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mercoledì 30 settembre 2009

L'Italia dei secoli bui - Indro Montanelli

Oggi una semplice frase tratta da "L'Italia dei secoli bui" di Montanelli, sperando che stimoli la discussione:
"In tutti i Paesi e in tutti i tempi la fellonia, il tradimento e lo spergiuro allignano. Ma solo in un Paese privo di etica aristocratica e militare come l'Italia potevano essere codificati in una "guida" alla politica del Principe. "
Anche se so bene che non é corretto estrarre da un discorso una frase e costruirci sopra un castello di commenti, mi interessa sapere cosa ne pensate...
C'é qualcuno disposto a discuterne?
L'Italia é veramente "priva di etica aristocratica e militare"?
Attendo i vostri commenti...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 29 settembre 2009

Jamming a Berlino


Chi come me segue lo sport, avrà notato che ai mondiali di atletica a Berlino, adorabile città, l’Italia non è riuscita a beccare neanche una medaglia di bronzo. Altresì, si sarà sbalordito del medagliere della Jamaica.
Caspiterina, a parte il fuoriclasse Usain Bolt che tutti già conoscevamo, tutta la squadra sia femminile che maschile è folta di campioni.
La Jamaica, uno stato di circa 2.500.0000 abitanti, situata in uno dei posti più esotici del mondo, nel mar dei caraibi a pochi Km da Cuba, ha così tanti velocisti.
Andando ad analizzare meglio il medagliere, si evince che mediamente raggiungono prestazioni atletiche di grande potenza sui 100m e 200m. Invece, nessun giamaicano ha partecipato alla maratona, del resto neanche un italiano.
E allora si sente parlare di eugenetica giamaicana, ossia dell’applicazione di quei metodi che portano al perfezionamento della specie umana.
Probabilmente, come racconta Bob Marley nelle sue canzoni, il popolo giamaicano è forte solo perché abituato alla lotta per la sopravvivenza ed investe nello sport. Lui stesso ha avuto 13 figli, altro che sterilità e controllo delle nascite.
Per tornare al nostro paese, in Italia non si investe né sulle nascite, cioè nella famiglia, e neanche nello sport. La stessa Gelmini, continuando a tagliare i fondi alla scuola, non certo incentiva la costruzione di nuove palestre o in ore aggiuntive di educazione fisica nei programmi di studio. Anzi, si insinua l’introduzione dell’insegnamento dei dialetti. Saranno poi più importanti dello sport?

Lo sport fa crescere sani i giovani, sia nel corpo sia nella mente. Un ragazzo adolescente disciplinato nello sport non uscirebbe mai con i suoi amici solo per andarsi ad ubriacare o a fumare cose strane. Perché se anche gli accadesse, starebbe così male che non ne riuscirebbe neanche più a sentire l’olezzo.

E’ inutile, secondo me, vietare la vendita degli alcoolici ai minorenni se invece non si adotta in maniera istituzionale la prevenzione. E' la scuola, in quanto comunità di crescita dei giovani, che deve farsi carico di investire in prevenzione.

Lo sport è sicuramente una chiave di successo.


Marica Di Camillo

lunedì 28 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: il Diluvio

Precedenti:
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Nel secondo libro si trovava la storia dei dieci re dei Caldei e i periodi di durata di ogni regno, che consiste in tutto di cento venti "sari" o quattrocentotrentadue mila anni, fino al momento del Diluvio, che per Alessandro, elencando i re secondo gli scritti Caldei, avvenne dopo il nono re, Ardates, procedendo verso il decimo chiamato da lui Xisuthrus, in questo modo:
Dopo la morte di Ardates, suo figlio Xisuthrus regnò per diciotto sari. In questo arco di tempo si verificò un grande Diluvio; la cui storia é così descritta. La Deità, Crono, apparve lui in una visione, e lo avvisò che il quindicesimo giorno del mese "Dæsius" ci sarebbe stata una inondazione, dalla quale la razza umana sarebbe stata distrutta.
Egli inoltre gli ingiunse di scrivere una storia dell'inizio, del procedere e della fine di tutte le cose; e di nasconderla nella città del Sole a Sippara; e di costruire un vascello e di portate con lui all'interno i suoi amici e parenti; e di portare a bordo ogni cosa che possa servire alla vita, assieme a tutti i diversi animali, sia uccelli che quadrupedi, e affidarsi senza paura al largo.
Chiese alla Deità: per dove devo salpare? gli venne risposto: "Per gli Dei" dopo egli offrì una preghiera per il bene dell'umanità. Egli dunque obbedì alla divina ammonizione: e costruì un vascello lungo cinque stadi, e due in ampiezza. Al suo interno mise ogni cosa che aveva preparato e alla fine fece salire sua moglie, i figli e gli amici.
Dopo che l'alluvione arrivò sulla terra, e quindi una volta che diminuì, Xisuthrus spedì fuori dal vascello degli uccelli, che, non trovando alcun cibo, né luogo in cui poggiare i piedi, tornò indietro da lui. Dopo un intervallo di alcuni giorni egli li spedì fuori una seconda volta, ed essi tornarono con le zampe sporche di fango. Egli fece un terzo esperimento con questi uccelli, ma essi non tornarono più: da ciò egli dedusse che la superficie della terra era apparsa al di sopra delle acque.
Egli quindi fece una apertura nel vascello, e dunque guardando attentamente si rese conto di essersi arenato su una montagna, dopo ciò egli uscì immediatamente con sua moglie, sua figlia e il pilota. Xisuthrus rese grazie alla terra: e avendo costruito un altare, offrì sacrifici agli dei, e, insieme a coloro che erano usciti dal vascello con lui, svanì.
Coloro che restarono all'interno del vascello, rendendosi conto che i compagni non tornavano, lasciarono il vascello con molti lamenti, e chiamavano continuamente Xisuthrus. Essi non potevano vedere molto ma potevano distinguere la sua voce nell'aria, e lo poterono udire ammonirli di rendere grazie alla religione, e inoltre li informò che grazie alla sua pietà egli fu trasferito a vivere con gli dei e che sua moglie e sua figlia, e il pilota, avevano ottenuto lo stesso onore.
A ciò egli aggiunse che essi sarebbero dovuti tornare a Babilonia e, come era stato ordinato, ricercare gli scritti di Sippara, che essi avrebbero dovuto rendere noto a tutto il genere umano: ancora sul luogo in cui essi si trovavano, si trattava della terra di Armenia. Gli altri, avendo sentito queste parole, offrirono sacrifici agli dei e chiudendo l'anello, viaggiarono verso Babilonia.
Essendosi arenato il vascello in Armenia, una parte di essi restarono sulle montagne di Corcyræan in Armenia, il popolo grattato via il bitume, con il quale era stato ricoperto, e fece uso di questo per la strada come antidoto e amuleto. E quando tornarono a Babilonia, e ritrovarono gli scritti di Sippara, essi costruirono città ed eressero templi e Babilonia fu nuovamente abitata.
E con queste parole termina la prima parte sulla storia dei Caldei...
Se volete leggere qualche altro testo sul Diluvio, eccovi alcuni link ad altri articoli sul diluvio...
Ravana il Re ateo, Gilgamesh e la torre di Babele
L’arca e il diluvio
Ovidio: le metamorfosi e il Diluvio...
Gli errori della storia...
Censorino: sui tempi storici, incerti e favolosi; epoca degli imperatori ed ere egiziane... e l'isola di Ogigia di Omero
Biblioteca di Apollodoro...
Apollodoro: la creazione della razza umana e il Diluvio
Ancora sul diluvio di Deucalione.
Il libro di Enoch... chi era Enoch?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 27 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: da Lucius Cornelius Alexander Polyhistor

Cari lettori, spero che possiate trovare in queste poche righe lo stesso interesse che ho provato io durante la traduzione dall'inglese... ma lascio subito la parola a Lucius Cornelius Alexander Polyhistor che ci parla di Berosso e della sua opera: Storia di Babilonia!
SULLA COSMOGONIA E SUL DILUVIO
Berosso, nel primo libro della sua Storia di Babilonia, ci informa di essere vissuto all'epoca di Alessandro figlio di Filippo. Lui dice che esistevano testimonianze scritte, conservate a Babilonia con gran cura, per un periodo di circa quindici miriadi di anni e che questi scritti contenevano storie del cielo e del mare, della nascita degli uomini; e dei re e delle cose memorabili che essi realizzarono.
Nella prima parte egli descrive Babilonia come un paese situato tra il Tigri e l'Eufrate: in cui abbondava il frumento, l'orzo, l'"ocrus" e il sesamo; nei cui laghi venivano prodotte le radici chiamate "gongre", che venivano usate come cibo, e dal punto di vista nutritivo sono simili all'orzo. C'erano anche alberi di palma e di mele e varietà di frutta, pesci e uccelli, sia semplici volatili sia di quelli che frequentano i laghi. Egli aggiunge che quelle parti del paese che confinavano con l'Arabia erano prive d'acqua e aride; mentre le parti che si stendono dalla parte opposta erano collinose e fertili.

A Babilonia c'era (in quei tempi) un grande ritrovo di persone di varie nazioni, che abitavano la Caldea, e vivevano senza leggi, come le bestie dei campi. Nel primo anno apparve, proveniente dalla parte del mare Eritreo che confina con Babilonia, un animale privo di ragione, di nome Oannes, il cui intero corpo (secondo il racconto di Apollodoro) era quello di un pesce, che sotto la testa di pesce aveva un'altra testa, con al di sotto dei piedi, simili a quelli di un uomo, uniti sotto la coda da pesce. Anche la sua voce e il linguaggio erano articolate ed umane, e una sua rappresentazione é giunta fino ai nostri giorni.
Questo Essere era uso passare il giorno tra gli uomini, senza prendere cibo in quella stagione; ed egli dava loro la comprensione delle lettere e delle scienze e delle arti di ogni tipo. Insegnò loro come costruire città fondare templi, scrivere leggi, e gli spiegò i principi della conoscenza della geometria.
Egli insegnò loro a distinguere i semi della terra e gli mostrò come raccoglierne i frutti, in breve, egli li istruì su ogni cosa che fosse utile a ammorbidire le loro maniere e umanizzare le loro vite. Da allora, niente altro é stato aggiunto che potesse migliorare le sue istruzioni.
E quando il sole tramontava, questo Essere Oannes si ritirava di nuovo nel mare e passava la notte nelle profondità, perché egli era anfibio. Dopo questo apparvero altri animali simili a Oannes, dei quali Berosso si proponeva di parlarne quando sarebbe giunto a raccontare la storia dei re. Inoltre Oannes scrisse sulla generazione dell'umanità e del loro ordinamento civile , e ciò che segue è il riassunto di ciò che egli disse:
"Ci fu un tempo in cui non esisteva niente ma solo oscurità e abissi d'acqua, in cui risiedevano esseri che erano di duplice natura. Apparvero uomini, alcuni dei quali erano dotati di due ali, altri di quattro ali e avevano due facce. Questi avevano un corpo ma due teste: una da uomo ed una da donna: e similmente nei loro vari organi essi erano sia maschi che femmine. Si vedevano altre figure umane con gambe e corna di capre. Alcune avevano piedi da cavallo, mentre altri univano la parte posteriore di un cavallo con il corpo di un uomo, assomigliando alla forma all'ippocentauro. Tori simili erano generati con teste d'uomo; e cani con corpi quadruplici terminati nelle loro estremità con code di pesci; anche cavalli con teste di cani; come pure uomini e altri animali, con teste e corpi di cavalli e code di pesci.
In breve, c'erano creature in cui erano combinati gli arti di ogni specie animale. In aggiunta a questi, pesci, rettili, serpenti, con altri animali mostruosi, i quali assumevano ogni altra forma e fisionomia. Di tutti questi sono conservate le figure nel tempio di Belo a Babilonia.
La persona che esercitava il controllo su di essi era una donna chiamata Omoroca, che in lingua Caldea si dice "Thalatth" e in greco "Thalassa", cioè mare; ma che può essere interpretato anche come "Luna". Le cose stavano così quando arrivò Belo e tagliò la donna in due pezzi: e da una metà formò la terra, dall'altra metà formò i cieli; nello stesso tempo distrusse gli animali che vi erano.
Tutto ciò (egli disse) era una descrizione allegorica della natura. Perciò, essendo l'intero universo pieno di umidità, e gli animali vi sono continuamente generati, la deità summenzionata staccò la sua propria testa: con essa gli altri dei mescolarono il sangue, come esso sgorgava fuori, con la terra; e da ciò furono formati gli uomini.
In questo modo essi sono razionali, e partecipano della divina conoscenza. Questo Belo, che per loro significa Giove, divise l'oscurità e separò i Cieli dalla Terra, e riordinò l'universo. Ma gli animali, non essendo in grado di sopportare la larga diffusione della luce, morirono. Belo, dopo ciò vedendo un vasto spazio libero, pensò alla natura ricca di frutti, comandò uno degli dei di staccarsi la testa e di mischiarne il sangue con la terra e con ciò di formare altri uomini e animali, i quali dovevano essere capaci di respirare l'aria. Belo formò anche le stelle e il sole e la luna e i cinque pianeti. (Tutto ciò, in accordo con quanto detto da Alexander Polyhistor, é il racconto che Berosso fece nel suo primo libro).
Come al solito perdonate, se potete, la traduzione approssimativa... e a presto con il seguito della storia!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Ricordando...

Il passato...
Chi di noi di tanto in tanto non torna indietro nel tempo?

Il nostro passato é parte del nostro presente e condiziona in un certo qual modo il nostro futuro...
così alcune volte un'esperienza positiva o negativa influenza non solo il nostro futuro ma quello dei nostri amici o della nostra famiglia.

Una parte importante del mio passato ha un nome: "Cenza"... mia nonna da parte di madre.

Nonna Cenza era una donna forte che aveva sofferto tanto... e tutti noi nipoti l'abbiamo sempre adorata...
Voglio ricordarla mentre é intenta a preparare l'impasto del pane... e per i nipoti vi era sempre un piccolo panino speciale!
Quando ci penso mi torna in mente l'odore del pane fragrante, fatto come si faceva un tempo... mi torna in mente il sapore mai più provato...
Sensazioni indimenticabili!

E ogni volta mi torni in mente tu,

Queste poche righe sono dedicate a te, Nonna Cenza...

Grazie per tutto...
Per il passato, per presente... e per il futuro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 26 settembre 2009

Riflessioni sul Timeo: adamante...

Precedenti:
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Adamante...

Un termine trovato tante volte in tanti testi antichi, tradotto talvolta con il termine "ferro", talaltre con "acciaio", ma utilizzato sempre con riferimento a qualcosa di durissimo e resistente...
Ma cosa significava in antichità, o per lo meno cosa era per Platone l'adamante ce l'ha detto lo stesso Platone in quel testo così bello, così studiato e così oscuro per certi versi, conosciuto col titolo "Timeo".
Forse un giorno affronterò l'impresa di scrivere qualcosa sul Timeo, quello che ho capito dopo averlo letto e riletto, quello che non ho ancora capito... quello che forse Platone voleva dirci, ma ancora non é il momento, per cui se volete aspettate, oppure, ed é il mio consiglio, leggete il Timeo senza farvi spaventare da ciò che non capite...

Ma torniamo dunque al significato di adamante. Platone ne parla nel capitolo XXIV, quando ci parla delle "acque fondibili" cioè di quelle sostanze che in natura non sono liquide ma che lo diventano se sottoposte al calore.
Ma sentiamo cosa ci dice Platone nella traduzione di Giuseppe Fraccaroli, pubblicata dai Fratelli Bocca nel 1906:
"Or di tutte queste, quante abbiamo chiamate acque fondibili, quella che per constare di minutissime e conformissime parti è la più densa, specie semplice, in cui si uniscono il color splendido e il biondo, ricchezza preziosissima, è l'oro, che si fa solido dopo filtrato attraverso la pietra. E il germoglio dell'oro, che per la densità sua durissimo e tinto in nero, fu chiamato adamante."

Ecco dunque cosa intende Platone per adamante, la roccia nativa dell'oro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 24 settembre 2009

Lucio Anneo Seneca: la fine del mondo...

Precedenti:
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Oggi ho ripreso in mano il libro di Lucio Anneo Seneca, "Naturales Quaestiones"...
Ho cominciato a sfogliarlo alla ricerca di qualche appunto interessante preso durante la prima lettura... ho ritrovato tante cose interessanti di cui vi ho già parlato nei precedenti articoli, ma ho trovato anche altre cose di cui non vi avevo mai parlato!

Una di queste curiosità é relativa alla fine del mondo...
Seneca [Libro III, 29, 1] ci riferisce di Beroso, interprete delle dottrine di Belo, come colui che asserì che la distruzione del mondo arriva ciclicamente, a causa di diluvi o di conflagrazioni...
Beroso infatti sostiene:
"che il mondo terreno sarà incenerito, allorché tutti gli astri che ora seguono orbite diverse si saranno riuniti sotto il segno del Cancro, disposti lungo una stessa traccia così che una linea retta possa passare attraverso tutti i globi; si verificherà l'inondazione quando la stessa moltitudine di astri si sarà radunata sotto il segno del Capricorno. Il Cancro da luogo al solstizio d'estate, il Capricorno a quello d'inverno: costellazioni che esercitano un grande influsso, dal momento che determinano addirittura le mutazioni dell'anno."

Quando si verificherà il prossimo allineamento?
Chissà...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 23 settembre 2009

Tito Livio: Evandro ed Ercole nel Lazio

Precedenti:

Tito Livio: la morte di Remo...

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo...

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buon sera Maestro,
la disturbo?

Alessandro, qual buon vento... é un po che non ti fai sentire, che fine hai fatto?

Mi perdoni ma mi sono lasciato distogliere dalla tecnologia...
ma ciò che importa é che sono tornato!

Mi fa piacere rivederti... sai, in questi ultimi mesi ho ricevuto veramente poche visite. Forse la storia antica non interessa più a nessuno!

Non dica così, la prego...
la Storia, antica o moderna, avrà sempre i suoi cultori!

Speriamo che tu abbia ragione. Ma veniamo a noi, se sei venuto a trovarmi sicuramente é anche per chiedermi qualcosa, o mi sbaglio?

Non sbaglia Maestro, al di là del piacere di parlare con Lei, sono venuto per approfondire le mie conoscenze... e sono sicuro che Lei ha ancora tanto da insegnarmi!

Non adularmi, non é da te! Piuttosto fammi la domanda e speriamo di avere la risposta...

Bene, allora le chiedo di parlarmi di Ercole e di Evandro e del loro soggiorno nel Lazio.

Ercole ed Evandro... iniziamo da quest'ultimo.
Evandro venne nel Lazio dal Peloponneso, forse profugo dopo la guerra di Troia. Era un uomo istruito e conosceva l'arte della scrittura, ciò gli permise di governare su quei popoli ignari di ogni arte... quando un giorno arrivò Ercole...

Maestro, io ricordo di aver letto qualcosa di un Evandro figlio di Priamo... é forse lo stesso?

Potrebbe darsi Alessandro, potrebbe darsi... ciò che so é il nome della madre, Carmenta, che in quei tempi era venerata come la Sibilla lo divenne poi. Ma lasciami finire, per favore, alla mia età ci vuol poco a perdere il filo!

Mi scusi...

Dunque... dicevo che arrivò Ercole, di ritorno dal compimento di una delle sue fatiche era stato derubato da un pastore che si chiamava Caco e che viveva sulle rive del Tevere. Ercole se ne accorse e lo uccise. Evandro si accorse dell'accaduto e intervenne per capire cosa fosse accaduto. Interrogò Ercole e riconosciutolo come figlio di Giove gli dedicò l'Ara Massima che lo stesso Ercole costruì. Quell'Ara fu affidata alla famiglia dei Potizii perché celebrassero il culto di Ercole...
Credo di averti detto tutto ciò che so, spero sia sufficiente!

Grazie Maestro, sapevo che mi sarebbe stato di aiuto... e se ciò che mi ha detto su Evandro e sulla sua conoscenza della scrittura é vero, ciò potrebbe significare che Iliade ed odissea potrebbero essere state scritte e tramandate molto prima di ciò che si dice...

Grazie Maestro, le auguro una buona serata...

A presto Alessandro, torna a trovarmi presto, ti aspetto!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 20 settembre 2009

La pubblicità é l'anima del commercio...

Così perlomeno si dice!
Ma é poi vero?
Io non ne sono tanto convinto a dir la verità!
Sarà perché quando vado a far la spesa scelgo secondo criteri di economicità, sarà perché sono poco incline a pagare la marca, sarà perché sono poco influenzabile ma credo proprio che la pubblicità non sia poi così potente!
In ogni caso vorrei fare a tutti voi lettori qualche domanda e magari avere una risposta, per cui vi prego, prendete carta e penna e annotatevi le risposte alle domande che seguono, poi al termine della lettura di questo articolo lasciate un commento con le risposte, ve ne sarò grato!
Dopo queste semplici istruzioni cerchiamo di andare avanti e magari di capire qualcosa di più sulla pubblicità... ma prima di tutto rispondete alla prima domanda:
1. Vi piace la pubblicità televisiva? E se si, qual'é la vostra preferita?
Se consideriamo un prodotto qualunque, é facile capire che a parità di caratteristiche (supponiamo per ipotesi che il prodotto sia addirittura lo stesso!) il prodotto meno pubblicizzato sia anche il più economico! Questo perché "produrlo costa meno" se inserisco le spese pubblicitarie tra le spese di produzione...
ma ecco subito la seconda domanda:
2. Quanto siete disposti a spendere in più (in percentuale) per un prodotto di marca?
La risposta a questa domanda fa capire quale é il vero valore della notorietà associata alla marca, e la pubblicità, almeno in parte, influisce sulla notorietà!
Terza e ultima domanda, date uno sguardo alla pubblicità che vi colpisce di più in questo istante (su internet, sulla rivista che avete affianco, sul programma TV che intravedete mentre leggete questo articolo!)...
3. Cosa vi colpisce della pubblicità?

Ora mi fermo, aspetto le vostre risposte... e poi proseguiamo!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Plutarco: perché la Giustizia Divina punisce tardi

Cari amici e lettori,
avendo or ora terminato la lettura del saggio di Plutarco sulla Giustizia Divina e pensando che vi siano tante cose interessanti per uno studioso di storia e costumi dell'antichità, ho pensato di lasciare una breve traccia degli argomenti che vi sono trattati così da invogliare alla lettura del testo che é tra l'altro breve e di facile comprensione.
Plutarco inizia il suo testo parlando dell'epicureismo e di come tale dottrina sia assolutamente poco seria... ma queste sono dispute tra filosofi e lasciamole ai filosofi!
L'argomento del saggio é la Giustizia Divina (e anche quella terrena in quanto parte esecutiva!). Dopo alcuni esempi legati alla storia, Plutarco afferma che la giustizia divina arriva sempre al momento giusto, anche se l'uomo non sempre é in grado di capirlo. Talvolta la Giustizia Divina colpisce indirettamente il colpevole, agendo sui suoi successori...
Plutarco sostiene inoltre che sia necessario non agire immediatamente sulla scia di un torto subito ma agire con calma... e tal proposito ci dice che l'autocontrollo é la vera forza dell'uomo. Uno degli esempi è riferito ad Archita di Taranto che essendo arrabbiato verso i suoi servi non li punì in quanto il suo stato d'ira non gli consentiva di essere giusto, così li apostrofò: "Ritenetevi fortunati che io sia in collera!"
Plutarco é ricco di riferimenti a personaggi e popoli, tra questi i Cartaginesi. Plutarco sostiene che i Cartaginesi adoravano Saturno e che il rito prevedesse lo sgozzamento dei figli di fronte alle madri, da compiere ai piedi della statua di Saturno... per non perdere l'onore la madre non doveva piangere!
Interessante la figura usata da Plutarco e ripresa dagli antichi secondo cui "la punizione é zoppa" infatti:
"Gli antichi, con un'immagine efficace e geniale, dicevano che la punizione é zoppa, per indicare ch'essa non raggiunge mai subito il colpevole, ma non cessa mai d'inseguirlo; il rumore dei suoi passi, che noi chiamiamo rimorso, tormenta senza tregua il colpevole e il momento in cui lo raggiunge non é altro che la fine del supplizio."
Interessanti riferimenti al diritto degli Eraclidi di portare la corona e ancora più interessanti riferimenti alla ereditarietà di certe malattie all'interno della stessa famiglia.
Ma credo proprio che , se ancora non avete trovato niente che vi spinga a leggere l'opera, potrete trovarlo nella parte finale, la storia di Tespesio... uomo cattivo che cambia vita dopo un incidente. La sua anima, o parte di essa, viene condotta a visitare il regno dei più e qui gli viene mostrato, come in una Divina Commedia di duemila anni fa, cosa attende le anime nell'aldilà...

E con questo credo proprio di aver terminato, a chi é interessato dunque, auguro una buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


sabato 19 settembre 2009

Plutarco e la Giustizia Divina...

Plutarco di Cheronea, tra le sue innumerevoli opere ha scritto "De sera Numinis vindicta" ovvero: "Perché la Giustizia Divina punisce tardi", un trattato in cui affronta per l'appunto il problema della giustizia divina.
Interessante lettura serale...
Plutarco utilizza una serie di esempi storici per affermare che la Giustizia Divina agisce secondo tempi che non sono quelli dell'uomo e che tengono conto di cose che l'uomo non capisce e non conosce...
Ma non voglio tediarvi per cui vi invito semplicemente a leggere questa frase, che mi sembra rappresenti bene il concetto:

"Gli antichi, con un'immagine efficace e geniale, dicevano che la punizione é zoppa, per indicare ch'essa non raggiunge mai subito il colpevole, ma non cessa mai d'inseguirlo; il rumore dei suoi passi, che noi chiamiamo rimorso, tormenta senza tregua il colpevole e il momento in cui lo raggiunge non é altro che la fine del supplizio."

Credo ci sia veramente poco da aggiungere alla saggezza degli antichi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Simondo de Sismondi: storia delle Repubbliche Italiane

La lettura del testo del Sismondi diventa sempre più interessante...
La prima edizione uscì nel 1818 o giù di lì ma arrivò in Italia, inizialmente, solo in traduzioni non ufficiali in quanto ne fu proibita la pubblicazione. L'edizione che ho tra le mani é del 1850, traduzione dell'edizione francese del 1836... ma tutti questi dati poco interessano al lettore!
L'italiano utilizzato é quello della metà dell'800 ma non per questo meno interessante!
Ma come al solito, preferisco lasciare la parola all'autore che in questo punto ci racconta alcune cose sui sistemi giudiziari del periodo da lui chiamato "Lombardo" e che noi chiamiamo "longobardo".

"Bel privilegio aveano le nazioni settentrionali conservato ai cittadini, la libera scelta cioè di sottomettersi alle leggi dei loro maggiori, o pure a quelle che trovassero più conformi alle proprie nozioni di giustizia e di libertà.Presso i lombardi trovavansi in vigore sei corpi di leggi; la legislazione romana, lombarda, salica, ripuaria, alemanna e bavara; e le parti nell'incominciar de' processi dichiaravano ai giudici che viveano, e voleano esser giudicate secondo la tal o tal altra legge."

Immaginate oggi cosa accadrebbe... già così gli avvocati la fanno da padrone!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 18 settembre 2009

Invito a scrivere...

Cari amici e lettori,
vi porto via solo pochi istanti per chiedervi di aiutarmi!
Non chiedo soldi, non chiedo beni materiali, non chiedo neanche elogi o premi...
chiedo semplicemente un po di impegno!
Se siete dei lettori vi chiedo di provare a scrivere, se siete degli sportivi vi chiedo di provare a scrivere, se siete degli studenti vi chiedo di provare a scrivere...
Vi chiederete perché questa richiesta... semplice, penso che scrivere aiuti a capire, se si é capaci di scrivere la storia significa che si é studiato e che si é capito... se si é in grado di scrivere una poesia significa che si ha un'anima e che si provano sentimenti... se si é in grado di scrivere un racconto significa che si ha una buona immaginazione e l'immaginazione aiuta a vivere meglio!
Dunque scrivete, scrivete, scrivete...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Tonara: Colores de monte 2009


Cari amici dell'Accademia, anche quest'anno vi invito a Tonara per l'appuntamento con Colores de monte!
Il 10 e l'11 ottobre potrete così provare l'ospitalità di Tonara, partecipare alle attività culturali, visitare la mostra micologica e partecipare alla camminata nella località San Sebastiano... e, dulcis in fundo, gustare i nostri piatti tipici!

Dunque, cosa aspettate?

Auguri agli amici della Pro Loco Tonara... auguri a tutta la Sardegna!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 12 settembre 2009

Porto Torres: l'Antiquarium...

Se vi trovate a Porto Torres, mi raccomando, non perdete l'occasione di visitare l'antiquarium...
Si trova nei pressi del porto ed é possibile visitarlo quasi tutti i giorni.
E' un piccolo museo nel quale sono conservati parte dei ritrovamenti avvenuti a Porto Torres, altri oggetti si trovano al museo Sanna di Sassari.
Se siete fortunati vi sarà possibile visitare anche gli scavi del palazzo del Re Barbaro, noi siamo stati sfortunati...
A parte la generale mancanza di spiegazioni, ma forse é colpa nostra, avremmo dovuto prendere l'audioguida, la visita é piacevole ed é possibile ammirare una bella collezione di lucerne...
di tutte le fogge
e di varia provenienza
dalla simbologia veramente interessante...
vasi e statuette in terracotta ancore, iscrizioni funerarie latine, busti in marmo statuine probabilmente usate per riti della fertilità,
alcune monete romane e puniche,
ma anche oggetti a me sconosciuti... Chi ha idea di cosa possa trattarsi mi scriva per favore!

Molto interessante anche un anello in oro con una strana incisione che in ricorda vagamente la "monas Hieroglyphica " di John Dee, di cui si parla tra l'altro nel libro di Eco "Il pendolo di Foucault".

Ancora più interessante la cosiddetta Ara di Bubastis, un'Ara in marmo lavorato con simboli Egizi che rappresentano, pare, la dea Iside e Semiramide...

ma non voglio dire altro e mi aspetto che qualche egittologo mi dia una mano...

Un saluto a tutti gli amici di Porto Torres e a presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 11 settembre 2009

Addio Mike!

Avevo sei anni allora la mia giornata tipo finiva con le ultime immagini del carosello... con una eccezione: Scommettiamo?
Se non ricordo male andava in onda il giovedì, subito dopo il telegiornale e io, il più grande di quattro fratelli, avevo strappato un permesso speciale: potevo vedere il quiz ma dovevo andare a letto assieme ai miei fratelli e solo dopo che i più piccoli si erano addormentati potevo scendere dal letto a castello e raggiungere i miei genitori in sala. Era quasi una impresa... e se qualcuno si svegliava era la fine!
Ricordo ancora oggi il cavallino fatto a somiglianza di Mike e il mitico campione dei campioni... Canevacci!
E Mike con le sue gaffes, che allora talvolta non capivo...

Erano altri tempi... ma li ricordo come bei tempi...
Adesso non c'é più Mike Bongiorno, il presentatore dei quiz televisivi, ma chi mai potrà dimenticarlo?
Mike ora diventa uno dei miti italiani...

e allora in bocca al lupo Mike, da me e dall'Accademia dei Tuttologi, per il tuo ultimo viaggio!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 6 settembre 2009

Le Conchiglie di Alfredo Camoglio

E' anni che inseguiamo la mostra di conchiglie...
Ogni anno raccogliamo i volantini ma per un motivo o per l'altro non si riesce a visitarla. Quest'anno però ci siamo riusciti!
Stintino fa da cornice alla mostra, ospitandola all'interno delle sale della scuola elementare di via Lepanto, dalle 18.00 alle 24.00... ingresso gratuito!
I curatori della mostra sono i figli del Dottor Camoglio che hanno valorizzato la passione del padre permettendo a tutti di ammirare gli splendidi esemplari di conchiglie del golfo e del resto del mondo...
Le conchiglie sono tutte classificate, isocardidae, dalla caratteristica forma a cuore...
pettini...e tanti altri splendidi esemplari...
che al di là del nome, significativo solo per chi della malacologia ha fatto una ragione di vita, sono veramente bellissime nelle forme e colori...
E' possibile ammirare inoltre delle teche che riproducono l'habitat delle conchiglie... e gli strumenti che un tempo si usavano per la pesca e le immersioni, nasse e reti fungono anche da colorata cornice.
La mostra é arricchita da stupende sculture in pietra che rappresentano pesci e uccelli e vari modellini di imbarcazioni in legno!
La mostra resterà aperta fino al 10 settembre e se avete un po di tempo e voglia di passare una serata diversa visitatela, ne vale veramente la pena.

Alla famiglia Camoglio un ringraziamento particolare per averci fatto da guida e per il loro impegno... arrivederci all'anno prossimo!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 4 settembre 2009

Indro Montanelli, l'Italia dei secoli bui: Sidonio Apollinare a Ravenna.

L'Italia dei secoli bui, di Indro Montanelli, é un libro veramente piacevole nonostante la storia, talvolta, sia considerata noiosa!

Montanelli ci porta in giro per il mondo Romano facendoci rivivere quei tempi antichi come se passeggiassimo per le città di oggigiorno, rendendo la sua prosa interessante grazie a piccole perle tratte dagli autori antichi. Eccone una su Ravenna cittadina che tra il 402 e il 476 d.C. fu sede dell'Impero Romano d'Occidente... ma sentite cosa ci dice Sidonio Apollinare, poeta, funzionario dell'Impero Romano e Vescovo.

Ravenna... "E' un pantano, dove tutto va all'incontrario: i muri precipitano, le acque ristagnano; le torri affiorano e le barche si arenano; i bagni gelano e le case si infuocano; i vivi muoiono di sete e i morti galleggiano; i ladri vegliano e le guardie dormono; i preti esercitano l'usura e gli usurai cantano i salmi; i mercanti imbracciano le armi e i soldati fanno commercio; gli eunuchi studiano l'arte della guerra e i guerrieri barbari studiano la letteratura. E' una città di terra che non possiede che acqua e la cui popolazione originaria é composta solo di zanzare e di ranocchi."

Non me ne abbiano i Ravennati, io non ho mai visitato Ravenna che mi dicono sia una bella città, l'opinione é di Sidonio Apollinare!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 2 settembre 2009

Terra sarda di Ernst Junger

Certo che fa un certo effetto leggere della propria terra i pensieri e le riflessioni di uno scrittore straniero... "unu strangiu", come si dice da noi!
Ma Ernst Junger, scrittore tedesco, nelle sue pagine ha lasciato il ricordo di una Sardegna che ora non esiste quasi più!
Mi ha colpito la sua ricerca di pace, l'averla trovata in un luogo nel sud Sardegna in cui in quegli anni (1954) non era ancora arrivata l'energia elettrica. Era un tempo in cui i contadini ancora usavano la zappa e i pastori sorvegliavano le loro greggi all'ombra di una roccia che fungeva anche da casa...
Tempi passati e che talvolta vengono rievocati da mio suocero, calato il sole, al fresco del cortile fino a poche ore prima infuocato.
Junger osserva la natura, le antichità dell'isola, la lingua, gli insetti... senza disprezzare cibi naturali e l'osservazione dei paesani, in attesa che anche in quell'angolo di paradiso arrivi l'energia elettrica a portare l'illuminazione artificiale, i motori per le pompe dei pozzi, la radio, il cinema... e la fine della tranquillità!
Mi colpisce la sua capacità di parlare con gli altri, usando una lingua, l'Italiano, da lui poco conosciuta, in mezzo a gente di lingua Sarda... gente antica!
E in mezzo al suo viaggio tra terre antiche i suoi pensieri, le sue riflessioni sul mondo, sul potere, sulla felicità, sulla poesia, sulla Patria...

"le isole sono Patria nel senso più profondo, ultime sedi terrestri prima che abbia inizio il volo nel cosmo"

Grazie Junger, per averci lasciato il tuo diario di viaggio... grazie per la tua testimonianza!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 1 settembre 2009

Il pendolo di Foucault... di Umberto Eco

Tempo addietro, saranno almeno quindici anni, lessi per la prima volta "Il nome della rosa" e ne rimasi affascinato al punto che negli anni successivi rilessi il libro ancora una volta!
Tempo dopo girando per le librerie, cosa che faccio ogni volta che posso, trovai un altro libro di Eco, "Il pendolo di Foucault" e memore della avvincente storia dell'altra sua opera, lo acquistai.
Se ben ricordo iniziai la lettura la sera stessa... ma invano!
Leggevo ma non riuscivo a capire, erano più le cose che ignoravo che quelle che mi aprivano uno dei famosi cassettini della memoria di Jerry Scotti così, seppur a malincuore, dopo poche pagine abbandonai l'impresa in attesa di tempi migliori!
In questi anni ripresi il libro in mano a riprese, in tempi diversi almeno altre due volte, sempre in estate ma il risultato non fu diverso... é vero che l'ultima volta (cinque anni addietro?) lessi una trentina di pagine ma senza evidenti miglioramenti di comprensione... abbandonai ancora, fino a questa estate!
La settimana scorsa, terminato di leggere il primo volume delle "Storie" di Polibio in edizione GTE che comprende i primi tre libri, mi buttai sui fumetti di Topolino, sempre bellissimi anche dopo tanti anni, ma poi cominciai a frugare nella libreria, alla ricerca di qualche volume dimenticato o semplicemente abbandonato in attesa del momento giusto... trovai un portolano della Sardegna, regalo di un parente, che però mi era sfuggito, una storia delle religioni di Donini e un vecchio volume sulla storia dei Rosa - Croce, letto tempo fa... ma sempre interessante; é anni che non leggo un romanzo, pensai...
Poi, in un angolo in seconda fila, nascosto alla vista come spesso si nascondono le cose brutte o i fallimenti, ecco emergere il dorso bianco con una linea rossa della serie Best Sellers della Bompiani... "Il pendolo di Foucault" mi sfidava... ed io accettai la sfida,quasi a malincuore, convinto com'ero che sarebbe stato l'ennesimo fallimento!
Keter...
Come inizio non c'é male, prima parola... prima parola sconosciuta... ma vado avanti lo stesso... ho imparato che non bisogna pretendere di capire tutto dall'inizio, a volte le cose si capiscono durante... altre volte solo alla fine... e talvolta non si capiscono e basta!
Ora so qualcosa in più...
New Atlantis di Francis Bacon, ecco un altro riferimento che un tempo mi avrebbe fermato... come andare avanti nella lettura sapendo che difficilmente potrò controllare la veridicità di alcune affermazioni? Ora la mia conoscenza dell'inglese scritto mi permette almeno di provare... così mi scarico dal Progetto Gutemberg il testo inglese che ora attende il suo momento sul desktop del mio computer...
Vado avanti nella lettura e mi fermo quando mia moglie mi chiama per la cena... sono a pagina 45... forse questa é la volta buona, penso!
Dopo cena faccio un breve riassunto di ciò che ho letto a mia moglie... strano, ricordo addirittura i nomi dei personaggi, Belbo, Casaubon, Diotallevi... eppure...
La mattina dopo mi alzo alle sette, mi lavo la faccia velocemente e poi mi accomodo sulla sedia a dondolo, comodo rifugio per la lettura.
Lo scricchiolio ritmato del legno sul pavimento mi concilia la lettura... alle otto e trenta si sveglia mia moglie e prendiamo il caffè... andiamo al mare oggi?
Si, andiamo all'Argentiera... e speriamo ci sia poca gente così posso leggere...
HOKMAH...
BINAH...
... i Templari... lessi qualcosa tempo addietro, la storia del loro ordine cavalleresco e la loro fine. Ma il libro non é più nella libreria... non so che fine ha fatto! Ma non é importante perché Eco ne fa un bel riassunto per il tramite di uno dei suoi personaggi.
Pagina dopo pagina il romanzo scorre, le parole si affollano nella mia mente, appunti veloci prendono corpo lungo i bordi delle pagine e sull'agenda che mi ha regalato un amico, grazie...
Le grandi cattedrali e i loro misteri... se di misteri si può parlare. Mi tornano in mente, non so perché, i nuraghe della civiltà cosiddetta del Bronzo, Sardegna... terra antica e sconosciuta, ma questo non c'entra niente con Eco.
Tritemio... ecco un altro personaggio che ho già incontrato nelle mie letture, vissuto a cavallo tra il 1400 e il 1500, autore di un testo di steganografia conosciuto come testo esoterico, fa parte degli autori che si trovano nella mia lista delle cose da approfondire unitamente al suo testo "De origine gentis Francorum compendium" che purtroppo non sono ancora riuscito a trovare...
Piramidi, Graal, Cagliostro, Conte di San Germano, John Dee e le vite dei tre personaggi principali si alternano senza lasciare spazi e ti trascinano come per magia attraverso il tempo e i misteri veri o supposti che forse solo Eco é capace di raccontare in questo modo...
Ripenso a tutte le volte che avevo preso il libro tra le mani e poi avevo rimesso al suo posto sconsolato... ora evidentemente é il momento giusto! Certo, ho tanto ancora da imparare ma mi sembra di essere in grado di capire... se c'é qualcosa da capire! Illusione?
Il vuoto non esiste... o almeno così si dice vi fosse scritto nella cripta dei Rosa Croce, anzi del loro supposto fondatore, il Padre Rosencreutz, che istituì anche la Regola...
Iniziazione e misticismo... differenti ma simili... a livelli diversi: "l'iniziato controlla le forze che il mistico patisce [..] l'iniziazione é frutto di lunga ascesi della mente e del cuore..." ci dice Eco.
E così passano le pagine, una dopo l'altra, lasciando in me una sorta di memoria sbiadita che va ad aggiungersi a ciò che conosco e a ciò che apparentemente ho dimenticato, strato su strato a formare la conoscenza... e contemporaneamente crescono anche i mie i appunti di curiosità da verificare o da approfondire... fino a MALKUT!

Buona lettura...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 5 agosto 2009

L'Ignaro e la vita...

A volte ci si rende conto troppo tardi di aver mancato all'appuntamento che avrebbe potuto cambiare la propria vita, altre volte non ci si rende neanche conto di averlo mancato.

C'é chi invece segue il solco tracciato da altri per lui, prima di lui, senza minimamente porsi il problema... chi più fortunato dell'Ignaro?


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 2 agosto 2009

Lo sviluppo dell'Umanità

Possibile che l'uomo sia così com'é grazie agli ultimi 5.000 anni di sviluppo?
In fin dei conti si tratta di appena 200 generazioni... cosa possiamo dire dei tempi antichi, dei milioni di anni di svilluppo dalle scimmie a ciò che siamo oggi?
Che fossero tutti cretini? Mi sembra strano...
E se ci sbagliassimo?!?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 1 agosto 2009

Cos é la poesia?

Cosa é la poesia se non ciò che per te é poesia?
E nessuno riuscirà mai a convincerti del contrario...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

martedì 28 luglio 2009

Nel firmamento...

Esiste una stella chiamata Amore che risplende per l'eternità...

affianco un'altra stella,

piccola e nera,

chiamata Odio,

le contende le anime mortali...


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 26 luglio 2009

Virgilio e l'Eneide

Sono quasi vent'anni che il volume dell'Eneide si trova nella mia biblioteca personale, ma fino alla settimana scorsa non era mai stato aperto!
Tanti libri sona ancora là che aspettano...

Eneide... ovvero l'epopea di Enea e della sua nuova terra, l'Italia!
E si, perché forse non tutti sanno che l'Eneide é la storia della nascita di un popolo, quello dei Romani!
Se la storia sia veramente andata come Virgilio ci ha raccontato o se si tratti di pura e semplice invenzione a me poco importa (anche se io penso che come per tutte le cose la verità sia nel mezzo!). Ciò che mi interessa invece é la ricerca di notizie e informazioni che l'Eneide ci ha tramandato!
Ma prima di cominciare a raccontarvi curiosità, stranezze e fatti meravigliosi lasciatemi dire che se anche voi avete tra i vostri libri l'Eneide e non l'avete mai letta (non considerando ciò che avete fatto a scuola!), beh... rispolverate il libro e leggetelo, anche solo pochi versi al giorno, ma leggetelo! Vale veramente la pena!

"Armi canto e l'uomo che primo dai lidi di Troia venne in Italia fuggiasco per fato e alle spiagge lavinie..."

Così inizia la storia di Enea che, finita la guerra che vide Troia distrutta, profugo per mare e per terra alla fine si stanzierà in Italia, nel Lazio in particolare nella città di Lavinio.

Durante il viaggio, che durerà anni, possiamo seguire Enea lungo il suo percorso, da quando si lascia dietro la costa della sua terra fino a Cartagine, dove conoscerà e sposerà, per poi abbandonarla, la bella Didone, fonte di odio eterno tra Roma e Cartagine.
Didone, sorella di Pigmalione "assassino feroce su quanti mai furono...", re della città di Tiro, scappò da Tiro dopo che il fratello assassinò il suo sposo. Arrivata via mare dove poi fonderà Città Nuova... Cartagine.

E pagina dopo pagina Virgilio ci racconta ciò che sa sulla storia dell'Italia o, per meglio dire, della penisola...
Così si scopre che secondo lui Padova fu fondata dai Troiani, anch'essa:
"Antènore, pure, ha potuto, sfuggendo agli Achivi, penetrar sicuro il mar d'Illiria, e i lontani regni Liburni e la fonte superar del Timavo, donde per nove bocche, con vasto rimbombo del monte, va, dilagato mare, travolge i campi nell'onda muggente. Si, egli pose qui Padova, sede di Teucri, e diede un nome alla gente, e appese l'armi di Troia..."

Ma la storia non é semplice e prima di riuscire a regnare sul Lazio Enea dovrà combattere e soffrire e con lui il suo popolo e suo figlio Ilo, Ascanio o Iulo che dir si voglia, perché si tratta sempre dalla stessa persona.

Dovranno passare trecento anni prima che dalla stirpe di Enea nascano Romolo e Remo e quindi Roma e i Romani!

E così voltiamo ancora pagina, seguendo l'istinto e sottolineando e tornando indietro e rileggendo...
Italia... Italia... Virgilio, raccontaci le sue origini se puoi...

"C'è un luogo, Esperia i Greci per nome dicono, terra antica, d'armi potente e feconda di zolla, gli Enotrii l'hanno abitata, ora è fama che i figli Italia abbian detto dal nome d'un capo la gente..."

Esperia... terra degli Enotrii!

Ma ancora una volta giriamo pagina assieme, per arrivare all'immagine di un immenso cavallo, macchina infernale, che ricolmo di uomini in armi attendeva che i Troiani lo accettassero... quale terribile imbroglio! Ulisse tra questi, ma chi ricorda il nome dell'inventore del cavallo? Epeo si chiamava...
Eppure il cavallo di Troia avrebbe fatto una misera fine se non fosse per un uomo, una spia disposta a sacrificarsi per vincere la guerra, che si presentò di fronte ai Troiani e li convinse a portare il cavallo integro dentro le mura!
Solo qualche dio poteva convincere Priamo e i Frigi così fù! Infatti mentre Laocoonte, colui che poco prima aveva colpito con la sua lancia il cavallo, compiva i sacrifici al dio Nettuno, ecco che
"immensi due draghi incombon sull'acque e tendono insieme alla spiaggia. Alti hanno i petti tra l'onde, le creste sanguigne superan l'onde, l'altra parte sul mare striscia dietro, s'inarcan le immense terga in volute. Gorgoglia l'acqua e spumeggia. E già i campi tenevano, gli occhi ardenti iniettati di sangue e di fuoco, con le lingue vibratili lambendo le bocche fischianti. Qua, là, agghiacciati a tal vista, fuggiamo. Ma quelli diritto su Laocoonte puntavano: e prima i piccoli corpi dei due figli stringendo, l'uno e l'altro serpente li lega, divora a morsi le piccole membra; poi lui, che accorreva in aiuto e l'armi tendeva... "
I serpenti scapparono poi verso i templi e li si nascosero... subito tutti interpretarono il fatto come il volere degli dei che il cavallo prendesse posto tra i templi... solo Cassandra dicendo, mai creduta, il vero... E Troia cadde e con lei la stirpe di Priamo...

E così é arrivato il momento di voltar ancora una volta pagina...

Eccomi ora ancora una volta ad Enea, che ricorda la sua fuga lungo le vie della città urlante, in mezzo ai nemici...
E mentre corre la sposa amata, Creusa, si perde e lui la cerca urlando tra i nemici il suo nome...
E lei allora, o forse il suo fantasma, gli appare...

"Perché cedi tanto a un dolore insensato, mio dolce sposo? Non senza volere dei numi avvenne questo, con te portarti Creusa non puoi, non vuole il sovrano dell'altissimo Olimpo. Lungo esilio t'aspetta, tanto mar da solcare: e alla Terra verrai del Tramonto, dove l'etrusco Tevere scorre tra fertili campi con lenta corrente. Qui prosperi eventi e regno e sposa regale son pronti per te: non pianger più l'amata Creusa. Non io le case superbe vedrò di Mirmidoni o Dolopi, non a servire le donne dei Greci anderò io, la Dardanide nuora di Venere. Me la Gran Madre dei numi tien qui, in queste terre. E ora addio, e del nostro bambino conserva l'amore..."

Grazie Virgilio, grazie per queste parole...

Ma Enea prosegue il suo viaggio e noi, come fantasmi, ospiti non visti, ne seguiamo da lontano le mosse...
Per prima toccarono la terra Tracia, dove un tempo regnava Licurgo, ma il loro viaggio era appena all'inizio.

"Dardanidi duri, la terra che dalla radice dei padri vi generò per prima, quella nel seno fecondo vi accoglierà ritornanti..."

Così il vecchio Anchise, padre di Enea, cercando tra i ricordi degli Antichi, indicò in Creta la casa di partenza da ricercare...

Levate le ancore dal porto di Ortigia diretti verso Creta speranzosi i nostri eroi viaggiano... ma giunti a Creta la peste li accoglie malevola. Un nuovo viaggio al santuario di Apollo, ad Ortigia, riporta la giusta interpretazione delle parole degli dei, Anchise sbagliava...

"Esiste una terra, Esperia i Greci la dicono a nome, terra antica, potente d'armi e feconda di zolla, gli Enotrii l'ebbero, ora è fama che i giovani Italia abbian detto, dal nome d'un capo, la gente..."

Dall'Italia Iasio e Dardano vennero a fondare Ilio e in Italia é destino che Enea torni a fondare Lavinio dal nome della sposa Lavinia...

E il viaggio prosegue, lungo lo Ionio, fino alle Strofadi dove lottarono contro le Arpie. Poi verso Zacinto e poi Itaca e oltre fino a Butroto. Poi attraversar il mare e ridiscendere lungo la costa fino all'isola Trinacria, la nostra Sicilia, che occorre circumnavigare per evitare le orribili Scilla e Cariddi.

"Poi quando, salpato, ti spinga alle Sicule spiagge il vento e ti s'apran le chiostre dell'angusto Peloro, le rive a sinistra, i mari a sinistra, in lungo circuito tu devi seguire, fuggi l'onde di destra e le coste. Questi luoghi violenta sconvolse in antico e vasta rovina (tanto può trasformare vetusta lunghezza di tempi) e lontani, si narra, balzarono, mentre eran prima un'unica terra: scrosciò in mezzo il mare e coi flutti il lato esperio tagliò dal siculo, e campi e città, separati di lido, bagnò con angusto fluire. Il fianco destro Scilla, il sinistro Cariddi implacabile tiene..."

Per la seconda volta trovo il riferimento agli eventi che separarono la Sicilia dall'Italia, mi fermo rifletto... rileggo quella nota presa alcuni anni fa da Naturales Quaestiones di Lucio Anneo Seneca e poi riprendo la lettura...

Ed ecco dopo Scilla e Cariddi la seconda isola Ortigia... questa di fronte al golfo sicanio, dopo Megara... che sia l'isola Ogigia di Ulisse? E poi Agrigento e Drepane... e Cartagine e la storia della sua regina suicida per amore e la maledizione contro il popolo che sarebbe sorto!
Povera Didone, sedotta e abbandonata... ma immortale nei versi del grande poeta Virgilio, richiamata a nuova vita nel cuore di ogni lettore...

E poi le coste della Sicilia e la Calabria fino all'Averno, dove Enea si recherà per rivedere il padre Anchise, morto lungo il viaggio, che gli racconterà il futuro della sua stirpe... Qui Enea incontrerà vari personaggi, anche la povera Didone... ma chi é veramente interessante é Salmoneo, condannato alle pene infernali per aver cercato di imitare "le fiamme e il rimbombo di Giove"... Ma leggiamo assieme...
"tirato da quattro cavalli e squassando una fiaccola, tra i popoli Greci, per la città che dell'Elide é il cuore, andava, esaltandosi, per se pretendendo dei numi l'onore: pazzo!, che i membri e il non imitabile fulmine simulava col bronzo e il galoppo dei cavalli monungoli..."
Cosa può significare tutto ciò? Nuove armi da guerra? L'invenzione, forse, di armi da fuoco? Chissà...

E così, pagina dopo pagina, Enea si avvicina al suo destino... le coste dell'Esperia, il Lazio... a combattere contro i Rutuli guidati da Turno, promesso sposo della bella Lavinia... e sangue e guerre e simboli di eroi passati disegnati sugli scudi, l'Idra cinta di serpi è il simbolo di Aventino figlio d'Ercole!

E un filo di vento immaginario, in questa calda giornata d'estate, gira le pagine e si ferma, poi, ben conoscendomi, sull'origine del termine Lazio...

"Per primo venne Saturno dall'Olimpo celeste, l'armi di Giove fuggendo, dal tolto regno scacciato. Egli, quel popolo barbaro (Fauni e Ninfe indigeni...) per gli alti monti disperso, riunì, diede leggi e chiamar volle Lazio la terra ove latebre (cioè rifugio!) aveva trovato, sicure... "

Lazio significa dunque "rifugio"... e quella era l'età d'oro. E si parla di Ausonia, di Sicani e di terra Saturnia e di Albula che muta il suo nome in Tevere... e di Giano e Saturno, fondatori delle antiche città di Gianicolo e Saturnia, già allora solo mura diroccate... e mentre leggo ancora un soffio di vento, dispettoso, mi gira la pagina fino alla fine e chi é interessato dovrà, se vuole sapere di più, aprire il libro da se!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 25 luglio 2009

Atlantide secondo Platone: dal Timeo al Crizia...

Precedenti:
Il Timeo...
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Era da tanti anni che cercavo un libro che mi era capitato di sfogliare da ragazzino... fu sicuramente per caso... era un libro vecchio e attirò allora la mia attenzione.
Cominciai a rigirarlo per le mani... Platone: i Dialoghi... che titolo strano pensai allora!
Cominciai a sfogliarlo...
Una parola attrasse la mia attenzione... la fantasia di un ragazzo curioso: Atlantide!
Mio padre aveva un libro su Atlantide nella sua biblioteca e io lo avevo letto da poco... chissà cosa c'era di vero, pensai allora...
Provai a leggere qualche riga del libro che avevo allora tra le mani... il Dialogo si intitolava "Crizia". Purtroppo non riuscivo a capire granché per come era scritto... ma non dimenticai mai il titolo... Crizia!
Passarono anni da quel momento e un altro testo di Platone mi capitò tra le mani e risvegliò quell'antico ricordo... il Crizia riemergeva dal passato e con lui Atlantide!
Mi trovavo di fronte ad una bancarella di libri usati, non ricordo più dove, forse a Cagliari al Bastione...
Il libro era vecchio e abbastanza rovinato... Platone... toh! pensai... che sia...
Invece no, si trattava del Timeo, opera monumentale che cominciai a leggere e abbandonai diverse volte fino a che... ancora una volta per caso, arrivai al terzo capitolo e, sorpresa, ecco ancora una volta Atlantide riemergere dal passato...
Lessi e rilessi il terzo capitolo e cominciai a cercare il Crizia, il seguito del racconto su Atlantide...
Eppure sembrava, fino a poco tempo fa, che il Crizia fosse scomparso... cominciai addirittura a dubitare della mia memoria! Che mi sbagliassi? Che solo nel Timeo Platone avesse parlato di Atlantide? Oppure il troppo tempo passato aveva cancellato o storpiato il ricordo?
Cominciai a cercare su internet ed ecco un testo in lingua inglese, autore della traduzione Benjamin Jowett, letterato inglese del 1800, professore di greco presso la Oxford University e teologo.
Anche se il mio inglese non é certo dei migliori la sfida mi affascina e così inizio a leggere... e rileggere e cercare di capire.
L'idea di tradurre il testo si fa sempre più forte e quasi senza accorgermene mi trovo a capo chino sul testo inglese, circondato da vocabolari di vario genere e la penna in mano che scrive, spesso cose senza o con poco senso, ma scrive!
Il testo non é lungo ma mi occorre comunque molto tempo... e dopo la traduzione il lavoro sembra ancora appena all'inizio. Rileggo e correggo e chiedo spiegazioni a chi conosce l'inglese meglio di me, grazie Raffaele, e rileggo e ricorreggo, sempre insoddisfatto...
E poi alla fine, quasi ci sono, ecco... forse posso cominciare a pensare di riuscire nel mio intento!
Che dire, chissà cosa provò l'illustre luminare, Benjamin Jowett quando terminò il lavoro...
Certo, il mio é un lavoro ben più modesto, ma ne vado comunque fiero... nonostante gli errori che sicuramente ci sono...
Che dire, allora, non resta che pubblicarlo... il Crizia, libera traduzione di Alessandro RUGOLO dal testo inglese di Benjamin Jowett...
Ma prima di augurarvi una buona lettura eccovi presentati i personaggi del dialogo:
Crizia, Ermocrate, Timeo e Socrate...
Ed ora...
Buona lettura!

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Timeo: Quanto sono grato, Socrate, di esser giunto alla fine e, come un viaggiatore dopo un lungo viaggio, riposarmi in tranquillità. E io prego l'essere che sempre fu e che é stato da me rivelato, di garantire per le mie parole, che possano essere ricordate fintanto che egli le giudichi credibili e accettabili, ma se, non intenzionalmente , io avessi detto qualcosa di sbagliato, prego egli che mi commini la giusta punizione, e la giusta punizione di colui che sbaglia é che sia corretto. Desiderando dunque parlare correttamente in futuro sulla generazione degli dei, lo prego di darmi la conoscenza, che di tutte le medicine é la più perfetta e la migliore. Ed ora, avendo offerto la mia preghiera, io cedo la parola a Crizia, che ci parlerà secondo i nostri accordi.

Crizia: Ed io, Timeo, accetto il vero e come tu all'inizio ai detto che andavi a parlare di argomenti importanti e pregavi di essere tolleranti nei tuoi confronti, anche io chiedo la stessa o maggiore tolleranza per ciò che sto per dire. E nonostante io sappia bene che la mia richiesta possa sembrare scortese, in ogni caso va fatta! Potrà, ogni uomo di buon senso, negare che io avrò ben parlato? Io posso solo fare del mio meglio per mostrare che necessito più indulgenza di te, perché il mio argomento é più difficile; e cercherò di mostrarvi che parlar bene degli dei agli uomini è più semplice che parlare bene degli uomini agli uomini, in quanto l'inesperienza e la grande ignoranza degli auditori sul soggetto è di grande aiuto a colui che deve parlare, e noi sappiamo quanto siamo ignoranti circa gli dei. Ma io cercherò di spiegarmi più chiaramente, Timeo, se vorrai seguirmi. Tutto ciò che é detto da ciascuno di noi può essere solo imitazione o rappresentazione. Se noi consideriamo le immagini che i pittori realizzano dei corpi divini e celestiali, ed i diversi gradi di gratificazione con cui l'occhio dello spettatore lo riceve, noi vedremo che saremo soddisfatti dell'artista che é capace, in massimo grado, di imitare la Terra e le sue montagne, e i fiumi e i boschi e l'universo, e le cose che vi sono e si muovono al suo interno, e dunque, non conoscendo con precisione queste materie, noi non esaminiamo o analizziamo i dipinti; tutto ciò che é richiesto é qualcosa di indistinto e illusorio che in qualche modo sia capace di renderne l'immagine. Ma quando una persona cerca di dipingere la forma umana noi siamo veloci a trovarne i difetti e la nostra familiarità (col soggetto) ci rende giudici severi di chiunque non renda con precisione ogni punto. E noi possiamo renderci conto che la stessa cosa accade nei discorsi; siamo soddisfatti da una descrizione delle cose divine e celestiali che é appena somigliante alla realtà, ma siamo molto più precisi nelle critiche sulle cose mortali ed umane. Dunque, se per qualunque motivo durante il mio discorso io non sarò in grado di esprimere adeguatamente il mio pensiero, dovrete perdonarmi pensando che descrivere adeguatamente le cose umane é tutt'altro che facile. Questo é ciò che io voglio suggerirvi e allo stesso tempo ti prego, Socrate, di poter ricevere non meno ma maggior indulgenza su ciò che dico. Il quale favore, se io sono nel giusto, posso sperare che tu mi vorrai concedere.

Socrate: Certamente Crizia, noi accettiamo la tua richiesta e garantiamo lo stesso trattamento ad Ermocrate, come già fatto per te e Timeo, perché non ho dubbi che quando fra poco sarà il suo turno lui farà la stessa vostra richiesta. Così, affinché lui possa pensare ad un nuovo inizio senza doversi preoccupare di dire ancora le stesse cose, facciamogli capire che l'indulgenza é estesa anticipatamente anche a lui. Ed ora, amico Crizia, ti annuncerò il giudizio del pubblico. Essi sono dell'opinione che l'ultimo che ha parlato ha avuto uno splendido successo e che dunque tu necessiterai una grande indulgenza affinché tu sia in grado di prenderne il posto.

Ermocrate: L'avviso, o Socrate, che tu hai indirizzato a lui, devo considerarlo valido anche per me. Ma ricorda, Crizia, che la mancanza di coraggio non ha mai consentito di conquistare un trofeo; quindi tu devi procedere e attaccare l'argomento come un uomo. Prima invoca Apollo e le Muse, quindi lasciaci sentire come tu glorifichi e ci mostri le virtù dei tuoi antichi cittadini.

Crizia: Amico Ermocrate, a te che per ultimo hai parlato e un altro hai di fronte che non ha ancora perso il coraggio, la gravità della situazione ti verrà presto rivelata, in ogni caso io accetto le tue esortazioni ed incoraggiamenti. Ma tra gli dei e le dee che tu hai menzionato, in particolare voglio invocare "Mnemosyne ", in quanto la parte principale del mio discorso dipende dai suoi favori, e se io potrò ricordare e recitare abbastanza di quanto fu detto dai sacerdoti e portato in questo luogo da Solone, io non dubito di essere in grado di soddisfare questo "teatro". Ed ora, senza ulteriori indugi, procederò.
Lasciatemi cominciare osservando, prima di tutto, che a novemila assommano gli anni che son passati dalla guerra che come é stato detto, vi fu tra coloro che vivevano oltre le colonne d'Ercole e coloro che vivevano al loro interno, questa guerra io stò per descrivervi . Sui combattenti, si dice che da una parte la città di Atene fosse a capo e che avesse combattuto misurandosi in guerra; dall'altra parte i combattenti erano comandati dai re di Atlantide che, come avevo detto, era un'isola più grande in estensione di Libia e Asia e che, in seguito, colpita da un terremoto divenne una barriera di fango insormontabile per i viaggiatori che andavano per mare in ogni parte dell'Oceano. Il seguito della storia rivelerà le diverse nazioni dei barbari e le famiglie degli Elleni che esistevano, e come essi successivamente apparirono sulla scena, ma io devo descrivere prima di tutto gli ateniesi di quei giorni, e i loro nemici che combatterono con loro, e quindi le rispettive potenze e i governi dei due regni. Lasciateci dare la precedenza ad Atene.
Nei tempi antichi gli dei avevano distribuito tra loro per sorteggio l'intera terra. Non c'era da discutere; non potete infatti supporre che gli dei non sapessero cosa fosse giusto per ognuno di loro possedere, o, sapendo ciò, che essi volessero ottenere per se attraverso una contesa ciò che fosse più propriamente proprietà altrui. Essi tutti, per mezzo di giusta suddivisione, ottennero ciò che desideravano, e popolarono i loro distretti; e quando ebbero popolato i propri distretti essi accudivano i loro assistiti e possedimenti come pastori che accudiscono le loro greggi, con l'eccezione che essi non usavano la violenza o la forza fisica, come fanno i pastori, ma governavano come i piloti dal timone del vascello, che é la via più semplice di guidare gli animali, tenendo le nostre anime per mezzo dello strumento della persuasione in accordo al loro stesso piacere, così essi guidavano tutte le creature mortali.
Ora, dei diversi avevano i loro assegnamenti in luoghi diversi da loro ordinati. Hephaestus e Athene, che erano fratello e sorella, originati dallo stesso padre, avendo la stessa natura ed essendo uniti dallo stesso amore per la filosofia e l'arte, entrambi ottennero come loro parte questa terra che era adatta per natura alla saggezza e alla virtù; e qui essi impiantarono figli coraggiosi del suolo, e misero nelle loro menti l'ordine di governare; i loro nomi si sono conservati, ma le loro azioni sono sparite a causa della distruzione di coloro che ricevettero le tradizioni e dello scorrere del tempo. Per quanto ci fossero dei sopravvissuti , come ho già detto, essi erano uomini che vivevano sulle montagne, essi non conoscevano l'arte della scrittura e avevano sentito solo i nomi dei capi della terra ma sapevano molto poco delle loro azioni.
Essi erano ancora in grado di tramandare questi nomi ai loro figli ma riguardo le virtù e le leggi dei loro antenati, essi le conoscevano solo attraverso oscure tradizioni e siccome ad essi stessi ed ai loro figli mancò per diverse generazioni il necessario per vivere, essi indirizzarono le loro attenzioni a sopperire ai loro bisogni e di ciò essi conversarono , dopo aver dimenticato gli eventi accaduti in tempi antichi, per la mitologia e la ricerca del passato, vennero introdotti nelle città quando essi incominciarono ad avere del tempo libero e quando videro che al necessario per vivere si era già provveduto, ma non prima. Ed é questa la ragione per cui i nomi degli antichi sono stati conservati fino a noi ma non le loro azioni. Questo io deduco da quanto Solone disse, cioè che i sacerdoti durante il loro racconto di questa guerra nominarono molti dei nomi che sono registrati prima del tempo di Teseo, quali Cecrops e Erectheus ed Erichthonius e i nomi delle donne allo stesso modo. Inoltre in quel periodo le attività militari erano comuni a uomini e donne, gli uomini di allora in accordo con i costumi del tempo, preparavano una figura ad immagine della deità,completamente in armi, affinché testimoniasse che tutti gli animali nel loro complesso, maschi e femmine, possono se lo desiderano, praticare in comune la virtù che deriva da essi senza distinzione di sesso.
Ora, il paese in quei giorni era abitato da diverse classi di cittadini; c'erano artigiani e vi erano uomini di famiglia e vi era anche una classe guerriera, in origine costituita da uomini divini. Questi ultimi vivevano per conto loro e avevano tutto ciò che occorreva per nutrirsi e per l'educazione, nessuno di loro possedeva niente, ma essi utilizzavano tutto ciò che avevano quale comune proprietà, niente essi chiedevano di avere dagli altri cittadini oltre al cibo necessario. Ed essi svolgevano tutti i compiti che noi ieri abbiamo descritto parlando dei nostri guardiani immaginari.
Al riguardo del paese i sacerdoti egizi dicevano che non solo era probabile ma manifestamente vero che i confini in quei giorni erano fissati sull'istmo e che in direzione del continente si estendevano fino alle cime del Cithaeron e Parnes. La linea di confine scendeva in direzione del mare tenendo il distretto di Oropus sulla destra, e il fiume Asopus come limite sulla sinistra. Il territorio era il migliore del mondo ed era inoltre in grado di supportare un grande esercito, accresciuto dai popoli confinanti. La parte dell'Attica che ancora oggi esiste può competere con qualunque regione del mondo per la varietà e l'eccellenza dei suoi frutti e per i suoi ottimi pascoli per tutti i tipi di animali il che prova ciò che stavo dicendo. Ma in quei giorni il paese era giusto e corretto come oggi e più produttivo di oggi.

Come posso far si che crediate alle mie parole? e quale parte di esse possa essere correttamente detta ""il ricordo della terra che fu?". L'intero paese é solo un lungo promontorio che si estende in profondità nel mare, lontano dal resto del continente, mentre il bacino del mare circostante é in ogni luogo profondo in prossimità della riva. Molti grandi diluvi si sono susseguiti durante i novemila anni, perché questo é il numero di anni che sono passati dal tempo di cui sto parlando; e durante tutto questo tempo e attraverso così tanti cambiamenti non c'è mai stato un consistente accumulo di suolo che scendeva dalle montagne, come per altri posti, ma la terra é caduta via tutto attorno ed é sparita dalla vista. La conseguenza é che in confronto a ciò che era, sono restate solo le ossa del vasto corpo, se così si può dire delle piccole isole; tutto il soffice e ricco terreno é andato via e solo lo scheletro della terra é restato.
Ma nella condizione iniziale del territorio le montagne erano alte colline coperte di terra e il piano, così come chiamato da noi, di Phelleus , era ricco di ottima terra e vi era abbondanza di boschi sulle montagne. Di questi ultimi le tracce ancora restano, anche se alcune delle montagne sono oggi capaci solo di fornire sostentamento alle api, non molto tempo fa era ancora possibile vedere tetti di legno, tagliati da alberi che crescevano qui, che erano della taglia sufficiente a coprire le case più grandi. e vi si trovavano molti altri alti alberi coltivati dall'uomo e che producevano cibo in abbondanza per il bestiame. Inoltre la terra era beneficiata dalle piogge annuali, non come oggi che perde l'acqua che scorre via attraverso "le ossa" della terra fin dentro il mare, ma avendosi abbondante rifornimento in tutti i posti e accogliendo l'acqua al suo interno e custodendola nella parte superiore del suolo. Rilasciando poi nelle valli i fiumi d'acqua assorbiti nei luoghi elevati, rifornendo ogni luogo di abbondanti sorgenti e fiumi, delle quali possono essere ancora osservate sacre vestigia in luoghi in cui un tempo esistevano le sorgenti. E ciò prova la verità di quanto detto.
Questa era la condizione naturale del paese, che era ben coltivato, come possiamo ben credere, da vari agricoltori, che fecero dell'agricoltura il loro mestiere, ed erano amanti dell'onore e di nobile natura, e avevano il miglior terreno del mondo e abbondanza d'acqua e nel cielo sovrastante un eccellente clima temperato. Ora, la città (di Atene) in quel tempo era sistemata in questo modo: prima di tutto l'acropoli non era come é oggi a causa di una unica notte di piogge eccessive che lavarono via la terra lasciando scoperte le rocce, nello stesso tempo vi furono terremoti e quindi una straordinaria inondazione, la terza prima della grande distruzione di Deucalione. Ma in quei tempi antichi la collina dell'acropoli si estendeva dall'Eridano all'Ilissus e includeva il Pnyx da una parte e il Lycabettus come confine dalla parte opposta, ed era ben ricoperta di suolo e livellata in sommità con l'eccezione di uno o due punti.
Al di fuori dell'acropoli ed ai piedi della collina vi abitavano gli artigiani e una parte dei contadini che coltivavano la terra li vicino. La classe dei guerrieri viveva per conto proprio intorno ai templi di Atena ed Efesto , che essi avevano recintato con un recinto semplice simile a quello del giardino di una casa singola. Sul lato nord essi abitavano in comune e avevano costruito dei locali per cenare in inverno ed avevano tutti gli edifici di cui necessitavano per la vita in comune. Oltre ai templi, ma questi non erano adornati con oro e argento, perché loro non ne facevano uso per nessun motivo; essi seguivano una via intermedia tra povertà ed ostentazione e costruivano case modeste nelle quali essi e i loro figli diventavano vecchi, e essi lo passarono ad altri che erano simili a loro stessi, sempre uguale. Ma in estate essi lasciavano i loro giardini e palestre e sale da pranzo e quindi si spostavano nella parte sud della collina adibita allo stesso scopo.
Dove oggi si trova l'acropoli c'era una sorgente che venne disseccata da un terremoto, restarono solo pochi piccoli rivoli che ancora esistono nei pressi ma, in in quei giorni, la sorgente dava un abbondante rifornimento d'acqua per tutti, alla temperatura giusta sia in estate che in inverno. Così é come essi vivevano, essendo i guardiani dei loro stessi cittadini e i leaders degli elleni , che erano i loro bendisposti seguaci. Ed essi avevano cura di preservare lo stesso numero di uomini e donne nel tempo, essendo tanti quanti ne occorrono per scopi simili alla guerra, allora come ora - così si dice, circa ventimila. Questi erano gli antichi ateniesi e in questo modo essi amministravano correttamente le proprie terre e il resto della Grecia. Essi erano rinomati in tutta l'Europa e l'Asia per la bellezza delle loro persone e per le tante virtù delle loro anime, e di tutti gli uomini che vivevano in quei tempi essi erano i più illustri. Ed ancora, se io non ho dimenticato quanto sentito da ragazzino, vi racconterò il carattere e l'origine dei loro avversari. Perché gli amici non devono tenere le proprie storie per se stessi ma devono metterle in comune con questi.
Ora, prima di procedere oltre nella narrazione, io desidero avvisarvi che non dovrete sorprendervi se doveste udire nomi ellenici attribuiti a stranieri. Vi dirò la ragione di ciò: Solone, che aveva intenzione di usare il racconto per il suo poema, ricercò il significato dei nomi e trovò che gli antichi egizi, scrivendo i nomi, li traslarono nella loro lingua e lui recuperò il significato di molti nomi e quando li ricopiò li tradusse nella nostra lingua. Mio bisnonno, Dropide, possedeva lo scritto originale, che é ancora in mio possesso e che io studiai attentamente quando ero un bambino. Dunque, se voi sentirete nomi come quelli usati in questo paese non dovete essere sorpresi perché vi ho raccontato come vi arrivarono. Il racconto, che era molto lungo, iniziava così:
io vi ho già indicato a parole, della suddivisione degli dei, che essi distribuirono l'intera terra in parti che differivano per estensione e costruirono per se stessi templi ed istituirono sacrifici. E Poseidone, ricevendo come sua parte l'isola di Atlantide, divenne padre di figli di una donna mortale e li sistemò in una parte dell'isola che io vi descriverò. Guardando in direzione del mare, ma al centro dell'intera isola, c'era una pianura che si diceva fosse la più sincera/giusta tra tutte le pianure e molto fertile. Vicino alla pianura e nel centro dell'isola, alla distanza di circa 50 stadi c'era, su un lato, una montagna non troppo alta.
In questa montagna viveva uno dei primi uomini nati in quel paese, il suo nome era Evenor, ed aveva una moglie chiamata Leucippe, essi avevano un'unica figlia chiamata Cleito. La ragazza aveva già raggiunto la maturità quando il padre e la madre morirono; Poseidone si innamorò di lei e vi si unì. Spaccando la terra inglobò la collina nella quale lei viveva con zone alternate di mare e terra, più larghe e più strette, l'una circoscritta dall'altra, ve ne erano due di terra e tre d'acqua, che egli formò come ruotando intorno ad un asse. Ognuno aveva la circonferenza sempre equidistante dal centro così che nessun uomo potesse arrivare all'isola, perché le navi e i viaggi non erano come ora. Lui stesso, essendo un dio, non ebbe difficoltà a sistemare in un modo speciale il centro dell'isola, facendo sbucare due sorgenti d'acqua da sotto la terra, una d'acqua calda ed una d'acqua fredda e producendo ogni varietà di cibo che può essere prodotto dal suolo.
Egli divenne padre e crebbe cinque coppie di gemelli maschi e, dividendo l'isola di Atlantide in dieci porzioni, diede al primo nato della prima coppia il territorio in cui abitava la madre e l'area circostante, che era il più grande e il migliore e lo fece re sugli altri; gli altri furono nominati principi e li fece governatori di molti uomini e di un grande territorio. E tutti loro ebbero un nome; il più vecchio, che fu il primo re, lui chiamò Atlas e dopo di lui l'intera isola e l'Oceano furono chiamati "Atlantic". Il suo fratello gemello, nato dopo di lui, ottenne come parte l'estremità dell'isola vicino alle colonne d'Ercole, che fronteggia il paese che oggi é chiamato "regione di Gades" in quella parte del mondo, gli diede il nome che nel linguaggio ellenico corrisponde ad "Eumelus", nel linguaggio del paese é invece chiamato "Gadeirus. Della seconda coppia di gemelli al primo diede il nome "Ampheres" e all'altro "Evaemon". Al più vecchio della terza coppia di gemelli diede il nome di "Mneseus" e "Autochthon" a quello che venne dopo. Della quarta coppia di gemelli chiamò Elasippus il più vecchio, Mestor il più giovane. E della quinta coppia lui diede al più vecchio il nome di Azaes e al più giovane quello di Diaprepes. Tutti questi e i loro discendenti per molte generazioni furono gli abitanti e i governatori di varie isole nel mare aperto e inoltre, come é stato già detto, essi navigarono verso di noi attraverso il paese tra le Colonne, l'Egitto e la Tirrenia.
Dunque, Atlas ebbe una numerosa e onorevole discendenza ed essi mantennero il regno, passandoselo di generazione in generazione al figlio maggiore, per molte generazioni. Essi ebbero una tale quantità di ricchezze che che non fu mai in mano ad alcun re o potentato, e non é probabile che ciò accada in futuro. Essi possedevano ogni cosa di cui necessitavano, sia in città che in campagna. A causa della grandezza del loro impero molte cose furono loro portate dalle nazioni straniere e le stesse isole provvedevano a fornire molte delle cose che servivano loro per le necessità della vita. All'inizio essi estrassero dalla terra qualunque cosa vi si trovasse, solido o liquido, e che oggi è solo un nome ma allora era qualcosa di più di un nome, orichalcum; veniva estratto in molte parti dell'isola essendo più prezioso, in quei tempi, di ogni altra cosa ad eccezione dell'oro. C'era legno in abbondanza per i lavori di carpenteria e pastura sufficiente per gli animali d'allevamento e selvatici.
Inoltre c'era un gran numero di elefanti sull'isola; così come c'era il necessario per tutte le altre specie di animali, sia per quelli che vivono nei laghi, nelle paludi e nei fiumi, sia per quelli che vivono in montagna o in pianura; così c'era per il più grande e più vorace tra tutti gli animali. Inoltre, qualunque cosa commestibile che oggi è sulla terra, si tratti di radici, vegetali, alberi, essenze distillate da frutti o fiori, sviluppate e cresciute vigorose in quella terra, e i frutti che possono essere coltivati, sia il tipo secco che ci é stato dato per nutrimento, e ogni altro che possa essere usato per cibo - noi chiamiamo tutti questi col nome comune di "semi" sia i frutti che hanno un guscio rigido che forniscono da bere e cibi e cosmetici e buone conserve di castagne e simili, che fornisce piacere e benessere, e ci sono frutti che servono per le conserve e piacevoli tipi di dessert, con cui noi ci consoliamo dopo cena, quando siamo stanchi di mangiare - tutto ciò questa sacra isola che un tempo guardava la luce del sole, produceva ogni volta che occorreva, splendide e squisite in abbondanza. Con questa beatitudine la terra li riforniva gratuitamente, nel frattempo essi costruivano i loro templi, palazzi, porti e cantieri navali.
Ed essi provvidero l'intero paese in questo modo: prima di tutto costruirono ponti sulle zone di mare che circondavano le antiche metropoli, costruendo una strada per e dal palazzo reale. E proprio all'inizio essi costruirono il palazzo reale. E proprio all'inizio essi costruirono il palazzo nell'abitazione del dio e dei loro antenati che essi continuarono ad abbellire nelle generazioni successive, ogni re sorpassando quello precedente con la grandezza della sua potenza, finché essi trasformarono il palazzo in una meraviglia che faceva notizia sia per grandezza che per bellezza. E, iniziando dal mare, essi costruirono un canale di trecento piedi di grandezza, cento piedi di profondità e cinquanta stadi di lunghezza, che essi realizzarono attraverso la zona circostante, facendo un passaggio tra il mare e la città-palazzo, che divenne un porto , lasciando una apertura sufficiente atta a consentire ai più grandi vascelli di poter entrare. Inoltre essi divisero, in corrispondenza dei ponti, le strisce di terra che erano interposte alle strisce di mare lasciando lo spazio necessario perché una singola trireme potesse passare da una zona all'altra, quindi ricoprirono i canali così da creare una strada sotterranea per le navi, in quanto i moli erano innalzati considerevolmente al di sopra del livello dell'acqua.
Dunque, la zona più larga attraverso la quale fu realizzato un passaggio/canale sul mare era di tre stadi (circa 600 metri) e la striscia di terra che veniva dopo era della stessa larghezza, ma le due zone successive, una d'acqua e l'altra di terra erano di due stadi, e quella che circondava l'isola centrale era solo uno stadio di grandezza. L'isola in cui si trovava il palazzo aveva un diametro di cinque stadi (circa 1 chilometro). Tutto ciò, incluse le zone e i porti, i quali avevano una larghezza pari alla sesta parte di uno stadio, circondarono con mura di pietra su ogni lato, aggiungendo torri e porte sui ponti in cui passava il mare. Le pietre usate per il lavoro furono scavate dal sottosuolo del centro dell'isola e dal sottosuolo delle aree più interne e più esterne. Un tipo era bianca, un altro nera ed un terzo rossa. E come le estraevano, essi allo stesso tempo scavavano un doppio magazzino, che aveva i tetti formati dalla roccia nativa. Alcune delle loro costruzioni erano semplici ma in altre essi misero assieme pietre differenti, variando i colori per compiacere gli occhi e per essere una sorgente naturale di delizia. L'intero circuito del muro, che circondava la zona più esterna, essi la ricoprirono con un tappeto d'erba e il circuito del muro essi ricoprirono con metallo argenteo/bianco, e il terzo che circondava la cittadella luccicava della lucentezza rossa dell'oricalco.
I palazzi all'interno della cittadella erano costruiti in questo modo: nel centro c'era un tempio sacro dedicato a Cleito e Poseidone, che risultava inaccessibile ed era circondato da un recinto d'oro. Questo era lo spazio in cui le famiglie dei dieci principi all'inizio videro la luce e in quel luogo le persone annualmente portava i frutti della terra nella loro stagione da ognuna delle dieci porzioni, come offerta da parte dei dieci principi. Qui c'era il tempio di Poseidone che aveva la lunghezza di uno stadio e la larghezza di mezzo stadio e l'altezza in proporzione, aveva uno strano aspetto barbarico. Tutta la parte esterna del tempio, ad eccezione delle torri, fu ricoperta d'argento e le torri d'oro. All'interno del tempio il tetto era d'avorio, curiosamente rivestito in ogni luogo con oro, argento ed oricalco. e tutte le altre parti, le pareti e le colonne e il pavimento, essi ricoprirono con oricalco.
Nel tempio essi misero statue d'oro: c'era lo stesso dio in piedi in un calesse, il calesse con sei cavalli alati, ed aveva una dimensione tale che toccava il tetto della costruzione con la sua testa. Intorno a lui c'erano un centinaio di nereidi che cavalcavano delfini, per questo si é pensato essere il loro numero degli uomini di quei tempi. Nell'interno del tempio c'erano anche altre immagini che erano state offerte da privati. E intorno al tempio, all'esterno, vi erano piazzate statue d'oro di tutti i discendenti dei dieci re e delle loro mogli, e c'erano molte altre grandi offerte di re o di privati che arrivavano dalla città stessa e dalle città straniere sulle quali essi avevano influenza. C'era anche un altare che in quanto a dimensioni e a lavorazione corrispondeva alla magnificenza del luogo, e i palazzi, allo stesso modo, rispondevano alla grandezza del regno e alla gloria del tempio.
Nel posto successivo esse avevano fontane, una d'acqua fredda e un'altra di acqua calda, che scorrevano con grazia e abbondanza; ed erano splendidamente adatte all'uso grazie alla piacevolezza ed eccellenza delle acque. Essi costruirono edifici nei pressi e piantarono alberi costruirono anche cisterne, alcune a cielo aperto, altre ricoperte da tettoie, da usare in inverno come bagni caldi; c'era il bagno del re e i bagni di privati, che erano tenuti a parte, e c'erano bagni separati per le donne, per i cavalli e per il bestiame ed ognuno di questi era ornato nel modo migliore. Delle acque che scorrevano via essi ne portavano una parte nel boschetto di Poseidone, dove crescevano tutti i tipi di alberi di stupenda altezza e bellezza grazie all'eccellenza del suolo, mentre l'acqua che avanzava era convogliata per mezzo di acquedotti lungo i ponti verso i cerchi esterni, e vi erano molti tempi costruiti e dedicati ai numerosi dei, anche giardini e luoghi per esercizi, alcuni per uomini, altri per i cavalli, in entrambe le due isole formate dalle zone; e nel centro della più larga delle due c'era una pista da corsa larga uno stadio e lunga quanto tutta l'isola, in cui potevano correre i cavalli. C'erano inoltre stazioni di guardia, ad intervalli, per le guardie, le più fidate delle quali erano incaricate di tenere d'occhio la zona più piccola che era più vicina all'acropoli, dove i più fidati avevano le case dategli nei pressi della cittadella vicino ai familiari dei re. I porti erano pieni di triremi e di magazzini navali e tutto era quasi pronto all'uso. Sufficiente per il piano del palazzo reale.
Lasciando il palazzo e attraversando le tre zone, si arrivava ad un muro che iniziava sul mare e faceva tutto il giro: questo era in ogni punto distante cinquanta stadi dalla zona più larga o parte, e la racchiudeva interamente, i due capi del muro si incontravano all'ingresso del canale che conduceva al mare. L'intera area era densamente popolata di abitazioni e il canale e il più largo dei porti erano pieni di vascelli e mercanti che arrivavano da tutte le parti che, per il loro numero, risuonavano di una moltitudine di suoni di voci umane e di rumori e suoni di tutti i tipi di notte e di giorno.
Io ho descritto la città e i dintorni dell'antico palazzo circa con le parole di Solone e ora devo cercare di descrivere la natura e la sistemazione del resto della terra. L'intero paese era detto da lui essere molto elevato e a precipizio dalla parte del mare, ma la parte del paese nelle immediate vicinanze e intorno alla città era una pianura livellata, essa stessa circondata da montagne che si tuffavano nel mare, era regolare ed uniforme e aveva una forma oblunga, estendendosi in una direzione per tremila stadi, ma attraverso il centro erano duemila. Questa parte dell'isola guardava verso sud ed era riparata dal nord. le montagne circostanti erano celebri per il loro numero e dimensione e bellezza, e al di là di tutto ciò che ancora esiste, essi possedevano al loro interno anche molti salubri villaggi nella campagna, e fiumi, e laghi e pascoli che rifornivano sufficiente cibo per ogni animale, selvatico o d'allevamento, e molto legno di vari tipi, abbondante per ogni tipo di lavoro.
Ora descriverò la pianura, come era affascinante per natura e per il lavoro di molte generazioni di re attraverso lunghi anni. Era per la maggior parte rettangolare ed oblunga, e poi discendeva seguendo la linea del canale circolare. La profondità, la larghezza e la lunghezza di questo canale erano incredibili e davano l'impressione che un lavoro di una simile estensione, sommato a molti altri, non sarebbe mai potuto essere artificiale. Nonostante ciò, io devo dirvi ciò che mi venne raccontato. Era scavato della profondità di un centinaio di piedi e la sua larghezza era di uno stadio in ogni punto, era stato realizzato intorno alla intera pianura ed aveva una lunghezza di diecimila stadi (quasi 2000 chilometri!) Riceveva i flussi d'acqua che venivano giù dalle montagne e che circolando intorno alla pianura e incontrandosi in città finivano infine nel mare. Inoltre nell'interno, similmente, canali diritti di cento piedi di larghezza erano tagliati da esso per tutta la pianura e quindi si gettavano nel canale in direzione del mare. Questi canali erano posti ad intervalli di cento stadi e grazie a questi essi portavano giù la legna dalle montagne alle città e convogliavano i frutti della terra in navi, tagliando passaggi trasversali da un canale ad un altro e verso la città. Due volte l'anno si raccoglievano i frutti della terra, in inverno grazie ai benefici delle piogge del cielo, in estate grazie all'acqua che proveniva dai canali.
In quanto alla popolazione, ognuno dei gruppi della pianura doveva scegliersi un capo per gli uomini abili al servizio militare e la dimensione di ogni territorio era un quadrato di 10x10 stadi e il numero totale dei lotti era di 60.000. E degli abitanti delle montagne e del resto del paese ve ne erano una grande moltitudine che era distribuita tra i lotti e aveva i capi assegnati loro in accordo con i loro distretti di appartenenza e i villaggi. Al capo era richiesto in tempo di guerra di fornire la sesta parte di un carro da guerra, così da avere fino a diecimila carri da guerra, oltre a due cavalli e relativi cavalieri e una coppia di cavalli da carro senza sella, accompagnati da uno stalliere che potesse combattere appiedato portando un piccolo scudo e avendo un carrettiere che stesse dietro l'uomo armato per guidare i due cavalli; gli veniva richiesto di fornire due soldati completi di armi pesanti, due portatori, tre lanciatori di pietre e tre lanciatori di giavellotto che erano stati dotati di armi leggere, e quattro marinai per essere di completamento di 1200 navi. Questo era l'ordinamento militare della città del re, l'ordinamento degli altri nove governatorati variava, e sarebbe monotono render conto delle differenze.
In quanto agli uffici ed onori ciò che segue era quello che riguarda il primo. Ognuno dei dieci re, nella sua divisione e nella propria città aveva il controllo assoluto sui cittadini e, nella maggioranza dei casi, anche delle leggi, punendo e condannando a morte a proprio piacimento. Dunque, l'ordine di precedenza tra essi e le mutue relazioni erano regolate dalle disposizioni di Poseidone che aveva creato le leggi. Queste furono incise dai primi re su una colonna di oricalco, posizionata al centro dell'isola nel tempio di Poseidone, dove i re si riunivano assieme alternativamente ogni quinto e sesto anno, in questo modo rendendo onore uguale ai numeri pari e dispari. E quando essi erano riuniti assieme si consultavano sugli interessi comuni e si interrogavano se qualcuno avesse trasgredito in qualcosa e venivano sottoposti a giudizio e prima di essere giudicati essi si scambiavano reciprocamente solenni promesse in questo modo: C'erano tori che stavano nei pressi del tempio di Poseidone e i dieci re, essendo doli nel tempio, dopo aver offerto preghiere al dio affinché essi potessero catturare la vittima giusta per lui, uccisero i tori, senza armi ma con ..... e con cappi, e il toro che acchiappavano essi portarono di fronte alla colonna e gli tagliarono la gola su di essa così che il sangue cadesse sulle sacre iscrizioni.
Ora, sulla colonna, affianco alle leggi, vi era scritta una preghiera che invocava potenti punizioni per il disobbediente. Quando inoltre, dopo aver sacrificato il toro nel modo adeguato, essi avevano bruciato le sue cosce, essi riempivano una boccia di vino e preparato un coagulo di sangue per ciascuno di essi, mettevano al fuoco il resto della vittima, dopo aver purificato la colonna tutto intorno. Quindi essi versavano dalla boccia in calici d'oro e versavano una libagione sul fuoco, essi giuravano che essi avrebbero giudicato in accordo alle leggi della colonna e avrebbero punito colui che in qualche punto le avesse trasgredite, e per il futuro essi non avrebbero, se potevano aiutare, mancato contro le scritture della colonna, e mai avrebbero comandato gli uni sugli altri, ne obbedito ad alcun ordine da parte loro di agire diversamente da quanto previsto dalle leggi del loro padre Poseidone. Questa era la preghiera che ognuno di essi offriva per se stesso e per i propri discendenti, contemporaneamente bevendo e sacrificando dalla coppa in cui essi bevettero nel tempio del dio; e dopo aver cenato e soddisfatto i loro bisogni, quando scendeva l'oscurità e il fuoco del sacrificio era freddo, tutti indossavano i loro più bei vestiti azzurri e sedendo in terra di notte, sopra le brace dei sacrifici che avevano compiuto e estinguendo tutto i fuoco intorno al tempio, essi ricevevano e davano giudizio, se qualcuno di loro aveva una accusa contro qualcun altro, e quando essi giudicavano durante l'intervallo del giorno scrivevano le loro sentenze in una tavoletta d'oro e la dedicavano assieme alle loro cose affinché restasse a memoria.
C'erano molte leggi speciali riguardanti i differenti re, incise nei templi, ma la più importante era la seguente: essi non potevano prendere le armi l'uno contro l'altro e dovevano intervenire in soccorso se qualcuno in una qualunque delle città avesse cercato di rovesciare la casa reale; similmente ai loro antenati essi dovevano deliberare in comune sulla guerra e su altri argomenti, dando la supremazia ai discendenti di Atlas. E il re non aveva il potere di vita e di morte su nessuno dei suoi parenti senza l'assenso della maggioranza dei dieci.
Questo era il vasto potere che il dio aveva donato alla perduta isola di Atlantide e questo egli più tardi diresse contro la nostra terra per le seguenti ragioni, così come racconta la tradizione. Per molte generazioni, fino a che la natura divina restò in loro, essi rispettavano le leggi e ben affezionati al loro dio,.di cui il seme essi erano; per questo essi possedevano sinceri e sempre grandi spiriti, unitamente a gentilezza e saggezza nei vari casi della vita e nelle relazioni tra gli uni e gli altri. Essi rispettavano ogni cosa per virtù, curandosi poco del loro presente stato e pensando illuminatamente al possesso di oro e di altre proprietà, che per loro sembrava solo un peso; essi non venivano intossicati dalla lussuria ne privati del loro autocontrollo ma erano sobri e vedevano chiaramente che tutti questi beni erano accresciuti da virtù e amicizia dell'uno con l'altro, in contrasto con il grande riguardo e rispetto per loro, essi si sono persi e con essi l'amicizia tra loro. Per simili riflessioni e per la prosecuzione in loro della natura divina, le qualità che abbiamo descritte crebbero e aumentarono tra loro, ma quando la parte divina cominciò a scomparire venendo troppo diluita con la parte mortale, e la natura umana divenne la parte più grande, essi allora divennero incapaci di gestire la loro fortuna, reagirono in modo indecente e a colui che aveva un occhio per vedere visibilmente incrementato il degrado, perché essi stavano perdendo la parte migliore dei preziosi doni, ma per coloro che non avevano occhi per vedere la vera felicità, essi apparivano gloriosi e santi anche quando essi erano pieni di avarizia e di ingiusta potenza. Zeus, il dio degli dei, che governa secondo la legge, ed é capace di guardare queste cose, percependo che un giusto corso della vita era in cattivo stato e desiderando infliggere una punizione su di loro, così che essi potessero essere castigati e corretti, raggruppò tutti gli dei nella più santa tra le loro abitazioni che, essendo posta al centro del mondo, poteva osservare tutte le cose create. E quando li ebbe riuniti tutti parlò così:...

Fine
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Il resto del testo non ci é mai arrivato... peccato!
Spero vi sia piaciuto almeno quanto é piaciuto a me... e se trovate errori o qualche parte fosse poco comprensibile, contattatemi cosicché possa effettuare la correzione...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO