Traduttore automatico - Read this site in another language

venerdì 29 aprile 2016

I cinque libri delle antichità di Beroso sacerdote Caldeo, di Annio da Viterbo

Annio da Viterbo è considerato da tanti (ma non da tutti) un falsario della storia antica.
Meglio esser chiari con tutti coloro che per qualsivoglia motivo si trovano a leggere queste pagine. Se volete lasciate perdere questo post.
Ok, io vi ho avvisato, se continuate a leggere è una vostra scelta e non ho niente da rimproverarmi.
Tanto per cominciare mi sembra corretto dire che Annio da Viterbo è stato accusato di aver falsificato la storia antica quando non poteva più difendersi.
I suoi accusatori se la presero con lui e con le sue opere dopo la sua morte, già questo da da pensare.
Giovanni Annio da Viterbo era un frate Domenicano, vissuto tra il 1432 e il 1502.
Negli ultimi anni di vita (1499) fu nominato Maestro del sacro palazzo apostolico dal papa Alessandro VI.
E' autore di una opera chiamata Antiquitatem Variarum considerata poi una opera di falsificazione storica.
Detto ciò passiamo all'opera, vera o falsa che sia, vediamo che cosa ci dice di interessante Annio.
Annio afferma di aver utilizzato diverse opere antiche per comporre la sua opera. Tra gli autori utilizzati vi è Beroso, sacerdote Caldeo del III° secolo a.C., il quale trasse le sue informazioni direttamente dai testi Caldei.
In particolare Annio afferma di utilizzare i seguenti autori e le loro opere:
- Beroso, delle antichità di tutto il mondo;
- Supplemento di Manetone a Beroso;
- Equivoci, di Senofonte;
- Fabio Pittore, de l'urea età et origine di Roma;
- Mirsilio, della guerra Pelasgica;
- Frammenti, di Catone;
- Itineraio, di Antonino Pio;
- La divisione dell'Italia di Caio Sempronio;
- Archiloco, de tempi;
- Metastene, del giudizio dei tempi e delle storie annuali dei persiani;
- Filone, dei tempi;
- Emendatissima descrizione dei tempi;
- Il sito di Cilicia, di Annio;
- Sito della Spagna in dialogo;
- Dei primi tempi e dei 24 re di Spagna.
Annio ci racconta qualcosa sulla vita di Beroso, in particolare su chi fosse, quando e dove operò. Apprendiamo così che Beroso operò ad Atene e si decise a scrivere sui tempi antichi per colmare il vuoto dei greci che avevano scritto solo fino a Foroneo. Annio riassume i cinque libri di Beroso dicendo che nel primo libro si parla dei tempi antichi precedenti al diluvio, nel secondo si parla degli Dei, ovvero dei capitani e duchi dopo il diluvio. Nel terzo parla di Iano e dice che si tratta dello stesso Noè, nel quarto parla degli antichi regni e nel quinto di alcune storie particolari.
Ma vediamo cosa si dice nel libro primo di Beroso, sui tempi antichi prima del diluvio. Tanto per cominciare Annio elenca i diluvi famosi e dice che ve ne erano stati cinque, almeno secondo quanto dice Senofonte negli Equivoci.
Il primo è accaduto sotto il regno di Ogige fenicio ed è l'unico che possa chiamarsi realmente "Universale".
ll secondo è detto Niliaco ed avvenne sotto il regno di Prometeo o Ercole Egizio. Il terzo è detto diluvio Attico ed avvenne sotto il regno di Ogige re di Atene. Il quarto è detto Tessalico ed avvenne sotto il regno di Deucalione. Questo diluvio è dai greci chiamato diluvio universale ma la cosa non è vera. Il quinto si chiama Faronico ed avvenne nei pressi di Alessandria d'Egitto al tempo di Proteo l'indovino.
Secondo Annio, tra il primo diluvio, quello sotto Ogige Fenicio, e l'ultimo, passarono 700 anni. Ovvero il Diluvio universale avvenne 250 anni prima del regno di Nino.
Annio osserva che il diluvio avvenne in concomitanza di "una grande congiunzione di stelle".
Ora, Nino fu un mitico re Assiro, marito di Semiramide. Se le datazioni sono corrette, Semiramide e Nino regnarono intorno all'800 a.C. dunque il diluvio Universale citato dovrebbe essere avvenuto intorno al 1050 a.C.
E per oggi basta così.

A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 27 aprile 2016

Ravenna, città antichissima

Leggere non significa credere in tutto ciò che si legge, ma certamente chi legge non può evitare di riflettere su ciò che trova. 

La storia critica di Spagna, di Gian Francesco Masdeu, è fonte di tante notizie interessanti, anche se talvolta il Masdeu cita opere e autori solo per affermare che non è d'accordo con loro o per tacciarli di creduloneria.

Comunque sia, è indiscutibile il fatto che tra i tanti discorsi sull'origine della Spagna, il Masdeu citi anche autori italiani. Tra questi mi ha colpito un passo in cui egli cita un autore italiano del 1391 che ha pubblicato un testo chiamato: Origine Antica dell'Italia. Nel testo sembra che l'autore asserisca che uno dei primi re spagnoli, Tubal, sia arrivato in Italia in tempi antichissimi per popolarla. Per dar garanzia dell'autenticità di quanto affermato, l'autore asserisce che le notizie che riporta su Tubal e sugli antichi italiani, sono tratte da un testo antichissimo intitolato: "Cronica di Ravenna scritta in lingua ebraica dallo stesso Tubal fondatore di quella città".
Se sia vera o falsa la notizia, a me interessa relativamente. Invece mi interessa molto sapere se tale libro esiste ancora e se si, cercare di leggerlo.
Detto ciò, vi saluto e mi metto subito alla ricerca della Cronica di Ravenna.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 24 aprile 2016

La graditissima recensione di un amico: Carmelo Sarcià

Un interessante libro di Alessandro Giovanni Paolo Rugolo
BREVE STORIA DELLA SARDEGNA VOL 1° ANTICHITA’
Bibliofilo intelligente e scrittore appassionato Rugolo porta alla luce remote tracce di Sardegna
(Greccio (RI), 18/04/2016)
Sembra sia passato pochissimo tempo dacché Alessandro Rugolo, mio giovane amico, mi faceva omaggio della sua ultima fatica letteraria: “Breve Storia della Sardegna - Volume I -  Antichità”, di cui avevo promesso la recensione. Era il 18 dicembre dello scorso anno. Quindi mi scuso per il ritardo con cui adempio alla promessa. Il tempo è davvero volato via senza che me ne accorgessi, tra impegni familiari e personali. Tuttavia gli impegni non mi hanno comunque impedito di assaporare, capitolo dopo capitolo, l’interessante testo. Non nascondo la mia curiosità per gli argomenti che seguiranno nei prossimi volumi che completeranno la collana. Il progetto del mio amico Rugolo promette infatti di essere vieppiù interessante, benché riservato a studiosi e appassionati di storia della Sardegna. Materia trattata in modo sicuramente avvincente e, per quel tanto che può risvegliare la moderna pigrizia di leggere, anche “leggero”. Questo primo volume, sarà lo stesso per quelli che seguiranno, rende un lodevole servizio innanzitutto alla cultura e, di concerto con essa, un omaggio all’amata Terra di Sardegna ed al suo Fiero Popolo. Scorrendo la bibliografia, ci si rende subito conto dell’accurato ed approfondito studio che l’Autore ha dovuto compiere per estrapolare e coordinare le moltissime tracce che autori antichi e più recenti hanno lasciato della Sardegna e della sua storia nei loro scritti. Apprendiamo ad esempio che già in epoca antidiluviana (Matteo Mada, 1792) la Sardegna, conosciuta come Isola di Ichnusa, aveva un ruolo di spicco nel Mediterraneo. Particolare interesse hanno destato in me le citazioni di Diodoro Siculo (Primo Secolo A.C.) che incidono nel profondo ed offrono l’immagine di una Sardegna antichissima di storia e di costume, proponendola come terra eterna, stabile e aliena alle sorprese: un popolo nobile, intriso di una immutabile tradizione, legato al proprio tessuto sociale e tutt’uno con una terra magica. Interessante, e per me nuova, la nota dello studioso Skender, amico personale dell’Autore, sull’origine dei nomi che iniziano per “S”, nel caso di specie, il nome Sardegna. Facile dedurne che probabilmente anche il mio cognome abbia potuto forse subire una analoga evoluzione. Lo studio da me compiuto sull’opera di Rugolo mi ha riservato continue sorprese. Davvero inaspettata l’esistenza bibliografica di una tanto copiosa messe di citazioni della terra di Sardegna e dell’influenza esercitata dal suo popolo in fatti storici rilevanti che hanno riguardato anche l’evolversi della civiltà continentale. Cos’altro aggiungere? Libro scorrevole, avvincente, comunque riservato a persone colte, a studiosi e soprattutto a personaggi innamorati della Sardegna, della sua storia e dei suoi costumi, come del resto è il mio giovane amico Alessandro Rugolo che ringrazio per la fiducia accordatami ed al quale rivolgo il mio personale plauso per la non facile opera compiuta. Con l’augurio che possa trovare presto tempo e passione per completare l’intera collana.
Greccio, 18 aprile 2016

domenica 17 aprile 2016

Ricordi del passato: l'Italia coloniale

Vi fu un tempo in cui l'Italia, forse drogata da idee di potenza molto comuni in Europa, pensò di poter tornare a essere un Impero, così nel 1935 e 1936 intraprese la sua avventura africana.

Pochi italiani ricordano quel periodo però se vi aggirate per i mercatini delle pulci potreste imbattervi in qualche ricordo del tempo che fu, come è capitato a me.
Sfogliavo un mazzo di vecchie cartoline alla ricerca di qualche francobollo da aggiungere alla mia collezione quando sono stato attirato da una cartolina postale dell'Africa Orientale.
C'è voluto poco per capire che si trattava di una cartolina proveniente dall'Africa Orientale.

Chi scrive è il Caporal Maggiore Ciani, in forza al 4° Fanteria della Divisione Peloritana, che evidentemente in quel periodo si trovava a Dire Dawa, in Etiopia. 
Si tratta di poche parole di saluto alla famiglia in risposta ad un telegramma di auguri.
Chissà se il ragazzo è riuscito a tornare dalla guerra e riabbracciare la famiglia.

Continuo a frugare tra le carte, incuriosito, alla ricerca di qualche altro pezzo di storia.
Poco dopo trovo una lettera di un soldato, Andrea, che scrive alla signorina Anna, a Roma.
Scrive dalla valle Gobat, credo si trovi in Eritrea.
Questa volta si tratta di una bella lettera che voglio riportare per intero, non sempre infatti i nostri soldati erano impegnati in azioni di guerra, anche se la guerra è sempre presente, e quello che leggo mi fa riflettere.
Le uniche mie modifiche sono per correggere alcuni errori di ortografia a la punteggiatura non sempre presente:

"Carissima Anna,
anche ieri una bellissima marcia verso nuovi lidi e ora siamo fermi sulle cime di due monti. Ai nostri piedi c'è una bellissima valle e, come si dice, è qui che dobbiamo aspettare il nemico e farne un macello.
Anche ieri, durante il nostro tragitto tutti i villaggi dei Tempien erano pieni di bandiere bianche e gli indigeni ci aspettavano a frotte e li ci salutavano con grida acutissime che un nostro soprano non si sarebbe mai sognato di fare.
In un villaggio incontrato sul mio cammino andai a vedere se potevo comprare dei polli e ne trovai tre. Gli diedi dieci lire di carta ma non li vollero allora mi frugai nelle tasche e trovai due monete da quattro soldi e ripresi le dieci lire e gli diedi gli otto soldi. Loro, tutti contenti, si misero a ballare. In quel mentre passò un aeroplano, loro si buttarono tutti per terra e si coprirono la faccia. Io colsi subito l'estro. Vidi un pollo che era rimasto nelle mani di uno di quelli, glielo tirai via e me ne andai. Dopo fatti un centinaio di passi mi voltai indietro ma nessuno si era mosso, erano ancora tutti prostrati. Tu mi biasimerai ma, cosa vuoi, quattro polli abissini con otto soldi italiani erano ben pagati e poi ci avevo un'attenuante, era parecchio che non ne mangiavo più."

La lettera prosegue con i saluti di rito...

Spero che Andrea sia riuscito a tornare dall'avventura italiana in Africa e abbia potuto riabbracciare la signorina Anna.
In tanti purtroppo non sono mai tornati dalle loro famiglie.
 
Io invece conto di tornare tra le bancarelle del mercatino delle pulci, magari la settimana prossima, alla ricerca di altri momenti di vita vissuta, che nella loro semplicità meritano di essere ricordati.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 9 aprile 2016

Mai avere paura, di Danilo Pagliaro con Andrea Sceresini

Devo ammetterlo, quando ho iniziato a leggere il libro di Danilo Pagliaro non avevo capito cosa avevo tra le mani.
Sarà "colpa" della copertina, oppure del fatto che di solito non leggo l'anteprima del libro, ma mi aspettavo un romanzo di guerra. Per fortuna così non è stato. Ho iniziato a leggere il libro ieri e oggi l'ho terminato. Devo dar ragione a Nunzio, il lettore che ha commentato il libro. Si legge tutto d'un fiato.
Ma allora, se non è un romanzo, di che si tratta?
La cosa cui questo libro assomiglia di più è una biografia. Ma non solo la biografia di un legionario della Légion étrangère, un soldato di nome Danilo Pagliaro alias Pedro Perrini, ma anche la biografia della stessa Légion étrangère.
Chi leggerà il libro, e mi auguro che siano in tanti, troverà una enorme quantità di informazioni sulla Legione, a partire da quelle necessarie per arruolarsi alle principali operazioni alle quali ha partecipato l'autore in prima persona, oltre naturalmente alla vicenda umana di Danilo.
Danilo Pagliaro è italiano per cui molti riferimenti e paragoni sono fatti con l'Italia. La storia dell'aspirante legionario Danilo Pagliaro inizia in Italia nel 1994, quando un uomo che ha probabilmente poco da perdere decide che è arrivato il momento di cambiar vita. La storia del legionario Pedro Perrini, inizia nello stesso anno, ad Aubagne, cittadina francese sede del Comando Generale della Legione straniera.
L'autore racconta le fasi del suo arruolamento e il duro addestramento militare che lentamente lo porterà a diventare un kepì blanc.
Danilo non si ferma però al solo aspetto descrittivo ma cerca in ogni occasione di far comprendere al lettore lo spirito del legionario, cerca di far capire cosa significhi essere militare, non nascondendo le sue idee in merito ai disertori, anche connazionali.
La vita del legionario è dura, anche se negli ultimi anni per ammissione dell'autore, è comunque cambiata, in meglio per alcuni aspetti, in peggio per altri. La società è cambiata e con essa i valori, ci dice. Personalmente condivido quasi in toto le sue considerazioni sul declino della società moderna.
In definitiva il libro è sicuramente da leggere, fa discutere e riflettere non solo sulla Légion étrangère ma sulla società moderna e sulle Forze Armate in particolare.
Complimenti e in bocca al lupo Danilo!

Alessandro Rugolo

Danilo Pagliaro, Andrea Sceresini
Ed. Chiarelettere
pagg. 224 

sabato 2 aprile 2016

Appunti sulla Spagna antica, da Masdeu e Annio da Viterbo

Annio da Viterbo, nato come Giovanni Nanni, visse e operò a Viterbo a cavallo tra il 1400 e il 1500. Morì a Roma nel 1502. E' accusato di essere un falsificatore della Storia antica per aver scritto un'opera dal titolo Antiquitatum Variarum.
Ad oggi non ho ancora avuto modo di leggere la sua opera, cosa che spero di poter fare presto. Perché mai, direte, visto che Annio da Viterbo è considerato un falsario?
Tanto per cominciare, per curiosità! Sono sempre stato curioso e non vedo per quale motivo non dovrei esserlo ora. Poi perché sono malfidato. Annio da Viterbo è stato accusato di essere un falsario dopo la sua morte. Non ha avuto dunque modo di difendersi dalle accuse. Siamo poi certi che le accuse siano esatte?
Dobbiamo credere ciecamente a Scaligero e a chi lo accuso?
No, mi spiace, io non credo in niente solo perché me lo dice qualcuno.
Infine perché Annio parlò di tempi fantastici e di cui in pochi parlarono. Oggi non abbiamo molte testimonianze di quei tempi remoti e magari, anche solo per sbaglio, qualcosa potrebbe essere buona. Non è detto che un falsario falsifichi tutto, anzi, probabilmente per fare un buon lavoro deve usare materiale buono come base.
Ecco, mi sembra che le motivazioni siano più che buone per proseguire nella mia ricerca.
Ora, questa mattina ho proseguito nella lettura del Masdeu sulla storia della Spagna e mi sono imbattuto in un sunto della cronologia della Spagna di Annio da Viterbo, alla quale il Masdeu, seppur non presta fede, fa riferimento. Mi è sembrato utile condividerla con tutti voi che leggete per eventuali considerazioni, così cercherò di riportarla come il Masdeu ce la ha tramandata.

Marmo Osiriano: falso attribuito ad Annio da Viterbo

"Le origini spagniuole non solamente sono state oscurate, e corrotte dagli antichi Millantatori della Grecia, d'e quali finora si è parlato, ma da varj moderni ancora d'ogni nazione dietro la scorta del Viterbese Giovan Nanni, detto volgarmente Annio. Egli pubblico l'anno mille quattrocento novantotto alcune opere fin'allora non conosciute di vari antichi scrittori, e nominatamente le Storie del celebre Beroso di Caldea, sulle quali fondò il libro latino Degli antichi tempi e de' primi 24 re della Spagna, libro dedicato da lui, per renderlo più autorevole a' Cattolici re di Spagna Ferdinando e Isabella.
Questo rinomato religiosi di Viterbo distese con tal puntualità ed esattezza cronologica l'antica storia de Monarchi Spagnuoli che se vissuto egli fosse a quei tempi non l'avrebbe più esattamente descritta.
Egli comincia il suo catalogo da Tubal primo sovrano, e Legislatore, che ebbe la sua corte pastorale in Tarragona dall'anno 143, dopo il Diluvio, e lo continua senza nessun interrompimento per dieci secoli, fino ad Abide nipote di Gargori il Mellicola, sotto cui gli Spagnuoli cominciarono a contar felicemente il secondo millennio. Di questi mille anni regnarono successivamente ventiquattro monarchi, di tutti i quali egli dice appuntino il primo, ed ultimo anno del loro regno. Eccone in compendio un piccolo Indice."

Dunque, come ho già accennato, il Masdeu non sembra avere una grande opinione di Annio viterbese, eppure ne parla, ne cita l'opera (presunta falsa) e fa addirittura un indice dei re che a parere di Annio regnarono. Ci sarebbe da chiedersi il perchè. Cosa ha spinto un autore rispettato a parlare di Annio? SOlo il fatto di voler mettere tutti sull'avviso dalle falsità da lui raccontate? O forse perchè di quei tempi, altro non esisteva? O forse ancora, che qualcosa di vero potrebbe comunque essserci e dunque meritare di essere citata?
Quale che sia il motivo, forse non lo scopriremo mai, sta di fatto che per fortuna la lista dei nomi dei re esiste nel libro di Masteu e io ho l'opportunità di riportarla.

"Tubal fondator di Tarragona in Catalogna, dov'ebbe la sua corte.
Ibero che diede il nome al fiume Ebro, agli Iberi e all'Iberia.
Iubalda da cui viene (certo con qualche piccola variazione) il nome di Gibraltar o Gibilterra.
Brigo, Padre e istitutore non solo delle molte città Spagnuole, che han nome terminante in Briga, ma della Frigia ancora nell'Asia, e di Bracciano in Italia.
Tago, da cui il fiume Tago di Spagna non poteva meno di non prendere il nome, come il prese l'Ebro dal signor Ibero.
Beto, che per necessità dovea anch'egli comunicar i lsuo nome al fiume Betis, e a tutta la Betica, oggi chiamata Andaluzzia.
Gerione l'Affricano, che sul finire del quarto secolo fu il primo tiranno della nazione Spagnuola.
Gerione il Trigemino ucciso dal valorosissimo Ercole Libio figlio di Osiride.
Ispalo, che fece grazia del suo nome alla città di Siviglia chiamata anticamente Hispalis.
Ispano del cui nome la Spagna e gli Spagnuoli furono generosamente onorati.
Ercole il Libio, seppellito con pompa straordinaria nel famoso tempio di Cadice.
Espero, venuto al mondo a bella posta per dare alla Spagna il novello nome di Hesperia.
Atlante, che dispensò indubitabilmente il suo nome all'Oceano Atlantico.
Sicoro, onde ebbe origine il nome del fiume Sicori o Segre, in Catalogna.
Sicano, che venne in Italia a esser padre dei Sicani.
Siceleo, da cui ognun vede chiaramente che discendano per linea dritta i Siciliani.
Luso, non il Greco, ma lo Spagnuolo, Monarca fatto a proposito per ornar del suo nome la Lusitania, oggi Portogallo.
Siculo, secondo dominatore, se non terzo, dei signori Siciliani.
Testa, padre legittimo dei Contestani, popoli de' Regni di Valenza e di Murzia.
Romo, fondatore della città di Roma, in Ispagna, detta dai latini Valenza.
Palatuo, padre della città di Palenza e de' Palatui, popoli Valenzani.
Caco il Celtibero, il cui nome si conserva ad eterna memoria sul monte chiamato Moncajo dov'egli si fece forta contra Palatuo.
Palatuo per la seconda volta, il quale obbligò Caco a fuggir in Italia.
Eritro che si prese l'incomodi di venir fin dal mar Eritreo per regnare in Cadice.
Gargori detto il Mellicola, quel dolcissimo Re, che insegnò agli Spagnuoli a raccogliere il mele, e ch'ebbe per successore quell'Abide suo nipote di cui parla Giustino."

Il Masdeu continua la storia dopo aver analizzato quanti si sono espressi contro Annio di Viterbo e le sue opere, e furono in tanti.
Per parte mia, non prendo posizione per ora ma mi riprometto di approfondire.

Buona giornata a tutti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 28 marzo 2016

Ercole in Spagna

Tempo addietro ho scritto di Sanchuniathon secondo Filone di Biblo
Ora, frugando su Google books alla ricerca di notizie su tale Dracone di Corfù, autore di una storia sull'Italia antica, mi sono imbattuto in un testo del 1787  di Gian Francesco Masdeu, di Barcellona, edito a Firenze. Si tratta della "Storia critica di Spagna.
Non ho saputo resistere e, dopo aver appurato che le informazioni su Dracone di Corfù erano veramente minime, ho cercato il primo volume in cui si parla della Spagna antica, ed ho cominciato a leggere.
Mi sono quindi imbattuto nella leggenda dei Titani, che non è però l'oggetto di questo mio articolo, e poi di una parte in cui l'autore riferisce dei vari personaggi chiamati Ercole che si dice siano stati in Spagna, ed ecco che cosa dice l'autore. Un inciso, l'autore afferma che Oceano Atlantico significava Oceano Innavigabile, come se Atlantico significasse "non navigabile". E' la prima volta che trovo un simile riferimento. In effetti in greco Thalassa significa mare e se si suppone che Atlantico sia A-Tlantico, allora la "A" potrebbe essere privativa. E' qualcosa su cui riflettere. Dirò infine che l'autore è molto scettico sull'esistenza di questi Ercoli e del fatto che siano effettivamente arrivati in Spagna.
Ma torniamo al testo.
Il Masdeu dice che: "Quattro principalmente sono gli Ercoli, i quali si pretende che abbiano posto piede in Spagna", questi sono Ercole l'Egiziano, Ercole il Fenicio, Ercole il Cretese ed Ercole il Tebano.
Il primo di questi, l'Ercole Egiziano, suppongono i Greci, che fosse Capitan Generale di Osiride Re d'Egitto, e che insieme venisse con lui a conquistare la Spagna.
Un altro inciso: l'autore riferisce che Diodoro Siculo pensa che Osiride in quanto Dio dovrebbe essere uno dei nomi del dio Sole e che il significato sia "multi-occhiuto", ovvero che vede tutto. Ciò mi ha fatto pensare ad alcune rappresentazioni di angeli con gli occhi su tutto il corpo, cosa che ho visto per esempio in una chiesa sul lago d'Orte. Sempre Diodoro asserisce che Osiride è anche un Dio Uomo, ovvero un condottiero deificato per le grandi imprese compiute in terra. Il Masdeu asserisce che il regno di questo Osiride dovrebbe risalire a quattordici anni dopo il Diluvio Universale e sulla base del fatto che ritiene inverosimile che in quei tempi antichi si potesse navigare fino alla Spagna e che non crede possibile esistessero regni potenti capaci di simili imprese, giudica che Ercole l'Ercole Egizio non sia mai potuto arrivare in Spagna.
Parlando quindi dell'Ercole Fenicio, il Masdeu dice che il fatto in se ha maggior verisimilitudine in quanto Ercole arrivò in Spagna, dato che le Colonne ne conservano il nome. Però per l'autore un tale Ercole non era conquistatore bensì mercante. Oppure, se veramente era un grande uomo, un eroe, come si potrebbe arguire dall'interpretazione del significato in lingua araba e fenicia, tale Ercole venerato a Cadice non è altro che lo stesso Ercole Egizio di cui ha già parlato.
In merito all'Ercole Cretese, il Masdeu lo fa risalire all'Ercole Fenicio, infatti a suo parere l'Ercole Cretese era uno dei Sacerdoti (o Sapienti) del monte Ida della Frigia. Tali sapienti erano dieci e venivano chiamati con molti nomi: Idei, Coribanti, Cureti, Cabiri, Satiri, Titiri, Gerfici, Dattili e Ditti. Masdeu afferma che i Cureti erano sapienti Fenici per cui ancora una volta l'Ercole Cretese non è altro che l'Ercole Fenicio. Sul fatto che esso conquistasse la Spagna afferma che non la conquistò con le armi ma che vi portò le sue conoscenze.
Dell'Ercole Tebano ci parla maggiormente. Intanto si dice che vivesse in Tebe sotto il Re Euristeo di Micene, che partecipò all'impresa degli Argonauti in colchide, che vinse in battaglia le Amazzoni guidate dalla loro regina Ippolita, che sconfisse Laomedonte, che consegnò il regno di Troia a Priamo. Si dice che tale Ercole viaggiò anche in Italia e Spagna per poi tornare in Grecia dove, gravemente ammalato, si uccise gettandosi nel fuoco. Tali avvenimenti avvenivano cinquantacinque anni prima della distruzione di Troia. Si dice che in Spagna sconfisse Gerione, Re, e gli rubò le vacche ed eresse le celebri Colonne che da lui presero il nome. 
Secondo il Masdeu vi furono quaranta e più Ercoli di cui si parla nelle storie, però a suo parere si tratta sempre dello stesso, ovvero di quello più antico, l'Egizio o Fenicio, il quale fu, probabilmente, un grande conquistatore.
Ora, che Ercole fosse Egizio, Fenicio, Tiro o Cretese poco importa, sicuro è che ogni volta che mi accingo a leggere qualche testo antico vi scopro sempre notizie interessanti, forse non sempre attendibili, ma sicuramente interessanti.
Chiudo dicendo che il Masdeu cita Monsignor Mario Guarnacci e il Dottor Giampaolo Limperani come autori di Storie d'Italia poco credibili, testi in cui gli autori raccontano come molti degli Dei e degli Eroi dell'Antichità fossero Italiani. Forse non è vero ma sicuramente è interessante e prima o poi dovrò dedicarmi anche alla lettura di questi autori.

Alla prossima.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO