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giovedì 28 novembre 2013

Sopravvissuto...

Il sole era appena scomparso dietro il profilo incerto dei vecchi palazzi della città deserta.
 
Pochi attimi prima la luce rossastra illuminava ancora le strade, poi, di colpo, il buio fu quasi completo. Solo gli occhi di un gatto o di un qualche animale notturno sarebbero stati utili in quelle condizioni, ma lui non era un gatto!
La temperatura scendeva velocemente.
Era stato stupido a farsi sorprendere dal buio in un posto che non conosceva, all'aperto e senza riparo. C'erano tanti edifici che avrebbero potuto fornirgli rifugio ma la città era inquietante e lui aveva cercato di uscirne fuori, fino a che c'era luce. 
Ora non aveva più scelta, se non voleva morire assiderato avrebbe dovuto varcare uno di quegli ingressi, dove però avrebbe potuto nascondersi qualunque cosa!
Alla sua destra si apriva un grande magazzino pieno di mostri metallici, residui di quella guerra che aveva spazzato via tutto, masse informi di ferro arrugginito, con ancora qualche macchia di vernice qui e là.
Sarebbe stato facile trovare un riparo e, magari, qualcosa da mangiare ma ora era tardi e non era saggio continuare ad aggirarsi in mezzo a quei rottami.
Contava molto sul suo coltello, una specie di pugnale in acciaio che aveva ricavato da un pezzo di lamiera metallica e che portava appeso in bella vista a metà coscia.
Gli servì anche in quella occasione.
Infilò la lama tra gli sportelli color ruggine di un vecchio camion e riuscì ad aprirlo. Si rintanò al suo interno, velocemente, facendo attenzione a non fare alcun rumore.
Richiuse gli sportelli dietro di se e sbarrò l'ingresso dall'interno. Per quella notte sarebbe stato al sicuro, digiuno ma al caldo.
Riuscì a dormire alcune ore.
Venne svegliato dal loro rumore, strisciante e sordo. Erano vicini. Si muovevano dentro il magazzino seguendo le flebili tracce lasciate dal suo passaggio. Forse era l'odore, forse riuscivano a vedere impronte visibili solo ai loro occhi, sapevano che lui era li ma non potevano raggiungerlo.
Poi il rumore si allontanò e potè tirare un respiro di sollievo.
La notte passò rapidamente e il sole riprese a bruciare quella terra devastata dalla guerra. Le prime ore della mattina erano le migliori per camminare. Si alzò e mangiò alcuni tuberi raccolti il giorno prima.
Prima della guerra non aveva idea di quali piante erano commestibili e quali velenose ma nel giro di pochi anni era riuscito a sopravvivere semplicemente assaggiando e sperando! Poi col tempo aveva imparato a riconoscerle dall'odore, dal sapore, aveva reimparato tutto ciò che la tecnologia degli ultimi anni aveva cancellato dalle conoscenze della razza umana.
Tutte le informazioni raccolte nella rete erano ormai inutilizzabili, la rete era stata spazzata via dalle prime esplosioni, li chiamavano impulsi elettromagnetici e nel giro di poco tempo sulla Terra era scomparso qualunque componente elettronico e con essi tutte le conoscenze della rete.
Avrebbe forse trovato qualche libro ma presto si accorse che le biblioteche non curate andavano distrutte velocemente. Il nuovo clima non consentiva la conservazione della carta e alcuni piccoli insetti fecero il resto.
La civiltà umana era stata cancellata dalla sua stessa pazzia.
La guerra aveva cancellato la civiltà, il tempo aveva pensato al resto!
 
Era più di un anno che non vedeva più suoi simili.
L'ultima volta che aveva incontrato ciò che restava di un essere umano era restato scosso. Uno scheletro ambulante gli era apparso davanti nei pressi di un vecchio pozzo. Gli effetti delle radiazioni potevano vedersi su tutto il corpo. Un braccio era ridotto ad una escrescenza carnosa penzolante dalla spalla. Gli occhi enormi e sporgenti non avevano più niente di umano.
Come era apparso scomparve velocemente muovendosi con insolita agilità, forse spaventato.
Non era stato in grado di capire se si trattasse di un uomo o di una donna.
Da allora aveva percorso migliaia di chilometri senza veder altro che scheletri.
 
Lui non capiva come avesse potuto sopravvivere. Eppure così era.
Le radiazioni non avevano avuto alcun effetto, come se fosse immune. La dieta che seguiva avrebbe ucciso chiunque ma lui non aveva avuto nessuna conseguenza.
Stava bene, camminava, mangiava ciò che trovava e si spostava continuamente per sfuggire a quelle bestie che erano emerse dalla terra. Enormi vermi striscianti, per sua fortuna ciechi e lenti alla luce del giorno. 
Non sapeva cosa cercava ma ormai non importava, era l'ultimo della razza umana in una Terra ormai distrutta.
Una frase gli tornava alla mente, di tanto in tanto. Ricordava il prete che gli diceva: "Polvere sei e polvere ritornerai".
Ma ancora non era arrivato il suo tempo, nonostante tutto...
 
forse Dio, per lui, aveva altri programmi?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Alan Turing, storia di un enigma, di Andrew Hodges.

Alan Turing, storia di un enigma, è il libro di Andrew Hodges che mi ha accompagnato nelle ultime due settimane. Un po per lentezza, un po perchè pubblicato in caratteri troppo piccoli per me, ho impiegato più tempo del solito ma comunque sono giunto alla fine!
A caldo mi vien da dire che Turing era un personaggio molto particolare e che il libro riesce a trasmettere bene le sue caratteristiche peculiari.
Geniale quanto incostante, Turing partì dalla matematica per arrivare fino a studi sullo sviluppo dell'embrione non trascurando che lui fu l'artefice della vittoria dei servizi segreti britannici contro la macchina Enigma, in uso nella Germania della seconda guerra mondiale per cifrare le comunicazioni ritenute più importanti!
Eppure il suo massimo contributo lo da nel campo dell'informatica, occupandosi di gettare le basi delle macchine calcolatrici (ovvero dei computer), dell'intelligenza artificiale e della programmazione. Il suo progetto per la realizzazione di una macchina universale, cioè in grado di compiere il lavoro di qualunque altra macchina, fu alla base dello sviluppo dei calcolatori nel mondo.
La sua vita influì e fu influenzata da grandi personaggi quali Winston Churchill, Claude Shannon, Max Newman, John von Neumann, Norbert Wiener, Sir Geoffrey Jefferson, Bertrand Russel, Christopher Strachey... solo per citarne alcuni!
Alan muore, presumibilmente suicida, il 7 giugno 1944 all'età di neanche 42 anni, lasciando al mondo una grande eredità.
 
Bellissimo libro, che consiglio a tutti coloro che studiano informatica ma anche agli appassionati di storia per gli approfondimenti sulla società britannica e americana del tempo.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 24 novembre 2013

Siamo in troppi sulla Terra?

  • Cari amici, questo piccolo articolo nasce da una discussione su facebook, una di quelle a mio parere fruttuose.
  • Ma lascio decidere a voi!





    Argomento? Sovrappopolazione e sue soluzioni.
    Ma cominciamo dall'inizio e facciamo ricorso alla Storia, la madre di tutti gli insegnanti...
    Cosa accade in un territorio in cui la popolazione cresce oltre le capacità di sostentamento?
    Le soluzioni non sono tante: la guerra o la partenza verso nuove terre!
  • La guerra distrugge ma da nuovo impulso all'economia...
    La partenza per nuove terre da nuovo impulso all'economia senza distruggere...
     
  • Io scelgo di partire... la Terra ormai è al limite, le guerre locali sono sempre più frequenti a causa della necessità delle popolazioni di risorse sempre maggiori, lo sfruttamento intensivo del territorio e lo sviluppo industriale ha compromesso il clima e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
  • Si può contare ancora su un po' di spazio in Africa, in Sud America e nell'Antartide, forse, ma si tratta di un palliativo.
  • Certo, c'è sempre la possibilità di cominciare ad abitare gli oceani e credo che ricerche in questo senso si stiano già conducendo.
  • Siamo già oltre 7 miliardi sulla Terra e le previsioni dicono che, nonostante la crescita stia rallentando, intorno al 2050 saremmo oltre 10 miliardi!
  • Cosa fare?
  • Salviamo la Terra e la nostra civiltà, preparandoci a colonizzare un nuovo pianeta!

    Questa discussione é per tutti quelli che desiderano lasciare la terra e partire per colonizzare un altro pianeta. Questa é la sfida del XXII° secolo... per affrontarla occorre prepararsi, chi si unisce a noi?

    Primo problema da risolvere:
    Scegliere il nuovo mondo!

    Uno di quelli reali, non Face! Candidati?

    Non troppi per ora visto che la tecnologia ci permette di muoverci all'interno del sistema solare... o poco più!

    La cosa migliore sarebbe scegliere un pianeta vicino alla terra e non troppo diverso.

    Marte è il più vicino e probabilmente il più simile alla nostra Terra.

    Su Marte l'anno è un po più lungo che sulla Terra, circa 687 giorni, (1,88 volte circa il nostro anno solare).

    Ecco alcuni dati da usare per mettere a paragone i due pianeti:
     
    Marte                        Terra
    Diametro 6804,9 km 12 756,274 km

    velocità orbitali (min) 21,972 km/s 29,291 km/s
    (media) 24,077 km/s 29,783 km/s
    (max) 26,499 km/s 30,287 km/s

    Inclinazione orbitale rispetto all'equatore del Sole
    5,65° 7,25°

    Periodo di rotazione 1,025957 giorni (24 h 37 min 23 s)

    Satelliti 2 1 (Luna)

    Presenza acqua si (solido) si

    Temperatura in superficie (Temperatura °C = T °K - 273,14)
    (min) 133 K ( -140 °) 185 K
    (media) 210 K ( - 63 °) 287 K

    ( max) 293 K ( + 20 ° ) 331 K

    Acceleraz. di gravità in superficie

    3,69 m/s² (0,376 g) 9,7801 m/s² (0,997 32 g)

    Velocità di fuga 5.027 m/s 11.186 m/s

     
    Ora, dopo aver snocciolato tutti questi dati, occorre fare delle considerazioni che secondo me si possono raccogliere in due grosse categorie di domande:

    Quali sono gli effetti sull'uomo dovuti alle differenze tra i due Sistemi?

    Quali sono gli effetti sullo sviluppo della civiltà?

    Queste sono le due domande alle quali é necessario trovare risposta prima di pensare ad una eventuale "colonizzazione" del pianeta Marte.

    Una simile impresa richiede tempo e denaro, e allora iniziamo a parlarne.

    Il tempo... risorsa o vincolo?

    Entrambe le cose... ma la realizzazione di un progetto del genere quanto tempo richiede?

    Io penso più di una vita umana... e questo é il primo problema da superare.

    Quando si progetta qualcosa che si prevede di vedere realizzata ci si lavora seriamente, se ci si crede.
    Ma in questo caso, quale dovrebbe essere il corretto approccio mentale?

    Quanti possono essere interessati a lavorare alla realizzazione di un progetto che molto probabilmente non vedranno realizzato?

    Che tipo di organizzazione sociale?

    L'organizzazione é la chiave di tutto! Solo una organizzazione pensata appositamente per la realizzazione di un simile progetto potrà avere successo!

    Ma quanto costa l'Impresa?

    Ecco un punto importante.
    Un tempo gli stati e i privati finanziavano questo genere di imprese. Per realizzare una tale impresa tutti gli stati del mondo dovranno contribuire. Sarà possibile?

    Sarà possibile superare le differenze e la diffidenza e realizzare il più grande progetto mai pensato?

    Una amica ha suggerito che un tale "Nuovo mondo" dovrà essere diverso, migliore, ricco di cultura e aperto ad ogni idea... perchè no? Dovendo creare un Nuovo Mondo creiamolo come riteniamo sia meglio!

    Quale forma di governo?

    Occorre pensare alla forma di governo... una grande impresa richiederà grandi sacrifici...
    La libertà personale o lo Stato?
    Quale compromesso? Vi sarà spazio per la Democrazia? Se si, speriamo sia seria...

    Scienza e tecnologia

    Uno dei settori più critici del nuovo mondo sarà sicuramente il settore legato alla scienza e alla tecnologia!
    Probabilmente non é neppure immaginabile quali problemi dovremo affrontare e risolvere ogni giorno...

    E se il pianeta da colonizzare fosse Marte, di tecnologia ne occorrerà tanta...

    Occorrerà creare una stazione sulla luna? Forse si, forse no! Dipenderà dalla tecnologia...

    Occorrerà sviluppare molti gruppi di lavoro, chi si occuperà di trasmissioni e telecomunicazioni, robotica ed informatica, energie pulite e non, medicina e psicologia, agronomia spaziale...
    e quanti soldi occorrerà investire, e quanti sforzi e quante difficoltà da affrontare e superare!
    E quante nuove scoperte vi saranno... l'impresa sarà senza ombra di dubbio la più grande mai concepita (e, speriamo, realizzata) dalla civiltà umana!


    Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 23 novembre 2013

Sardegna affogata...

Immagini tremende di morte e distruzione
mostrate senza sosta
per impressionare e commuovere...

Terra sommersa da acqua e fango assassino,
espressione di una natura violentata nel profondo
che si ribella come può,
distruggendo vite di poveri innocenti.

Nel mezzo polemiche e amministratori incompetenti,
soccorsi inefficienti e disorganizzazione,
tutti risultati dell'ignoranza.

Ma ora basta critiche,
piangiamo i nostri morti e
portiamo sempre con noi il ricordo, senza rancore.

Rimbocchiamoci le maniche e ognuno
faccia ciò che può per voltar pagina,
senza dimenticare che la Natura è nostra Madre,
ci ripaga il bene col bene, il male col male.

Un abbraccio a tutti i sardi da chi è lontano
un pensiero commosso a tutte le vittime,
un urlo potente, FORZA PARIS, a tutti coloro che restano...
a tutti coloro che soffrono!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 21 novembre 2013

Il mito di Cecrope e la relazione con la nascita del Mediterraneo

In questi giorni ho avuto l'opportunità di leggere "Pericle", di Claude Mossé.
Il libro è molto interessante e prende in considerazione il periodo il cui la democrazia ateniese fu guidata dall'Alcmeonide Pericle.
Pericle visse tra il 495 e il 429 a.C. e fu, nel bene e nel male, artefice della fortuna ateniese del periodo.
Ma in questo articolo non voglio discutere di pericle o del libro che ho letto, mi interessa solo riportare una informazione che vi ho trovato e cercare di correlarla con altre informazioni provenienti da altri libri e di cui ho parlato in alcuni articoli, in particolare:
- Ancora su "Questioni Naturali"... da Lucio Anneo Seneca;
 
In questi due piccoli articoli ho messo in evidenza il fatto che, a detta di alcuni autori antichi, il mar Mediterraneo si sia formato in un'epoca molto più recente di quanto pensi oggigiorno il mondo accademico.
Secondo la scienza infatti il mar Mediterraneo si sarebbe formato tra i cinque e i sette milioni di anni fa, verso la fine del Messiniano. Come ben sappiamo in tale periodo l'uomo era ancora ben lontano da essere ciò che è attualmente e difficilmente avrebbe potuto tramandare un accadimento quale l'apertura dello stretto di Gibilterra e le conseguenti distruzioni dovute all'irruzione delle acque nell'attuale bacino.
Ma tutto ciò è già stato detto e se volete potete leggerlo nei due articoli indicati. Torniamo dunque alla notizia che ho appreso leggendo Pericle, ve la riporto così come l'ho trovata, a pag. 146, mentre vengono descritte le decorazioni che si trovano sul frontone  del Partenone:
 
"Le scene dei frontoni rievocano miti propriamente ateniesi: da una parte la nascita di Atena, dall'altra la disputa tra Poseidone ed Atena per il possesso dell'Attica [..] La disputa tra Poseidone ed Atena per il possesso dell'Attica era legata al mito del primo re di Atene, Cecrope. Costui aveva consultato l'oracolo di Delfi a proposito di un doppio prodigio che si era manifestato in Attica: l'improvvisa apparizione di un  mare di acqua salata e la nascita di un olivo..."
 
E qui mi fermo!
Cosa significa questo mito?
A cosa si riferisce Cecrope con "l'apparizione di un mare di acqua salata nell'Attica?
Ho deciso di approfondirne lo studio, anche perchè, dai pochi dati che risultano a disposizione Cecrope è vissuto intorno al 1560 a.C..
Se il mito fosse interpretabile come il ricordo di un avvenimento reale, la conseguenza dell'apertura della nascita del mar Mediterraneo, allora si potrebbe far risalire a quel periodo l'avvenimento.
Occorre ricordare inoltre che si pensa che proprio in quel periodo abbia avuto fine la civiltà Minoica a Creta, forse proprio a causa di uno  o più terremoti. Ma non cavalchiamo con la fantasia!
Tempo addietro, leggendo un testo antico, trovai un riferimento al fatto che un tempo la Grecia non era come la si conosce oggi, ma si trattava di un altipiano, che poi la forza del mare trasformò in quello che è oggi, terra frastagliata e isole. Non ricordo dove lessi questa storia ma anche questo si va ad aggiungere a quanto precedentemente detto.
 
Vi lascio con una semplice domanda:
E se il mar Mediterraneo si fosse formato, diciamo, intorno al 1500 a.C.?
Vi sono evidenze archeologiche che potrebbero sostenere questa teoria?
 
Io credo che la cosa sia quantomeno possibile ma ne riparleremo più avanti, quando leggendo tra i testi antichi troverò qualche altra traccia di questi avvenimenti antichi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


Teeteto: le conoscenze antiche

Uno dei dialoghi di Platone, Teeteto, ci porta a seguire i protagonisti nell'approfondimento del concetto della "conoscenza".
Cos'è la conoscenza?
Questa la domanda che guida il dialogo, Socrate naturalmente prende per mano i suoi interlocutori cercando di far emergere le contraddizioni interne alle loro affermazioni.
Il dialogo è molto interessante e consente di approfondire il tema della conoscenza da diversi punti di vista, ma al di la di ciò vorrei far notare un passaggio in cui Socrate, criticando i seguaci di Eraclito per il loro comportamento e la loro inconsistenza, fa riferimento alla loro dottrinna come a qualcosa di più antico:
"... di queste concezioni eraclitee o, come tu dici, omeriche e ancora più antiche..."
Questo riferimento è nolto interessante, a mio parere, perchè sostine la mia opinione sul fatto che dottrine e conoscenze della grecia antica non sono altro che reminiscenze dei tempi più antichi, di cui si è persa almeno in parte la conoscenza.
Riflettete gente, riflettete...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo 

mercoledì 20 novembre 2013

A mio zio Umberto

Voglio ricordarti così, zio...
con il sorriso sulle labbra,
anche se la malattia ti lasciava poco spazio
per sorridere.

Voglio ricordarti così, zio...
come quando ci portavi al mare
ed in macchina ascoltavamo Celentano.

Voglio ricordarti così, zio...
soddisfatto per la tua famiglia che ti amerà per sempre.

Voglio ricordarti così, zio...
come quando rientravi tardi a casa
e nonna Cenza li ad aspettarti.

Voglio ricordarti così, zio...
con un fumetto di Tex Willer in mano
e tante idee per la testa.

Voglio ricordarti così, zio...
andando al monte in trattore
per festeggiare San Mauro con gli amici.

Voglio ricordarti
e ti ricorderò per sempre.

Grazie per tutto, zio...

Tuo nipote,

Alessandro

Mathematica Doctrinalis, scritti matematici di Cassiodoro, di Giovanni Bianchi

In questi giorni ho avuto l'occasione di leggere il libro "Mathematica Doctrinalis" di Giovanni Bianchi.
Il libro presenta un autore antico, Cassiodoro (Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore), inquadrandolo nel suo tempo.
Cassiodoro nasce probabilmente a Scylacium (Squillace, in Calabria) o, in alternativa a Ravenna, intorno al 490 d.C. e muore a Vivarium località nei pressi di Squillace intorno al 583 d.C..
Cassiodoro apparteneva ad una famiglia di alti funzionari, il padre fu Consulares con l'incarico di Governatore della Sicilia, Ministro del Tesoro e Ministro delle Finanze sotto l'Imperatore Odoacre (a Ravenna). Anche sotto Teodorico il padre esercitò le sue funzioni ai massimi livelli raggiungendo il livello di Patricius; è in questo ambiente che cresce Cassiodoro.
Alla corte di Teodorico Cassiodoro lo troviamo come quaestor, ovvero segretario particolare di Teodorico, all'età di appena diciasette anni, ma non voglio seguire la carriera politica di Cassiodoro, peraltro interessante per cui mi occuperò delle sue inclinazioni culturali e delle sue opere.
Scrive un testo celebrativo dei Goti, Chronica, opera storiografica e, poco dopo, una Storia dei Goti.
In quel periodo a corte si trovavano anche altri personaggi importanti quali Simmaco e Boezio, che però caddero in disgrazia e furono giustiziati, Cassiodoro prese il posto di Boezio con l'incarico di Magister officiorum. La sua carriera proseguì, con incarichi diversi sempre ad altissimo livello fino al 537, anno in cui si ritirò dalla vita pubblica.
In questi anni scriverà le Variae, in cui raccoglie una serie di lettere ufficiali scritte durante tutto il periodo in cui servì sotto i diversi imperatori, e il De anima.
Inizia quindi la sua collaborazione con il Papa Agapito per la realizzazione di un progetto di scuola teologica. Scrisse un commento ai Salmi (Expositio Psalmorum).
Dopo un periodo di esilio passato a Costantinopoli, finalmente rientra in Italia all'età di settanta anni, rientrato a Squillace, fondò un monastero in località Vivarium. Monastero che aveva il compito di conservare e trasmettere ai posteri i testi del tempo, Cassiodoro ne fu un consigliere oltre che finanziatore, ma lui non fu mai monaco.
In questo periodo compone le Institutiones e una serie di altre opere di carattere religioso.
Sono le instituziones al centro della cultura monastica medievale. Si tratta di un'opera enciclopedica che raccoglieva l'elenco dei libri presenti nel monastero e vari riassunti relativi ai più disparati argomenti del sapere organizzato in modo tale da essere da guida per l'istruzione dei monaci del tempo. Tra queste conoscenze si trovava anche il sapere profano e la matematica, che allora si divideva in quattro discipline: aritmetica, musica, geometria e astronomia.
Nel resto del libro il nostro autore traduce le quattro parti della matematica e inoltre aggiunge alcuni testi tratti dalle opere di Cassiodoro, permettendoci di apprezzare meglio il suo operato.
Un grazie a Giovanni Bianchi per la sua opera che oltre a presentare al pubblico l'opera di Cassiodoro ci ricorda un periodo della storia dell'Italia non sempre conosciuto, il periodo dei Goti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 13 novembre 2013

Armi, acciaio e malattie, di Jared Diamond

Come ogni buon lettore onnivoro che si rispetti, mi sono da poco imbattuto (grazie all'amico Giuseppe!) in un libro di quelli che non è possibile solo assaggiare ma il cui contenuto, pagina dopo pagina, ti spinge a divorare con voracità.
Il libro s'intitola "Armi, acciaio e malattie" e il sottotitolo lascia intravvedere con maggior chiarezza il contenuto: "breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni".
L'autore è il Professor Jared Diamond, insegna Geografia all'Università della California a Los Angeles. 
Tutto sembra cominciare da una chiacchierata in spiaggia tra il Professor Diamond e un uomo politico della Nuova Guinea, Yali, durante la quale Yali chiede: "come mai voi bianchi avete tutto questo cargo e lo portate qui in Nuova Guinea, mentre noi neri ne abbiamo così poco?"
Yali e i suoi compaesani usavano il termine "cargo" per indicare i beni materiali che venivano commercializzati!
Questa domanda, elaborata nel tempo e grazie alle esperienze di lavoro in giro per il mondo si trasforma in "Perché la ricchezza e il potere sono distribuite così nel mondo?", trova parziale risposta nel libro che comincia con l'analisi delle diverse civiltà emerse nel mondo dall'ultima glaciazione e delle risorse rese disponibili dal territorio che occupavano.
Risorse in termini di piante e animali domesticabili, minerali, ampiezza del territorio, possibilità di scambi culturali con altre civiltà vicine e cosi via.
Il libro è un percorso di conoscenze che va seguito fino alla fine e che ci porta ad approfondire aspetti differenti dello sviluppo della civiltà umana, fino a giungere ai giorni nostri.
Le idee dell'autore sono espresse sempre chiaramente e discusse da diverse angolazioni affinché chi legge si possa fare una sua idea.
Il libro è veramente ottimo anche se credo che manchi un aspetto che a mio parere è stato importante nell'evoluzione delle civiltà, l'effetto delle catastrofi naturali (terremoti, maremoti, tzunami ecc...) sulla evoluzione/regressione delle stesse.
 
Il mio consiglio è che questo libro non può mancare nella biblioteca di casa ma non voglio essere io a raccontarvi tutto per cui Vi auguro buona lettura...
E ricordate che in Italia in ogni paese esiste almeno una biblioteca che sarà ben lieta di ricevere il vostro suggerimento d'acquisto qualora il libro non fosse disponibile!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

La vita è un lungo percorso...

La vita è un lungo percorso,
fatto di strade maestre,
di viottoli, autostrade, incroci pericolosi
e compagni di viaggio...

Vi sono tratti di strada caotici,
nei quali si rimane intrappolati
e si viaggia come trascinati dalla corrente.
Senza soste per il riposo,
senza fermarsi a guardare che succede,
senza scegliere a quale bivio svoltare.

Eppure nel mondo esistono strade caotiche e frequentate
come viottoli tranquilli ed isolati,
basta saper guardare!

Di tanto in tanto, allora,
occorre fermarsi a riflettere...
guardare la strada percorsa
e controllare se ci si trova su quella giusta.
E se ci si rende conto di aver imboccato la strada sbagliata,
bisogna avere il coraggio di tornare indietro e se occorre cambiare direzione!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 27 ottobre 2013

L'Italia nel Dittamondo di Faccio degli Uberti

Un altro brano dal Dittamondo.
In questo si parla dell'Italia e dei suoi primi abitatori... l'autore parla con Roma del passato!

"Nel tempo che nel mondo la mia spera
apparve in prima qui dove noi stiamo,
dopo il Diluvio ancor poca gente era.

Noè, che si può dire un altro Adamo,
navigando per mar giunse al mio lito,
come piacque a colui, ch'io credo ed amo;
e tanto gli fu dolce questo sito,
che per riposo alla sua fine il prese,
con darmi più del suo, ch'io non ti addito.

Giano appresso a dominarmi intese,
e costui mi adornò d'una corona,
insieme con Iafet e con Camese.

Italo poi un'altra me ne dona.

Si fé Saturno, che di Creti venne,
lo qual molto onorò la mia persona.

Ercole, quel che nelle braccia tenne
Pallante, per lo suo valor, non meno
che gli altri, fece ciò che si convenne.

Evandro con gli Arcadii ricco e pieno,
una ne fabbrico nel nome mio,
maggiore assai che gli altri non mi feno.

Roma, Aventino, e Glauco non oblio,
i quai men fenno tre, tal che ciascuna
per sua beltà in gran pregio salio.

E sì m'era allor dolce la fortuna,
che da Oriente a me venne il re Tibri,
al quale piacendo ancor, me ne fè una.

Ma perché d'ogni dubbi ti delibri,
e sappi ragionar, se mai t'affronti
con gente a cui diletti legger libri,
piacemi ancor che più chiaro ti conti.

Sappi, queste corone ch'io ti dico,
mi fur donate dentro a sette monti.

Ma qui ritorno a giano mio antico,
del qual ti ho detto, che dopo Noè
gli piacque il luogo dove i' mi nutrico.

De' Latin fu costui il primo re,
pien di scienza e cotanta virtute,
che di molte gran cose al mondo fè."

La storia continua e dopo Giano si parla degli altri re che fecero l'Italia, ma per oggi è sufficiente, chi vuole può proseguir da se, leggendo il Dittamondo da Google Libri!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

La Sardegna nel Dittamondo di Faccio degli Uberti

Faccio (o Fazio) degli Uberti fu un poeta didascalico fiorentino del 1300 (1305-1367) vissuto quasi da profugo tra una corte e l'altra del nord Italia.
Autore, fra l'altro, di un'opera didascalica chiamata "Dittamondo", in cui racconta il suo personale viaggio nel mondo conosciuto compiuto in compagnia di un geografo antico, Solino (III sec. d. C.).
Lascio a chi ha voglia e tempo il piacere di leggere tutto il libro alla ricerca, magari, di notizie curiose sul proprio paese di origine e mi concentro su ciò che Faccio dice della mia Isola, la Sardegna, riportandovi di seguito ciò che egli scrisse:

"Molto sarebbe l'Isola benigna
più che non è, se per alcun mal vento
che soffia ivi, non la fesse maligna.

Ivi son vene, che fan molto argento,
li si vede gran quantità di sale,
ivi son bagni sani com'unguento.

Non la vidd'io, ma ben l'udio da tale,
a cui do fe, che v'era una fontana,
ch'à ritrovar i furti molto vale.

Un'erba v'è spiacevole e villana,
la qual gustata senza fallo uccide,
et così come è rea è molto strana,
che in forma propria d'huomo quando ride
gli cambia il volto, e scuopre alcuanto i denti,
si fa morto già mai non si vide.

Securi son da lupi, e da serpenti,
la sua lunghezza par da cento miglia,
e tanto più quanto son venti, e venti.

Io viddi, che mi parve meraviglia
una gente ch'alcuno non l'intende,
né essi sanno quel ch'altri bisbiglia.

Vero è, che s'altri di lor cose prende,
per darne cambio, in questo modo fanno,
ch'una ne toglie, et un'altra ne rende.

Quel che sia Cresime, e Battesimo non sanno,
le Barbace gliè detto è in lor paese,
in secura montagna e forte stanno.

Quest'Isola dal Sardo il nome prese,
la qual per se fu nominata assai
ma più per buon padre onde discese.

Un picciol animal quivi trovai,
gli abitanti lo chiaman Solefuggi,
perché al sol fugge quando può più mai.

E poniam che fra lor serpi non bruggi,
pur nondimeno à la natura piace
che da se stessa alcun verme lo fuggi.

Sassari, Buosa, Callari, e Stampace,
Arestan, Villa Nuova, et la Lighiera,
che le sue parti più dentro al mar giace.

Quest'Isola, secondo che si avera,
Genova, et Pisa, al Saracin la tolse,
laqual sentiron con l'haver, che v'era,
el mobil tutto à Genovesi tolse,
et la Terra a Pisani, et furon quivi
infin che Raganesi ne gli spolse.

Et più in giù,
parlar'uddimo, e ragionar all'hora,
che v'è un bagno, il quale ripara,
et salda ogni osso rotto in poco d'hora."

Ecco, il testo è finito, se volete leggerlo dall'originale lo trovate nel Dittamondo al libro III, canto dodicesimo.

Un saluto e a presto,

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 19 ottobre 2013

Sull'apertura del Mediterraneo secondo Gian Francesco Masdeu Barcellonese

Pubblicata a Firenze nel 1787, la "Storia critica di Spagna", riporta per il piacere degli appassionati di antichità del mondo tantissime notizie sui fenici, sulle colonne d'ercole e Tartesso.
Tra le notizie curiose vi è anche il ricordo dell'apertura del Mediterraneo a causa di un terremoto, notizia che ho già trovato in altre occasioni ma che merita tutta l'attenzione del caso viste le eventuali implicazioni sul passato sviluppo della civiltà umana ed europea in particolare.
Ma vediamo cosa dice il nostro autore (Tomo I, parte II, XXIV), mentre parla delle Colonne d'Ercole:

"Fu antica tradizione, che i suddetti monti di Abila e di Calpe, ultimi termini dell'Africa e Europa, fossero anticamente congiunti insieme, e che Ercole Fenice vi aprisse quella foce, per cui comunica l'Oceano con il Mediterraneo. Questa impresa, che sarebbe stata gloriosissima, da Plinio, e da Pomponio Mela, è stata tenuta per favolosa. Nondimeno Strabone, ed altri scrittori, l'hanno accennato, che l'apertura, che non facesse Ercole, potè veramente essere stata fatta dalla vemenza d'un terremoto, dalla forza d'una straordinaria marea, o da qualche altro simile sconvolgimento della Natura.
Alcuni dotti Ispagnuoli hanno abbracciato questo secondo sistema: e il Ferreras, avendo attribuito quest'accidente a quella gran siccità, di cui parlai nella Spagna Favolosa, ne stabilisce l'epoca negli anni 2.302 del mondo che corrispondono secondo la sua cronologia agli anni 1.698 prima di Cristo.
Ciò che sembra indubitabile si è, che lo stretto Gaditano coll'andar dei secoli si è andato successivamente slargando. Il geografo Scilace, vissuto cinquecent'anni prima dell'era cristiana, gli dà mezzo miglio solo di larghezza, Eustemone del secolo IV, quattro miglia scarse; Turranio Gracile, tragico spagnolo, anteriore di un secolo alla venuta di Cristo, cinque miglia; Tito Livio del secolo primo cristiano, sette miglia; Vittore Vitense del secolo V, dodici miglia; gli odierni Spagniuoli vi trovano nella minor distanza quattordici miglia di larghezza."

La distanza minima tra le due coste, oggigiorno, è di circa quattordici chilometri per cui sembra essersi stretto, probabilmente dipende dal differente livello del mare.

"Queste riflessioni fatte dopo il Florez dal Chiarissimo Lopez de Ayala nella sua storia di Gibilterra, gli resero probabile l'antica comunicazione dell'Africa con la Spagna, e la rottura poi succedutane per qualche accidente.
Io rilevo, dagli antichi autori, che lo stretto Gaditano una volta non solamente era men largo d'adesso, ma ancora men lungo.
Se da' tempi di Strabone e di Solino ha acquistata doppia larghezza, ha parimente acquistata doppia lunghezza. Descrivendolo essi lungo sol quindici miglia, mentre al presente ne ha più di trenta.
Dunque le due lingue di terra, l'Africana e la Spagnuola, quanto più si avvicinavano fra loro, tanto erano più strette e sottili. Possiamo con buona ragione immaginare che la terra, che separava l'Oceano dal Mediterraneo, fosse primitivamente uno spazio di cinque miglia, e forse non tanto. Non dovea poi quel terreno esser molto alto, giacché il successivo allargamento dello stretto, operato a poco a poco dalla forza dell'onde e delle maree, è segno evidente, che le due montagne di Abila e di Calpe, quanto più l'una all'altra si avvicinavano, tanto più andavano in declinazione formando falda e pianura.
Queste riflessioni non sol mi presentano possibile e facile la rottura dello stretto cagionata da qualche rivoluzione naturale ma mi rendon credibile ancora la tradizione antica che ne attribuiva ai Fenici l'aprimento. In una lingua di terra, o piana o poco montuosa, e di sole cinque miglia di larghezza, o forse meno, non era molto difficile aprire un canale di poca profondità, quanta bastasse perché le acque potessero superarlo, colla speranza che lo stesso mare dipoi dovesse per se medesimo andarlo sempre più affondando.
Il canale, progettato da Sesostri per congiungere il Nilo col Mar Rosso, era ben più difficile e faticoso del Gaditano, dovendo aver una lunghezza molto maggiore senza paragone: e pur fu cominciato da quel Re Egiziano, continuato da Dario Re de' Persi e terminato dal primo Tolomeo. Perché dunque non potrà darsi fede alla tradizione del canal Gaditano fatto dai Fenici? Questi eran ricchi e potenti, per testimonianza di tutti gli antichi scrittori crebbero smisuratamente in potere ed in ricchezza fin dal primo loro arrivo in Ispagna: dunque avean danaro e capitali per eseguire il gran progetto. Erano uomini ingegnosi ed industriosi, avvezzi a imprese grandi, e a superare i maggiori ostacoli; dunque non doveano atterirsi per la difficoltà dell'opra. Erano amantissimi della navigazione e trasportati pel commercio: dunque volentieri doveano intraprendere un lavoro che non avea altro oggetto che quel medesimo della loro passione. Apriron, come poi si dirà, per l'Andaluzzia molti altri canali: era dunque in voga, presso loro il sistema di aprir nuove strade, e nuove comunicazioni alle acque per facilitare il commercio, ed avean pratica in quel genere di lavori.
Io non arrossisco di richiamare a vita l'antica tradizione, a cui ordinariamente i severi scrittori di Spagna si vergognano di dar fede."

Ecco, qui mi fermo, non perché il testo non presenti più interesse ma perché vorrei che tutti riflettessimo su quanto letto.
Se fosse vero infatti la storia dell'Europa andrebbe riscritta.

Se volete leggere anche voi il testo potete trovarlo su Google books all'indirizzo: storia critica di Spagna...

Oppure precedenti interventi sullo stesso argomento:
- Dialogo dei massimi sistemi: sull'apertura dello stretto di Gibilterra
- Questioni Naturali (Seneca)



Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 13 ottobre 2013

Roma: musei Capitolini


Dobbiamo ringraziare Papa Sisto IV se possiamo ammirare le opere d'arte oggi conservate ai musei Capitolini. Fu lui infatti che nel 1471 diede inizio alla collezione.
Con il passare deglia anni furono in tanti a collaborare ad arricchire il museo che oggi possiede opere stupende che coprono diversi millenni di storia.
Ogni angolo del museo è una sorpresa...
 







Distribuito su due palazzi, Palazzo dei Conservatori e Palazzo Clementino-Caffarelli, si affaccia sulla splendida piazza del Campidoglio con al centro la statua equestre dell'Imperatore Marco Aurelio (in copia, l'originale è all'interno del museo).
Dal Tabularium è possibile ammirare i resti dei Fori Imperiali.
 







La testa di Medusa, opera di Gian Lorenzo Bernini, affascina ancora oggi, come un tempo doveva fare la regina delle Gorgoni con chi la guardava! Non è difficile restare pietrificati di fronte alla maestria del suo creatore...


La Lupa, simbolo di Roma... e inizio della sua storia!

 



 
L'Imperatore Commodo, che nella sua crudeltà, riuscì a farsi maledire dal popolo romano, vestito da Ercole...
 



Marco Aurelio, l'originale...





E poi la pinacoteca...








Dalla terrazza panoramica Roma da sfoggio di sè...


 

 
 
... in tutto il suo splendore!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 29 settembre 2013

La fondazione della città di Porto Torres secondo Francisco de Vico

Nel 1639 Francisco de Vico pubblica in Barcellona la Historia general de la isla, y reyno de Sardeña, opera immensa in sette volumi in cui si parla della Sardegna dall'antichità al 1600.
Curiosando tra le pagine ho trovato una breve cronologia delle città antiche e tra queste, la più antica, è Porto Torres, ma vediamo cosa dice l'autore (che scriveva in spagnolo e io tradurrò al volo).

"La prima di queste città (secondo l'ordine temporale) fu la città di Torres, che Tolomeo e la maggior parte dei geografi in lingua latina chiamarono Turris Libisonis. Prima colonia dei romani, famosa per grandezza, ricchezza, località e fiume, che la divideva a metà, fondata da Ercole Libico (Melqart) nell'anno 2216 dalla creazione del mondo (ovvero 1788 a.C. secondo il nostro calendario!), ove nei giorni nostri si trova il grandioso tempio di San Gavino..."

Se queste informazioni sono corrette, Porto Torres dunque è una città che è sorta circa mille anni prima di Roma!
Ci pensate?

Eppure oggigiorno è quasi scomparsa, seppellita dai problemi atavici della Sardegna, principalmente la mancanza di lavoro.

Svegliati Porto Torres, fai vedere ciò che vali, ridestati dal torpore e dimostra ciò che sei, una città con quasi quattromila anni di storia!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO   

lunedì 23 settembre 2013

Viaggi nell'Oceano Atlantico secondo Plinio il Vecchio

Plinio il Vecchio, autore romano (23 - 79 d.C.) scrisse una enciclopedia dal titolo "Storia Naturale".
Nella sua immensa opera si parla di tutto il sapere umano del suo tempo.
Mi interessa la parte in cui parla dei mari e dell'Oceano e dei viaggi degli antichi.
Io dispongo di una versione trovata su google books del 1534, tradotta e emendata da Cristoforo Landino.
Allora andiamo assieme a leggere il cap. LXIX del libro II, dal titolo "Quello che si naviga".
"Dalla città de Gadi e dalle colonne d'Hercole col circuito della Spagna e della Gallia si naviga tutto ponente: e l'Oceano da tramontana si naviga la maggior parte: ne tempi d'Agusto passando tutta la Germania infino al promontorio dei Cimbri e Indi infino nella Schitia e alle parti per troppo humore ghiacciate: il perchè non è credibile che quivi il mare manchi abbondandovi l'humore: e da levante navigò pel mare indico verso tramontana infino nel mar Caspio l'armata de' Macedoni nel tempo che Seleuco e Antiochio regnorono. Et vollono che quella regione fosse nominata Seleuchida e Antiochida: e intorno al mar Caspio molti liti sono stati ricerchi: in forma che poco manca: che il septentrione non sia stato tutto navigato e dal levante e da ponente."

Sembra che Plinio dica che l'Oceano è stato mavigato verso nord a partire da Gadi, in Spagna dove si trovava una delle colonne d'Ercole, fino a raggiungere la zona in cui il mare è ghiacciato, oltre la Germania, fino in Scizia.

Vediamo dunque che altro ci dice:
"Dall'altra banda delle colonne e dal medesimo ponente una gran parte del mare di mezzodì: il quale circonda la Mauritania: si naviga ne nostri tempi: ma maggior parte di mezzogiorno e di levante fu nota nelle vittorie d'Alessandro Magno infino nel golfo d'Arabia: nel quale nel tempo di C.Cesare figliuolo d'Agusto furono veduti segni delle navi perite nel mare di Spagna. Et Hannione carthaginese navigò da Gadi infino nell'Arabia, e di poi detto viaggio scrisse, e nel medesimo tempo Himilchone fu mandato a conoscere e mari fuori dell'Europa.

Si dice che oltre le Colonne, l'oceano verso sud e poi verso levante, fino all'Arabia, era noto almeno dal tempo di Annone di Cartagine e di Himilchone.

Cornelio Nipote scrive: che volendo uno chiamato Eudoxo fuggire delle mani del re Lathiro: navigò dal golfo d'Arabia infino in Gadi: e Celio Antipatro: il quale fu molto innanzi a Cornelio: dice havere veduto chi per fare mercanzia havea navigato di Spagna infino in Ethiopia. Scrive ancora Cornelio Nipote che a Q.Metello Celere: il quale fu consolo con G.Afranio (ma allhora era proconsolo in Gallia) furono donati certi indiani dal re de Svevi: equali erano partite del mare d'India: e per fortuna trascorsi in Germania: Adunque il mare il quale ricigne tutta la terra: ci toglie la meta di quella: perchè ne da questa in quella: ne da questa in questa (essendo l'acqua in mezzo) si può venire.

Anche la via opposta, dall'Arabia alle Colonne d'Ercole, era nota.
Ma la cosa che colpisce è il regalo del re degli Svevi a Q. Metello Celere (proconsole in Gallia): alcuni indiani giunti in Germania. Se è vero quanto dice Plutarco sui viaggi verso Occidente compiuti attraverso le isole a nord ovest della britannia è logico pensare che questi indiani provenissero dall'America!

Un'altra traccia dei viaggi in America compiuti almeno 1500 anni prima di Colombo!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 19 settembre 2013

L'America? Non l'ha scoperta Colombo, parola di Plutarco!

Plutarco, filosofo greco antico, visse ed operò tra il 46 e il 125 dopo Cristo.
Su di lui troverete tutte le notizie che volete e anche tutti i suoi libri, le vite parallele in particolare, le più note, ma anche i moralia, meno noti e che parlano di argomenti differenti. Tra queste opere mi interessa una in particolare, chiamata "il volto della luna" in quanto uno degli argomenti trattati in questo dialogo è per l'appunto la presenza di una immagine delineata dai chiaroscuri visibili sulla faccia della luna, un volto di donna i cui colori variano con le stagioni e le ore della notte.
Ma nella parte finale dell'operetta, peraltro incompleta nella versione che ho letto io, si parla di qualcosa di particolare, di un viaggio.
Plutarco cita Aristarco di Samo, astronomo greco antico che visse ed operò tra il 320 e il 230 avanti Cristo e riporta una parte di una sua opera e dice: "Purchè, mio caro, tu non ci intenti un processo per empietà come quello che Cleante pretendeva dai greci contro Aristarco di Samo, che egli accusò di perturbare il focolare dell'universo nel tentativo di salvare i fenomeni con l'ipotesi che il cielo resti immobile mentre la terra percorre un'orbita obliqua rotando al contempo contro il loro asse..."
Aristarco di Samo, 17 secoli prima di Copernico, aveva le idee chiare sui movimenti della Terra e sul sistema solare, non pensate? Le idee sembra non fossero sue ma di un suo predecessore, Eraclide Pontico, filosofo e astronomo greco antico che visse tra il 385 e il 322 avanti Cristo.
Ma questo è veramente niente in confronto a quello che è possibile leggere poche pagine dopo a proposito di isole e terre lontane: "lungi nel mare giace un'isola, Ogigia, a cinque giorni di navigazione dalla Britannia in direzione Occidente. Più in là si trovano altre isole, equidistanti tra loro e da questa, di fatto in linea col tramonto estivo. In una di queste secondo il raccondo degli indigeni si trova Crono imprigionato da Zeus e accanto a lui risiede l'antico Briareo, guardiano delle isole e del mare chiamato Cronio. Il grande continente che circonda l'Oceano dista da Ogigia qualcosa come 5000 stadi, un po meno dalle altre isole, vi si giunge navigando a remi con una traversata resa lenta dal fango dei fiumi. Questi sgorgano dalla ma ssa continentale e con le loro alluvioni riempiono a tal punto il mare di terriccio da aver fatto credere che fosse ghiacciato. La costa del continente è abitata da greci lungo le rive di un golfo che è grande almeno quanto la meotide e sbocca in mare aperto pressappoco alla stessa latitudine dello sbocco del Caspio..."
Il racconto continua nella descrizione di viaggi e terre. E abbastanza chiaro che Plutarco sta parlando di un viaggio compiuto in antichità verso il grande continente americano passando per le isole a nord della Britannia.
Plutarco racconte che una volta un saggio proveniente da questa terra lontanavenne sulla nostra terra che chiama Grande Isola:
"Soggiornò assai a lungo a Caartagine, dato che nel nostro paese Crono gode di un culto speciale, ed anche ritrovò alcune pergamene sacre trafugate segretamente dalla prima città al momento della sua caduta e rimaste a lungo sepolte nel terreno all'insaputa di tutti..."

Che fantastico racconto... eppure nessuno ne parla, perché?
In conclusione, Ulisse e la sua Odissea secondo questo testo hanno viaggiato fuori dal mediterraneo e l'America non è stata scoperta da Colombo. L'America è stata solo riscoperta da Colombo, e questa non è l'unica traccia di un viaggio in America in tempi antichi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO