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martedì 16 agosto 2016

Papa Francesco tra crisi dell’occidente, guerra e Misericordia.

Papa Francesco forse verrà ricordato come l’uomo della misericordia, che è anche il tema del suo giubileo anomalo. Il giubileo di Bergoglio è diffuso in tutto il mondo, non è Roma-centrico, ed è anche un giubileo protratto nel tempo, perché è previsto per un anno ma che probabilmente vedrà le porte giubilari aperte per molto più tempo, forse  per sempre o chiuse solo dopo la morte del Papa.
E’ un giubileo senza enfasi, sommesso, e quindi  ricondotto alla sua origine di pellegrinaggio (inteso come l’uomo che cerca) e il primo pellegrino è stato proprio Bergoglio che è andato personalmente ad aprire molte delle porte giubilari, anche in terre dove si estende al minaccia islamista come nel cuore dell’Africa. Ma l’atto di misericordia più duro il Papa l’ha dovuto fare recentemente, invitando i mussulmani a pregare nelle chiese cattoliche e a ricordare che l’islam non è solo violenza. Le critiche per questa posizione al Papa non sono mancate, da una parte c’è chi sostiene che la lingua “affilata”(per non dire biforcuta) del gesuita Bergoglio è un abile strumento per insidiare la barbarie dell’Islam, dall'altra c’è chi sostiene che questo “buonismo” rischia di essere  funzionale al disegno islamista, considerato altrettanto subdolo. Per fare un discorso più attento, in realtà, occorre ricondurre il problema alla individuazione della crisi di civiltà a cui noi assistiamo in questo inizio di millennio. Non è semplice, perché le questioni aperte sul tavolo sono molte.
 
 
La crisi economica.
A differenza di quello che si percepisce in realtà siamo di fronte ad una crisi petrolifera, nel senso che il petrolio non vale più nulla, nonostante il conflitto con il Califfato e le contrazioni della produzione, il prezzo del greggio non sale. Per la prima volta nella sua storia contemporanea l’Arabia Saudita, ad esempio, ha dovuto contrarre la spesa pubblica, e questo comporta sicuramente un problema per i paesi produttori con la conseguente scelta di campo e probabili simpatie per il Califfato.  Sulla crisi monetaria si è parlato molto, sia delle cause che dei rimedi, Draghi ha fatto più di un miracolo, ma di fatto non riusciamo a far circolare moneta in occidente e in particolare in Europa, con la conseguente depressione della produzione industriale.  Anche la scelta della Gran Bretagna di uscire dall’euro è sicuramente legata alla necessità per quel paese di fare circolare più moneta, paradossalmente la stessa necessità che ha la Grecia.
 
La crisi dei valori dell’occidente.
Pretesto o meno, il disprezzo verso i nostri valori e lo stile di vita dell’occidente è sicuramente la leva più usata per il reclutamento del Califfato. Un disprezzo che serpeggia anche tra chi islamico non è. Noi occidentali stessi abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri valori costitutivi e ad accettare la complessità della vita moderna. L’impoverimento diffuso, soprattutto della classe media e la crisi del lavoro portano alla crisi delle istituzioni democratiche e di rappresentanza con la conseguente crisi degli organi intermedi, quali i sindacati, i partiti, le associazioni di categoria e quelle culturali, con l’unica eccezione del volontariato religioso ma anche laico. Tra i valori democratici dell’occidente c’è il rispetto dell’individuo, sancito con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma che oggi è minacciato dalla questione dei migranti e di tutti i problemi che la questione della migrazione porta nella convivenza quotidiana. Il caso più eclatante della crisi dell’occidente è sicuramente la Turchia. Un paese, la Turchia, che in breve tempo, da esempio positivo di occidentalizzazione si è trasformato in un regime al limite del dispotismo, che mette in crisi il senso e il ruolo della NATO stessa. Trump ha definito la NATO un inutile orpello. Anche se si considera il tentato golpe turco un fatto inaccettabile, occorre capire come è stato possibile che in questo ultimo decennio la Turchia si sia avviata verso un situazione pre-dittatoriale.
 
 
Questo è lo scenario di crisi che anche Bergoglio si trova ad affrontare, uno scenario quasi da “collasso” di una civiltà, ed egli vuole, al di là delle considerazioni strategiche che si possono fare, conciliare i valori cristiani di cui la misericordia è un cardine fondamentale, con i valori della modernità e della laicità, senza essere modernista e laicista. Questa è la grande visione di Papa Francesco, in una situazione di involuzione egli non vuole uno scontro di civiltà tra cattolici e laici, e non vuole neanche uno scontro di civiltà generico con l’islam, anche in questo senso va capita la missione della misericordia. Egli infatti circoscrive le questioni non in base alle questioni banalmente religiose o banalmente politiche e se è necessario bacchetta pure la chiesa al suo interno, ma al contrario smussa i conflitti fuori e dentro la chiesa, cerca di conciliare e non di dividere, sembra ricordarci in ogni momento il detto evangelico: “pace in terra agli uomini di buona volontà”. Questo forse è lo scontro di civiltà che Papa Francesco ritiene utile combattere, tra chi è uomo di buona volontà e chi non lo è, indipendentemente se sei cristiano, laico, ebreo o mussulmano. Ovviamente la Difesa non fa teologia ed ha le sue prerogative stringenti e inderogabili – fa un altro mestiere –, ma dovrebbe apprezzare comunque la lezione di Bergoglio. Perché noi vinceremo questa guerra anche se capiremo di essere dalla parte giusta, e la parte giusta non è quella dei cattolici contro i laici, dell’Occidente contro l’Oriente, ma è quella della misericordia e della tolleranza contro l’intolleranza e il disprezzo per l’Uomo e l’Umana Famiglia.

Alessandro Ghinassi

lunedì 15 agosto 2016

Badoglio, di Silvio Bertoldi

Il Maresciallo d'Italia dalle molte vite.

Così recita titolo e sottotitolo.
Pietro Badoglio, nominato Maresciallo d'Italia il 25 giugno 1926!
Bisogna ricordare che il grado di Maresciallo d'Italia fu istituito nel 1924 da Mussolini per rendere onore a Cadorna e Diaz, che avevano comandato durante la 1^ Guerra  Mondiale.
Poi lo stesso Mussolini utilizzò il grado come ricompensa per alcuni Ufficiali Generali che si erano particolarmente distinti (sempre durante la Grande Guerra!), tra questi, nel '26, Pietro Badoglio.
Ma cosa fece di così sensazionale Badoglio?

Pietro Badoglio nasce a Grazzano Monferrato il 1° settembre 1871. Entra all'Accademia Reale di Torino nel 1888 e due anni dopo inizia la sua brillante carriera militare.
L'autore, Silvio Bertoldi, afferma che Badoglio faceva parte della Massoneria e che ciò gli consentì in una certa misura di avere sempre qualche carta sicura da giocare.
Di fatto, all'ingresso in guerra dell'Italia (il 23 maggio 1915 dichiara guerra all'Austria-Ungheria) Badoglio è Tenente Colonnello, assegnato allo Stato Maggiore della 2^ Armata, presso il comando della 4^ Divisione, allora alle prese con il problema della conquista del Monte Sabotino, postazione fortificata degli austriaci, a difesa di Gorizia, città che dal 1500 circa faceva parte del territorio austriaco. 
Nel mentre Badoglio avanza di grado. Nel maggio del 1916 viene promosso Colonnello e ricopre l'incarico di Capo di Stato Maggiore del IV Corpo d'Armata.
Il Sabotino era la spina nel fianco del Generale Montuori, Comandante della IV Divisione. Da un anno si cercava di dare l'assalto alla postazione senza però riuscirvi. I soldati erano scoraggiati.
Secondo la testimonianza del Generale Montuori fu proprio Badoglio che spiegò come fare:
"Usando il sistema delle parallele, come mi è stato insegnato alla Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio. Il Sabotino è una fortezza e bisogna attaccarlo nel modo classico di operazione contro fronte rafforzato."
Non tutti concordano sul fatto che sia stato Badoglio l'ideatore del piano, sta di fatto che fu proprio lui che ne raccolse i frutti. Sembra comunque certo che in qualità di Comandante del 74° Reggimento di Fanteria prima, che operò proprio in preparazione dell'attacco al Sabotino, e poi come esterno per controllare il prosieguo dei lavori svolti dal 139° Reggimento della Brigata Bari e dai due Reggimenti della Brigata Lupi di Toscana, svolgesse un ottimo lavoro.
Il 6 agosto 1916 il Sabotino è preso.
Il comandante della 45^ Divisione è il Generale Venturi, Badoglio è il Comandante della Brigata mista che compie l'attacco. Finito l'attacco Badoglio se ne tornò al VI Corpo d'Armata, dove era Capo di Stato Maggiore. Il Comandante della Divisione lo avrebbe voluto punire per non aver proseguito l'azione in profondità. Il Generale Capello invece lo propose per una promozione al Duca d'Aosta, Comandante della III Armata.
Badoglio, a 45 anni, è nominato Maggiore Generale.

Nel 1917 prende parte alla battaglia della Bainsizza prendendo il posto prima del Generale Garioni (II Corpo d'Armata) e poi del Generale Vanzo (XXVII Corpo d'Armata), silurati da Capello.
Fa ciò che può e alla fine si ritrova ancora una volta promosso per meriti di guerra a Tenente Generale. Badoglio è ora al comando del XXVII Corpo d'Armata.

Forse Badoglio aveva fatto carriera troppo velocemente, forse sopravvalutava le sue capacità di stratega, fatto sta che, proprio quando non dovrebbe fallire, arriva la sua caduta che si chiama Caporetto!

Dico che non avrebbe dovuto fallire perché aveva tutte le informazioni necessarie per vincere. Infatti il 20 ottobre 1917 un Ufficiale disertore si presentò sulle linee dell'Isonzo. Portava con se i piani d'attacco degli Austro-Ungarici. Si sapeva tutto, giorno, ora, dispositivo avversario e modalità d'attacco. Forse fu proprio quello il problema, si sapeva troppo e ciò spinse i Generali sul fronte a fare i loro piani e a dimenticare con troppa facilità che esiste una gerarchia.
Badoglio era tranquillo, aveva disposto le sue truppe come riteneva meglio (non come gli era stato ordinato di fare!) e aveva dato i suoi ordini, si era riservato la facoltà di dare l'ordine di tiro alle artiglierie. Forse aveva pensato di attirare il nemico in una trappola, nemico che secondo le informazioni note doveva passare proprio nel suo settore. Tra i nemici si trovavano anche i tedeschi e tra questi un giovanissimo Ufficiale, Rommel.
Fatto sta che il nemico sfondò il fronte esattamente dove tutti sapevano che sarebbe passato.
Badoglio, in vece che trovarsi sul fronte, sull'Ostri-Kras, da dove avrebbe potuto dare all'artiglieria l'ordine di sparare, si trovava arretrato sul Cosi.
Fu tagliato fuori dal suo Corpo d'Armata e non fu in grado di dare nessun ordine ne di sapere cosa stava accadendo sul fronte.
Il risultato lo conosciamo tutti. Il fronte fu sfondato e le truppe italiane si ritirarono (non proprio ordinatamente) fino ad arrivare al Piave.

Il libro di Bertoldi esamina con attenzione la battaglia di Caporetto attribuendo a Badoglio la sua parte di responsabilità e prosegue poi nel racconto della sua vita ricca di successi. Badoglio che da Caporetto uscì come un vincitore nonostante la disfatta, dovette godere di appoggi molto altolocati, il dossier contenente le accuse verso di lui sparì e così egli fu l'unico (e principale responsabile della disfatta) che si trovò promosso.
Eppure Caporetto non sarà  l'ultima disfatta di Badoglio. Prima vi fu la Grecia, poi la seconda guerra mondiale lo vede tra i principali responsabili della impreparazione dell'esercito al suo ingresso in guerra e quindi della completa impreparazione delle Forze Armate lasciate senza ordini successivamente all'armistizio dell'8 settembre 1943. Dalla caduta di Mussolini era lui il primo ministro, su incarico del Re.
Ma anche allora Badoglio ebbe modo di risollevarsi e andò a ricoprire la carica di presidente del Consiglio fino alla fine della guerra, messovi questa volta, forse, dagli Alleati che lo consideravano uomo di fiducia.
Nel 1944, all'età di 73 anni, terminava la sua fortunata carriera. 
Doveva vivere ancora a lungo, morirà infatti all'età di 85 anni, ma la sua fortuna l'aveva abbandonato e ciò che gli aveva dato in vita (fama, soldi, potere e famiglia), gli fu portato via negli ultimi anni.  
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

La carboneria in Italia: Byron cospiratore di Ravenna

Lord Byron, con mia grande sorpresa mi resi conto che il poeta era stato anche in Italia. Bologna, Venezia, Ravenna, Pisa e Genova le città principali nelle quali si intrattenne alcuni anni, poco prima di intraprendere la sua ultima avventura in Grecia.
A Bologna s'era affiliato alla Società Romantica, era quindi un Carbonaro. Il suo prestigio e i soldi lo ponevano al di sopra degli altri ed essendo Inglese i rischi della sua attività di cospiratore erano minori, forse perchè non si trattava di un inglese qualsiasi.
Il gruppo di Carbonari di Ravenna, detto degli "Americani" lo aveva eletto a suo capo.
E' forse questo il motivo per cui ha meritato di essere ricordato in un francobollo Italiano?

A Ravenna, nella casa dove abitava, ospite della sua ultima amante, organizzò un arsenale in cui raccolse 150 fucili e la polvere da sparo per la rivoluzione. Il Conte Guiccioli (marito della sua amante e padrone di casa!) non era molto contento. Vada per avere l'amante della moglie in casa, ma che questi si atteggi a rivoluzionario era troppo pericoloso anche per una persona della sua ricchezza e nella sua posizione.
Byron e il Conte Giuccioli erano oggetto di rapporti della polizia, che li descrivevano come pericolosi cospiratori.
Mentre però nella vita privata il buon senso gli mancava completamente, quando si trattava di cospirare, sembra che Byron fosse molto accorto. 
Era entusiasta, coraggioso, ma anche prudente e sembra che sin dall'inizio avesse molti dubbi sulle capacità organizzative dei cospiratori.
Pensava infatti che se i cospiratori italiani non fossero riusciti ad unirsi, non sarebbero arrivati a niente.
Così in effetti fu. Nel marzo del 1821 i napoletani insorti (alcuni mesi prima!) furono sconfitti dagli austriaci. Il Re ripudiò la costituzione che gli aveva appena concesso e tutto tornò alla normalità. Sulla scia di quella sconfitta vi furono repressioni in tutta Italia e la famiglia della sua amante fu costretta all'esilio, forse proprio per colpire Byron. 
Effettivamente l'allontanamento della sua amante raggiunse lo scopo di allontanare anche Byron che la seguì nel suo pellegrinaggio fino a Genova.
Le sue avventure carbonare erano terminate, non altrettanto si può dire della sua voglia di avventura che lo porterà a prendere le difese dei greci contro i turchi, cosa che mise in evidenza l'uomo d'azione (e gli fece però capire la vera natura umana!) ma gli costò la vita.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 14 agosto 2016

Cascate delle Marmore

Lasciamo la parola alle foto...

 penso che non ci sia bisogno di molte parole
 per commentare un luogo fantastico come le cascate delle Marmore
 tra querce, lecci e un ricco sottobosco
 rinfrescati dagli spruzzi d'acqua onnipresenti
 e incantati da splendidi paesaggi...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 12 agosto 2016

La guerra d'indipendenza greca: l'archistrategos Byron

La Grecia, terra antica, conosciuta per i suoi filosofi e poeti, primo tra tutti il grande Omero (chissà se poi era veramente greco!), tra il 1400 e il 1800 fu assoggettata all'Impero Ottomano. Questa parte di storia è da noi molto meno conosciuta.
Furono quattro secoli di lotta tra partigiani greci e occupazione ottomana, lotta cui presero parte anche stranieri, tra questi Lord Byron.
Lord Byron a Missolungi (Theodoros Vryzakis)


Byron pensò sempre di essere portato per l'azione.Se non aveva potuto seguire le sue inclinazioni, pensava, era colpa dei suoi problemi alle gambe, che forse lo facevano sentire inferiore agli altri.
Quando però nel 1823, stanco della vita tranquilla (e forse della sua ultima amante, la Contessa Teresa Guiccioli), ha l'occasione di prendere le difese di un popolo, quello greco, da tanti anni sottoposto alla occupazione degli Ottomani, sposa la causa senza riserve e vi mette a disposizione la sua mente, lo spirito combattivo e tutti i suoi averi.
Lord Byron seguiva da tempo le imprese di Alessandro Mavrocordato, uomo politico greco che  assieme ad altri patrioti greci, il 1° gennaio 1822, partecipò alla proclamazione dell'indipendenza.
Naturalmente Mavrocordato non era il leader della rivoluzione, ve ne erano altri e non si mettevano mai d'accordo (cosa che per certi aspetti assimila i greci agli italiani!).
Nel 1823 un greco, Luriottis, presentò le difese della causa di fronte al governo inglese. Un gruppo di politici inglesi cavalcarono l'onda della polemica e fondarono un comitato per l'indipendenza della Grecia. Ne facevano parte Geremia Bentham, Burdett,Hobhouse (amico di Byron), Kinnaird, Bowring e altri. Fu deciso di inviare un tal Blaquiere in Grecia per un'inchiesta. Blaquiere venne a sapere che Byron aveva annunciato diverse volte di voler tornare in Grecia e convinto che la fama del poeta avrebbe potuto servire a lui e alla causa, decise di invitarlo ad unirsi a lui.
Byron non riuscì a resistere alla tentazione, era proprio ciò di cui aveva bisogno: un motivo valido per fuggire dalla noia.
Il 13 luglio 1823 era a bordo dell'Ercole, il bastimento che l'avrebbe condotto in Grecia.Portava con se un piccolo seguito tra amici, animali, armi e munizioni (anche alcuni cannoni!) e soprattutto 50.000 dollari spagnoli, un tesoro per quei tempi.
La sera del 13 luglio l'Ercole salpò da Genova.
Byron non sarebbe più tornato, ma forse nelle profondità del suo animo lo intuiva. Ecco ciò che scriveva:

I morti si sono svegliati - e io dormirò?
Il mondo è in guerra con i tiranni - ed io dovrò inchinarmi?
La messe è matura - ed io esiterò a mieterla?
Non dormo più; la spina penetra nel mio giaciglio;
Ogni giorno una tromba risuona nel mio orecchio,
La sua eco nel mio cuore...
(Manfred)

Il 1° agosto l'Ercole arriva a Cefalonia dove si scoprì che Blaquiere, dopo averlo esortato di raggiungerlo, non l'aveva aspettato ed era tornato in Inghilterra.
Byron scoprì immediatamente che presso quella località, allora sotto il protettorato inglese, era considerato una celebrità, sia dagli inglesi di sua Maestà come dai greci che abitavano l'isola.
Tra i vari partiti in lotta scelse di appoggiare le operazioni di Mavrocordato, spendendo di tasca quattromila sterline per pagare gli equipaggi delle navi che l'avrebbero dovuto aiutare a rompere il blocco navale turco per raggiungere il suo partito in territorio greco.
Il 27 dicembre finalmente si decide a partire.

"Ho qualche speranza che la causa trionferà - scriveva - ma che trionfi o no, bisogna seguire le regole dell'onore rigidamente..."

Lungo il percorso furono attaccati dai turchi, il poeta riuscì a scappare e solo il 4 gennaio la flotta di Mavrocordato riuscì a ritrovarlo e condurlo a Missolungi: finalmente in territorio greco!

La situazione a Missolungi si dimostrò subito critica, non vi era organizzazione , nessun esercito, solo truppe raffazzonate e che non avevano alcuna voglia di combattere, inoltre, da troppo tempo erano lasciate a se stesse e le truppe che non sono tenute occupate impigriscono.
Mavrocordato vide in Byron una piccola speranza e gli offrì la carica di archistrategos.
Finalmente arrivò una parte dei rinforzi che attendevano. Il comitato di Londra aveva inviato Mr. Parry con alcuni uomini e dei cannoni. Si trattava di un sottufficiale, Byron e la causa dovettero accontentarsi, d'altronde oramai aveva capito che la sua era una causa persa. Era impossibile mettere d'accordo anche solo due persone della combriccola.
Il miglior alleato degli Ottomani erano proprio i loro nemici, i greci e gli alleati inglesi!

I preparativi per l'assalto a Lepanto erano quasi terminati, il giorno si avvicinava. I problemi erano sempre gli stessi, mettere d'accordo greci e alleati e per farlo doveva ricorrere spesso ai suoi soldi, ma lo faceva volentieri, forse rassegnato.

Il 15 febbraio del 1824 licenziò buona parte delle sue truppe, i sulioti avevano infatti chiesto di nominare Ufficiali una parte (cospicua) dei loro. Era la goccia che fece traboccare il vaso. Quel pomeriggio però si sentì male. Il viso era contratto e il corpo agitato da violente convulsioni. 
Il 9 aprile decise di fare una passeggiata a cavallo, nonostante il tempo preannunciasse pioggia. Al ritorno Byron stava male. Nei giorni seguenti la febbre salì. Byron stava sempre peggio.
La sera del 19 si sollevò un violento uragano, su Missolungi, come a salutare per l'ultima volta l'anima di quel poeta e uomo d'azione che era stato:

"Se rimpiangi la tua giovinezza, perché vivere?
Ecco il paese per una onorevole morte:
Scendi sul campo e da' la tua vita!
Cercati... una tomba di soldato
Che per te sia la migliore; guardati attorno,
Scegli il terreno e datti pace.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 7 agosto 2016

Visita a Subiaco - Abbazia di S. Benedetto e Sacro speco

Il posto è stupendo e non troppo lontano da Roma.
Subiaco si trova nella valle dell'Aniene.
Ci dirigiamo all'abbazia di San Benedetto; poco prima sulla strada si possono visitare le rovine di una villa di Nerone e l'abbazia di Santa Scolastica.
Arriviamo all'abbazia di San Benedetto e attendiamo l'orario di apertura godendoci il panorama.
 L'abbazia è stupenda, sembra aggrappata alla parete rocciosa.
  


L'abbazia è splendida!
I colori degli affreschi sono vividi, le immagini forti.
Immagini di morte sempre presenti.

Stupendi gli affreschi dei quattro evangelisti e degli angeli.

Il sacro speco è stato abitato da San Benedetto tra il 497 e il 500 d.C. Nel periodo che vi restò compì diversi miracoli, poi, per evitare problemi (tentarono di avvelenarlo diverse volte) andò via.

Anni dopo, intorno al 1200, ospitò un'altra figura molto particolare, Lorenzo, detto il Loricato.


Se accedete al Sacro Speco, la grotta che si trova oggi all'interno dell'Abbazia di San. Benedetto, a Subiaco, potrete vedere tra gli affreschi l'immagine di un uomo dai lineamenti nordici, sdraiato e immobile nel suo ultimo viaggio.
Vi potreste chiedere chi egli sia (cosa che io non ho fatto ma che ha fatto mia moglie per me!) e trovare anche la risposta: Lorenzo, il loricato.
Chi era quest'uomo? Oggi posso trovare il suo nome tra quello dei beati e il 16 agosto è la sua festa ma, un tempo, Lorenzo era un assassino.
Lorenzo era pugliese e, per quel che se ne sa, uccise una persona (alcuni dicono per errore, altri dicono che si trattò di un momento in cui l'ardore giovanile prese il sopravvento), il fatto ebbe un forte effetto sul suo spirito e lo spinse a cercare il perdono allontanandosi dalla società civile.
Lorenzo arriva così al monastero di Santa Maria di Morrabotte, uno dei piccoli monasteri organizzati da San Benedetto alcuni secoli prima, li visse all'interno di una grotta aiutando chiunque chiedesse conforto e vivendo in modo frugale, da penitente, per tutta la vita, fino al 1243, anno della sua morte. Il monastero di Santa Maria di Morrabotte ospitò le ossa del loricato fino al 1724, quando vennero spostate al Sacro Speco.
Da allora la storia di Lorenzo il Loricato si confonde con quella del più noto San. Benedetto e i miracoli dell'uno si aggiungono a quelli dell'altro nell'immaginario collettivo e se si visita la Cappella della Madonna, subito sotto il Sacro Speco, l'immagine colpisce il visitatore e il nome di Lorenzo riemerge dal passato.

Comunque sia andata, il posto val veramente la pena di essere visitato.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Don Giovanni o la vita di Byron, di A. Maurois

Potrei cominciare questo articolo parlando di come, qualche giorno fa, mentre sistemavo i francobolli, mi sia imbattuto in un piccolo francobollo italiano che celebrava il 135° anniversario della morte di Lord Byron.
Perché?
Mi venne subito da pensare che in effetti, essendo Byron uno dei più grandi poeti del mondo, avevo poco da stupirmi.
Quando la sera ripresi tra le mani il libro di Byron avevo un nuovo interrogativo in mente!
Lord Byron, ovvero George Gordon Byron, VI Barone dei Byron, nacque a Londra nel 1788, morì a Missolongi nel 1824.
Considerato uno dei più grandi poeti inglesi del tempo, visse una vita sempre al limite. Sempre combattuto tra il bene e il male, per vivere aveva bisogno di emozioni forti che ricercava nei viaggi e nelle relazioni amorose con le numerose amanti, tra queste, la più amata fu colei che più gli assomigliava, la sorellastra Augusta.
Il rapporto con la madre fu conflittuale,.Con il padre inesistente, i primi anni di vita non furono semplici e lasciarono un segno indelebile sul piccolo Byron come sulla madre.
Byron sentiva di essere fatto per l'azione, ma una deformità ai piedi lo costringeva ad una camminata strana che però non gli impediva di essere un ottimo nuotatore.
Ma Lord Byron fu anche un uomo politico, la sua carica gli dava diritto all'accesso alla Camera dei Lord.
Con mia grande sorpresa mi resi conto che Byron era stato anche in Italia. Bologna, Venezia, Ravenna, Pisa e Genova le città principali nelle quali si intrattenne alcuni anni, poco prima di intraprendere la sua ultima avventura in Grecia.
A Bologna s'era affiliato alla Società Romantica, era quindi un Carbonaro. Il suo prestigio e i soldi lo ponevano al di sopra degli altri ed essendo Inglese i rischi della sua attività di cospiratore erano minori. Il gruppo di Carbonari di Ravenna, detto degli "Americani" lo aveva eletto a suo capo.
E' forse questo il motivo per cui ha meritato di essere ricordato in un francobollo Italiano?

A Ravenna, nella casa dove abitava, ospite della sua ultima amante, organizzò un arsenale in cui raccolse 150 fucili e la polvere da sparo per la rivoluzione.Il Conte Guiccioli non era molto contento. Vada per avere l'amante della moglie in casa, ma che questi si atteggi a rivoluzionario era troppo pericoloso anche per una persona della sua ricchezza e nella sua posizione.
Byron e il padrone di casa erano oggetto di rapporti della polizia, che li descrivevano come pericolosi cospiratori.
Mentre però nella vita privata il buon senso gli mancava completamente, quando si trattava di cospirare, sembra che Byron fosse molto accorto. 
Era entusiasta, coraggioso, ma anche prudente e ricco di buon senso e sembra che sin dall'inizio avesse molti dubbi sulle capacità organizzative dei cospiratori. Pensava infatti che se i cospiratori italiani non fossero riusciti ad unirsi, non sarebbero arrivati a niente.
Così in effetti fu. Nel marzo del 1821 i napoletani insorti (alcuni mesi prima!) furono sconfitti dagli austriaci. Il Re ripudiò la costituzione che gli aveva appena concesso e tutto tornò alla normalità. Sulla scia di quella sconfitta vi furono repressioni in tutta Italia e la famiglia della sua amante fu costretta all'esilio, forse proprio per colpire Byron. 
Effettivamente l'allontanamento della sua amante raggiunse lo scopo di allontanare anche Byron che la seguì nel suo pellegrinaggio fino a Genova.
Le sue avventure carbonare erano terminate, non altrettanto si può dire della sua voglia di avventura che lo porterà a prendere le difese dei greci contro i turchi, cosa che mise in evidenza l'uomo d'azione (e gli fece però capire la vera natura umana!) ma gli costò la vita.
Un ottimo libro, avvincente, nonostante gli estratti "poetici", non certo i miei preferiti, che mi ha permesso di conoscere Byron e, per il suo tramite, parte della storia italiana.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO