"Erein mor nigen bui", il sentiero d'un uomo è uno solo!
In questo libro è raccontato il sentiero di Tamerlano, ultimo dei grandi conquistatori.
Tamerlano nacque intorno al 1335 a Shahr-e Sabz (Città Verde), attualmente nell'Uzbekistan, nei pressi del grande fiume Amu Darya, a sud di Samarcanda.
"La sua abitazione era una casa di legno e di argilla cruda, con un recinto in muratura che chiudeva un cortile e un giardino."
Ma nonostante avesse una casa, passò quasi l'intera sua vita come facevano tutti i nomadi, a cavallo e sotto una tenda.
Il padre di Tamerlano, Tagarai, uomo mite, era il capo tribù dei Tatari Barlas, una tribù di guerrieri: "essi erano tatari, uomini di alta statura, di ossatura grossa e prominente. Barbuti, bruciati dal sole, camminavano - quando proprio era necessario andare a piedi - dondolando la persona e senza mai voltarsi per nessuno, a meno che si trattasse di un tataro più ragguardevole di loro."
Il nome Tamerlano è la trasposizione fonetica di Timur-i-lang ovvero Timur lo zoppo, infermità contratta a seguito di una delle numerose battaglie cui prese parte.
Naturalmente gli amici e i sudditi si guardavano bene dal chiamarlo così, il loro re era per loro Amir Timur Garigan, il Signore Timur, lo Splendido.0
Timur passava il tempo coi ragazzi della sua età mettendosi in mostra sin da subito per la serietà e la maestria nell'andare a cavallo e nell'uso delle armi: arco e spada.
Un giorno gli giunse la notizia che il "creatore di re" lo cercava.
Fedele al richiamo del suo signore, Kazgan, sistemò gli affari di famiglia e partì alla volta di Sali Sarai, una zona nei pressi del fiume Amu Darya in cui i tatari, "signori, giovani di nobile schiatta e guerrieri", erano accampati.
Fu li che si fece notare. Un giorno Kazgan incaricò Timur di recuperare dei cavalli rubati da un gruppo di predoni.
Timur si comportò bene e riportò il bottino al suo signore che da allora gli si affezionò.
Timur divenne ben presto un "bahatur", uno degli eroi leggendari dei clan tatari, coloro che andavano alla battaglia come ad una festa. Sedeva tra loro e partecipava alle battaglie.
Era un capo nato, vigoroso, instancabile, amava comandare e possedeva una virtù che non tutti i capi possiedono: in qualunque situazione si trovasse restava sempre calmo e riflessivo.
Il tempo passava e Timur prese moglie, Aljai Khatun Agha.
La sua importanza cresceva anche a corte e Kazgan lo nominò "ming-bashi", comandante di mille uomini e lo mise a capo della avanguardia del suo esercito.
Poco tempo dopo Kazgan, con l'aiuto di Timur e dei suoi guerrieri, conquisto Herat e catturò il signore della città. Da ciò nacquero dei dissidi interni e Kazgan fu ucciso da alcuni suoi sottoposti.
Timur, appena venne informato, prese ad inseguirli e non si fermo di fronte a niente fino a che non li ebbe raggiunti e uccisi.
Alla morte di Kazgan seguì un periodo di caos.
Il figlio non riuscì a prendere le redini del comando a Samarcanda. I Clan iniziarono una lotta senza tregua, "solo chi sa brandire una spada può impugnare uno scettro" era infatti il motto dei tatari.
Due capi clan su tutti si contendevano il potere: Hadji Barlas, zio di Timur, e Bayazid Jalair.
Nel bel mezzo del chaos lasciato dalla morte di Kazgan, il Gran Khan del nord , sovrano dei Mongoli Jat, decise di scendere nel sud a riaffermare il suo dominio sui territori da tanto tempo perduti.
Timur, anche in quella occasione si mantenne calmo, al contrario degli altri capi tribù che sembravano impazziti dalla paura.
Decise di restare nella sua casa della Città Verde e attendere.
Quando le avanguardie nemiche arrivarono di fronte alla sua casa, lui accolse il comandante degli esploratori e offrì a lui e ai suoi uomini un sontuoso banchetto. L'Ufficiale, obbligato dal vincolo dell'ospitalità, impedì agli uomini di far man bassa dei beni di Timur ma chiese in cambio dei doni di grande valore. Timur lo accontentò ed espresse la volontà di andare incontro al gran Khan del nord per fargli omaggio.
Il gran Khan, Tugluk, si trovava accampato con la sua corte nei pressi di Samarcanda, li lo raggiunse Timur con tutti i suoi averi e quelli del suo clan.
Giunto di fronte al gran Khan, smontò da cavallo e gli rese omaggio: "Padre mio, mio khan, signore dell'ordu, io sono Timur, capo tribù dei Barlas della Città Verde". Poi gli donò tutto ciò che possedeva, aggiungendo che il dono sarebbe stato molto più grande se alcuni degli Ufficiali che l'avevano accompagnato non lo avessero depredato.
Timur così conquistò il khan Tugluk e da lui, prima che partisse nuovamente verso il nord per sedare delle rivolte che in sua assenza erano scoppiate, fu nominato "tuman-bashi" cioè comandante di diecimila uomini.
Timur era stato l'unico a non fuggire di fronte al gran khan del nord, certo, non aveva potuto combattere, non ne aveva la forza, ma aveva mostrato a tutti le sue doti di diplomatico e aveva così salvato la sua valle e la sua città dalla razzia e dalla distruzione. Aveva anche creato invidie e ciò comportò ancora una volta lotte e guerre per il potere.
Alcuni anni dopo il gran Khan tornò al sud per ripristinare l'ordine. Timur fu investito del titolo di principe di Samarcanda ma Tugluk lasciò sul territorio il figlio Ilias e il generale Bikijuk con il compito di sorvegliare il regno.
Questi mongoli erano dei predoni e lo dimostrarono.
Timur protestò verso il suo sovrano per il comportamento del figlio e del generale ma non ottenne niente così si ribellò e dopo le prime schermaglie, dichiarato fuori legge, dovette scappare nel deserto.
Dalla fuga nel deserto ha inizio la fortuna di Timur, sarà nelle difficoltà che emergeranno tutte le sue doti di guerriero, stratega e conquistatore.
Il libro continua nel racconto della vita del grande conquistatore, di colui che a ragione, poteva essere definito il degno erede di Gengis Khan.
Fino alla fine, nel 1405, all'età di circa settant'anni, quando lo fermò una malattia nel rigido inverno che lo vedeva in marcia verso il Catai, alla testa del suo enorme esercito.
Aveva conquistato tutto. Aveva combattuto sempre in testa ai suoi uomini e dove era passato aveva sempre ottenuto strepitose vittorie.
I suoi uomini lo amavano, il suo popolo lo rispettava e lo temeva.
Di fronte ad un nemico che si arrendeva era capace di atti di giusta prodigalità, di fronte ad un alleato che lo tradiva innalzava piramidi di teste, staccate dal collo.
La giustizia nel regno era esercitata con fermezza e correttezza.
I suoi ministri, se ottemperavano al loro dovere, venivano premiati, se sbagliavano o si comportavano scorrettamente col popolo, venivano decollati!
Timur, fu l'ultimo dei grandi conquistatori, ma fu anche un grande costruttore. Samarcanda, sotto di lui, divenne la più grande capitale del mondo, ospitando circa due milioni di persone, di tutte le razze e religioni.
Ovunque andasse osservava tutto e al suo rientro in patria faceva innalzare le opere che aveva ammirato nelle città conquistate.
Il suo regno poteva essere percorso in lungo e in largo senza pericolo.
Lungo le strade principali stazioni di posta consentivano ai viaggiatori di sostare e cambiare i cavalli, e ai corrieri di Timur, di viaggiare senza interruzione per portare notizie al loro signore.
Purtroppo, come molti dei suoi predecessori, dopo aver conquistato tutto, se ne andò lasciando il regno, in parte, nel caos, non essendo presente un altro Timur capace di mantenere il potere.
Timur fu un grande conquistatore, in occidente per lo più sconosciuto, nonostante a lui si debba, probabilmente, la salvezza dell'Europa che altrimenti sarebbe caduta sotto l'Impero Ottomano!
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO