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sabato 12 marzo 2011

Chi ha scoperto l'America realmente? Matteo Madao: la Sardegna antica, le famiglie Vivaldi e Doria.

Vi chiederete cosa significhi il titolo di questo post. Proverò a spiegarvelo in poche righe...
Iniziamo dal dire chi fosse Matteo Madao, e per farlo ricorriamo ad un testo 
Matteo Madao - Sarde Antichità
Matteo Madao fu un padre gesuita sardo, nato a Ozieri il 27 ottobre 1733, entrato nei gesuiti il 23 aprile 1753 all'età di 19 anni, muore nel 1800 a Cagliari, presso la Casa di San Michele dove si ritirò a vita comune alla chiusura della Compagnia dei Gesuiti. Ce ne parla anche il Siotto-Pintor, non con belle parole, definendolo intemperante e attribuendo l'aggettivo di "pedante" alla sua opera.
Ciò che mi interessa di Madao è il fatto che in qualità di gesuita potesse accedere a informazioni non disponibili a tutti e a riguardo delle sue opere mi interessa introdurvi alle: "Dissertazioni storiche apologetiche critiche delle Sarde Antichità" pubblicata a Cagliari nel 1792... l'opera è interessantissima dal punto di vista storico ma non è di questa che voglio parlarvi, quanto della sua "pedante" introduzione.
Quando ho iniziato la lettura dell'introduzione devo rendere atto al Siotto-Pintor delle sue ragioni nel parlare di pedanteria, ma sono andato avanti lo stesso sperando di trovare delle informazioni interessanti sulla Sardegna antica e così...
Ma andiamo con ordine.
Matteo Madao dedica la sua opera sulle antichità della Sardegna a Donna Maria Vincenza Vivaldi nata Zatrillas, Marchesa di Pasqua di Trivigno de' Conti di Villasalto, Marchesi di Villaclara e di Sietefuentes. Nella lettera preliminari Matteo elogia la signora e i suoi avi e quelli del marito, risalendo fino a che i documenti glielo consentono. E proprio di alcuni personaggi della famiglia Vivaldi, rinomata famiglia Ligure, che voglio parlare, e per farlo vi riporto una parte del testo scritto dal nostro autore.

"Basta per ogni maggior lode della casa Vivaldi la sola rimembranza de' tre soli magnanimi fratelli, Ugolino, Vadino, e Guido Vivaldi, de' quali resosi compagno Teodisio Doria, dopo aver essi quattro portata la gloria de' loro nomi e il terrore delle lor armi a varie littorali città dell'Africa, dell'Europa, e dell'Asia, tutt'essi, uniti in lega di fraternale società, tentarono di aprirsi nuova strada nell'America, e, allestite a loro spese due grosse galee nell'anno mille ducento novant'uno, per lo stretto di Gibilterra furono i primi ad inoltrarsi nella navigazione dell'Oceano coll'idea di non più far ritorno in patria, se prima non avessero scoperto il nuovo mondo, e non v'avessero piantata la croce, e la fede di Gesù Cristo colla predicazione di due religiosi di San Francesco, che avevano in compagnia, da loro invitati; e, comecchè perissero od ingoiati dalle onde tra'flutti e procelle, o trucidati da' barbari idolatri in qualche terra isolata o continente, colsero almeno i primi l'invidiabile palma d'aver essi mostrato l'arduo sentiero, agevolata la scoperta del mondo incognito, e spalancata la porta alla gloriosa impresa del celebre loro compatriotto, Cristoforo Colombo, del prode fiorentino, Amerigo Vespucci, e del coraggioso portoghese, Vasco Gama, i quali dugento e più anni in appresso imitarono l'esempio di questi eroi, la cui veneranda memoria si può dire che dura tutt'ora scolpita negli scogli e ne'lidi di questa quarta e immensa parte del mondo. Genova sarà in eterno tenuta a'suoi Vivaldi, al suo Doria, ed al suo Colombo della gloria, che le hanno recata collo scoprimento dell'America, e le tre parti del mondo vecchio saranno in perpetuo obbligate a Genova dell'acquisto del nuovo..."

Ecco quanto mi interessava condividere con voi.
La storia di quattro genovesi che, accompagnati da due Francescani, nel 1291 partirono alla volta di una quarta parte del mondo... avventura che Matteo Madao dice essersi conclusa male.
Mi chiedo, se si è conclusa male, perché poco dopo dice che i quattro genovesi aprirono la strada dei più fortunati Colombo, Vespucci e Gama? 
Forse qualcuno tornò per raccontare qualcosa, racconto tenuto segreto per motivi di opportunità?     
E da dove il nostro autore trasse le notizie? Dagli archivi francescani, gesuiti o dagli archivi privati della famiglia Vivaldi?
Sarebbe veramente interessante approfondire questa storia e io come al solito cercherò di farlo e se scoprirò qualcosa ve ne renderò partecipi!

A presto...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 11 marzo 2011

Giuseppe Flavio: sugli Egizi

Come ho già più volte ricordato nei precedenti post, Antichità Giudaiche è ricco di curiosità. Questa volta voglio condividere con voi alcune curiosità sugli Egizi. Vi avverto subito che Giuseppe Flavio usava scrivere "Faraothe" per Faraone. Ed ecco la spiegazione dell'origine del termine:
Libro VIII, VI, 2
"Ora a coloro che domandano perché i Faraothi dall'Egitto, da Minaia, fondatore di Memfis, che visse molti anni prima del nostro progenitore Abramo, fino a Salomone (un intervallo di più di milletrecento anni) erano chiamati Faraothai, prendendo questo nome da Faraothes, re che regnò dopo quel periodo, ho ritenuto necessario spiegarlo per allontanare la loro ignoranza mettendo in chiaro il motivo di questo nome: 'Farao' per gli Egiziani infatti significa 'Re'..."

Giuseppe Flavio spiega che allo stesso modo in Alessandria i Re venivano chiamati Tolomei, dal nome del primo Re e i Romani prendono il nome di Cesari...

"Penso che sia per questa ragione che Erodoto di Alicarnasso, quando afferma che dopo Minaia (fondatore di memfis) ci furono in Egitto trecentotrenta Re, ma non ne da i nomi, è perché tutti erano cumulativamente chiamati Faraothai. E, invero, allorché dopo la morte di questi Re, regnò una donna come regina, egli ne da il nome, Nicaule, offrendo un chiaro argomento che, mentre i Re maschi potevano portare tutti lo stesso nome, la donna non poteva portare: per questo motivo la menziona col nome che le apparteneva dalla nascita."

Dunque secondo Giuseppe Flavio vi è una qualche differenza nella regalità maschile e femminile.

Giuseppe afferma che dopo Salomone nessun Re d'Egitto, ad eccezione del suocero, prese il nome di Faraothe. Aggiunge inoltre che nel periodo di Salomone regnò la donna di cui parlò in precedenza, sembrerebbe dunque che la regina di cui si parla fosse Nicaule, anche se altri dicono si trattasse della Regina di Saba.
Questa Regina si recò in visita a Salomone per conoscerlo e verificare di persona quanto si diceva sulla sua saggezza.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 10 marzo 2011

Giuseppe Flavio: Davide e la pestilenza...

La lettura di Antichità Giudaiche fa pensare a quanto differente fosse la religione Ebraica da quella Cristiana...
Dio è forse lo stesso, ma è visto in modo totalmente diverso.
Volete un esempio? 
Eccovi un brano tratto dal libro VII delle Antichità che potrebbe essere intitolato sarcasticamente "Dio è caritatevole e ci perdona"...

Davide aveva commesso un grave peccato, ordinando un censimento (senza rispettare le regole imposte per questa azione) al che:
"I profeti informarono Davide che Dio era in collera con lui; ed egli si volse a supplicare e a domandarGli di avere misericordia e perdonargli il suo peccato. Allora Dio gli inviò il profeta Gad a offrirgli di scegliere fra tre alternative, quella che giudicava migliore: poteva scegliere tra l'avvento di una carestia su tutta la regione per sette anni; o tre mesi di guerra contro i suoi nemici e subire una disfatta; o un morbo che colpisse gli Ebrei per tre giorni."

Ecco dunque che la misericordia di Dio scese sul popolo di Davide... Dio infatti "mandò agli Ebrei morbo e pestilenza; essi morivano, ma non tutti nella stessa maniera, sicché la malattia si potesse facilmente individuare; ma mentre dilagava un unico male, innumerevoli erano le cause..."

Ecco come viene rappresentato Dio... non voglio certo dire che fosse giusto o sbagliato, forse era semplicemente il modo adatto a quei tempi antichi!

domenica 6 marzo 2011

I nuraghi di Sardegna di Giovanni Spano


Cagliari, 1867...
l'anno in cui fu pubblicata l'edizione del libro che ho appena terminato di leggere:
"Memoria sopra i nuraghi di Sardegna pel canonico Comm. Giovanni Spano" (terza edizione...), anche questo trovato su Google Libri (provatelo!).
Questo testo è veramente interessante... 
Se qualcuno avrà occasione di leggerlo troverà all'interno tante indicazioni su come approfondire lo studio della storia della Sardegna. Nelle ricche note sono infatti indicati i testi dei maggiori studiosi del passato, sarà sufficiente così seguire le tracce a ritroso!
Il Conte Alberto Della Marmora, il Valery, Aristotele, Diodoro Siculo, Deletone... per citare gli stranieri. Antonio di Tharros, Saltaro, Francesco Decastro, Giovanni Virde, Fara, Pintus e così via per citare solo alcuni dei nostri studiosi.

La prima domanda a cui Spano cerca di rispondere è: 
"chi costruì i nuraghi"?
Così inizia un viaggio attraverso autori antichi e più recenti che nelle loro opere hanno trattato l'argomento... Aristotele è il più antico, e parla nel suo "De mirabilibus auscultationibus" e attribuisce ai Greci antichi guidati da Jolao, la costruzione.
Passa poi a Diodoro Siculo e quindi, dopo un salto di quasi un millennio ecco un altro autore, questa volta un poeta Sardo, tale Deletone, che parla di queste costruzioni attribuendole agli Egiziani...

Ma cosa erano questi Nuraghi?
Questo è l'argomento principale del nostro autore che, dopo una disamina precisa e puntuale della storia e dei reperti trovati in diverse di queste opere si accinge a rispondere...

"Sostengo adunque che questi non furono eretti nella primitiva loro fondazione ad altro uso che per essere CASE  od ABITAZIONI di famiglie quando principiarono ad aggregarsi in società".

Questa la sua tesi... 

Potrei andare avanti per pagine e pagine ma preferisco fermarmi qua e indicarvi come scaricare il testo in formato pdf da stampare e tenere affianco al letto, da leggere la sera!

Buona lettura!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Solo... un incubo!

Era una fredda giornata ... nuvole gonfie di pioggia si avvicinavano, sospinte da un freddo vento di tardo autunno...
Di tanto in tanto un pallido raggio di sole illuminava la piazza e i suoi mercatini. Povere bancarelle piene di oggetti vecchi e inutili!
Il freddo non mi aveva però impedito di uscire, così mi aggiravo solitario tra le bancarelle alla ricerca di un libro da leggere la sera, e con indosso il senso di tristezza che porta con sé una buia giornata autunnale.
Su quella bancarella non c’era niente di interessante, solo vecchiume e qualche falso, realizzato recentemente nel magazzino di qualche abitante del luogo... pensai, mentre osservavo i pezzi apparentemente più antichi per vedere se c’era qualcosa che valesse la pena di essere acquistato!
Poi un vecchio, poco distante, attirò la mia attenzione... aveva un carretto a mano... uno di quei carretti in legno che non mi capitava più di vedere da anni. Doveva essere appena arrivato perché non c'era nessuno attorno... nessun curioso che frugasse tra quegli oggetti...
Ottimo! Pensai... 
Sono il primo cliente, chissà...
Una folata di tramontana mi congelò il viso... un brivido mi scosse la schiena... come a voler ricordare che ancora qualche giorno e sarebbe stato inverno, un inverno freddo sicuramente!
Sul carretto del vecchio c'erano oggetti di varia foggia, in equilibrio precario, l'uno sull'altro. Alcuni in legno, altri in ottone, la maggior parte in pietra nera e lucida...
I più bizzarri, erano appena sbozzati, e ricordavano la forma di quelle teste imbalsamate che mi era capitato di vedere in Africa. Ogni oggetto sembrava avere due facce...
Non badai molto al resto, tutte cianfrusaglie senza valore e di dubbio gusto. Mentre mi giravo per andar via mi accorsi della presenza di una ragazza, dietro il banco.
Era seduta su di un basso banchetto in legno, sulla sinistra del vecchio venditore. 
Un secondo carretto, su cui erano esposti degli oggetti di scarso valore, l'aveva nascosta alla mia vista.
Tutto in lei sapeva di antico eppure doveva essere giovane...
Mi ritrovai a fissarla intensamente, senza volerlo. Mi colpì subito ma non saprei dire per quale motivo, era molto bella...
Lunghi capelli neri le coprivano il viso cadendo lungo le spalle, le mani sorreggevano la testa nascondendole il viso.
Mi spostai di qualche passo, inconsciamente. 
Desideravo vederla in faccia...
Presi tra le mani un oggetto che poteva essere l’incisione del volto di un soldato, con l’elmetto in testa, mi accorsi che era veramente brutto e lo riposi.
Raccolsi poi un piccolo oggetto in pietra nera che attirò la mia attenzione. 
Aveva una forma strana, come ogni oggetto su quella bancarella. Aveva le fattezze di un volto di donna, ma questo era particolare. Mi ricordava qualcosa... qualcuno che conoscevo ma non riuscivo a mettere a fuoco, come un ricordo lontano...
In quell'istante, la ragazza dai capelli neri si alzò, mi guardò fisso negli occhi e senza una parola si allontanò... seguita dal mio sguardo incantato. C'era qualcosa di irreale in quella sua camminata sinuosa, qualcosa di pericolosamente attraente. Non potei fare a meno di seguirla con gli occhi fin verso il centro della piazza che, un tempo, doveva essere stata una bellissima arena in pietra. Di colpo lei iniziò a correre...
“Aspetta...” gridai... “Aspettami...”
La voce che uscì dalle mie labbra mi sorprese. Era stato un riflesso involontario o realmente volevo fermarla, incontrarla, interrogarla e... stringerla tra le braccia?!?
La sua snella figura ondeggiava, sempre più veloce, in direzione di una apertura che si apriva seminascosta nella parete di pietra...
Non so per quale motivo la seguii, ma lo feci! 
Arrivato agli scalini in pietra mi resi conto che stringevo ancora in mano quell'oggetto, lo poggiai.
In quel momento vidi nuovamente la ragazza... ora correva lungo il cerchio dell’arena, si voltò verso di me e... rideva! Mi fissava e rideva! 
Era una risata stridula, che mi fece accapponare la pelle!
Udii degli altri rumori, indistinti, come in un incubo. Non riuscivo a capire dove fossi né cosa accadesse intorno a me!
Ruotai la testa nella direzione da cui provenivano quei rumori ma non vidi nessuno. 
Mi voltai nuovamente, la ragazza si allontanava di corsa, lei e quella sua terribile risata. 
Avevo freddo! Le mani congelate, la fronte mi pulsava... 
Lanciai un urlo!
Non so perché, mi voltai e corsi in direzione opposta, lontano dalla ragazza, dalle bancarelle, dalla 

"Amore, sveglia... mi hai spaventata... che succede?”

Mia moglie mi stringeva la mano destra...

“Niente amore, solo... un incubo...”

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 5 marzo 2011

Giuseppe Flavio - Antichità Giudaiche e la potenza del suono

Cari amici,
proseguendo nella lettura del testo di Giuseppe Flavio mi sono imbattuto in un punto molto interessante.
Nel libro V,I,5 si parla della caduta di Gerico, e Giuseppe ci descrive come andarono le cose secondo i testi sacri:
"Aggirarono la città guidati dall'Arca e dai sacerdoti che col suono dei corni incitavano le truppe all'azione. Compiuto il settimo giro si fermarono un poco: le mura caddero giù senza che gli Ebrei facessero uso di alcuna macchina o altro ordigno del genere..."

La cosa più semplice e più immediata è quella di considerare questo passo alla stregua della fantasia... eppure, se non fosse così?
Nelle religioni orientali il suono è considerato molto potente ed alla stregua di un'arma.
Chi ha studiato fisica conosce bene il fenomeno per cui se si agisce su un corpo con dei colpi alla frequenza di risonanza del corpo, i colpi vengono amplificati fino a poter causare, potenzialmente, la distruzione del corpo stesso.
Nikola Tesla asseriva di poter creare i terremoti e anche distruggere il pianeta facendolo risonare.
In teoria ciò é possibile e sempre in teoria anche il suono è un'onda di pressione, dotato di frequenza... ciò significa che se si usa un suono è possibile, in teoria, distruggere un muro o qualunque altro corpo, se si usa la giusta frequenza.
Fantasie?!?

Credo proprio di no... solo scienza!

martedì 1 marzo 2011

Giuseppe Flavio: il significato di Adamo ed Eva, il Diluvio e la lunghezza della vita

Giuseppe Flavio - Antichità Giudaiche
Cari amici,
oggi voglio condividere con voi un'altra piccola parte dell'opera di Giuseppe Flavio: Antichità Giudaiche.
Qualche giorno fa abbiamo visto la sua vita e il significato del Sabato Ebraico, Oggi vi riporto un'altro brano, tratto sempre dal Libro I, in cui parla di Adamo...

I, 34 "Dio formò l'uomo prendendo della polvere dalla terra e immise in esso spirito e psiche. Quest'uomo lo chiamò Adamo che nella lingua ebraica significa 'rosso', perché venne impastato con terra rossa; tale appunto è la terra vergine e pura..."

Giuseppe ci informa che la prima donna venne chiamata 'Essa' che in ebraico significa 'donna' e 'Eva' che significa 'madre di tutti i viventi'.
Vi è un cenno anche al Paradiso, che viene individuato ad Oriente, chiuso tra quattro fiumi: il Feison (ovvero il Gange), il Foras (l'Eufrate), il Diglat (Tigri) e il Gheon (Nilo) ovvero ciò che spunta per noi dall'altro mondo!

E' veramente interessante scoprire, pagina dopo pagina il significato di tanti termini secondo la tradizione Ebraica.
Secondo Giuseppe Adamo aveva previsto che il futuro avrebbe visto la terra e l'umanità colpite da due immense catastrofi, una ad opera dell'acqua ed un'altra ad opera del fuoco. Allo scopo di preservare la conoscenza vennero dunque costruite due stele, una in mattoni ed una in pietra, su queste stele vennero scolpite le scoperte dell'uomo.
Chissà se esistono ancora...
Adamo ebbe numerosi figli, uno di questi si chiamava Seth. Per sette generazioni i figli di Seth rispettarono Dio e le leggi, poi cambiarono e divennero cattivi. Molti angeli di Dio si unirono a donne e generarono figli orgogliosi, disprezzanti ogni virtù, pieni di fiducia nella propria potenza; le stesse cose che i greci attribuiscono ai giganti sono da Giuseppe attribuite a questi "angeli di Dio".

Così Dio decise di annientarli per mezzo del diluvio che secondo Giuseppe è ben identificato nel tempo:

I,III,74 "Dal tempo nel quale ebbe luogo la creazione del primo uomo Adamo (al diluvio) erano passati 2262 anni: la data è ricordata molto accuratamente nei libri sacri..."

2262 dal primo uomo...

" ...a seguito del Diluvio il genere umano fu annientato e Dio si prese cura anche di "accorciare" gli anni della vita umana, riducendola dai tanti che vivevano prima, a soli 120 anni". La vita prima del diluvio era infatti circa di mille anni.

Curiosa indicazione, che viene ripresa poco oltre, al libro II, VII,6 [187], mentre racconta la storia di Giacobbe alla corte del Faraone.
"Quando Giacobbe fu in presenza del re lo salutò e gli presentò le felicitazioni per il suo regno; Faraothe lo interrogò da quanto tempo viveva, ed egli rispose che aveva 130 anni: il re si meravigliò di quell'età così avanzata; al che Giacobbe aggiunse che i suoi anni erano inferiori a quelli dei suoi antenati".

Per oggi é tutto...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO