Forse qualcuno l'avrà sentito nominare, magari associato alla Rivoluzione Francese. Altri, immagino, non ne avranno mai sentito parlare.
Io, onestamente, devo dire di averlo sentito nominare ma, altrettanto onestamente, non avevo idea di cosa avesse fatto!
Jean Paul Marat nacque a Boudry, in Svizzera, il 24 maggio del 1743. Il padre è di origini sarde, si chiamava Mara e pare fosse fuggito da un'abbazia dove era probabilmente monaco e medico. La madre si chiamava Luisa Cabrol ed era di Ginevra. Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat, fu il primo di sei figli.
Intorno al 1765 Marat si reca in Inghilterra. Da alcuni anni aveva lasciato la famiglia dove comunque sembra avesse ricevuto una buona educazione. Studiò medicina a Bordeaux e poi a Parigi.
Nel 1775 ricevette il titolo di dottore in medicina honoris causa presso l'università scozzese di Saint-Andrews. Si occupò di scienze, di medicina e di filosofia, pensando che quando veniva criticato fosse perchè il mondo ce l'avesse con lui, era convinto fautore del complottismo a suo danno.
Comunque fosse andata la cosa, a Newcastle Marat ricevette la cittadinanza onoraria per i servigi resi durante un'epidemia, come medico doveva essere in gamba.
Intorno al 1780 Marat torna in Francia e negli anni successivi esercita medicina a Parigi.
Pubblicò alcuni studi sulle ricerche nel campo dell'elettricità in medicina, sulla luce e sui colori, ma sempre senza grande successo.
Ma per conoscere il vero Marat, occorre aspettare ancora qualche anno. Il suo impegno principale per la politica e per il giornalismo infatti lo si può trovare dal 1789. Marat era a favore della monarchia anche se pensava che il popolo dovesse rispettare solo le leggi giuste.
Marat si lanciò nella sua attività di giornalista politico, senza risparmio di tempo e risorse.
Spesso a lui è stata attribuita la responsabilità delle sollevazioni del popolo. Nel suo giornale "l'Ami du peuple", cioè l'amico del popolo, come finì per essere chiamato lui stesso, spesso incitava alla rivolta contro i soprusi o contro la corruzione dei ministri del Re. Più avanti contestò anche gli organi della rivoluzione, tenendo sempre gli occhi aperti su tutto e su tutti, temendo che il Re potesse annullare con manovre segrete i risultati raggiunti.
"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma
dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie
grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che
intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è
perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di
furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più
sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
Forse
si è stati troppo critici nell'attribuire a Marat tante responsabilità,
però sicuramente la sua figura di giacobino integerrimo crebbe sempre
di importanza fino alla morte avvenuta a causa di una donna, Carlotta
Corday, girondina, che lo pugnalò il 13 luglio 1793, facendone un martire della Rivoluzione.
Marat,
monarchico, appoggiò nell'ultimo periodo la Repubblica, anche se il suo parere sul
popolo non era certo lusinghiero, egli pensava che il popolo dovesse
essere guidato e lui si poneva come guida naturale:
Effettivamente
ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in
dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri
casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile
guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno",
tecnica molto usata ancor oggi.
Una biografia interessante che mi ha permesso di conoscere meglio uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese, Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat.
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo