
Secondo Apollodoro Licaone era figlio di Pelasgo e di Melibea (o, secondo altre fonti, della ninfa Cillene). Durante il suo regno in Arcadia ebbe cinquanta figli da diverse donne, fra tutti gli uomini essi erano i più arroganti ed empi.
"Zeus allora volle mettere alla prova la loro empietà e si presentò a loro dopo avere assunto l'aspetto di un povero. Essi lo accolsero come ospite e, dopo aver ucciso un bambino della regione, mescolarono le sue viscere a quelle di una vittima sacrificale e gliele offrirono: li aveva esortati a ciò il fratello maggiore, Menalo. Allora Zeus disgustato rovesciò la mensa, nel luogo che ora é chiamato Trapezunte, e fulminò Licaone insieme ai suoi figli, ad eccezione del più giovane, Nittimo [..] Fu durante il regno di Nittimo che si verificò il diluvio di Deucalione e alcuni dicono che esso avvenne proprio a causa dell'empietà dei figli di Licaone".

In questa versione non é Licaone l'empio, ma i figli, essi furono l'origine della rovina... ma in Apollodoro non si parla di trasformazione in lupo!
Questa stessa versione é tramandata da Nicola Damasceno e grazie alle note ad Apollodoro, opera di J. G. Frazer, sappiamo che Licaone mantenne le abitudini rette del padre Pelasgo. Egli usava raccontare ai suoi sudditi che Zeus veniva a visitarlo sotto l'aspetto di uno straniero allo scopo di verificare la giustizia e l'iniquità. Una volta, mentre aspettava l'arrivo di Zeus, compì un sacrificio al quale presenziarono anche alcuni dei suoi figli. Furono questi che, allo scopo di sapere se colui che sarebbe arrivato era veramente un dio, immolarono un fanciullo e mescolarono le sue carni a quelle della vittima convinti che la loro azione sarebbe stata svelata solo da un dio. Ma il dio causò una tempesta e gli autori del delitto perirono. Anche in questo caso nessun riferimento alla trasformazione di Licaone da uomo in lupo.

Anche Igino, Pausania e altri autori antichi trattano l'argomento introducendo diverse piccole varianti sul tema, ma mi sembra interessante riportare anche le considerazioni di Frazer che prendono forse spunto dalla versione di Pausania.
Per Pausania Licaone offrì un neonato umano all'altare di Zeus Licio e fu immediatamente trasformato in lupo.

Per Frazer "queste tradizioni erano raccontate per spiegare i riti selvaggi e crudeli che pare siano stati celebrati in onore di Zeus Licio, sul monte Liceo, fino al II secolo d.C. o anche più tardi. Sembra che una vittima umana fosse sacrificata e che le sue viscere, mescolate con quelle di vittime animali, fossero divise in una sorta di banchetto cannibalico tra i fedeli, e chi di loro aveva in sorte di assaggiare carne umana si diceva si trasformasse in lupo e vivesse in questa forma per otto anni, per recuperare aspetto umano al nono, a condizione che nel frattempo si fosse astenuto dal mangiare carne di uomo".
Secondo Frazer il ricorso al ciclo di otto anni fa pensare che il sacrificio fosse offerto a queste scadenze temporali.
La cosa é plausibile se si considera che il ciclo di otto anni, questa volta chiedendo aiuto a Newton, fu introdotto in Grecia ed a Creta ad opera dei Fenici in epoche antiche. Sempre secondo Newton questo ciclo di otto anni era il "Grande anno" di Cadmo e Minosse e aveva grande importanza nelle celebrazioni religiose.

Licaone... uomo, lupo, o entrambi?
Forse solo ricordi di una antica crudele religione Fenicia?
E i sacrifici umani Egizi? Idem?
E i sacrifici umani Atzechi e Maya?


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO