Era
un mercoledì sera, intorno alle diciotto, quando un corriere
espresso suonò al campanello del condominio in cui lavoravo.
Andai
ad aprire, il ritiro della posta faceva parte dei miei compiti. Avevo
la delega per il ritiro della corrispondenza di quasi tutti i
condomini.
-
C'è un pacco per Alessandro Ruvolo.
Mi
disse il corriere porgendomi la penna per la firma senza neanche
guardarmi in faccia.
-
Forse intende dire Rugolo. Sono io
Risposi
un po' stupito.
Non
avevo ordinato niente e non era periodo di feste per ricevere il
pacco regalo che i miei mi mandavano sempre per natale.
Firmai
e mi assicurai che il corriere uscendo chiudesse il cancello.
Si
trattava di un pacchetto confezionato artigianalmente con la vecchia
carta per pacchi e legato con spago di pessima qualità.
Nessun
mittente, solo un francobollo da due dollari con la scritta Guyana.
Un bel francobollo con ritratto un dipinto di Velazquez e un timbro
che non lasciava dubbi. Il pacco era stato spedito dalla città di
Cayenne, nella Guyana francese.
Non
conoscevo nessuno in quella parte del mondo. Chi poteva avermi
spedito un pacco?
Dalla
consistenza e dimensione doveva trattarsi di un libro. Lo scartai
velocemente e il mio stupore fu grande quando mi resi conto che tra
le mani stringevo l'agenda del mio ex professore di storia antica,
Claudio.
Come
era possibile? Lui era morto un mese prima nell'incidente aereo del
volo Orlando – Milano. Da dove saltava fuori l'agenda? L'unico che
avrebbe potuto spedirmela era proprio lui ma per quale motivo avrebbe
dovuto farlo?
Ero
curioso e le domande mi si affollavano nella testa.
-
Alessandro, è arrivata posta per me?
Trasalii.
La voce dell'avvocato mi colse totalmente di sorpresa e dovetti darlo
a vedere.
-
Scusa, non volevo spaventarti. Chiedevo se fosse arrivata della posta
per me, oggi. Sto aspettando un plico urgente da Roma. Se dovesse
arrivare puoi avvisarmi subito? Sono nel mio studio.
-
No, mi spiace. Niente posta per lei avvocato. Se dovesse arrivare
qualcosa entro le otto glielo porto io prima di andar via.
L'avvocato
Giorgetti mi salutò con un sorriso e imboccò la strada delle scale.
Nonostante il suo studio si trovasse al quarto piano e vi fosse
l'ascensore preferiva salire a piedi, diceva che faceva parte della
sua attività per allungare la vita.
Per
evitare ulteriori problemi posai l'agenda del professore nel mio
zaino e ripresi il mio lavoro al gabbiotto. A casa avrei avuto tutto
il tempo per cercare di capire come mai il professore mi avesse
mandato la sua agenda per posta e magari sarei riuscito a capire cosa
fosse andato a fare nella Guyana francese!
Stavo
per chiudere il gabbiotto della portineria quando suonò nuovamente
il campanello. Si trattava di un fattorino che mi consegnò il plico
per l'avvocato. Lo presi in consegna. Firmai e presi l'ascensore per
il quarto piano. Bussai alla porta dell'avvocato. Mi aprì lui
personalmente e mi invitò ad entrare. Rifiutai cercando di non
essere scortese, l'avvocato era sempre stato molto premuroso nei miei
confronti ma quella volta avevo fretta di tornare a casa.
Mi
chiese se era tutto a posto, offrendomi il suo aiuto, se necessario.
Mi chiese se ci fosse qualcosa che mi preoccupava, disse che sembravo
un po' strano, quasi assente.
-
Le chiedo scusa avvocato. In effetti oggi è successo qualcosa di
strano ma non sono preoccupato, solo stupito.
-
Vuoi raccontare anche a me cosa ti è successo? Mi chiese con
benevolenza. Sin dalla prima volta che mi aveva conosciuto, quando mi
ero presentato per avere il lavoro, era sempre stato con me quasi
come se fosse stato un mio anziano parente. Gli dissi che il giorno
dopo sarei passato da lui sul tardi, se non aveva impegni, e gli
avrei raccontato tutto. Adesso era un po' tardi e dovevo passare
all'università per ritirare un libro da alcuni amici. Era una scusa
banale, me ne rendevo conto, ma non avevo proprio voglia di parlare.
Forse il giorno dopo gli avrei raccontato qualcosa, o forse no. Avevo
uno strano presentimento e preferivo evitare dell'agenda del mio
professore.
Salutai
e andai via.
Rientrai
a casa in metropolitana. Da quando avevo lasciato la casa dello
studente, due anni prima, abitavo in periferia in una zona di Milano
ben servita dalla metro. Avevo trovato una mansarda piccola ma
accogliente in una palazzina di tre piani che si affacciava in un
piccolo parco. Anche per questo dovevo ringraziare l'avvocato. Mi
aveva consigliato lui di lasciare la casa dello studente, diceva che
era una cosa per ragazzini e io ero cresciuto ormai. Mi aveva fornito
un elenco con i nomi di alcuni amici che affittavano appartamenti. Mi
disse di andare a suo nome, mi avrebbero trattato bene.
In
effetti così era stato. La mansardina mi piacque subito.
L'arredamento era essenziale ma funzionale. C'era tutto quello che
poteva servirmi. L'ambiente era caldo e accogliente e io avevo
aggiunto all'arredamento quei segni distintivi della mia persona che
mi portavo appresso sin da piccolo, i miei libri, alcune foto della
famiglia e una vecchia maschera in legno tipica della cultura sarda,
un mamuthone.
Nella
stanza grande, con il letto in ferro da una piazza e mezza che
occupava la parete interna si trovava anche una bella libreria e un
piccolo scrittoio che usavo spesso per studiare e tra i due vi era un
camino, che a Milano non era certo la norma, in cui spesso accendevo
il fuoco. Un cucinino, il bagno e un ripostiglio a muro completavano
il mio piccolo mondo di trenta metri quadri. Per ora andava più che
bene. Il camino era stato decisivo. Non appena lo vidi presi la
decisione, senza neanche visitare altri appartamenti.
Quella
sera accesi il fuoco e mi preparai due salsicce alla brace per cena.
Le fiamme rosse della legna avevano su di me uno strano potere
rilassante. Aprii la finestra che dava sul parco, aveva smesso di
piovere da poco e l'odore dell'erba bagnata era molto forte.
Mi
sdraiai a letto e finalmente presi l'agenda dal mio zaino.
La
girai alcune volte tra le mani quasi volessi assicurarmi che fosse
reale poi slegai il cordoncino che la teneva chiusa. Era un'agenda
artigianale, con la copertina in pelle rossa lavorata a rilievo.
Vi era impresso il disegno di un uccello che assomigliava ad un
pavone o ad un qualche altro uccello esotico dalle piume lunghe e
vaporose, forse una leggendaria fenice. Aprii l'agenda e mi tuffai
nella lettura.
Nella
prima pagina vi era nome, cognome e numero di telefono del
proprietario, ora non avevo più dubbi, l'agenda era appartenuta al
mio ex professore.
Senza
un particolare motivo la aprii verso le ultime pagine e cercai
l'ultima pagina scritta. In alto a destra vi era la data del 15
marzo, quattro giorni prima dell'incidente aereo in cui era morto. Al
centro della pagina solo poche parole scritte velocemente.
“Alessandro,
se dovesse accadermi qualcosa leggi queste ultime pagine e capirai.
Decidi tu che fare. Ho fiducia in te. In bocca al lupo!”
Non
sapevo più cosa pensare. Quella notte non andai a dormire.
La
luce della camera restò accesa fino a tardi e mentre le fiamme del
camino spandevano le loro ombre soffuse sulle pareti io leggevo
quelle pagine piene zeppe di appunti, disegni e note.
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Dentro la piramide.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO