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domenica 20 maggio 2012

Solino: la Sardegna nel "Delle cose maravigliose"

Solino, autore del testo "Delle cose meravigliose" è vissuto ed ha operato nel III secolo dopo Cristo.
Il titolo originale dell'opera, scritta in latino, era "Collectanea rerum memorabilium" e raccoglieva le cose che meritavano a suo parere di essere ricordate dei popoli del passato e della loro storia.
Ciò che mi interessa è, come spesso ho già detto, ogni riferimento alla mia Terra, la Sardegna, così ecco cosa è possibile leggere al capitolo IX, intitolato: "Della isola detta Sardegna; d'una sorte di formiche venenose, dell'herba Sardonia, e delle maravigliose forze dell'acque".
Ed è questo capitolo che vado ora a riportarvi integralmente, dato che è abbastanza breve da consentirlo.
La lingua in cui ve lo riporto è l'italiano di alcuni secoli fa, tradotto dal latino da Don Giovan Vincenzo Belprato Conte d'Anversa e pubblicato nel 1559 a Venezia.
Ma vediamo infine che cosa ci dice Solino su quest'isola meravigliosa che è la Sardegna:

          "Egli è cosa molto pubblica, in qual mare è posta Sardegna, laquale ho letto appresso di Timeo, che si chiamava etiandio Sandaliote, e appresso di Crispo Ichnusa, e da chi abbiano havuto origine i suoi habitatori. Non è a proposito dunque di dire che Sardo fosse generato da Hercole, e Norace da Mercurio, essendo venuto l'uno dalla Libia, et l'altro da Tarteso di Spagna in questo medesimo paese, e che Sardo fosse dato il nome alla isola, e da Norace al Castello Nora."

Dunque, prima di andare avanti, mi piace sottolineare che al tempo in cui Solino scriveva, la Sardegna e la sua storia era abbastanza nota, quasi da rendere superfluo parlarne. Solino ci dice anche quali fonti utilizzò per il suo libro, cioè Timeo (forse lo storico greco Timeo di Tauromenion, vissuto nel IV secolo avanti Cristo) e Crispo (immagino si riferisca a Crisippo). Per chi non è abituato a leggere testi antichi, devo inoltre avvertire che con il termine Libia si intendeva più genericamente l'Africa e che Tartesso  dovrebbe essere una città della Spagna anche se da molti si dubita che sia mai esistita. Da questi autori Solino trae i nomi noti dell'isola, Sandaliotes e Ichnusa. Ma ora proseguiamo:

          "Ne manco è a tempo di soggiungere, che poco dopo Aristeo regnando appresso a questi nella città di Carale (Cagliari), laquale egli aveva edificata, e che havendo fatto di due popoli un solo, egli egualmente congiunse quelle genti in modo, che poneva sei huomini a un carro: e così gli faceva condurre dinanzi a lui, e che per quella insolenza non ricusavano si fatto dominio. Questo Aristeo generò Iolao, ilquale fece la residenza in que' luoghi. Più oltre lassarò di dire de gli Iliensi, e de' Locrensi. La Sardegna non produce serpi, ma quello effetto che fanno le serpi altrove, fa in quel paese un picciolo animaletto, chiamato solifuga, simile di forma al ragno: così detto, perchè il giorno si asconde: ve n'è copia nelle miniere d'argento: percioche quella terra è riccadi questo metallo. Egli occultamente camina, e coloro, che scioccamente l'offendono, uccide."

Dunque, in queste poche righe Solino riassume una storia antica della Sardegna, riportata anche da altri autori antichi. A partire da Aristeo, re di Cagliari, unificatore dell'Isola. Poi si parla del figlio, Iolao, che diede vita al popolo degli Iliensi. Dovrò leggere con attenzione tutto il libro se voglio trovare notizie sugli Iliensi e sui Locrensi... lo farò quando sarà il momento! Ma ora andiamo avanti...

          "Con questo male vi è di più l'herba Sardonia, questa nasce abbondantissimamente più del giusto ne i rivoli, che corrono. Se si mangia, ritira i nervi, e in modo distende le labra, che coloro, che ne muoiono, par che moiano ridendo. Al contrario, ciò che vi è d'acqua, serve a diversi commodi. Gli stagni sono copiosissimi di pesce, le piogge del verno sono riserbate per la penuria della state: percioche i paesani di quella isola si arricchiscono molto per la quantità delle piogge. Si servono dell'acque raccolte, perche siano a bastanza all'uso tutte lee volte che mancano le sorgenti: lequali si sogliono usare per il vitto: in molti luoghi bollono fontane calde, e sane, lequali giovano a saldare l'ossa rotte, o a scacciare il veleno delle solifughe, o veramente guariscono le infirmità de gli occhi, ma essendo utili a gli occhi, sono nocive a i furti: percioche havendo alcuno rubato, e giura di non haverlo fatto, quell'acque lo accecano, se non è pergiuro, vede più chiaramente: s'egli ostinatamente nega, il fallo si scuopre con la cecità, e essendo offuscato della vista, confessa l'errore."

E così termina per ora il testo, che apassa a parlare dell'isola di Sicilia. Interessante il racconto dell'erba Sardonia, responsabile della morte e del detto "riso sardonico". Per il resto c'è poco da dire, se non che non appena trovo ulteriori riferimenti, sarà mia cura informarvi.

A presto dunque...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 4 maggio 2012

Porto Torres: la spiaggia di Balai



Siamo sempre a Porto Torres, ecco la spiaggia di Balai, la più bella della zona. Piccola, chiusa tra le pareti rocciose, splendida nei suoi colori... 



Il clima, sempre ottimo, è in questo caso agevolato dalla conformazione delle rocce. La piccola baia è protetta dai venti e l'acqua è sempre tiepida.








Sopra la spiaggia un bel giardino in cui le piante tipiche della costa fanno da corona al mare azzurro.








A pochi metri la chiesetta di Balai vicino, che nel mese di maggio ospita le statue dei Santi Proto, Gianuario e Gavino.







Una ultima curiosità: dal libro "Ortografia sarda nazionale ossía gramatica della lingua logudorese..." di Giovanni Spano (1840) ecco il significato del termine Balai.


"Balài o Balà monte o roccia nel lido del mare di un altezza considerevole restandogli sotto il mare molto profondo. È distante da Torres in circa tre miglia verso settentrione. Qui fu fatta dal Giudice Comida la prima invenzione de Corpi de SS Martiri. Balà o Balài è una voce orientale, elevatio, altitudo [..] Nel detto luogo fu decapitato S. Gavino ed i fedeli chiamano un piccol Romitorio Sanctu Bainzu iscabitadu".

E' interessante notare anche che la parola "balais" in francese (e la corsica è molto vicina!) significa "scopa". Tutta la zona è ricca di piccoli arbusti che senza dubbio potevano essere usati per fare le scope... 

sabato 31 gennaio 2009

Kircandesossardos di Mikkelj Tzoroddu


Alla ricerca dei Sardi e delle loro origini...
Ecco di cosa ci parla l'autore.
Ho iniziato la lettura qualche giorno fa e non mi sono fermato se non alla fine...
Mikkelj Tzoroddu ci trascina attraverso il tempo e lo spazio mostrandoci la grandezza di un popolo per tanti anni dimenticato, il popolo dei Sardiani!
Talvolta si può condividere o meno le sue idee, ma non si può negare mai, neanche per un istante, la sua passione per la ricerca!
Come lui ho provato quei sentimenti particolari, quel senso di malinconia che accompagna noi Sardi quando lasciamo la nostra terra, quella gioia infinita che si prova all'arrivo, alla vista della linea delle montagne!
Assieme a lui e me, durante la lettura, le voci di tanti insigni studiosi, antichi e recenti... Wagner, Pais, Lilliu... ma anche Aristotele, Pausania, Platone, il grande Erodoto!
Il popolo Sardo era un popolo socialmente e tecnologicamente avanzato... fatto di uomini forti, fedeli, leali, valorosi combattenti!
Solo un tale popolo avrebbe potuto creare la civiltà nuragica...
Che peccato che gli studiosi che hanno dedicato il loro tempo alla ricerca sulla storia della Sardegna siano stati così pochi!
Sarde ed Etruschi fanno parte di una stessa civiltà?
Chi erano i cosiddetti "Sardi venales"?
Schiavi venduti a poco prezzo? Mercenari? Sardi corruttibili?
Domande... domande... domande... chi ci darà delle risposte?
Mikkelj ci prova!
E San Girolamo, parlò forse della Sardegna?
Chi erano quei popoli che viaggiavano per il mediterraneo trasportando ossidiana e vendendo i loro prodotti, le sardine e il tonno? E che dire del bronzo?
I Cartaginesi in Sardegna ci furono da padroni o ne furono sconfitti?
Non so cosa pensare...
La Sardegna, Ichnussa, la terra dalle vene d'argento...
tutti nomi della stessa terra!
E i suoi popoli, da oggi per me un po meno misteriosi...

Grazie, Mikkelj, per aver cercato di ridare dignità ad un popolo da sempre dimenticato!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 9 ottobre 2008

Giornata del Paesaggio: Colores de monte

Cari amici, come forse sapete, io sono sardo e in quanto tale non posso certo esimermi dal reclamizzare le attività culturali che si svolgono nella mia regione. Tra le associazioni più attive nei paesi della sardegna vi sono le Pro Loco, talvolta piccole , spesso senza fondi, ma dotate della forza dei loro componenti che portano avanti programmi e progetti di alto valore culturale.
Oggi ho l'occasione di parlarvi dell'iniziativa della Pro Loco di Tonara, un paese del nuorese di 2400 abitanti a 910 m.s.l.m. conosciuto da tutti soprattutto per l'ottimo torrone. La Pro Loco di Tonara ha aderito al progetto "S.O.S. PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE" dell'UNPLI (Unione nazionale delle Pro Loco) con "Colores de Monte", alla seconda edizione della "Giornata del Paesaggio" organizzata da "Mondi Locali", che promuove tali giornate in tutto il territorio nazionale. La manifestazione si svolgerà a Tonara il il prossimo 12 ottobre 2008 prevede varie attività, tra le quali:
  • Una camminata non competitiva nei monti di Tonara aperta a tutte le fasce di età, che consente di ammirare i paesaggi e le viste che offrono i monti e le vallate di Tonara, lungo un itinerario che si snoda in 12 Km.
  • Una estemporanea di pittura, dedicata ai colori, alle viste e ai paesaggi dei monti di tonara;
  • Un concorso fotografico (in formato digitale)
E allora un in bocca al lupo a Gabriele Casula, Presidente della Pro Loco TONARA e, per maggiori informazioni eccovi alcuni link utili:

www.mondilocali.eu;

www.giornatadelpaesaggio.eu


Un saluto a tutti e spero che qualche lettore che parteciperà alla giornata vorrà mandarmi qualche foto da pubblicare sul blog.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


lunedì 22 settembre 2008

Sergio Frau: Le Colonne d'Ercole, un'inchiesta

Già dal titolo si capisce che il libro ha qualcosa da dire sull'argomento, qualcosa di importante... un'inchiesta, dice l'autore... e sapendo che è un giornalista, un'inchiesta è un'inchiesta!

Poi inizi a leggere e subito ti senti trascinato verso tempi antichi, guidato per mano da quegli autori spesso bistrattati dai moderni "scienziati" della storia e della geografia. Frau no, lui li rispetta quegli autori antichi, come faccio io! Siamo sicuri che loro non sapessero cosa scrivevano? Erodoto mi ha accompagnato nelle letture negli ultimi tre anni e non mi sembra che non sapesse ciò che scriveva... eppure dai nuovi sapienti è talvolta tacciato di inconsistenza, di ignoranza, nella descrizione dei luoghi da lui visitati... mai nessuno che abbia pensato che, forse, gli ignoranti eravamo noi moderni, tutti pieni di strumenti elettronici che ci misurano con precisione il decimo di millimetro ma che spesso non siamo mai usciti da casa per fare una rilevazione sul terreno... cosa ne sappiamo noi delle difficoltà che occorreva affrontare per seguire la rotta delle stelle in mezzo il mediterraneo, senza bussola...

Ma lasciamo perdere...

Frau, dicevo, rispetta gli antichi e li fa parlare, come in un dialogo, come in un processo talvolta... ma li fa parlare e gli fa dire quello che sanno, guidati da un filo conduttore... le Colonne d'Ercole!

Le domande servono sempre a cercare di capire se le Colonne d'Ercole sono sempre state li dove oggi le conosciamo oppure... Chi ha letto i testi antichi il problema se l'é posto varie volte perché seguendo le descrizioni dei viaggi talvolta queste colonne sbucano dove meno te le aspetti... perché il problema è proprio quello, che te le aspetti in un certo posto, a Gibilterra, all'imboccatura del nostro Mediterraneo, ai confini con l'Oceano Atlantico e invece, se dovessimo disegnare la mappa di alcuni antichi viaggi, beh, forse, le si potrebbe mettere in mezzo al mediterraneo...

E se... Frau comincia sin da subito ad instillare il dubbio nel lettore, sapientemente... E se... le colonne non fossero state sempre laggiù? E se anticamente si fossero trovate prima, supponiamo, tra la Sicilia e l'Africa? beh, allora tutto cambia, le descrizioni diverrebbero leggibili con la carta del Mediterraneo... e ti permetterebbero di scoprire, anzi no, di riscoprire il Mediterraneo occidentale, forse un tempo chiamato "Oceano"... e con lui scoprireste le sue Isole, la Sardegna, la più grande, Ichnusa o Sandalia, quella conosciuta per le sue vene d'argento, per il suo bel clima... salvo la malaria delle paludi! Quella che fu soggetta al taglio degli alberi da parte dei Cartaginesi, che ne fecero il loro granaio e che vietarono, pena la morte, la piantagione di alberi (chissà poi parche!), quella stessa Sardegna cosi bistrattata da Cicerone che non perdeva mai occasione di parlar male dell'Isola e dei suoi abitanti, quella passata nelle mani dei Romani, dopo le guerre puniche, che conoscevano gli Iliensi e i Balari e che poi li chiamarono tutti "barbari" per negarne l'esistenza come civiltà! E ci riuscirono, perché i Sardi dimenticarono, dimenticarono le storie antiche che venivano tramandate, dimenticarono tutto ad eccezione di una cosa, la paura del mare! Paura del mare che proveniva, si dice, o forse dovrei dire "si diceva", dalla presenza dei pirati, dei dominatori stranieri e chissà di cos'altro! Eppure la Sardegna già a quei tempi era un'Isola fortificata, con migliaia di nuraghe distribuiti su quasi tutto il territorio, coste comprese, impossibile giungere senza essere visti, impossibile non prepararsi a respingere gli attacchi, oppure fuggire (cosa non certo onorevole per un sardo, anche moderno!). Ma allora perché tutta questa paura?

Il Frau tenta di spiegarci anche questo, dopo aver spostato le Colonne d'Ercole e averle rimesse dove probabilmente un tempo si trovavano, prova a spiegare la ancestrale paura del mare dei Sardi, e per farlo parte da una constatazione, i nuraghe del Campidano, la grande pianura del centro sud sono spesso distrutti e ricoperti di terra... di fango! Perché? Si chiede lui ed io e tanti altri che i nuraghe li hanno visitati, ma visitati per davvero, da ragazzino, lasciando la bicicletta "graziella" vicino ad un muretto a secco ed andando a frugare per curiosità tra quelle enormi rocce mute, senza una storia, solo preistoria, dicono, perché i nuragici non avevano la scrittura... possibile che popoli che avevano le conoscenze per costruire torri così gigantesche non conoscessero la scrittura? Possibile si, dicono... o forse occorre dire, di nuovo, dicevano... perché poco alla volta ce chi dice che qualcosa sta saltando fuori... ma qualcosa di antico, di più antico del fenicio... forse! E Frau allora ci parla dei resti, dei segni di uno tsunami che forse interessò quell'area del Mediterraneo di fronte al golfo di Cagliari, e che intorno al 1200 a.C. avrebbe distrutto una grande civiltà, quella dei governatori del commercio del mediterraneo, quella dei costruttori di torri, quella dei popoli del mare che poi tentarono di conquistare l'Egitto e furono sconfitti... forse quella stessa civiltà del Timeo e del Crizia di Platone, quella che negli ambienti "bene" si evita di citare perché poco seria, solo una favola per bambini, la civiltà Atlantidea...

Ma allora, tutte queste cose contiene il libro? Vi potrete domandare, la risposta è no, ne contiene molte, molte altre, sugli dei del tempo antico, sui movimenti delle popolazioni del Mediterraneo, su templi a pozzo Sardi e similsardi che però si trovano in Bulgaria, costruiti nel tempo in cui Sofia, la capitale, si chiamava ancora Sardica, chissà poi perché... dei nuraghe della Giordania e del passaggio, doloroso, dal bronzo al ferro... Ed ancora, ci racconta di Eratostene e delle sue manie di ordine e del fatto che proprio lui, forse, volente o nolente, fu la causa di tanti problemi!

Ci parla di Tartesso, quella favolosa città che gli spagnoli ancora cercano, senza trovarne traccia, lungo le coste della penisola Iberia, e che forse, invece, si trova lungo le coste si, ma della Sardegna, sotto uno strato di fango, sotto le città puniche che vi vennero costruite sopra secoli dopo la distruzione ad opera dello tsunami...

E allora, fate come ho fatto io, dedicate qualche giorno alla lettura e poi qualche anno a cercare di capire.... se può essere andata veramente così, come ci dice Frau... come ci dicono i resti archeologici del Mediterraneo e come ci hanno detto tante volte gli antichi... ad ascoltarli, gli antichi...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


mercoledì 20 agosto 2008

Porto Torres: il Club del Ponte e i proverbi sardi



A volte per ingannare il tempo, tra un bagno e l'altro, capita di ricordare i termini antichi dialettali. Così si sentono termini in Portotorrese, in Sassarese, in Campidanese e così via...
Poi talvolta spuntano fuori dai meandri della memoria frasi intere, proverbi...
E' Gavino che ci racconta, con il suo accento tipico, un detto antico del paese di Sorso, che qui vi scrivo:

"Lu zerragu naddu allu guggiu e
battixadu all'invessu e senza sari
e megliu dallu a un'animali
chi no a eddu a ricattu pessu"

Che tradotto dovrebbe suonare circa così:

"Il bifolco nato al buio
e battezzato al rovescio e senza sale
è meglio darlo ad un animale che non a lui,
anche se sono solo i resti del mangiare, da buttare"

Certo, forse per capirlo è il caso di mettere le frasi in ordine, e dunque:

"I resti del mangiare, anche se sono da buttare,
è meglio darli ad un animale
piuttosto che ad un bifolco,
nato al buio e battezzato al rovescio e senza sale"

Ecco, forse ora è più chiaro...
E allora, che dire se non che per non essere bifolchi si deve studiare?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 19 agosto 2008

Gesico: tradizioni popolari per proteggersi dai temporali

E' il diciassette agosto e domani partiremo per lasciare il paese di Gesico alla volta di Porto Torres. Torneremo l'anno prossimo, come tutti gli anni, in estate. Anche questa volta non sono riuscito a fare che un decimo delle cose che mi ero ripromesso, ma anche questa è una costante. Mancano poche ore all'ora di cena, se sono fortunato faccio ancora in tempo a salutare zia Nina e zio Lucio... chissà... ma si, proviamo!
Zia Nina è la più vecchia rappresentante della famiglia Schirru a Gesico, sorella di mia nonna Cenza, e quando posso vado sempre a salutarla con piacere.
Passo a prendere mia madre e con lei andiamo da zia...
Ai saluti seguono le interminabili chiacchierate sui parenti e sull'albero genealogico di famiglia... e poi zia inizia a raccontare quelle cose che più mi piacciono... piccole filastrocche,muttettus e preghiere in lingua sarda campidanese! Che memoria...
Le credenze popolari della Sardegna attribuivano ai santi il compito di proteggere le persone da eventi naturali che potevano essere pericolosi. Come già abbiamo visto per il malocchio,"is brebus ", le parole pronunciate per proteggere o per curare erano spesso alternate ai nomi dei santi che avrebbero dovuto fungere da protettori o intermediari. Ebbene, anche per proteggersi dai temporali i santi avevano la loro importanza, Santa Barbara e San Giacomo in particolare. Chi voleva proteggere i suoi cari dai pericolosi temporali e dai fulmini non aveva che da eseguire un antico rito durante il quale venivano recitate queste parole:

Santa Brabara e santu Jaccu,
bosu pottaisi is crai de lampu
bosu pottaisi is crai de celu
non toccheisi a fillu allenu
ne in domu e ne in su sattu,
santa Brabara e santu Jaccu.

La traduzione è circa questa:

Santa Barbara e san Giacomo,
voi avete le chiavi del fulmine
voi avete le chiavi del cielo
non colpite i figli degli altri
ne a casa ne in campagna,
santa Barbara e san Giacomo.

A mio parere questa è solo una piccola parte della preghiera ma al momento non sono in possesso di altre versioni che mi consentano paragoni. Posso solo dire che è abbastanza strano che si chiedesse la protezione per i figli degli altri ma non si accennasse ai propri.
In ogni caso devo ringraziare per questi versi mia zia Nina che nonostante i suoi 89 anni possiede ancora una memoria di ferro.
Grazie zia e alla prossima!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


Leggi gli altri articoli sulle Tradizioni popolari della Sardegna

giovedì 31 luglio 2008

Porto Torres: il Club del Ponte in vacanza

Cari amici, cari lettori abituali e visitatori casuali,
oggi vi presento il Club del Ponte!
Il Ponte è una piccola piattaforma rocciosa che si protende nello splendido mare della mia Sardegna... a Porto Torres.
La caratteristica del Ponte sono i suoi "abitanti", molti dei quali si conoscono da tempo e anno dopo anno si ritrovano un po invecchiati ma felici di poter passare qualche ora in compagnia...
Il Club non è chiuso né ristretto, bisogna solo aver voglia di ascoltare e soprattutto di scherzare...
Questa estate, se Signor Gavino permette, vi presento gli appartenenti al Club!
In primo luogo Signor Gavino Usai, il più anziano (con rispetto!). Viene al ponte tutti i giorni per tutta l'estate, ormai da sette anni! Il resto dell'anno lo passa invece a Roma con sua moglie. Tutte le mattine si alza prestissimo, alle 04.20 e dopo una colazione a base di the e aver riordinato la casa di Sorso raggiunge Porto Torres per la sua passeggiata mattutina (di tre ore) che parte da Balai lontano e tocca il Ponte Romano! Poi, per fare un po di ginnastica (dice lui), per un grande senso civico (dico io), ripulisce il Ponte da tutto ciò che è stato abbandonato sul posto il giorno prima... così cicche, cartacce e bottiglie di plastica trovano la giusta collocazione!
Alle 09.00 è il momento del bagno, magari con un tuffo... nelle splendide acque del nostro mare azzurro!
Ma chi ha fatto conoscere il Ponte a signor Gavino è un altro "abitante del Ponte" e membro del Club... il signor Giovanni Zucca, che vi presenterò domani!
Oggi invece è la volta di conoscere il signor Bruno Piras (di Sassari!) ma abitante a Porto Torres. La sua vita estiva è fatta anche per lui di mare, mare e ancora mare! Sveglia alla mattina alle 07.00 e dopo la colazione si riordina la casa, poi c'è da fare la spesa (anche perché è vedovo) e quindi si fa l'ora di raggiungere il Ponte! Paste e minestre sono il suo cibo preferito e in particolare la pasta e fagioli...
La sua compagnia preferita (dopo la figlia, per intenderci!) è il Club del Ponte perché ci si trova bene con tutti!
Ma ora è il momento di conoscere il "Maresciallo", il signor Bustiano Deriu da Usini (il paese del vino buono... dicono in coro quelli del Ponte!). Frequentatore dello scoglio dal lontano 1980 quando ci portava i figli a pescare i polpi con le mani... certo, ora i polpi non si trovano più così facilmente ma il mare è ancora splendido!
Il signor Deriu ha girato tutta la Sardegna (Iglesias, Nuoro, Mamoiada, Orune, Nulvi, Castelsardo...) e gran parte dell'Italia (Roma, Genova, Savona...) per il suo lavoro ma alla fine il Ponte è il suo posto preferito per l'estate! Certo che ogni tanto gli capita di ripensare a tutto ciò che ha fatto nel corso della sua vita professionale... ma è meglio lasciar correre!
Infine un pensiero comune sulla politica in Italia, domando io...
Forse non avrei dovuto fare la domanda perché tutti si infervorano e le critiche non sono certo velate verso una classe politica che indipendentemente dalla parte (centro, destra o sinistra) lascia molto da pensare!
Bene, per oggi dal Ponte e tutto... arrivederci e a domani con il Club del Ponte... anche perchè comincia a far caldo!

Alessandro e Francesco RUGOLO

sabato 24 maggio 2008

Nuraghes...

Mi aggiro silenzioso,
tra mura gigantesche di roccia scura,
testimoni di un grandioso, sconosciuto passato...

Varcata la soglia di pietra,
il silenzio mi assale e l'anima vola
come chiamata dalle ombre del passato,
il passato di un popolo misterioso...

Le torri cave, i nuraghes,
strumenti di viaggio nel tempo,
di colpo mi sento uno di loro,
anche senza conoscerli...

Sento sulle spalle millenni di civiltà,
ora scomparsi anche dai ricordi dai ricordi dei vecchi,
tanti sono...

Eppure li sento vicini,
percepisco la presenza delle loro anime,
prigioniere di quelle rocce possenti,
alla ricerca di chi un giorno
restituirà loro la storia
negata dal tempo e dagli uomini...

Nuraghes...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
(Olbia-Civitavecchia, 24 maggio 2008)

Il ritorno...

Scrivevo da anni sul gazzettino del paese, solitamente mi occupavo di cronaca ma certe volte mi capitava di intervistare qualche compaesano famoso... il sindaco, il prete... oppure il Comandante della locale stazione dei Carabinieri...
Qualcuno potrebbe pensare che il lavoro di un giornalista di paese sia noioso e, diciamo così, insulso... e, fino a quel momento anch'io la pensavo così!
Poi però qualcosa cambiò.
Un giorno si trasferì da noi un distinto signore, che chiamerò il signor P., di mezza età, ben vestito, gentile con tutti e molto riservato.
Comprò una vecchia casa nella piazza Roma, al numero 5, e la rimise a nuovo senza badare a spese...
Quando i lavori furono terminati i vecchi del paese, abituali frequentatori dell'unica panchina della piazza, cominciarono a mormorare... e ciò non era normale!
Da buon giornalista mi resi subito conto che qualcosa era accaduto, così un giorno, di buona mattina, mi sedetti su quell'unica panchina e stetti ad aspettare.
Non ci volle molto, infatti alle otto in punto i soliti tre anziani (uno dei quali era allora ultracentenario...) raggiunsero la loro solita panchina. Li salutai e loro mi salutarono quindi senza indugi chiesi di raccontare anche a me le novità del giorno... in cambio di un buon bicchiere di vino, naturalmente!
Ogni buon giornalista ha le sue armi nascoste ed i tre vecchietti erano la mia... già in altre occasioni mi avevano fornito notizie interessanti che poi avevo pubblicato sul giornale... ma questa volta sarebbe stato diverso, me lo sentivo...
Si guardarono in faccia, dritti negli occhi che ancora rilucevano tra le rughe profonde... poi abbassarono lo sguardo, immersi nei loro pensieri...
Io aspettavo in silenzio, avevo fatto la mia richiesta e ora non mi restava che aspettare, sapevo che sarebbe stato inutile insistere, anche loro avevano i loro tempi... se avessero voluto raccontarmi qualcosa l'avrebbero deciso loro e se non avessero voluto... beh, c'era poco da fare!
Passammo mezz'ora così, in silenzio, nessuno si muoveva ne parlava... passò ancora mezz'ora, li guardai... erano immobili e non sembrava avessero alcuna intenzione di parlare... peccato, pensai...
Mi alzai, salutai e mi voltai come per andarmene...
"Sezzidia!"
La voce era quella profonda di tziu Terenziu, il più anziano...
Ripresi il mio posto e attesi in silenzio... passarono altri dieci minuti, poi tziu Terenziu cominciò a parlare.
"Tu sei giovane e forse non puoi capire, forse non crederai a quello che ti dirò, ma sappi che è tutto vero...
In quegli anni io ero piccolo, avrò avuto dieci 0 dodici anni al massimo. Tutte le mattine venivo in questa piazza e mi arrampicavo lassù, tra i rami di quell'albero di limoni, lui era già vecchio allora. Mi appollaiavo tra quei rami come un gatto e aspettavo che arrivassero i miei amici per giocare a "pettiasa e cariccia"...
Quella mattina però non arrivava nessuno e io stavo per andar via quando vidi arrivare i grandi, da tutto il paese, armati di bastoni e forconi per il fieno...
Si fermarono in silenzio di fronte alla casa che tu vedi ora rimessa a nuovo. Il più vecchio del paese, tziu Antòi, uscì dal gruppo e poggiato a terra il bastone raggiunse la porta della casa, sollevò il pesante batacchio e colpì più volte. I colpi risuonarono per tutta la piazza, cupi nel silenzio più totale... poi tziu Antòi tornò al suo posto e aspettò...
Pochi minuti dopo la porta si aprì e ne uscì un uomo di mezza età, ben vestito, dalla voce gentile... li guardò in silenzio e loro guardarono lui... non c'era bisogno di parole ed infatti nessuno parlò! L'uomo di mezza età tornò in casa, senza chiudere la porta.
Passarono dieci minuti, credo, quando si ripresentò aveva con se solo una vecchia bisaccia di pelle sulle spalle ed un bastone nodoso nella mano sinistra...
Uscito, chiuse la porta alle sue spalle con una grossa chiave e si diresse verso la folla... mentre passava la gente faceva largo e abbassava lo sguardo come se si vergognasse...
Nessuno disse niente per tutto il tempo e, come erano arrivati, in silenzio tornarono alle loro case...
Poi arrivarono i ragazzi e giocammo a pettia e cariccia... come se niente fosse accaduto!
Ne è passato di tempo da allora, saranno novant'anni, e io sono diventato vecchio senza più pensare a ciò che avevo visto, senza capire cosa fosse accaduto, senza mai più rivedere quell'uomo. Nessuno si avvicinò mai alla casa, che invecchiò con me, e i protagonisti di quella vicenda stanno tutti molto meglio di noi. Poi due mesi fa è arrivato in paese il signor P. E' sceso da un tassì e si è diretto verso la vecchia casa, ha aperto la porta con la stessa grande chiave con qui era stata chiusa novant'anni prima ed è entrato... Io ero seduto in questa panchina e ho visto tutto, come novant'anni prima...
La stessa chiave, la stessa casa, la stessa persona...
Tziu Terenziu aveva finito il suo racconto... mi fissò per un attimo e poi abbassò lo sguardo. Mi alzai, salutai e andai via.
Il racconto mi aveva colpito e inquietato... secondo tziu Terenziu il signor P. era la stessa persona che novant'anni prima aveva lasciato il paese... assurdo! Pensai.
Passai dal bar e lasciai pagato il vino, convinto di aver buttato i miei soldi...
Il tempo passò, tziu Terenziu raggiunse i suoi avi alcuni anni dopo, alla veneranda età di cento sei anni e il signor P. continuava la sua vita ritirata... Poi anch'io sono invecchiato, oggi compio ottant'anni e non scrivo più sul Gazzettino del paese. Da qualche anno ho preso il posto di tziu Terenziu sulla panchina di piazza Roma e tutte le mattine saluto il signor P., quando alle 07.30 in punto esce per andare a fare colazione al bar, l'unico bar del paese...
Il tempo passa per tutti ma il signor P. è sempre il distinto signore di mezza età, ben vestito e gentile con tutti, sempre uguale al primo giorno che l'ho visto attraversare la piazza del paese per entrare nella sua vecchia ritrovata casa...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
(Olbia-Civitavecchia, 24 maggio 2008)

Nostalgia di Sardegna...

Lentamente ti allontani dal molo...

la nave trema sotto la spinta dei motori...

l'acqua ribolle dietro le eliche possenti!



Segni distintivi di una partenza, ancora una...

dalla mia terra triste e silenziosa,

arsa dal sole,

coperta di spine,

saccheggiata nel tempo,

vilipesa dall'uomo,

dimenticata dalla storia!



Sardegna,

terra antica,

coperta di rovine di un tempo dimenticato,

testimoni di ere lontane,

di uomini rudi,

di genti mortali di stirpe celeste...



Pensieri, solo pensieri,

mentre la nave si allontana,

la terra si confonde col cielo

per poi sparire dietro le onde del mare.



Solo pensieri, ti restano,

di quel cielo stupendo, pulito, azzurro, immenso...

e l'immagine di una quercia millenaria,

ultima testimone di quell'antica civiltà da cui provengo...



Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

(Olbia-Civitavecchia, 24 maggio 2008)

lunedì 28 aprile 2008

Gita del 25 aprile, Bosa e Tinnura

E' il 25 aprile e noi abbiamo deciso di visitare Bosa,

bella cittadina del nord Sardegna,


con un bel centro storico


e il fiume Temo che lo attraversa,


rendendola particolare.
Poi al pomeriggio andiamo a visitare un paesino lì vicino... Tinnura.

Un paesino di 272 anime,


molto bello e particolare,
le foto dei murales sono scattate lì...




da non perdere...

Gavino e Paola FADDA

martedì 25 marzo 2008

Contusu de "Sa Rutta"

Era una fredda giornata del 1958, io avevo solo otto anni. Abitavamo tutti assieme nella casa di campagna di sa Rutta. Eravamo in sei in famiglia, il nonno Riccardo, la nonna Annunziata, mamma Cenza, mio fratello Umberto, io e Pupa; papà era già andato via.
Quella sera pioveva e, come tutte le sere d'inverno, eravamo tutti intorno al camino. Mamma preparava la cena, una minestra calda e pane abbrustolito sulla brace.
C'era freddo e per scaldarci nonno aggiunse della paglia di fave sul fuoco. A me non piaceva l'odore del fumo, ma adoravo riscaldarmi al caldo della fiamma, così talvolta mi sedevo dentro il caminetto, affianco al gatto grigio dal pelo bruciacchiato. Mentre aspettavamo la cena di solito nonno ci raccontava qualche vecchia storia, di quelle che si raccontano da centinaia d'anni nelle famiglie di campagna. I racconti erano spesso spaventosi per noi bambini.
C'era "su Diau" (il Diavolo), sempre presente nelle storie del nonno sotto forma di un caprone che scalciava, dagli zoccoli sprizzavano scintille del fuoco dell'inferno. C'erano gli spiriti della vecchia casa dei Crobu che sbattevano le porte, distruggevano i mobili e facevano strani spaventosi rumori. E per i bambini più piccoli, che facevano i capricci perché volevano uscire in cortile, c'erano "is mazzamurrusu", una sorta di gnomi col berretto verde che ballavano sul muro di casa... era capitato anche a me di vederli una volta!
Ma quella sera il nonno ci parlò dell'anno 2000, l'anno in cui, si diceva, ci sarebbe stata la fine del mondo. Io e Pupa ascoltavamo con attenzione e un po di paura, Umberto stava da una parte, seduto a tavola e leggeva, lui era grande e non stava più a sentire il nonno... Nonna Annunziata uscì in cortile a prendere dell'altra legna quando la sentimmo urlare. Nonna rientrò di corsa urlando "Oiommommia, esti sciaendisia su mundu!" (Oddio, si sta disfando il mondo!). Ricordo che anche noi cominciammo ad urlare spaventati...
Solo nonno Riccardo si affacciò fuori a vedere cosa stesse accadendo, il cortile riluceva di scintille che venivano dall'alto... sollevò gli occhi e, resosi conto dell'accaduto rientrò in casa e con la sua voce alta e calma disse "No esti nudda, adi pigau fogu sa zimminera...", aveva solo preso fuoco la canna fumaria...
Nonna era ancora spaventata e anche noi eravamo un po in ansia.
Ricordo che mamma allora chiamò a tavola e di fronte ad un piatto di minestra calda dimenticammo subito tutte le nostre paure...
Dopo cena ci sedemmo ancora intorno al fuoco e mentre nonna Annunziata lavava le stoviglie, mamma ci intratteneva con qualche altra storia.
Quella sera ci raccontò di aver sognato che in un certo punto della casa di zia Nuccia c'era unu scruxioxiu nascosto (un tesoro) fatto di monete d'oro. Su scruxioxiu si trovava sotto terra e sopra c'era unu laccu (una macina) in pietra. Le fu detto di presentarsi a mezzanotte nel punto indicato con una persona che la aiutasse a raccogliere il tesoro... ma lei ebbe paura e non ci andò così fu assegnato ad un altro che, si dice, lo trovò esattamente dove indicato nel sogno.
E così un'altra sera era passata ed era arrivata l'ora, infine, di andare a letto...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 25 agosto 2007

La statua del Santo


In un paesino della Sardegna, Gesico, si racconta ancora una storia a mo' di barzelletta, senza sapere se sia mai accaduta...
Così come mi è stata raccontata ve la racconto... traducendola dalla lingua Sarda affinché possa essere capita da tutti...
Un giorno il prete del paese guardava le condizioni in cui versava la statua del santo patrono... Di li a poco, il 10 agosto, ci sarebbe stata la processione e la statua cadeva a pezzi, mangiata dai tarli...
Mentre il prete si lamentava, passò un paesano che, sentitolo, gli chiese se poteva essergli d'aiuto... nel suo campo infatti si trovava una piantina di buon legno che avrebbe potuto fare alla bisogna. Il prete lo ringraziò e si fece guidare sul luogo. Il paesano lo accompagnò alla pianta di pere che sia per forma che per dimensioni pareva fatta apposta per prendere il posto del santo!
Così la piantina venne tagliata e nelle mani sapienti di un artigiano del luogo divenne la nuova statua del santo.
Il dieci agosto la statua del santo fu portata in processione per il paese.
Arrivata nel piazzale di chiesa tutti i paesani, in segno di rispetto, si tolsero il cappello, tutti ad eccezione di colui che l'aveva conosciuta come pianta di pere...
Più tardi gli amici, incuriositi dalla mancanza di rispetto gli chiesero spiegazioni.
Il paesano non si fece pregare e disse: «Candu furiada una pranta 'e pira... no est arrennescia a fai una pira in tottu sa vida sua... immoi ca est unu santu no ada fai miracullusu... »
Che significa: «Quando era una pianta di pere non è riuscita a fare una pera, ora che è santo non farà miracoli... ».
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo