Poche parole e molte foto per questa visita a San Gemini, nei pressi di Terni, il borgo dell'acqua.
Chiesa di San Giovanni, costruita su un antico tempio a base ottagonale
Caratteristica osteria al torchio
Il Duomo di San Gemine
Piazza San Francesco
Chiesa di San Francesco
Palazzo del comune
Chiesa di Santa Maria de Incertis
Alessandro Rugolo
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mercoledì 17 agosto 2016
martedì 16 agosto 2016
Papa Francesco tra crisi dell’occidente, guerra e Misericordia.
Papa
Francesco forse verrà ricordato come l’uomo della misericordia, che è
anche il tema del suo giubileo anomalo. Il giubileo di Bergoglio è
diffuso in tutto il mondo,
non è Roma-centrico, ed è anche un giubileo protratto nel tempo, perché
è previsto per un anno ma che probabilmente vedrà le porte giubilari
aperte per molto più tempo, forse per sempre o chiuse solo dopo la
morte del Papa.
E’
un giubileo senza enfasi, sommesso, e quindi ricondotto alla sua
origine di pellegrinaggio (inteso come l’uomo che cerca) e il primo
pellegrino è stato proprio Bergoglio
che è andato personalmente ad aprire molte delle porte giubilari, anche
in terre dove si estende al minaccia islamista come nel cuore
dell’Africa. Ma l’atto di misericordia più duro il Papa l’ha dovuto fare
recentemente, invitando i mussulmani a pregare nelle
chiese cattoliche e a ricordare che l’islam non è solo violenza. Le
critiche per questa posizione al Papa non sono mancate,
da una parte c’è chi sostiene che la lingua “affilata”(per non dire
biforcuta) del gesuita Bergoglio è un abile strumento per insidiare
la barbarie dell’Islam, dall'altra
c’è chi sostiene che questo “buonismo” rischia di essere funzionale al
disegno islamista, considerato altrettanto subdolo. Per
fare un discorso più attento, in realtà, occorre ricondurre il problema
alla individuazione della crisi di civiltà a cui noi assistiamo in
questo inizio di millennio. Non è semplice, perché le questioni aperte
sul tavolo sono molte.
La crisi economica.
A
differenza di quello che si percepisce in realtà siamo di fronte ad una
crisi petrolifera, nel senso che il petrolio non vale più nulla,
nonostante il conflitto con
il Califfato e le contrazioni della produzione, il prezzo del greggio
non sale. Per la prima volta nella sua storia contemporanea l’Arabia
Saudita, ad esempio, ha dovuto contrarre la spesa pubblica, e questo
comporta sicuramente un problema per i paesi produttori
con la conseguente scelta di campo e probabili simpatie per il
Califfato. Sulla crisi monetaria si è parlato molto, sia delle cause
che dei rimedi, Draghi ha fatto più di un miracolo, ma di fatto non
riusciamo a far circolare moneta in occidente e in particolare
in Europa, con la conseguente depressione della produzione
industriale. Anche la scelta della Gran Bretagna di uscire dall’euro è
sicuramente legata alla necessità per quel paese di fare circolare più
moneta, paradossalmente la stessa necessità che ha la
Grecia.
La crisi dei valori dell’occidente.
Pretesto
o meno, il disprezzo verso i nostri valori e lo stile di vita
dell’occidente è sicuramente la leva più usata per il reclutamento del
Califfato. Un disprezzo che
serpeggia anche tra chi islamico non è. Noi occidentali stessi abbiamo
difficoltà a riconoscere i nostri valori costitutivi e ad accettare la
complessità della vita moderna. L’impoverimento diffuso, soprattutto
della classe media e la crisi del lavoro portano
alla crisi delle istituzioni democratiche e di rappresentanza con la
conseguente crisi degli organi intermedi, quali i sindacati, i partiti,
le associazioni di categoria e quelle culturali, con l’unica eccezione
del volontariato religioso ma anche laico. Tra
i valori democratici dell’occidente c’è il rispetto dell’individuo,
sancito con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma che
oggi è minacciato dalla questione dei migranti e di tutti i problemi che
la questione della migrazione porta nella convivenza
quotidiana. Il caso più eclatante della crisi dell’occidente è
sicuramente la Turchia. Un paese, la Turchia, che in breve tempo, da
esempio positivo di occidentalizzazione si è trasformato in un regime al limite
del dispotismo, che mette in crisi il senso e il ruolo della NATO
stessa. Trump ha definito la NATO un inutile orpello. Anche se si
considera il tentato golpe turco un
fatto inaccettabile, occorre capire come è stato possibile che in
questo ultimo decennio la Turchia si sia avviata verso un situazione pre-dittatoriale.
Questo
è lo scenario di crisi che anche Bergoglio si trova ad affrontare, uno
scenario quasi da “collasso” di una civiltà, ed egli vuole, al di là
delle considerazioni
strategiche che si possono fare, conciliare i valori cristiani di cui
la misericordia è un cardine fondamentale, con i valori della modernità e
della laicità, senza essere modernista e laicista. Questa è la grande
visione di Papa Francesco, in una situazione
di involuzione egli non vuole uno scontro di civiltà tra cattolici e
laici, e non vuole neanche uno scontro di civiltà generico con l’islam,
anche in questo senso va capita la missione della misericordia. Egli
infatti circoscrive le questioni non in base alle
questioni banalmente religiose o banalmente politiche e se è necessario
bacchetta pure la chiesa al suo interno, ma al contrario smussa i
conflitti fuori e dentro la chiesa, cerca di conciliare e non di
dividere, sembra ricordarci in ogni momento il detto
evangelico: “pace in terra agli uomini di buona volontà”. Questo forse è lo scontro di
civiltà che Papa Francesco ritiene utile combattere, tra chi è uomo di
buona volontà e chi non lo è, indipendentemente se sei cristiano, laico,
ebreo o mussulmano. Ovviamente la Difesa non fa
teologia ed ha le sue prerogative stringenti e inderogabili – fa un
altro mestiere –, ma dovrebbe apprezzare comunque la lezione di
Bergoglio. Perché noi vinceremo questa guerra anche se capiremo di
essere dalla parte giusta, e la parte giusta non è quella
dei cattolici contro i laici, dell’Occidente contro l’Oriente, ma è
quella della misericordia e della tolleranza contro l’intolleranza e il
disprezzo per l’Uomo e l’Umana Famiglia.
Alessandro Ghinassi
lunedì 15 agosto 2016
Badoglio, di Silvio Bertoldi
Il Maresciallo d'Italia dalle molte vite.
Così recita titolo e sottotitolo.
Pietro Badoglio, nominato Maresciallo d'Italia il 25 giugno 1926!
Bisogna ricordare che il grado di Maresciallo d'Italia fu istituito nel 1924 da Mussolini per rendere onore a Cadorna e Diaz, che avevano comandato durante la 1^ Guerra Mondiale.
Poi lo stesso Mussolini utilizzò il grado come ricompensa per alcuni Ufficiali Generali che si erano particolarmente distinti (sempre durante la Grande Guerra!), tra questi, nel '26, Pietro Badoglio.
Ma cosa fece di così sensazionale Badoglio?
Pietro Badoglio nasce a Grazzano Monferrato il 1° settembre 1871. Entra all'Accademia Reale di Torino nel 1888 e due anni dopo inizia la sua brillante carriera militare.
L'autore, Silvio Bertoldi, afferma che Badoglio faceva parte della Massoneria e che ciò gli consentì in una certa misura di avere sempre qualche carta sicura da giocare.
L'autore, Silvio Bertoldi, afferma che Badoglio faceva parte della Massoneria e che ciò gli consentì in una certa misura di avere sempre qualche carta sicura da giocare.
Di fatto, all'ingresso in guerra dell'Italia (il 23 maggio 1915 dichiara guerra all'Austria-Ungheria) Badoglio è Tenente Colonnello, assegnato allo Stato Maggiore della 2^ Armata, presso il comando della 4^ Divisione, allora alle prese con il problema della conquista del Monte Sabotino, postazione fortificata degli austriaci, a difesa di Gorizia, città che dal 1500 circa faceva parte del territorio austriaco.
Nel mentre Badoglio avanza di grado. Nel maggio del 1916 viene promosso Colonnello e ricopre l'incarico di Capo di Stato Maggiore del IV Corpo d'Armata.
Il Sabotino era la spina nel fianco del Generale Montuori, Comandante della IV Divisione. Da un anno si cercava di dare l'assalto alla postazione senza però riuscirvi. I soldati erano scoraggiati.
Secondo la testimonianza del Generale Montuori fu proprio Badoglio che spiegò come fare:
"Usando il sistema delle parallele, come mi è stato insegnato alla Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio. Il Sabotino è una fortezza e bisogna attaccarlo nel modo classico di operazione contro fronte rafforzato."
Non tutti concordano sul fatto che sia stato Badoglio l'ideatore del piano, sta di fatto che fu proprio lui che ne raccolse i frutti. Sembra comunque certo che in qualità di Comandante del 74° Reggimento di Fanteria prima, che operò proprio in preparazione dell'attacco al Sabotino, e poi come esterno per controllare il prosieguo dei lavori svolti dal 139° Reggimento della Brigata Bari e dai due Reggimenti della Brigata Lupi di Toscana, svolgesse un ottimo lavoro.
Il 6 agosto 1916 il Sabotino è preso.
Il comandante della 45^ Divisione è il Generale Venturi, Badoglio è il Comandante della Brigata mista che compie l'attacco. Finito l'attacco Badoglio se ne tornò al VI Corpo d'Armata, dove era Capo di Stato Maggiore. Il Comandante della Divisione lo avrebbe voluto punire per non aver proseguito l'azione in profondità. Il Generale Capello invece lo propose per una promozione al Duca d'Aosta, Comandante della III Armata.
Il comandante della 45^ Divisione è il Generale Venturi, Badoglio è il Comandante della Brigata mista che compie l'attacco. Finito l'attacco Badoglio se ne tornò al VI Corpo d'Armata, dove era Capo di Stato Maggiore. Il Comandante della Divisione lo avrebbe voluto punire per non aver proseguito l'azione in profondità. Il Generale Capello invece lo propose per una promozione al Duca d'Aosta, Comandante della III Armata.
Badoglio, a 45 anni, è nominato Maggiore Generale.
Nel 1917 prende parte alla battaglia della Bainsizza prendendo il posto prima del Generale Garioni (II Corpo d'Armata) e poi del Generale Vanzo (XXVII Corpo d'Armata), silurati da Capello.
Fa ciò che può e alla fine si ritrova ancora una volta promosso per meriti di guerra a Tenente Generale. Badoglio è ora al comando del XXVII Corpo d'Armata.
Forse Badoglio aveva fatto carriera troppo velocemente, forse sopravvalutava le sue capacità di stratega, fatto sta che, proprio quando non dovrebbe fallire, arriva la sua caduta che si chiama Caporetto!
Dico che non avrebbe dovuto fallire perché aveva tutte le informazioni necessarie per vincere. Infatti il 20 ottobre 1917 un Ufficiale disertore si presentò sulle linee dell'Isonzo. Portava con se i piani d'attacco degli Austro-Ungarici. Si sapeva tutto, giorno, ora, dispositivo avversario e modalità d'attacco. Forse fu proprio quello il problema, si sapeva troppo e ciò spinse i Generali sul fronte a fare i loro piani e a dimenticare con troppa facilità che esiste una gerarchia.
Badoglio era tranquillo, aveva disposto le sue truppe come riteneva meglio (non come gli era stato ordinato di fare!) e aveva dato i suoi ordini, si era riservato la facoltà di dare l'ordine di tiro alle artiglierie. Forse aveva pensato di attirare il nemico in una trappola, nemico che secondo le informazioni note doveva passare proprio nel suo settore. Tra i nemici si trovavano anche i tedeschi e tra questi un giovanissimo Ufficiale, Rommel.
Fatto sta che il nemico sfondò il fronte esattamente dove tutti sapevano che sarebbe passato.
Badoglio, in vece che trovarsi sul fronte, sull'Ostri-Kras, da dove avrebbe potuto dare all'artiglieria l'ordine di sparare, si trovava arretrato sul Cosi.
Fu tagliato fuori dal suo Corpo d'Armata e non fu in grado di dare nessun ordine ne di sapere cosa stava accadendo sul fronte.
Il risultato lo conosciamo tutti. Il fronte fu sfondato e le truppe italiane si ritirarono (non proprio ordinatamente) fino ad arrivare al Piave.
Dico che non avrebbe dovuto fallire perché aveva tutte le informazioni necessarie per vincere. Infatti il 20 ottobre 1917 un Ufficiale disertore si presentò sulle linee dell'Isonzo. Portava con se i piani d'attacco degli Austro-Ungarici. Si sapeva tutto, giorno, ora, dispositivo avversario e modalità d'attacco. Forse fu proprio quello il problema, si sapeva troppo e ciò spinse i Generali sul fronte a fare i loro piani e a dimenticare con troppa facilità che esiste una gerarchia.
Badoglio era tranquillo, aveva disposto le sue truppe come riteneva meglio (non come gli era stato ordinato di fare!) e aveva dato i suoi ordini, si era riservato la facoltà di dare l'ordine di tiro alle artiglierie. Forse aveva pensato di attirare il nemico in una trappola, nemico che secondo le informazioni note doveva passare proprio nel suo settore. Tra i nemici si trovavano anche i tedeschi e tra questi un giovanissimo Ufficiale, Rommel.
Fatto sta che il nemico sfondò il fronte esattamente dove tutti sapevano che sarebbe passato.
Badoglio, in vece che trovarsi sul fronte, sull'Ostri-Kras, da dove avrebbe potuto dare all'artiglieria l'ordine di sparare, si trovava arretrato sul Cosi.
Fu tagliato fuori dal suo Corpo d'Armata e non fu in grado di dare nessun ordine ne di sapere cosa stava accadendo sul fronte.
Il risultato lo conosciamo tutti. Il fronte fu sfondato e le truppe italiane si ritirarono (non proprio ordinatamente) fino ad arrivare al Piave.
Il libro di Bertoldi esamina con attenzione la battaglia di Caporetto attribuendo a Badoglio la sua parte di responsabilità e prosegue poi nel racconto della sua vita ricca di successi. Badoglio che da Caporetto uscì come un vincitore nonostante la disfatta, dovette godere di appoggi molto altolocati, il dossier contenente le accuse verso di lui sparì e così egli fu l'unico (e principale responsabile della disfatta) che si trovò promosso.
Eppure Caporetto non sarà l'ultima disfatta di Badoglio. Prima vi fu la Grecia, poi la seconda guerra mondiale lo vede tra i principali responsabili della impreparazione dell'esercito al suo ingresso in guerra e quindi della completa impreparazione delle Forze Armate lasciate senza ordini successivamente all'armistizio dell'8 settembre 1943. Dalla caduta di Mussolini era lui il primo ministro, su incarico del Re.
Ma anche allora Badoglio ebbe modo di risollevarsi e andò a ricoprire la carica di presidente del Consiglio fino alla fine della guerra, messovi questa volta, forse, dagli Alleati che lo consideravano uomo di fiducia.
Nel 1944, all'età di 73 anni, terminava la sua fortunata carriera.
Doveva vivere ancora a lungo, morirà infatti all'età di 85 anni, ma la sua fortuna l'aveva abbandonato e ciò che gli aveva dato in vita (fama, soldi, potere e famiglia), gli fu portato via negli ultimi anni.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
La carboneria in Italia: Byron cospiratore di Ravenna
Lord Byron, con
mia grande sorpresa mi resi conto che il poeta era stato anche in Italia.
Bologna, Venezia, Ravenna, Pisa e Genova le città principali nelle quali
si intrattenne alcuni anni, poco prima di intraprendere la sua ultima
avventura in Grecia.
A
Bologna s'era affiliato alla Società Romantica, era quindi un
Carbonaro. Il suo prestigio e i soldi lo ponevano al di sopra degli
altri ed essendo Inglese i rischi della sua attività di cospiratore
erano minori, forse perchè non si trattava di un inglese qualsiasi.
Il gruppo di Carbonari di Ravenna, detto degli "Americani" lo aveva eletto a suo capo.
Il gruppo di Carbonari di Ravenna, detto degli "Americani" lo aveva eletto a suo capo.
E' forse questo il motivo per cui ha meritato di essere ricordato in un francobollo Italiano?
A
Ravenna, nella casa dove abitava, ospite della sua ultima amante,
organizzò un arsenale in cui raccolse 150 fucili e la polvere da sparo
per la rivoluzione. Il Conte Guiccioli (marito della sua amante e padrone di casa!) non era molto contento. Vada per
avere l'amante della moglie in casa, ma che questi si atteggi a
rivoluzionario era troppo pericoloso anche per una persona della sua
ricchezza e nella sua posizione.
Byron e il Conte Giuccioli erano oggetto di rapporti della polizia, che li descrivevano come pericolosi cospiratori.
Mentre
però nella vita privata il buon senso gli mancava completamente, quando
si trattava di cospirare, sembra che Byron fosse molto accorto.
Era
entusiasta, coraggioso, ma anche prudente e
sembra che sin dall'inizio avesse molti dubbi sulle capacità
organizzative dei cospiratori.
Pensava infatti che se i cospiratori italiani non fossero riusciti ad unirsi, non sarebbero arrivati a niente.
Pensava infatti che se i cospiratori italiani non fossero riusciti ad unirsi, non sarebbero arrivati a niente.
Così
in effetti fu. Nel marzo del 1821 i napoletani insorti (alcuni mesi
prima!) furono sconfitti dagli austriaci. Il Re ripudiò la costituzione
che gli aveva appena concesso e tutto tornò alla normalità. Sulla scia
di quella sconfitta vi furono repressioni in tutta Italia e la famiglia
della sua amante fu costretta all'esilio, forse proprio per colpire
Byron.
Effettivamente
l'allontanamento della sua amante raggiunse lo scopo di allontanare
anche Byron che la seguì nel suo pellegrinaggio fino a Genova.
Le
sue avventure carbonare erano terminate, non altrettanto si può dire
della sua voglia di avventura che lo porterà a prendere le difese dei
greci contro i turchi, cosa che mise in evidenza l'uomo d'azione (e gli
fece però capire la vera natura umana!) ma gli costò la vita.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
domenica 14 agosto 2016
Cascate delle Marmore
Lasciamo la parola alle foto...
per commentare un luogo fantastico come le cascate delle Marmore
tra querce, lecci e un ricco sottobosco
rinfrescati dagli spruzzi d'acqua onnipresenti
e incantati da splendidi paesaggi...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
venerdì 12 agosto 2016
La guerra d'indipendenza greca: l'archistrategos Byron
La Grecia, terra antica, conosciuta per i suoi filosofi e poeti, primo tra tutti il grande Omero (chissà se poi era veramente greco!), tra il 1400 e il 1800 fu assoggettata all'Impero Ottomano. Questa parte di storia è da noi molto meno conosciuta.
Furono quattro secoli di lotta tra partigiani greci e occupazione ottomana, lotta cui presero parte anche stranieri, tra questi Lord Byron.
Lord Byron a Missolungi (Theodoros Vryzakis) |
Byron pensò sempre di essere portato per l'azione.Se non aveva potuto seguire le sue inclinazioni, pensava, era colpa dei suoi problemi alle gambe, che forse lo facevano sentire inferiore agli altri.
Quando però nel 1823, stanco della vita tranquilla (e forse della sua ultima amante, la Contessa Teresa Guiccioli), ha l'occasione di prendere le difese di un popolo, quello greco, da tanti anni sottoposto alla occupazione degli Ottomani, sposa la causa senza riserve e vi mette a disposizione la sua mente, lo spirito combattivo e tutti i suoi averi.
Lord Byron seguiva da tempo le imprese di Alessandro Mavrocordato, uomo politico greco che assieme ad altri patrioti greci, il 1° gennaio 1822, partecipò alla proclamazione dell'indipendenza.
Naturalmente Mavrocordato non era il leader della rivoluzione, ve ne erano altri e non si mettevano mai d'accordo (cosa che per certi aspetti assimila i greci agli italiani!).
Nel 1823 un greco, Luriottis, presentò le difese della causa di fronte al governo inglese. Un gruppo di politici inglesi cavalcarono l'onda della polemica e fondarono un comitato per l'indipendenza della Grecia. Ne facevano parte Geremia Bentham, Burdett,Hobhouse (amico di Byron), Kinnaird, Bowring e altri. Fu deciso di inviare un tal Blaquiere in Grecia per un'inchiesta. Blaquiere venne a sapere che Byron aveva annunciato diverse volte di voler tornare in Grecia e convinto che la fama del poeta avrebbe potuto servire a lui e alla causa, decise di invitarlo ad unirsi a lui.
Byron non riuscì a resistere alla tentazione, era proprio ciò di cui aveva bisogno: un motivo valido per fuggire dalla noia.
Il 13 luglio 1823 era a bordo dell'Ercole, il bastimento che l'avrebbe condotto in Grecia.Portava con se un piccolo seguito tra amici, animali, armi e munizioni (anche alcuni cannoni!) e soprattutto 50.000 dollari spagnoli, un tesoro per quei tempi.
La sera del 13 luglio l'Ercole salpò da Genova.
Byron non sarebbe più tornato, ma forse nelle profondità del suo animo lo intuiva. Ecco ciò che scriveva:
Byron non sarebbe più tornato, ma forse nelle profondità del suo animo lo intuiva. Ecco ciò che scriveva:
I morti si sono svegliati - e io dormirò?
Il mondo è in guerra con i tiranni - ed io dovrò inchinarmi?
La messe è matura - ed io esiterò a mieterla?
Non dormo più; la spina penetra nel mio giaciglio;
Ogni giorno una tromba risuona nel mio orecchio,
La sua eco nel mio cuore...
(Manfred)
Il 1° agosto l'Ercole arriva a Cefalonia dove si scoprì che Blaquiere, dopo averlo esortato di raggiungerlo, non l'aveva aspettato ed era tornato in Inghilterra.
Byron scoprì immediatamente che presso quella località, allora sotto il protettorato inglese, era considerato una celebrità, sia dagli inglesi di sua Maestà come dai greci che abitavano l'isola.
Tra i vari partiti in lotta scelse di appoggiare le operazioni di Mavrocordato, spendendo di tasca quattromila sterline per pagare gli equipaggi delle navi che l'avrebbero dovuto aiutare a rompere il blocco navale turco per raggiungere il suo partito in territorio greco.
Il 27 dicembre finalmente si decide a partire.
"Ho qualche speranza che la causa trionferà - scriveva - ma che trionfi o no, bisogna seguire le regole dell'onore rigidamente..."
Lungo il percorso furono attaccati dai turchi, il poeta riuscì a scappare e solo il 4 gennaio la flotta di Mavrocordato riuscì a ritrovarlo e condurlo a Missolungi: finalmente in territorio greco!
La situazione a Missolungi si dimostrò subito critica, non vi era organizzazione , nessun esercito, solo truppe raffazzonate e che non avevano alcuna voglia di combattere, inoltre, da troppo tempo erano lasciate a se stesse e le truppe che non sono tenute occupate impigriscono.
Mavrocordato vide in Byron una piccola speranza e gli offrì la carica di archistrategos.
Finalmente arrivò una parte dei rinforzi che attendevano. Il comitato di Londra aveva inviato Mr. Parry con alcuni uomini e dei cannoni. Si trattava di un sottufficiale, Byron e la causa dovettero accontentarsi, d'altronde oramai aveva capito che la sua era una causa persa. Era impossibile mettere d'accordo anche solo due persone della combriccola.
Il miglior alleato degli Ottomani erano proprio i loro nemici, i greci e gli alleati inglesi!
Il miglior alleato degli Ottomani erano proprio i loro nemici, i greci e gli alleati inglesi!
I preparativi per l'assalto a Lepanto erano quasi terminati, il giorno si avvicinava. I problemi erano sempre gli stessi, mettere d'accordo greci e alleati e per farlo doveva ricorrere spesso ai suoi soldi, ma lo faceva volentieri, forse rassegnato.
Il 15 febbraio del 1824 licenziò buona parte delle sue truppe, i sulioti avevano infatti chiesto di nominare Ufficiali una parte (cospicua) dei loro. Era la goccia che fece traboccare il vaso. Quel pomeriggio però si sentì male. Il viso era contratto e il corpo agitato da violente convulsioni.
Il 9 aprile decise di fare una passeggiata a cavallo, nonostante il tempo preannunciasse pioggia. Al ritorno Byron stava male. Nei giorni seguenti la febbre salì. Byron stava sempre peggio.
La sera del 19 si sollevò un violento uragano, su Missolungi, come a salutare per l'ultima volta l'anima di quel poeta e uomo d'azione che era stato:
La sera del 19 si sollevò un violento uragano, su Missolungi, come a salutare per l'ultima volta l'anima di quel poeta e uomo d'azione che era stato:
"Se rimpiangi la tua giovinezza, perché vivere?
Ecco il paese per una onorevole morte:
Scendi sul campo e da' la tua vita!
Cercati... una tomba di soldato
Che per te sia la migliore; guardati attorno,
Scegli il terreno e datti pace.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
domenica 7 agosto 2016
Visita a Subiaco - Abbazia di S. Benedetto e Sacro speco
Il posto è stupendo e non troppo lontano da Roma.
Subiaco si trova nella valle dell'Aniene.
Ci dirigiamo all'abbazia di San Benedetto; poco prima sulla strada si possono visitare le rovine di una villa di Nerone e l'abbazia di Santa Scolastica.
Arriviamo all'abbazia di San Benedetto e attendiamo l'orario di apertura godendoci il panorama.
L'abbazia è stupenda, sembra aggrappata alla parete rocciosa.
L'abbazia è splendida!
I colori degli affreschi sono vividi, le immagini forti.
Immagini di morte sempre presenti.
Stupendi gli affreschi dei quattro evangelisti e degli angeli.
Il sacro speco è stato abitato da San Benedetto tra il 497 e il 500 d.C. Nel periodo che vi restò compì diversi miracoli, poi, per evitare problemi (tentarono di avvelenarlo diverse volte) andò via.
Anni dopo, intorno al 1200, ospitò un'altra figura molto particolare, Lorenzo, detto il Loricato.
Comunque sia andata, il posto val veramente la pena di essere visitato.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
Ci dirigiamo all'abbazia di San Benedetto; poco prima sulla strada si possono visitare le rovine di una villa di Nerone e l'abbazia di Santa Scolastica.
Arriviamo all'abbazia di San Benedetto e attendiamo l'orario di apertura godendoci il panorama.
L'abbazia è stupenda, sembra aggrappata alla parete rocciosa.
L'abbazia è splendida!
I colori degli affreschi sono vividi, le immagini forti.
Immagini di morte sempre presenti.
Stupendi gli affreschi dei quattro evangelisti e degli angeli.
Il sacro speco è stato abitato da San Benedetto tra il 497 e il 500 d.C. Nel periodo che vi restò compì diversi miracoli, poi, per evitare problemi (tentarono di avvelenarlo diverse volte) andò via.
Anni dopo, intorno al 1200, ospitò un'altra figura molto particolare, Lorenzo, detto il Loricato.
Se accedete al Sacro
Speco, la grotta che si trova oggi all'interno dell'Abbazia di San.
Benedetto, a Subiaco, potrete vedere tra gli affreschi l'immagine di
un uomo dai lineamenti nordici, sdraiato e immobile nel suo ultimo
viaggio.
Vi potreste chiedere
chi egli sia (cosa che io non ho fatto ma che ha fatto mia moglie
per me!) e trovare anche la risposta: Lorenzo, il loricato.
Chi era quest'uomo?
Oggi posso trovare il suo nome tra quello dei beati e il 16 agosto è
la sua festa ma, un tempo, Lorenzo era un assassino.
Lorenzo era pugliese
e, per quel che se ne sa, uccise una persona (alcuni dicono per
errore, altri dicono che si trattò di un momento in cui l'ardore
giovanile prese il sopravvento), il fatto ebbe un forte effetto sul
suo spirito e lo spinse a cercare il perdono allontanandosi dalla
società civile.
Lorenzo arriva così
al monastero di Santa Maria di Morrabotte, uno dei piccoli monasteri
organizzati da San Benedetto alcuni secoli prima, li visse
all'interno di una grotta aiutando chiunque chiedesse conforto e
vivendo in modo frugale, da penitente, per tutta la vita, fino al
1243, anno della sua morte. Il monastero di Santa Maria di Morrabotte
ospitò le ossa del loricato fino al 1724, quando vennero spostate al
Sacro Speco.
Da allora la storia
di Lorenzo il Loricato si confonde con quella del più noto San.
Benedetto e i miracoli dell'uno si aggiungono a quelli dell'altro
nell'immaginario collettivo e se si visita la Cappella della Madonna,
subito sotto il Sacro Speco, l'immagine colpisce il visitatore e il
nome di Lorenzo riemerge dal passato.
Comunque sia andata, il posto val veramente la pena di essere visitato.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
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