Traduttore automatico - Read this site in another language

domenica 6 novembre 2016

Visita alla Galleria Nazionale d'arte moderna di Roma.

La domenica è fatta anche per l'arte.
Decidiamo di visitare la Galleria d'Arte Moderna, nei pressi di Villa Borghese.
Certo, per me non tutto è arte, io sono all'antica, per me l'arte deve essere bella.
Comunque sia, seppure un po' titubante iniziamo la visita.


Per lo meno iniziamo bene, la scritta dice "Eulalia Cristiana" ed è una bellissima opera.
Poco distante un'opera che non capisco e che per me ha veramente poco di artistico. Sembra una gabbia per casette... alcune delle quali sono scappate!

Questo invece mi piace...
Come pure mi piace tantissimo la statua di Cleopatra di Alfonso Balzico, artista nato a Cava de' Tirreni nel 1825 e morto a Roma nel 1901.
La sua Cleopatra è stata realizzata nel 1874 ed è veramente fantastica.




Ecco poi un nudo di donna, di Modigliani ed un ritratto di donna. A me, sinceramente, non piacciono!

Come non mi piace De Chirico, ma mi dicono che è una questione di gusti...


Per me vale lo stesso giudizio per Sironi.

Diverso è per Giovanni Segantini, nato ad Arco nel 1858. Quest'opera è veramente bella.
 Anche questo nudo di donna esercita un certo fascino, ma non ricordo l'autore. Assomiglia un po' alle opere di Klimt.
Ma ecco il gruppo scultoreo che mi è piaciuto di più: Ercole e Lica di Antonio Canova. Realizzato in marmo, la statua è alta 3 metri e 35 centimetri ed è maestosa. Credo che sia una delle opere più belle che io abbia mai visto. Canova era veramente un grande scultore.
Sullo sfondo, un quadro gigantesco, fatto con spine di acacia...
Le opere di Lucio Fontana, argentino di nascita ma da genitori italiani... pare che i suoi "tagli" siano considerati tra i più famosi. Certo, forse per tanti anche questa è arte, per me no! Sicuramente per colpa mia...

E che dire di queste?
Forse è meglio il silenzio, aspettiamo che il tempo cancelli certe "opere"...



Ecco invece finalmente un bel quadro... però non ricordo l'autore! Peccato.


E qui due particolari del quadro "Gli emigranti", di Angelo Tommasi, un quadro veramente bello e che rende bene l'idea degli emigranti italiani in partenza per l'America.
 altre "cose" che io non so definire...


Io e la statua, osserviamo attoniti... e passiamo oltre.

Io per lo meno posso farlo, non vorrei essere nei panni della statua...


La piccola bellissima Psiche svenuta... forse per le cose che ha dovuto vedere! La statua è di Pietro Tenerani, bella quasi quanto quella del Canova.

Altro quadro famoso... l'autore è Jackson Pollock
anch'esso tra le cose che non capisco!
 Assieme a Mirò

e di quest'opera di Andy Warhol.
Diverso è per questo specchio, di Michelangelo Pistoletto, strana opera, si, ma non brutta!
Ecco un'altro pittore famoso, Vasilij Vasil'evič Kandinskij. Non certo il mio preferito.
 Come pure non capisco l'arte di Henry Moore...
Bello invece il particolare del trittico di Giuseppe de Nittis, autore italiano di Barletta.
 Ecco due quadri di Van Gogh, non i miei preferiti a dire la verità
 Ecco un nudo di donna di Degas...
 
 Ecco un altro bel particolare di un'opera di cui non ricordo l'autore
e poi, un bel quadro, il ritratto di Mademoiselle Lanthèlme, realizzato da Giovanni Boldini nel 1907.
 Ecco ancora alcune bellissime statue, di cui purtroppo non ricordo l'autore

Un grande artista veneziano, Francesco Hayez, autore dei più famosi "baci" del mondo pittorico. 

 Un'altra splendida statua...

 Ed ecco un altro quadro famoso, le tre età della donna, di Gustav Klimt,un quadro particolare...


Un'opera "brutta", dal titolo "antigrazioso", di Boccioni

 ecco un ultimo bellissimo quadro
 e per finire, un gruppo scultoreo veramente stupendo
 a concludere la visita.

Alla fine, anche considerate le "cose strane" che ho visto, la visita è stata piacevole e le opere, quelle vere, sicuramente all'altezza, anzi di più!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 5 novembre 2016

Il crepuscolo degli Dei (parte terza)

La casa

Era da anni che non metteva più piede in quella casa.
Forse dieci, no, dodici anni. Dalla morte della madre.

Era una piccola casa singola in mattoni rossi, in via Charlotte. Sul retro si trovava la cappella del cimitero di West Thuttock. Dalla finestra si intravvedeva il mostruoso complesso dell'Ikea.
Certo che il panorama era cambiato da quando, bambina, scorrazzava tra le tombe del vecchio cimitero.
Allora era proprio un maschiaccio e con i suoi compagni di giochi (tutti maschi) ne aveva combinato di tutti i colori.
La sua era stata una gioventù felice e spensierata.
Lei, sua madre Giulia e John, suo padre.
Quello di un tempo però, prima che cominciasse a bere...
Poi la maledizione del mondo moderno colpì anche la sua famiglia.
Il padre lavorava come contabile presso una piccola fabbrica di abiti da uomo che a causa della crisi economica fu costretta a licenziare quasi la metà dei dipendenti, lui fu tra questi.
A casa la situazione peggiorò velocemente e John cominciò a bere.
Una sera uscì di casa per andare al bar. Si ubriacò e non fece ritorno per la notte.
Giulia e Maria uscirono a cercarlo per strada, sotto la pioggia.
Una macchina sopraggiunse a tutta velocità.
Giulia fece appena in tempo a spingere la piccola Maria di lato.
Lei venne travolta dall'auto e trascinata per strada per un centinaio di metri prima che il conducente, ubriaco fradicio, si fermasse.
Quando John, il mattino dopo, tornò a casa trovò la polizia ad attenderlo.
La bambina era ricoverata all'ospedale ma non aveva niente di grave, solo qualche contusione. Giulia invece era morta qualche ora prima, senza riprendere conoscenza.
Maria aveva dieci anni e da allora aveva sempre dato al padre la colpa di ciò che era accaduto... se lui non avesse iniziato a bere forse la madre sarebbe ancora viva.
Quelli successivi erano stati mesi di dolore e pianto. Maria non voleva parlare con nessuno, non usciva più, stava rinchiusa nella soffitta, accovacciata su una vecchia coperta proprio sotto il lucernario. Alcuni piccioni le tenevano compagnia.
John, quando capì cosa era accaduto, buttò tutte le bottiglie di alcolici nel gabinetto e da allora non aveva più bevuto. Poi cominciò a scrivere, per raccontare ciò che aveva vissuto e pian piano si fece un nome come scrittore.
Maria col tempo aveva ripreso a parlare e riprese ad andare a scuola. Il perdono arrivò lentamente.

Quella casa però gli ricordava troppo la madre e appena trovò un lavoro andò via per trasferirsi dall'altra parte di Londra.
Il padre andava a trovarla una volta al mese. passavano il tempo a parlare e camminare. 

Lei non era più entrata in quella casa da allora, dodici anni prima!

Si guardò attorno, non provava più il dolore di quando era andata via e, anzi, sentiva il desiderio di ritrovare le sue vecchie cose... e quelle della madre.
John aveva conservato tutto come in un museo.
Le foto sulla credenza all'ingresso, nelle (orrende) cornici di radica, i quadri alle pareti dello stretto corridoio dell'ingresso, anche il suo vecchio orsetto di peluche, appoggiato alla parete a destra della porta della cucina. Tutto era identico ad allora, come se il tempo non fosse mai passato!
Quando era piccola scendeva di corsa le scale che portavano alle camere da letto e afferrava al volo il suo orsetto mentre girava, sempre correndo, intorno al grande vaso con la yucca che stava all'ingresso della cucina.
Di solito la corsa finiva sulla poltrona affianco alla televisione, alcune volte però, terminava rovinosamente sulla pianta che spesso finiva a terra.

La cucina era scura, le pareti erano di un verde opaco e la finestra, troppo piccola per illuminare l'ambiente, aveva ancora le tende a fiori che piacevano alla madre.

L'unica cosa che era cambiata, si rendeva conto solo ora, era il frigorifero.
Il vecchio frigo era di quelli smaltati di bianco, con gli angoli arrotondati e una maniglia verticale in alluminio. Il nuovo frigorifero era di un modello recente, molto più grande (cosa poi se ne facesse di un frigo così grande era un mistero!), grigio acciaio. Era un modello moderno, con un display al centro.
Maria non credeva ai suoi occhi. Il padre non aveva mai comprato uno smart phone perché non sapeva come si usasse e aveva in cucina un frigorifero da mille sterline che probabilmente utilizzava solo per tenere in fresco l'acqua e il poco cibo che acquistava.

Salì al piano di sopra, dove si trovavano le tre camere da letto e il bagno. Proseguì senza rendersene conto, per fermarsi di fronte al lucernario dove aveva passato tante ore nei mesi successivi alla morte della madre. Anche il soffitto era sempre uguale.
Si sedette sulla vecchia coperta. Non puzzava di muffa. Non vi era polvere. Sembrava che tutta la casa fosse stata mantenuta così perché lei ci andasse ad abitare. La sua casa...

In cuor suo qualcosa le diceva di scappare, di correre via, lontano, e non tornare più.
Eppure una voce lontana le diceva che era inutile continuare a scappare dai ricordi. Forse era tempo di affrontarli. Forse era tempo di tornare...
Si, forse doveva tornare li, in quella casa, dove aveva vissuto i migliori e i peggiori anni della sua vita...


Il campanello dell'ingresso suonò due volte. Squillante, come era sempre stato.
Si girò e corse giù per le scale come aveva fatto tante volte, quando era bambina...
Chi poteva essere? Nessuno sapeva che lei era tornata.
Aprì la porta...

(Continua... ->>)

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Puntate precedenti:

Parte prima ->>

Parte seconda _>>

 

martedì 1 novembre 2016

Il crepuscolo degli Dei (Parte seconda)

Funerale

- E' vero che non hanno trovato il corpo? Povera ragazza...

- Così sembra. Il giornale di oggi dice che probabilmente la corrente del fiume l'ha trascinato in mare. Secondo me è finito nella pancia di un coccodrillo.

- Coccodrillo? Nel Tamigi? Ma non ci sono i coccodrilli...


- Questo lo dici tu! Ho visto un filmato su YouTube...

La cerimonia era stata breve. Molta gente non invitata, diversi giornalisti e tanti curiosi. Tra i non invitati si potevano individuare a colpo d'occhio alcuni poliziotti in borghese, giacca e cravatta, impermeabile lungo e occhiali da sole... sotto la pioggia. Se non fosse che si svolgeva un funerale ci sarebbe stato da ridere.
Una figura snella e giovanile invece stava in disparte. Al termine della cerimonia, prima che Maria salisse sull'auto, le si avvicinò discretamente.

- Le mie più sentire condoglianze signorina... conoscevo suo padre, era un brav'uomo e un grande scrittore.

- La ringrazio signor... ?

Non aveva terminato la frase che il giovane si era già voltato per allontanarsi. Aveva fatto in tempo a vedere appena il suo abbigliamento, elegante, ricercato. Per un attimo lo sguardo sinceramente dispiaciuto del giovane aveva incrociato i suoi occhi. Aveva gli occhi chiari e una leggera barba curata ricopriva il viso. Chi era? Non lo sapeva e forse non l'avrebbe mai saputo...

- Signorina Maria, signorina Maria. Aspetti un attimo!

La voce era quella del commissario Sterling. Ormai la conosceva bene. Nell'ultima settimana era diventato il suo principale interlocutore. Se lo ritrovava ovunque. Era un incubo.

- Come posso aiutarla, oggi, commissario?

La parola "oggi" era stata appositamente evidenziata dal tono di voce, come a significare che "almeno oggi avrebbe potuto lasciarla in pace".
Il commissario Sterling era un tipo strano, appiccicoso come la carta moschicida, poco curato nel vestire, per non dire trasandato. I suoi capelli neri sembravano unti, forse perché aveva sempre in mano  qualcosa da mangiare e si allisciava continuamente il ciuffo, forse per un tic...

- Mi scusi, forse sono inopportuno? Se vuole ripasso domani... Aggiunse il commissario, inaspettatamente.

- Ecco, magari...
 
- Ma no, ormai l'ho disturbata. Si tratta solo di un attimo.
Aggiunse, con la sua voce stridula (o forse lei la sentiva tale perché gli era antipatico?).
- Solo una domanda. Mi sa dire se suo padre ha mai tenuto un diario? Potrebbe servirci per le indagini...

- Indagini? Ma non si è trattato di un incidente? Mio padre è finito nel fiume e...
Le ultime parole le uscirono di bocca singhiozzando...

- Su signorina, adesso non è il momento di parlarne. Vedo che è ancora troppo scossa.
Vada, vada... passerò a trovarla nei prossimi giorni. Non si preoccupi. Sembra che ci siano delle novità. Vi sono, diciamo, dei sospetti, degli indizi, che ci fanno pensare che non si tratti di un incidente.
Mi sa dire se suo padre ha litigato con qualcuno ultimamente?
Ha, mi scusi! Abbiamo detto che ne parliamo domani.

Senza lasciarle il tempo di replicare l'ispettore Sterling si voltò e si allontanò velocemente lasciando la ragazza allibita, in piedi affianco alla macchina con la portiera aperta.
Un omicidio... perché? E chi mai avrebbe potuto... voluto... uccidere una persona tranquilla come John Odges?
No, non poteva crederci... non aveva alcun senso. L'ispettore sicuramente si sbagliava.

- Signorina, possiamo andare?
La voce del conducente la riportò alla realtà.
- Qui continua a piovere e io devo tornare in sede per le 10. Siamo già in ritardo. La porto a casa sua?

- Aveva risposto con un cenno del capo.
La macchina scivolò sull'erba bagnata e si allontanò sotto la pioggia battente...

(Continua... forse, prossimamente)


Puntata precedente --->>


Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 30 ottobre 2016

Marat, di Louis R. Gottschalk

Chi era Marat?

Forse qualcuno l'avrà sentito nominare, magari associato alla Rivoluzione Francese. Altri, immagino, non ne avranno mai sentito parlare.
Io, onestamente, devo dire di averlo sentito nominare ma, altrettanto onestamente, non avevo idea di cosa avesse fatto!
Jean Paul Marat nacque a Boudry, in Svizzera, il 24 maggio del 1743. Il padre è di origini sarde, si chiamava Mara e pare fosse fuggito da un'abbazia dove era probabilmente monaco e medico. La madre si chiamava Luisa Cabrol ed era di Ginevra. Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat, fu il primo di sei figli.
Intorno al 1765 Marat si reca in Inghilterra. Da alcuni anni aveva lasciato la famiglia dove comunque sembra avesse ricevuto una buona educazione. Studiò medicina a Bordeaux e poi a Parigi.
Nel 1775 ricevette il titolo di dottore in medicina honoris causa presso l'università scozzese di Saint-Andrews. Si occupò di scienze, di medicina e di filosofia, pensando che quando veniva criticato fosse perchè il mondo ce l'avesse con lui, era convinto fautore del complottismo a suo danno.
Comunque fosse andata la cosa, a Newcastle Marat ricevette la cittadinanza onoraria per i servigi resi durante un'epidemia, come medico doveva essere in gamba.
Intorno al 1780 Marat torna in Francia e negli anni successivi esercita medicina a Parigi.
Pubblicò alcuni studi sulle ricerche nel campo dell'elettricità in medicina, sulla luce e sui colori, ma sempre senza grande successo.
Ma per conoscere il vero Marat, occorre aspettare ancora qualche anno. Il suo impegno principale per la politica e per il giornalismo infatti lo si può trovare dal 1789. Marat era a favore della monarchia anche se pensava che il popolo dovesse rispettare solo le leggi giuste.
Marat si lanciò nella sua attività di giornalista politico, senza risparmio di tempo e risorse.
Spesso a lui è stata attribuita la responsabilità delle sollevazioni del popolo. Nel suo giornale "l'Ami du peuple", cioè l'amico del popolo, come finì per essere chiamato lui stesso, spesso incitava alla rivolta contro i soprusi o contro la corruzione dei ministri del Re. Più avanti contestò anche gli organi della rivoluzione, tenendo sempre gli occhi aperti su tutto e su tutti, temendo che il Re potesse annullare con manovre segrete i risultati raggiunti.
Forse si è stati troppo critici nell'attribuire a Marat tante responsabilità, però sicuramente la sua figura di giacobino integerrimo crebbe sempre di importanza fino alla morte avvenuta a causa di una donna, Carlotta Corday, girondina, che lo pugnalò il 13 luglio 1793, facendone un martire della Rivoluzione.
Marat, monarchico, appoggiò nell'ultimo periodo la Repubblica, anche se il suo parere sul popolo non era certo lusinghiero, egli pensava che il popolo dovesse essere guidato e lui si poneva come guida naturale:
"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.

Una biografia interessante che mi ha permesso di conoscere meglio uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese, Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Il crepuscolo degli Dei (Parte Prima)

PROLOGO

- Perchè, Padre?
Che senso ha, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per loro?

- Non capisci?
Non possiamo più aspettare.
Fino ad ora noi siamo stati gli Dei, se aspettiamo ancora Loro prenderanno il nostro posto.
Dobbiamo farlo. Mi dispiace, ma dobbiamo distruggerli!

A quelle ultime parole, pronunciate con solenne drammaticità dal vecchio, il pubblico si lanciò in un fragoroso applauso.
La prima del "Crepuscolo degli Dei" era stata, contro tutte le previsioni, un clamoroso successo.

- Complimenti papà, è stato un successo.
Urlò Maria all'orecchio del padre, per superare il rumore degli applausi.

- Non avrei mai pensato ad una cosa del genere.
Sembra che il pubblico sia impazzito.
Non capisco cosa ci trovino di così speciale.
In ogni caso sono contento, servirà a lanciare il libro.

- Il libro? Urlò la figlia. Questa volta senza motivo.

- Si, ti avevo detto che avevo grandi progetti. Sono stato contattato da una casa editrice che è interessata a pubblicare la storia romanzata. Ho già presentato una prima bozza e domani ho un appuntamento con il responsabile della Casa Editrice.
Vogliono acquistare i diritti, forse ne faranno un film.
Maria per un attimo sprofondo in un incomprensibile silenzio, da cui si riprese subito.

- Bene, sono contenta per te. Allora oggi andiamo a festeggiare.
C'è un ristorante molto carino appena fuori città, ci sono stata con gli amici. Di solito il lunedì non c'è tanta gente. Vedrai, ci troveremo bene.


Larren Books

- E' in ritardo. 
Non mi piacciono le persone che arrivano in ritardo ad un appuntamento di lavoro. Specialmente se chi deve aspettare sono io.

Il direttore della Larren Books era una persona importante ed era consapevole della propria posizione. Non avrebbe aspettato un autore ritardatario neanche se il libro di cui avrebbe dovuto trattare l'acquisto fosse stato la Bibbia!
Sicuramente non avrebbe perso tempo per un autore quasi sconosciuto, anche se gli era stato raccomandato da persone influenti.

- Se arriva ditegli che non se ne fa niente. Ho aspettato fin troppo.
Si alzò e fece per andar via. Avrebbe tenuto la solita riunione delle dieci con la solita puntualità.

- Signor Larren, aspetti un attimo. Guardi cosa dice il giornale.
L'assistente gli tese una copia della Gazzetta. In prima pagina la notizia della sparizione di John Odges.
"Autore di teatro, scomparso ieri sera al rientro dalla prima te
atrale della sua ultima opera: Il crepuscolo degli Dei. La macchina è stata ritrovata in un torrente di campagna.  Probabilmente il corpo era stato trascinato dalla corrente. Le ricerche erano ancora in corso ma vi erano poche speranze.
La figlia afferma di essere stata a cena con lui. Poi dopo averla accompagnata a casa si era diretto verso il suo appartamento, in via..."

- Trovatemi la figlia. Mi serve la sua autorizzazione a pubblicare il libro. Dobbiamo approfittare del momento.

Le parole erano state pronunciate a voce alta e scandite attentamente. Non un solo accenno di dispiacere sul viso per la tragedia di una famiglia. Della sparizione di Odges a lui non importava niente se non per il fatto che si trattava, forse, di un colpo di fortuna. Il libro di un autore scomparso rende sicuramente più del libro di un autore qualunque. Solo il pensiero di futuri affari affiorava dal labbro appena sollevato in una smorfia di soddisfazione. 
Vincent Larren si voltò e proseguì verso la sala riunioni. Anche quella volta arrivò puntuale.

(Continua --->>

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Ancora un terremoto ci butta giù dal letto

Roma,06.40 del 30 ottobre  2016.
Ancora una volta, questo mese, siamo costretti a correre sotto il tavolo della cucina.
Stavamo dormendo quando abbiamo sentito i mobili tremare, accendiamo la luce e vediamo che l'armadio trema violentemente.
Si tratta dell'ennesima scossa di terremoto.
Mentre ci mettiamo al riparo il pensiero va a coloro che si trovano nella zona dell'epicentro.
Qualche minuto dopo scopriamo che ancora una volta il terremoto è stato nella zona di Norcia.
In tv trasmettono le immagini dei territori colpiti.
Mi affaccio al balcone e vedo tante persone per strada, al cellulare. Questa volta la scossa è stata forte e nonostante l'ora e la distanza dall'epicentro, nei piani alti delle palazzine l'effetto è stato rilevante.
Certo che in Sardegna queste cose non mi erano mai capitate.
Mi chiedo come mai quest'anno vi siano tutte queste scosse. Ricordo che qualche giorno fa hanno parlato di una nuova faglia apertasi nel territorio italiano, speriamo si sbaglino altrimenti si continuerà a ballare.
Alcuni siti danno una magnitudo di 6.9 e 6.6. In tv hanno detto prima 7.1, pochi minuti fa invece 6.1, vedremo qual'è la verità.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 28 ottobre 2016

Lincoln, di J.M.McPherson

14 aprile 1865: l'attore John Wilkes Booth, fanatico, sostenitore della confederazione, si introdusse nel palco in cui si trovava Lincoln al Ford's Theatre di Washington e sparò un colpo in testa al Presidente. 
La commedia alla quale assisteva con la famiglia si trasformò così in tragedia. 
Poche ore dopo, il 15 aprile alle 07.22 del mattino Lincoln morì.
Alcuni giorni prima, il 4 aprile, Lincoln era entrato vittorioso a Richmond, capitale della confederazione, osannato da migliaia di schiavi liberati.
A chi si gettò ai suoi piedi disse: "Don’t kneel to me. That is not right. You must kneel to God only, and thank Him for the liberty you will afterward enjoy.”
(Non inginocchiarti davanti a me. Non è giusto. Inginocchiati per Dio soltanto e ringrazialo per la libertà di cui d'ora in avanti godrai).
C'era chi lo amava, e c'era chi lo odiava fino ad ucciderlo.
Ma perchè tanto odio?
L'America di Lincoln stava uscendo dalla guerra di secessione e si apprestava alla ricostruzione. Lincoln era stato la guida spirituale e materiale del Paese. Coi suoi discorsi aveva infiammato le folle. Con la sua testardaggine aveva vinto la guerra civile più cruenta del secolo.
Lincoln, l'11 aprile 1865, si rivolse agli Stati Unita d'America. 
Nel suo discorso "espresse la volontà di istruire gli afroamericani e i veterani neri dell'Esercito unionista perchè potessero esercitare il diritto di voto nell'Unione restaurata, e promise un nuovo annuncio per la gente del sud."
Booth era li. 
Pare che disse: "Questo significa cittadinanza ai neri. Ora, in nome di Dio, lo metterò a tacere."
E così fece!

Ma chi era Lincoln e come era arrivato alla guida del paese oggi più potente del mondo?
Abraham Lincoln nasce il 12 febbraio 1809 nel Kentucky, a cinquanta miglia da Louisville. Figlio di Thomas Lincoln, falegname e contadino, e Nancy Hanks, analfabeta.
Deve la sua passione per lo studio, forse, alla matrigna: Sarah Bush Johnston. 
Il padre "condannava la pigra inclinazione per la lettura" del figlio, che lo teneva lontano dal sano duro lavoro.
Abraham scelse una strada diversa da quella del padre, lavorò, studiò e intraprese la carriera di avvocato... da li alla politica la strada fu breve.
Nel 1851, il padre in punto di morte lo chiamò al suo capezzale. Lui non si presentò, disse che "se dovessimo rivederci ora, temo che il nostro incontro sarebbe penoso anzichè gradevole".
Non si presentò neanche al funerale...
Questi alcuni aspetti del presidente americano Abraham Lincoln, ucciso all'inizio della sua seconda legislatura.

Il libro di McPherson è una piccola sintesi della vita di Lincoln e della guerra di secessione.
Una veloce lettura, interessante e da usare quale spunto di ulteriori approfondimenti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Li trascinatori der popolino

Che dire 
de quelli che nu' fanno artro che sbraità,
pe strada e in televisione
pare c'ar posto de la bocca
c'hanno un cannone!

Nu ce se crede,
ma er popolino li prenne pe campioni da libbertà
pensanno che siccome che urlano tanto
assomijino der tutto a 'n santo.

Ma si rifrettessero un attimino
forse, se renderebbeno conto 
che più che a 'n santo 
assomijino ar cane,
sempre pronto a abbajare
da dietro ar cancello
pe poi scappà alla vista d'un bastone.

Eppure, e' dimmostrato,
er politico sopraffino
è quello che urla de più, 
er più caciarone,
pecchè strascina er popolino
e je fa fa' quello che vole,
come fosse un cagnolino!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

martedì 25 ottobre 2016

I trascinatori del popolo: Jean-Paul Marat

"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
(Jean-Paul Marat)

Questa frase è stata detta da Marat, uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese.
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.
Occorre fare attenzione infatti, perchè spesso chi sbraita e urla non è il migliore, ma solo il più chiassoso!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 23 ottobre 2016

Bomarzo, parco dei mostri

Se avete qualche ora da dedicare alla visita di un piccolo paese del viterbese, vi consiglio di recarvi a Bomarzo.
In cima al colle su cui si trova il paese è possibile visitare il palazzo Orsini, ai cui piedi si trova uno dei giardini più curiosi che io abbia mai visitato. Si tratta della seconda visita a dir la verità. Ma ne vale sempre la pena.
Il giardino è stato realizzato nel 1552 su incarico di Pierfrancesco II Orsini (1523-1585) dall'architetto Pirro Ligorio. Il nome originale del giardino è "Sacro bosco" ma è oggi più conosciuto come parco dei mostri. Al suo interno è possibile ammirare splendide opere "fantastiche".
Un mascherone enorme chiamato Proteo Glauco, immerso nella vegetazione, può accogliervi interamente tra le sue fauci aperte.
Poco oltre, lungo un percorso ricco di vegetazione e di ottime bacche di corbezzolo, potete ammirare la statua enorme di Ercole che strazia l'avversario Caco, un mostro della mitologia romana, che sputava fuoco dalle fauci.
Poco sotto,seminascosta dal sottobosco di felci, una splendida tartaruga di pietra e poco oltre un elefante gigante


Uno splendido drago lotta con alcuni animali che, credo, siano dei giovani leoni.


Echidna, col corpo di donna e la coda da serpente, attende i visitatori lungo il percorso, pronta a divorarli, come una volta...

Ma l'opera più stupefacente è forse la casa pendente, quando vi si entra non si riesce a stare in equilibri e si rischia sempre di cadere...

Naturalmente i "mostri" sono molti di più di quelli che avete visto in queste foto... ma i  "veri mostri" sono quelli che hanno lasciato andare in rovina il giardino per tanti anni, dopo la morte di Pierfrancesco II Orsini, mentre gli angeli sono Giancarlo e Tina Severi Bettini, coloro che nella seconda metà del '900 lo riportarono agli antichi splendori. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Caprarola, Palazzo Farnese

Se siete nel Lazio non potete non
visitare Caprarola, piccolo paese del viterbese, dove potrete gustare ottimi piatti, tra cui i pici all'amatriciana, le tagliatelle di farina di castagne coi funghi porcini, la porchetta appena sfornata... oppure immergervi nella storia.
Si, perchè Caprarola ha ospitato una delle famiglie più importanti d'Italia: i Farnese.
Palazzo Farnese è ancora li a ricordarcelo.

La costruzione, a forma pentagonale, iniziò nel 1530, affidata all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Il Palazzo venne terminato da Jacopo Barozzi da Vignola, che ne prese il posto alla sua morte. 
Tutto intorno si possono ancora ammirare gli splendidi giardini e i giochi d'acqua.
Dal piazzale antistante l'ingresso si può ammirare Caprarola.
L'opera fu commissionata da Alessandro Farnese il Vecchio (1468-1549), ovvero Papa Paolo III, 220° Papa della chiesa cattolica (1534-1549).All'interno del Palazzo vi è un cortile circolare circondato da uno stupendo portico affrescato con gli stemmi delle famiglie imparentate con i Farnese.
Una scalinata circolare permette di salire al piano superiore, dove si trovano le sale più belle, tutte affrescate con immagini classiche.

La volta dell'antro della scalinata è stupenda!
Ma in verità, ogni parete, ogni angolo, ogni particolare ci ricorda la potenza della famiglia Farnese.
 Nelle pareti è possibile ammirare splendide immagini di unicorni bianchi, presenti negli affreschi e in numerosi stemmi.
Anche al piano superiore un bel porticato permette di spostarsi da una stanza all'altra al riparo dalle intemperie... oggi non serve, è una splendida giornata.
Questo  splendido affresco è intitolato  "ERMATENA", ovvero Ermes e Atena"
 Ed ecco un piccolo particolare, lo scudo ai piedi di Ermes con la testa di Medusa al centro.
 La sala più bella, secondo me, è la sala delle mappe, dipinte nel 1573-1574 da Giovanni da Varese, detto il Vanosino. Nelle mappe è già ben visibile la configurazione del mondo "quasi" come lo conosciamo noi. Assente solo l'Australia, tra i continenti.

 In una parete si trova l'Italia, con l'indicazione delle città principali e delle grandi isole, Sicilia, Sardegna e Corsica.

 Ed ecco la sala, per intero, veramente stupenda.
I giardini poi sono stupendi, con le splendide statue e le fontane progettate per stupire e divertire gli ospiti dei Farnese.


Come detto all'inizio dell'articolo, Caprarola non è solo storia, nei piccoli negozi e osterie si trova di tutto, e non possiamo esimerci dall'assaggiare castagne, nocciole e ... porchetta!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 ottobre 2016

L'elezzione, di Trilussa

In Italia siamo sempre in periodo d'elezioni, e così avendo appena trovato un vecchio libro di Trilussa, vi rendo partecipi del suo pensiero in merito.

L'elezzione

Se nun pagava sprofumatamente
Te pensi che votava quarchiduno?
Nu' j'è tornato conto a fa' er tribbuno,
Povero amico! Adesso se la sente!

E spenni e spanni, nu' lo sa nessuno
Li voti ch'ha comprato! Solamente
Quelli del Comitato Indipendente
Je so costati trenta lire l'uno!

Fra pranzi, sbruffi e spese elettorali
C'è Pietro lo strozzino che c'ha in mano
Quarantamila lire de cambiali!

Un'antra de 'ste sbiosse, bona notte!
La volontà der popolo sovrano
Je costa cara quanto una cocotte!

Trilussa

Che dire?

Sarà cambiato qualcosa?

Sicuramente si, con trenta lire ormai
nun ce se compra propio gnente!

E Pietro lo strozzino
ha ceduto er posto ar banchiere
dietro l'angolo, che pure lavora di fino
e de cambiali er mazzo,
sur tavolo fa capolino!

E poi dicono "la volontà der popolo sovrano!
Nu' so che dire, ma mai possibbile
che io, der popolo sovrano,
nun faccio mai parte
che quelli c'ho votato tante vorte
ar governo nu' ce so mai arivati?
Come fussino senz'arte ne parte?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Porto Torres nella "Relazione sull'isola di Sardegna" di William Henry Smyth

William Henry Smyth, , Capitain della Royal Army, nel 1828 pubblicò il libro: "Sketch of the present state of the Island of Sardinia" in cui raccoglie e orgnizza tutte le osservazioni dei suoi precedenti viaggi nel Mediterraneo, e in particolare in Sardegna.
Ne risulta un bel libro di viaggi, ricco di informazioni utili ai naviganti ma anche economiche, etnologiche e storiche.
Mi voglio concentrare in questo breve articolo sulle osservazioni riguardanti la città di Porto Torres.
"Porto Torres è un piccolo porto a due moli, difeso da una solida torre ottagonale"

I due moli di quel periodo immagino siano stati inglobati nell'attuale porto, non grandissimo, ma sicuramente più esteso di allora. La torre ottagonale invece è sempre li, anche se risente del passare del tempo.

"Può accogliere poche piccole navi, quelle grandi stanno alla fonda ad un miglio. Poichè le navi da guerra fanno raramente rotta da queste parti, il nostro arrivo fu un evento eccezionale e tutti visitarono la nave, dal capitano generale al contadino più povero. Su un lieve pendio sorgono la chiesa e il piccolo borgo di San Gavino, ai cui abitanti sono riconosciuti i diritti di cittadinanza sassarese in onore a Baingio (San Gavino). Questo santo venerato qui non è conosciuto nel martirologio romano; tuttavia la storia della sua conversione, della sua decapitazione a Balai e della sua apparizione in sogno a Calpurnio è accettata dai sassaresi come una verità indubitabile, senza alcun esame dei dati su cui è fondata."

Oggi la venerazione di San Gavino non è meno forte. Forse la chiesa non è piena come un tempo, ma il nome Gavino è ancora il preferito per i bambini maschi, o perlomeno così sembra passeggiando per le strade del paese.

"La chiesa è uno degli edifici religiosi più antichi della Sardegna, perchè è stata costruita verso il 1200 ed è stata usata come cattedrale fino alla distruzione di Torres nel 1441."

Studiando la storia di Porto Torres su altri testi antichi ho scoperto che la basilica è ben più vecchia, risalendo al 514 d.C., anno in cui il giudice Comida di Torres e Oristano fece costruire la Basilica dedicata ai martiri Gavino, Proto e Gianuario, sul Monte Angellu, a seguito di un sogno in cui gli veniva chiesto di innalzare la cattedrale. 
Della distruzione della città nel 1441 per ora non so ancora niente, sto indagando e spero a breve di scoprire qualcosa!"

"E' diversa dalle altre chiese dello stesso genere in Sardegna, perchè ha il tetto di piombo. Lungo il tetto vi sono settanta brutte torrette dello stesso metallo, che sono il simbolo tradizionale di Turris Lybisonis: nome derivato dal presunto insediamento in questo luogo, dei discendenti di Ercole Libio.
L'interno è sorretto da 28 antiche colonne ed una Porta Santa, da cui passò il santo e che è accuratamente chiusa con un muro di pietre ma per venire aperta ogni cento anni con grande pompa e cerimonia."

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
 

sabato 15 ottobre 2016

L'estronauta sulla luna

Un piccolo libro di storie per bambini che sognano l'avventura, magari diventando astronauti, e di scoprire altri mondi, bizzarri ma belli. Ecco la nuova edizione economica del libro, rivista per cercare di risparmiare. Come al solito è un libro cartaceo, gli ebook non mi piacciono. E' un libro da tenere sul camino, per le sere in cui i nipotini vogliono ascoltare i nonni (anche se mi sembra che queste cose accadano sempre più raramente...). In quei momenti, io bambino, ero pronto ad assorbire tutto. Ecco perchè il libro, un po bizzarro, contiene tanti argomenti istruttivi, tanti termini (molti inventati) che servono a stimolare la fantasia e la memoria e a insegnare ai bambini tante piccole cose. Il personaggio principale è un estronauta dal nome impronunciabile: 
Giovanbattistamarialorenzo, Giozo per gli amici.
Coprotagonisti sono un nonno e la sua piccola nipotina, Giulia.
Poi ci sono mostri di tutti i tipi, i "lunimali" ovvero gli animali lunari, e tanti popoli abitanti sulla luna, oggetto di visita da parte di Gionzo.
Ogni storia cerca di avere qualcosa di istruttivo, infatti questo era il mio intento principale (dopo il piacere di scrivere per se stesso) nello scrivere questi racconti. Non so se ci sono riuscito, ma ci ho provato.
Spero che chi lo leggerà possa divertirsi e imparare qualcosa.
Vi lascio con la prima storia, buona lettura.

L'estronauta sulla luna

- C'era una volta un estronauta che...
- Si dice astronauta, nonno! Disse Giulia al nonno che la teneva sulle gambe.
- Hai ragione e hai torto Giulia - disse il nonno senza scomporsi - quelli normali si chiamano astronauti, quello di questa storia si chiama estronauta perchè era un astronauta molto particolare, ricco di fantasia e sempre pronto alle novità. Dunque dicevo che questo estronauta aveva appena messo piede sulla Luna...
La bambina guardava il nonno non troppo convinta, la spiegazione era stata sufficientemente chiara ma lei non aveva mai sentito parlare di estronauti. Comunque decise di non interrompere il nonno e ascoltare la storia fino alla fine prima di esprimere un suo giudizio. Il nonno era sempre stato bravo a raccontare storie.
- quando una lepre dalle lunghe orecchie gli balzò davanti andando quasi a sbattere contro il suo casco da estronauta.
- hei! - Urlò la lepre, fai attenzione tu, non hai visto i segnali? Non sai che noi lepri abbiamo la precedenza su voi astronauti sulla Luna?
- Nonno, ma sei sicuro che sulla Luna ci siano le lepri? Disse Giulia con un sorriso beffardo sulle labbra.
- Ma certo! Vorresti forse metterlo in dubbio? Non sai che sulla luna vivono tantissimi tipi di animali? Ci si possono trovare i porciali d'India, le lucianatre, gli ipposcorfani, i volpesci, le pecorelle nane da cratere e anche le lumalline verdi. E poi il nostro estronauta aveva una fervida fantasia e quindi anche se per caso quella lepre dalle lunghe orecchie non fosse stata proprio una lepre ma qualcosa di simile o di diverso, occorre far finta di niente e stare ad ascoltare. Disse il nonno spazientito e facendo finta di metter su il broncio.
- Dai nonno, non ti offendere, sai che scherzavo. Continua a raccontare la storia di questo signor estronauta e della lepre dalle lunghe orecchie. Io stò zitta, promesso!
- Bene, allora riprendiamo la storia anche se purtroppo mentre noi discutevamo la nostra lepre dalle lunghe orecchie è ormai scappata via. Non possiamo certo pretendere che si fermi ad aspettare che noi si finisca di discutere. Tutti sanno che le lepri dalle lunghe orecchie sono velocissime e che le lepri lunari sono ancora più veloci. Dovremo accontentarci di seguire il nostro amico estronauta, che per semplicità chiameremo con il suo nome di battesimo: Giovanbattistamarialorenzo, Gionzo per gli amici.
- Gionzo? Ma che nome è mai questo? Protestò vigorosamente la piccola Giulia. Ricordandosi poi che aveva promesso di non interrompere più, si portò velocemente le mani alla bocca facendo finta di sigillarla.
- Dicevo dunque che il nostro amico Gionzo, ancora esterrefatto dall'incontro con la lepre dalle lunghe orecchie, muoveva i suio primi passi sul suolo della Luna, quando ad un tratto sentì un urlo di dolore provenire dal basso. Preoccupatissimo abbassò il capo per vedere cosa avesse combinato, sperando di non aver calpestato una delle orecchie della lepre dalle lunghe orecchie. Infatti queste ultime erano veramente molto lunghe e nonostante la lepre fosse già passata da qualche secondo, le orecchie erano ancora davanti a lui.
- Ma che tipo di lepre era, nonnino caro, una lepre simile non l'ho mai vista ne sentita nominare. Disse Giulia ridendo sotto sotto.
- Non saprei, la prossima volta le chiederò i documenti. Rispose il nonno restituendo il sorriso. - Dicevo dunque che il nostro amico Gionzo abbassò lo sguardo e, davanti a lui, a mezzo metro di distanza, vide una piccola lumallina verde che si lamentava debolmente. Tutto preoccupato si abbassò e gli domandò cosa fosse accaduto, che male avesse e se poteva essere d'aiuto.
- Ma nonno, cos'è una lumallina verde?
- Non conosci le lumalline verdi? Ecco, lo sapevo che sarebbe stato meglio cambiare storia. La prossima volta ti racconto quella del Capitan Fracotta in viaggio su Marte! Comunque, visto che sei così curiosa ti faccio un disegno così puoi capire. Preso un foglio di carta dallo scrittoio e alcuni pennarelli Carioca che conservava dai tempi della scuola, il nonno si cimentò nella difficile arte del disegno con risultati a dir poco comici. Dai colori emerse uno strano essere, con il corpo da lumaca, compresa la sua casetta mobile, e la testa da gallina con due occhioni grandi e pieni di lacrime da far compassione ad astronauti ben più duri del nostro amico estronauta.
- Povera lumallina, disse immediatamente Giulia, cercando di non ridere.
E si - povera lumallina verde - disse anche il nostro amico estronauta vedendo che la lumallina non accennava a smettere di piangere.
- Cosa posso fare per te? Disse tendendole una mano in segno di aiuto.
- Come sarebbe a dire - cosa posso fare per te? - Non lo capisci da solo testatonda? Disse nervosamente la lumallina verde, accusando Gionzo di essere l'artefice delle sue pene.
- Nonno, nonno, perchè hai chiamato l'estronauta "testatonda"? Disse Giulia mentre con una mano nascondeva la bocca per non far vedere che rideva.
- Veramente non sono stato io - rispose il nonno - ma la lumallina verde, dovresti chiederlo a lei e non a me.
- Perchè mi chiami testatonda? Disse Gionzo alla lumallina verde, togliendo le parole dalla bocca del nonno e dando così soddisfazione alla piccola Giulia che ascoltava con sempre maggiore interesse.
- Come dovrei chiamarti? Ti sei forse presentato? Ti devo forse chiamare nasorosso? Oppure braccialunghe? Come posso chiamarti se da gran maleducato non ti sei neppure presentato? Io sono una lumallina verde lunare, della specie lumallina lumallinax, e questo è chiaro, ma tu chi sei? Da cosa dovrei capirlo? Sbraitò la lumallina verde, dando segno di essere proprio una lumallina lunare, cosa che si poteva senza dubbio arguire dal suo carattere bizzoso e scontroso. Dicendo tutto ciò, naturalmente, non smise di lamentarsi un attimo, alternando ogni parola con un ahi hai, ohi ohi, uhi uhi.
- Ma si può sapere cos'hai? Disse il nostro estronauta ormai spazientito e quasi sul punto di andar via - Io comunque mi chiamo Giovanbattistamarialorenzo, Gionzo per gli amici.
- ma che razza di nome hai! Disse maleducatamente la lumallina verde - Chiamati pure come vuoi, io ti chiamo testatonda, mi piace di più e a proposito delle mie lamentele, visto che ancora non l'hai capito te lo dico io. Vedi la scia che lascio dietro di me? Non vedi che il tuo grosso piede (o dovrei forse chiamarlo appendicegigantedallabuffaforma) si trova sopra la mia scia?
Come dovrei sentirmi secondo te? Dovrei fare i salti di gioia?
Il povero Gionzo, sentendosi in colpa ritrasse immediatamente il piede dalla scia e la lumallina verde, sollevata e libera di proseguire, lo guardò un'ultima volta con i suoi occhioni verdi prima di proseguire il suo viaggio sulla Luna. Il nostro estronauta, stupito ma soddisfatto, la salutò agitando una mano, rischiando così di colpire col suo grande guanto di metallo la coda di un volpesce che proprio in quel momento arrivava da destra. Ma questa è un'altra storia. Adesso è tardi, chiudi gli occhietti, piccola Giulia e dormi bene fino a domani.
- Ma nonno, raccontami almeno come è fatto un volpesce... provò a lamentarsi Giulia senza successo. Poi diede un bacio al nonno e si addormentò, sognando la Luna, la lepre dalle lunghe orecchie e la lumallina verde...
Se volete potete trovare il libro su ilmiolibro.itilmiolibro.it
 


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO