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mercoledì 15 agosto 2012

Norberto Bobbio: Elementi di politica

Politica...
un termine ricco di significati, anche in considerazione dei tempi che corrono!
Ma cosa significa "politica"?
Uno dei maggiori studiosi del campo in Italia è stato Norberto Bobbio, professore di Filosofia del Diritto e della Politica all'Università di Torino e autore di tantissimi articoli e opere sull'argomento.

Secondo Bobbio per politica s'intende:

          "l'attività volta a stabilire le regole e a prendere le decisioni destinate a rendere possibile la convivenza tra un gruppo di persone: una convivenza possibilmente pacifica all'interno e sicura all'esterno"

Al centro dell concetto di politica si trova quello del "potere", della gestione del potere. Sembra dunque che politica e potere siano due concetti strettamente legati. Usando un'altra definizione di politica questo legame è molto chiaro:

          "si usa il termine politica per designare la sfera delle azioni che hanno un qualche riferimento diretto o indiretto alla conquista e all'esercizio del potere ultimo (o supremo o sovrano) in una comunità di individui sul territorio"

ora credo sia più chiaro per tutti cosa si intenda col termine "politica".

Per Bobbio una società è ben ordinata se la distanza tra chi governa e chi è governato è bassa, per Bobbio la forma di governo che ha questa caratteristica si chiama "democrazia".

La democrazia dunque come miglior forma di governo. La democrazia dei nostri tempi, che è differente da quella degli antichi. Nella società democratica di Bobbio il cittadino ha una caratteristica fondamentale: è attivo!

          "La democrazia ha bisogno, più di qualunque altra forma di governo, di cittadini attivi. Non sa che farsene di cittadini passivi, apatici, indifferenti, che si occupano soltanto dei propri affari e delegano ad altri il compito di occuparsi degli affari comuni. La democrazia vive e prospera solo se i suoi cittadini hanno a cuore le sorti della propria città come quelle della propria casa, che delle città è soltanto una parte"

Cittadini attivi... per avere una democrazia sana.

Cittadini attivi, come in Italia?

Uno dei compiti dei cittadini attivi consiste nel controllare l'azione dei propri rappresenti e di sostituirli, nel rispetto delle regole, qualora essi non siano degni della fiducia accordatagli. Il buon governante è colui che si occupa del bene comune, il cattivo governante è colui che bada al bene proprio. Questo criterio è quello ancora "più diffuso di cui si serve l'uomo della strada per giudicare l'azione dell'uomo politico" diceva Bobbio, ma siamo sicuri che ciò sia vero?
Se cosi fosse i politici avrebbero vita difficile invece, eccoli là, sempre gli stessi, nonostante tutto!
Allora forse occorre rivedere certe convinzioni. Forse il cittadino, l'uomo della strada, è troppo simile al politico che lo rappresenta per avere la voglia di sostituirlo?
Forse è lo stesso cittadino, l'uomo comune, l'uomo della strada, come lo chiama Bobbio, che essendo troppo legato al proprio interesse si dimentica sempre più spesso di guardare al "bene di tutti" prima che al suo bene personale?

In antichità esistevano diverse forme di governo, alcune giudicate buone, altre cattive, la democrazia era tra le cattive perchè considerata come "il governo di molti a favore dei poveri", mentre ogni forma di governo buona è una forma di governo che mira all'interesse comune. Aristotele sosteneva ciò nella "Politica" e credo avesse ragione...

L'ultima domanda: la nostra democrazia ha come scopo ultimo l'interesse comune? E se la risposta fosse no, allora, siamo sicuri che la nostra forma di governo sia ancora la migliore?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 agosto 2012

Krankenhaus


“Moritzingerstrasse”,

annunciava la voce semimetallica del bus, linea 10A, a Bolzano…

Era una calda giornata d’estate. L’afa contribuiva a togliere il respiro. Sul bus solo qualche occasionale viaggiatore, dovevano essere tutti in ferie per ferragosto.

Un passeggero era salito alla fermata di Piazza Domenicani, curvo dall’età e dal caldo.

Si era aiutato con le braccia per salire a bordo, forse il caldo gli toglieva quel poco di forze che ancora animavano il suo corpo.

Doveva avere almeno ottant’anni. Da giovane era stato alto e robusto, forse era stato uno sportivo o forse un agricoltore del luogo, un montanaro abituato alla durezza della vita di campagna. Le spalle erano ampie e ancora tradivano la forza che le aveva animate.

L’avevo osservato bene in faccia quando era venuto a sedersi al mio fianco. La pelle era grinzosa e macchiata, i capelli e le sopracciglia bianchi candidi, ancora folti. Le orecchie piccole erano coperte da un ciuffo di capelli arruffati, come se non si fosse pettinato la mattina.

Per il resto era ben curato.

La barba rasata di recente, le mani pulite, le unghie ben tagliate. Non fumava, non sentivo alcun odore di sigaretta. Gli occhi erano azzurri, profondi, un po’ tristi, come se sapesse di essere arrivato alla fine della corsa…

Indossava un paio di jeans puliti, non proprio nuovi, una taglia più grande del necessario, retti dalle bretelle. Una camicia chiara e un paio di scarpe in pelle, marrone. A tracolla portava un borsello di altri tempi, in pelle scura, che stringeva sotto il braccio.

Avevamo viaggiato fianco a fianco per tutto il viaggio senza dire niente. Io lo guardavo ma lui non mi vedeva. Soffriva ma non parlava, neanche un mugolio. Solo una smorfia di dolore, di tanto in tanto, quando il bus andava troppo forte per lui.

“Krankenhaus”, annunciava la voce sul bus… e quella fu l’ultima parola che il vecchio sentì.

Si accasciò senza forze sul sedile, il conduttore non si accorse di niente fino alla fermata successiva, quando fermò il bus di fronte all’ospedale, ma era tardi.

Io ero al suo fianco, quando spirò! Presi la sua anima per mano, lo consolai, gli spiegai cosa doveva fare e lo indirizzai sulla giusta strada… Mentre si allontanava veloce si girò un attimo, mi chiese chi fossi… chi doveva ringraziare.

Gli risposi che ero uno come lui, spirato sullo stesso bus… tanti anni prima.



“Europa Stadium”, già diceva la voce semimetallica…

ancora una corsa, ancora una…

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 11 agosto 2012

Scorci di Roma...

Roma ti stupisce sempre, anche quando l'hai visitata in lungo e in largo, anche quando pensi di conoscerla a fondo, basta un cielo particolare, un punto di vista differente, per farti stupire.


 uno spettacolo stupefacente...


Resti di colonne gigantesche incorniciano il Vittoriano, monumento costruito per celebrere il re Vittorio Emanuele II, conosciuto anche come Altare della Patria.


E poi, il Colosseo, anfiteatro Flavio, enorme e maestoso, terribile per il ricordo dei morti ammazzati per il divertimento degli Imperatori e del popolo romano!


e, poco distante, l'immenso arco di Costantino, inaugurato nel 315 per commemorare la vittori di Costantino I contro l'usurpatore Massenzio... guerre fratricide che col tempo portarono alla disfatta dell'Impero.


Ma anche chiese, spazi immensi, splendenti di marmi, ori e stucchi...


come la chiesa di San Paolo fuori le mura...


e la piramide Cestia, costruita in meno di un anno come sepolcro per Caio Cestio Epulone, realizzata in calcestruzzo e ricoperta di marmo...


Ogni angolo di Roma è fatto per stupire e per ricordare all'Uomo la grandezza di un popolo... quello romano!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO



venerdì 10 agosto 2012

Bolzano: Calici di stelle

Nella splendida cornice offerta da Palazzo Mercantile, nel centro di Bolzano, si è dato inizio al tradizionale percorso di degustazione dei migliori vini di produzione locale.
Alla presenza del Sindaco Luigi Spagnolli, del vice Sindaco Klaus Ladinser e delle autorità locali, allietati dalla musica della Banda Musicale di Dodiciville, per niente disturbati dalla leggera pioggia che ha voluto accompagnare la serata, il presidente dall'Associazione Lorenzinacht Hannes Rottensteiner e il presidente di Bolzano Turismo hanno presentato alcune tra le migliori bottiglie di vino della produzione del territorio di Bolzano.
I brindisi sono poi proseguiti sotto i Portici e  lungo le strade della città dove tutti i produttori hanno esposto i loro prodotti per la degustazione in un ambiente piacevole e ricco.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 9 agosto 2012

Carl von Clausewitz: Della Guerra


Ed. Oscar Mondadori
Burg, piccola cittadina tedesca della regione della Sassonia-Anhalt, è nota tra l'altro per aver dato i natali ad un personaggio noto per la sua opera, il "Vom Kriege" ovvero "Della Guerra".
Clausewitz nasce il 1° giugno 1780 ed entra a far parte della grande famiglia dei militari a soli dodici anni, in qualità di sottufficiale portabandiera del reggimento Principe Ferdinando di Potsdam.
Dopo il battesimo del fuoco, durante l'assedio di Magonza, all'età di soli quattordici anni diventa Ufficiale.
Qualche anno dopo, nel 1801, giunge alla Scuola Militare di Berlino, dove si distingue negli studi militari... il resto della vita, però, lo si può trovare in qualunque enciclopedia, ma io preferisco passare alla sua opera!

Che cos'è la guerra?
Questa è la prima domanda cui cerca di rispondere von Clausewitz.
Per lui la guerra è un atto di forza il cui scopo è quello di costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà.

Definizione concisa e senza troppi giri di parole, non pensate? Ma cosa ci si poteva aspettare da un uomo vissuto in quel contesto storico?

La guerra può contare sull'aiuto delle invenzioni delle arti e delle scienze, mentre è accompagnata da restrizioni insignificanti, che meritano appena di essere menzionate, alle quali si da il nome di diritto delle genti, ma che non hanno capacità di affievolirne essenzialmente l'energia.

Da allora sono passati due secoli, aveva ragione von Clausewitz?

Opera interessante sotto il profilo storico e del pensiero umano, che non può mancare nella biblioteca personale di uno studioso.
Che la guerra piaccia oppure no, occorre prendere atto che si tratta di una realtà e conoscere e capire i concetti che stanno dietro le parole "strategia", "logistica" o "tattica" è sempre più importante, non solo per i militari di professione.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

sabato 4 agosto 2012

Dialogo dei massimi sistemi: sull'apertura dello stretto di Gibilterra

Il Dialogo tra Salviati, Simplicio e Sagredo, talvolta riporta delle notizie interessanti, quasi scomparse dalle nostre conoscenze perchè parte di ipotesi non pronunciabili sul passato dell'uomo.
Tempo addietro, parlandovi di Seneca e della sua opera riportai una curiosa notizia attribuita agli antichi storici ebbene, la stessa cosa (e magari tratta proprio da Seneca) la riporta Galileo mettendola in bocca a Simplicio, ma vediamo di che si tratta dalle parole di Simplicio:

"Io vi troverò delle mutazioni seguite in Terra così grandi, che se di tali se ne facessero nella Luna, benissimo potrebbero esser osservate di qua giù. Noi aviamo, per antichissime memorie, che già, allo stretto di Gibilterra, Abile e Calpe erano continuati insieme, con altre minori montagne le quali tenevano l'oceano rispinto; ma essendosi, qual se ne fusse la causa, separati i detti monti, ed aperto l'adito all'acque marine, queste scorsero talmente in dentro, che ne formarono tutto il mare Mediterraneo..."

Per chi non ha dimestichezza con l'Italiano di quei tempi, ecco una mia libera interpretazione in Italiano moderno:

"Io vi indicherò dei cambiamenti della superficie terrestre di tali dimensioni, che se si verificassero sulla Luna, potremmo osservarli da quaggiù. Noi sappiamo, grazie ai racconti degli storici antichi, che un tempo Abile e Calpe (località oggi conosciute come la rocca di Gibilterra e Jebel Musa) sullo stretto di Gibilterra, erano unite tra loro da alcune montagne di dimensioni minori che tutte assieme tenevano lontane dalla terra interna le acque dell'Oceano; ma un giorno, quale fosse la causa non si sa, le montagne si aprirono e le acque marine corsero all'interno formando il mare Mediterraneo..."

E' pur vero, direte voi, che Simplicio nei Dialoghi fa la parte del sempliciotto credulone, ma normalmente Sagredo e Salviati lo correggono, non in questo caso però! Forse che anche Galileo credeva la cosa possibile? Come vi ho già detto, non è impossibile il fatto in se quanto che gli storici antichi lo tramandino come un fatto vissuto tragicamente della razza umana che allora abitava l'Europa!

Meditate gente, meditate!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Atlantide e i suoi Misteri: sui fenici

Dimitri Merezkovskj era un grande erudito...
Nel testo che vi ho presentato ultimamente, "Atlantide e i suoi misteri", parla di tante cose, filosofia, storia antica, economia, politica e società e tra i tanti argomenti cita anche i fenici, ma vediamo cosa ci dice:

         "La parola greca phoinix, fenicio, significa 'rosso', 'pellerossa'. Così i greci omerici chiamavano gli emigranti dell'isola di Creta, dove abitavano i Pelasgi, gli Eteocretesi che erano i Keftiu egiziani, 'uomini delle Stirpi Marine', affini ai libici nell'Africa Settentrionale, ai Liguri in Italia, agli Iberi in Spagna, alle razze che vivevano lungo tutta la via mediterraneo-atlantica verso l'Oriente. Tardi discendenti neolitici dei Cro Magnon, tutte queste razze, a giudicare dalle pitture murali egizie e della Creta di Minosse, sono 'pellirosse' o rossobronzee, imberbi, come i Toltechi e gli Aztechi del Messico precolombiamo. Il colore della pelle è un indizio stabile nei millenni: se lo sono i discendenti probabilmente anche gli antenati erano 'pellirosse', del tutto o in parte. Sembra che un riverbero dell'eterno Occidente, del 'Tramonto di tutti i soli', arda sul giovane volto dell'Europa."

Si, vabbè, ma con questo cosa si vuol dimostrare, direte voi.
Niente, è impossibile dimostrare qualcosa a così tanta distanza di tempo... si vuole solo cercare di mettere in relazione le popolazioni (almeno alcune) europee con quelle americane e, chissà, forse così dare a tutte un'unica origine: Atlantide, scomparsa fisicamente ma non senza lasciare parte della sua antica popolazione su entrambe le sponde dell'Oceano Atlantico, in America e in Europa e Africa.

In un altro punto l'autore trova delle somiglianze tra il popolo basco e gli indiani d'America, ma facciamo parlare lui:

         "La piccola stirpe dei Baschi, chiusa nei Pirenei, parla una lingua che non somiglia a nessun'altra lingua d'Europa, d'Africa e d'Asia, ma che somiglia assai alle lingue delle razze paleoamericane. Se questa lingua, come ritengono molti dotti, è un frammento salvo per miracolodell'antichità dei Cro Magnon, è probabile il legame dell'Europa paleolitica con le lingue dell'antica America."

Ecco, devo proseguire? No, sarebbe interessante sapere quanto le lingue paleo americane e il basco si assomigliano... ma la cosa è al di là delle mie conoscenze!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo  

domenica 29 luglio 2012

Atlantide e i suoi misteri, di Dimitri Merezkovskj

Voglio iniziare queste poche righe esattamente come ha iniziato l'autore:

"In un cattivo giorno e in una notte malvagia, l'Atlantide isola, inabissandosi nel mare, scomparve".

Chiunque abbia letto Platone sa che queste parole sono scritte nel discorso conosciuto come "il Timeo" e sa pure cosa abbiano significato nel tempo, per storici, mitografi, esploratori e scrittori!

Atlantide rappresenta molto anche per me, avendo letto tanto e riflettuto a lungo. Tempo addietro ho anche tradotto il Crizia da una versione inglese di alcuni secoli fa, e l'ho pubblicata su questo blog (se vi interessa leggere il Crizia eccovi il link: Il Crizia)

Di Merezkovskj (1865-1941) avevo letto, tempo fà, la splendida biografia di Leonardo da Vinci ed ero restato colpito dal modo in cui questo scrittore sembrava entrare nella vita del personaggio, un libro che impressionava! Così, quando ho visto il titolo "Atlantide e i suoi misteri" e il nome dell'autore italianizzato, Demetrio Merezkovskj, ho subito acquistato la mia copia e mi sono immediatamente gettato nella sua lettura.

Un suggerimento, approfondite la vita di questo autore, è veramente interessante!

Il libro rispecchia l'autore, non è semplice da leggere e non è facile da capire ma ogni pagina è una continua sfida.

"Chi l'ha creata l'ha anche distrutta". Questo il giudizio sarcastico di Aristotele su Atlantide e, probabilmente, su Platone stesso, con questa frase Aristotele giudicò Atlantide un parto della fantasia di Platone e niente più. Io credo invece che non sia così, ma poco importa cosa credo io, ora importa ciò che pensava il nostro autore... sul mito di Atlantide.

"Nude rimangono il Platone soltanto le verità più basse; quelle più alte si ammantano del mito, in modo che la verità traspaia dalla 'fiaba', come il corpo dal velo". Se riteniamo vere queste parole, Atlantide doveva far parte delle verità meritevoli di essere ammantate dal mito, per consentirne la sopravvivenza.

Atlantide - Atlantico, due parole così simili... Richard Herming che supportava l'ipotesi della Atlantide reale disse: "Mettere in rapporto la descrizione di una regione del tutto favolosa con nomi geografici esattamente noti è una cosa senza riscontro nella letteratura universale...". Platone lo fece!

Ma è vero che solo Platone ci ha parlato di Atlantide, dando vita a una infinita catena di voci e racconti? Secondo Dimitrj no, Platone non è stato l'unico, ma solo il più noto!
"Lo storico greco Marcello [..] riferisce , richiamandosi a storici più antichi, che nell'Oceano esterno si trovavano sette isole minori, consacrate a Proserpina, e tre grandi; una di esse della lunghezza di mille stadi, era consacrata al dio Poseidone.
Sembra che Marcello, nella sua opera (Aethiopika), dicesse che "Gli abitanti di questa isola hanno conservato il ricordo, giunto fino a loro dai progenitori, intorno all'Atlantide, un'enorme isola che un giorno esisteva in quei luoghi e aveva dominato sul corso di molti secoli tutte le isole dell'Oceano esterno e che era pure consacrata a Poseidone.

Sappiamo questo grazie a Proclo che parlò anche di come Crantore vide coi suoi occhi le colonne su cui era scritta in geroglifici la storia di Atlantide.

Liberi di credere o meno, non sarò certo io a cercare di convincervi in un senso o nell'altro, una cosa però è certa, che il libro merita di essere letto... e riletto con attenzione una seconda volta, cosa che stò per l'appunto facendo in questi giorni!

A presto, dunque, e buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Potere invisibile e democrazia

Cosa direbbe Norberto Bobbio della situazione attuale dell’Italia?
Parlo della situazione politica ed economica, naturalmente.

Si chiederebbe, forse, da dove partire per cercare di dare un senso a ciò che sta accadendo.

Che strada segue la politica in questi tempi di crisi?

Che fine hanno fatto i politici di un tempo, quelli della cosiddetta prima Repubblica?

Quali poteri forti si muovono all’ombra di uno stato debole e ormai troppo lontano dagli italiani?

Non ho una risposta!

Non possiamo dare noi le risposte che ci avrebbe potuto dare un così grande pensatore di nome Norberto Bobbio, ma possiamo provare a sondare le sue opere, i suoi scritti, i suoi insegnamenti, alla ricerca di un lume in grado di dissipare il buio di questi tempi…

Il 23 novembre 1980 Norberto Bobbio pubblicò un articolo sulla Stampa nel quale spiegava cosa fosse la democrazia, intesa come “il governo del potere visibile, cioè del governo i cui atti si svolgono in pubblico, sotto il controllo della pubblica opinione”. A trentadue anni di distanza mi chiedo se una tale definizione possa ritenersi ancora valida per la democrazia italiana ovvero, secondo tale definizione di democrazia l’Italia è ancora una democrazia?

E ancora, occorre chiedersi se in Italia esista oggigiorno una “pubblica opinione”, o è scomparsa anch’essa?!

A questo punto qualcuno potrebbe chiedere: a cosa ci stiamo riferendo di preciso? A quale problema, tra i tanti che assillano l’Italia, dobbiamo dirigere il famoso lume, qualora ne possedessimo uno, dove dobbiamo dirigere la nostra attenzione? Noi, “pubblica opinione”, non capiamo…

Ebbene, proprio questo è il punto, il problema, il nodo da sciogliere. L’impossibilità di capire!

Non si capisce chi abbia ragione e chi torto. Non si capisce come si sia finiti nella palude economica della recessione. Non si capisce quale tra i politici sia onesto e chi invece disonesto. Non si capisce dove voglia traghettarci il governo Monti come non si capiva quale fosse la politica del governo Berlusconi. Non si capisce cosa stia facendo l’Unione Europea…

Non capire è diventata la regola piuttosto che l’eccezione!

Norberto Bobbio, nello stesso articolo precedentemente citato scrisse: “Non si capisce nulla del nostro sistema di potere se non si è disposti ad ammettere che al di sotto del governo visibile c’è un governo che agisce nella penombra (il cosiddetto sottogoverno) e ancora più in fondo un governo che agisce nella più assoluta oscurità, e che possiamo permetterci di chiamare <<criptogoverno>>.”

Governo, sottogoverno e criptogoverno, e se fosse realmente questo il problema? E’ forse necessario, per cercare di capire cosa sta accadendo in Italia (e forse nel mondo intero), ricorrere a questi concetti e a ciò che lasciano appena intravvedere? E’ forse necessario cercare il potere invisibile che si muove all’ombra del governo visibile?

Un’ultima domanda: se in uno stato democratico per cercare di capire cosa accade occorre introdurre i concetti di sottogoverno e criptogoverno, siamo sicuri di essere ancora in uno stato democratico?

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

martedì 12 giugno 2012

Carlo Magno, di Gianni Granzotto

Ho appena terminato la lettura di una bellissima biografia, quella di Carlo Magno, scritta da Gianni Granzotto. Un consiglio? Leggetela anche voi!
Che dire... leggere questa biografia è stato come viaggiare lungo le tracce di questo grande personaggio, grazie alla sapiente scrittura  di Granzotto!
Perchè leggere il libro, potreste domandarmi.
Perchè Carlo Magno ha cambiato il mondo di allora, creando il nostro! Ecco la risposta.
Come si può ignorare la vita e le opere di un grande personaggio? Non si può, se si vuole capire il nostro mondo!
Senza Carlo Magno il nostro presente sarebbe diverso, molto diverso. I Longobardi (e il loro re, Desiderio) probabilmente avrebbero mantenuto buona parte dell'Italia per chissà quanti anni, la chiesa sarebbe forse scomparsa, la nascita delle nazioni dell'Europa continentale probabilmente sarebbe stata differita di secoli e gli equilibri (e anche i problemi attuali) sarebbero totalmente diversi. Ma questo si può dire sempre parlando di un avvenimento del passato.
Quella di Carlo Magno è una storia di cui spesso conosciamo solo l'aspetto relativo alla sua incoronazione ad Imperatore, avvenuta la notte del 25 dicembre del 800, ma la sua vita è tutto un intreccio di poteri forti, chiesa di Roma, Impero d'Oriente (guidato da Irene), il nuovo Impero d'Occidente che con lui ebbe inizio.
Ma è anche un periodo di lotte per la conquista, di lotte fratricide tra popoli dallo stesso sangue, di incomprensioni religiose, di iconoclasti e iconoduli... era il tempo in cui la lotta contro il politeismo in Europa era la giustificazione ad ogni tipo di crudeltà, e Carlo Magno usò tutto il suo potere e la sua forza in questa lotta, da quando, ancora ragazzo, ebbe l'occasione di vedere il Papa Stefano II presentarsi supplice a casa del padre per chiedere aiuto!
Stefano II, Adriano, Leone III... sono solo alcuni dei personaggi di questa storia come Roma, Bisanzio, Hereburg, Aquisgrana, Magonza sono solo alcuni dei luoghi in cui si fece la Storia!

Ma ora basta, non sono io che devo raccontarvi la storia e la vita di Carlo.
Vi invito a leggere la biografia... e ad immergervi in quei tempi antichi e talvolta crudeli, ma comunque parte del nostro comune passato!

domenica 20 maggio 2012

Solino: la Sardegna nel "Delle cose maravigliose"

Solino, autore del testo "Delle cose meravigliose" è vissuto ed ha operato nel III secolo dopo Cristo.
Il titolo originale dell'opera, scritta in latino, era "Collectanea rerum memorabilium" e raccoglieva le cose che meritavano a suo parere di essere ricordate dei popoli del passato e della loro storia.
Ciò che mi interessa è, come spesso ho già detto, ogni riferimento alla mia Terra, la Sardegna, così ecco cosa è possibile leggere al capitolo IX, intitolato: "Della isola detta Sardegna; d'una sorte di formiche venenose, dell'herba Sardonia, e delle maravigliose forze dell'acque".
Ed è questo capitolo che vado ora a riportarvi integralmente, dato che è abbastanza breve da consentirlo.
La lingua in cui ve lo riporto è l'italiano di alcuni secoli fa, tradotto dal latino da Don Giovan Vincenzo Belprato Conte d'Anversa e pubblicato nel 1559 a Venezia.
Ma vediamo infine che cosa ci dice Solino su quest'isola meravigliosa che è la Sardegna:

          "Egli è cosa molto pubblica, in qual mare è posta Sardegna, laquale ho letto appresso di Timeo, che si chiamava etiandio Sandaliote, e appresso di Crispo Ichnusa, e da chi abbiano havuto origine i suoi habitatori. Non è a proposito dunque di dire che Sardo fosse generato da Hercole, e Norace da Mercurio, essendo venuto l'uno dalla Libia, et l'altro da Tarteso di Spagna in questo medesimo paese, e che Sardo fosse dato il nome alla isola, e da Norace al Castello Nora."

Dunque, prima di andare avanti, mi piace sottolineare che al tempo in cui Solino scriveva, la Sardegna e la sua storia era abbastanza nota, quasi da rendere superfluo parlarne. Solino ci dice anche quali fonti utilizzò per il suo libro, cioè Timeo (forse lo storico greco Timeo di Tauromenion, vissuto nel IV secolo avanti Cristo) e Crispo (immagino si riferisca a Crisippo). Per chi non è abituato a leggere testi antichi, devo inoltre avvertire che con il termine Libia si intendeva più genericamente l'Africa e che Tartesso  dovrebbe essere una città della Spagna anche se da molti si dubita che sia mai esistita. Da questi autori Solino trae i nomi noti dell'isola, Sandaliotes e Ichnusa. Ma ora proseguiamo:

          "Ne manco è a tempo di soggiungere, che poco dopo Aristeo regnando appresso a questi nella città di Carale (Cagliari), laquale egli aveva edificata, e che havendo fatto di due popoli un solo, egli egualmente congiunse quelle genti in modo, che poneva sei huomini a un carro: e così gli faceva condurre dinanzi a lui, e che per quella insolenza non ricusavano si fatto dominio. Questo Aristeo generò Iolao, ilquale fece la residenza in que' luoghi. Più oltre lassarò di dire de gli Iliensi, e de' Locrensi. La Sardegna non produce serpi, ma quello effetto che fanno le serpi altrove, fa in quel paese un picciolo animaletto, chiamato solifuga, simile di forma al ragno: così detto, perchè il giorno si asconde: ve n'è copia nelle miniere d'argento: percioche quella terra è riccadi questo metallo. Egli occultamente camina, e coloro, che scioccamente l'offendono, uccide."

Dunque, in queste poche righe Solino riassume una storia antica della Sardegna, riportata anche da altri autori antichi. A partire da Aristeo, re di Cagliari, unificatore dell'Isola. Poi si parla del figlio, Iolao, che diede vita al popolo degli Iliensi. Dovrò leggere con attenzione tutto il libro se voglio trovare notizie sugli Iliensi e sui Locrensi... lo farò quando sarà il momento! Ma ora andiamo avanti...

          "Con questo male vi è di più l'herba Sardonia, questa nasce abbondantissimamente più del giusto ne i rivoli, che corrono. Se si mangia, ritira i nervi, e in modo distende le labra, che coloro, che ne muoiono, par che moiano ridendo. Al contrario, ciò che vi è d'acqua, serve a diversi commodi. Gli stagni sono copiosissimi di pesce, le piogge del verno sono riserbate per la penuria della state: percioche i paesani di quella isola si arricchiscono molto per la quantità delle piogge. Si servono dell'acque raccolte, perche siano a bastanza all'uso tutte lee volte che mancano le sorgenti: lequali si sogliono usare per il vitto: in molti luoghi bollono fontane calde, e sane, lequali giovano a saldare l'ossa rotte, o a scacciare il veleno delle solifughe, o veramente guariscono le infirmità de gli occhi, ma essendo utili a gli occhi, sono nocive a i furti: percioche havendo alcuno rubato, e giura di non haverlo fatto, quell'acque lo accecano, se non è pergiuro, vede più chiaramente: s'egli ostinatamente nega, il fallo si scuopre con la cecità, e essendo offuscato della vista, confessa l'errore."

E così termina per ora il testo, che apassa a parlare dell'isola di Sicilia. Interessante il racconto dell'erba Sardonia, responsabile della morte e del detto "riso sardonico". Per il resto c'è poco da dire, se non che non appena trovo ulteriori riferimenti, sarà mia cura informarvi.

A presto dunque...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 16 maggio 2012

Plinio il vecchio: il bue Api

Come ho accennato brevemente nel precedente post su Plinio il vecchio, la Naturalis Historia è una enciclopedia del sapere del tempo; un testo molto interessante. Tra le cose degne di nota, nel Libro VIII - paragrafo LXXI si parla del bue Api e delle usanze egizie, ma sentiamo cosa dice Plinio:
           "Un bue in Egitto viene adorato addirittura come un dio, gli egiziani lo chiamano Api. Come segno distintivo ha una macchia biancastra sul fianco destro, che ricorda i corni della luna crescente ed ha inoltre un nodulo sotto la lingua chiamato 'cantaro'.
Non è permesso dalla loro religione che egli viva oltre un certo numero di anni e lo sopprimono immergendolo nella fontana dei sacerdoti e durante questo periodo di lutto, cercano un altro bue che possa sostituirlo e finchè non l'hanno trovato si mostrano molto addolorati ed esprimono la loro mestizia radendosi il capo; ma la loro ricerca non dura mai troppo a lungo."
Devo dire che è la prima volta che sento dire che il bue Api venisse. Non so se sia vero ed in ogni caso non ne conosco il motivo. Ma andiamo avanti:
           "Quando l'hanno trovato, viene accompagnato a Memfi da un seguito di cento sacerdoti. Ha due templi che chiamano 'talami' dove il popolo si raccoglie per i presagi: se Api entra nel primo tempio, ciò è di buon auspicio, se invece entra in quell'altro, allora il futuro porterà gravi sciagure. Ma il bue dà responsi anche a singole persone, prendendo il cibo dalle mani di chi lo consulta. Respinse la mano di Germanico, il quale fu ucciso poco dopo. Abitualmente lo tengono segregato, ma quando appare in pubblico, avanza scortato dai littori che respingono la ressa della gente ed è accompagnato da frotte di bambini che cantano inni in suo onore; sembra che il bue capisca queste manifestazioni e voglia essere adorato. Queste schiere di fanciulli, all'improvviso, come se fossero invasati profetizzano l'avvenire. Una volta all'anno viene presentata ad Api una vacca che porta sul corpo i suoi segni distintivi, sebbene diversi nella forma, la quale, così dicono, viene uccisa nel medesimo giorno in cui è stata trovata. Nella zona di Memfi, c'è una località sul Nilo, che per la sua conformazione viene chiamata 'Fiala'; ogni anno gli egiziani immergono nel fiume una coppa d'oro ed una d'argento, nei giorni in cui festeggiano il compleanno di Api. Questi giorni sono sette, durante i quali - fatto veramente straordinario - nessuno viene assalito dai coccodrilli, ma all'ottavo giorno dopo l'ora sesta ritorna in quelle belve la loro consueta ferocia."
E così termina il paragrafo relativo al dio Api.
Spero di trovare ulteriori notizie su questo argomento... e sono sicuro di trovarle in Manetone, vi terrò informati. Ma per oggi è tutto!
 A presto.

Plinio il Vecchio: Naturalis Historia

Plinio il Vecchio, ovvero Caius Caecilius Plinius Secundus, era uno storico enciclopedico latino.
Nato forse a Como, forse a Verona, intorno al 23 d.C., probabilmente fu educato a Roma, dove intraprese la carriera militare.
Noto a noi per la sua opera, l'immensa enciclopedia chiamata "Naturalis Historia".
L'opera, in 37 libri, era così articolata:
Libro I: indice dell'opera;
Libro II: astronomia e cosmografia;
Libri III-VI: geografia;
Libro VII: antropologia e fisiologia;
Libri VIII-XI: zoologia;
Libri XII-XIX: botanica;
Libri XX-XXXII: erboristeria, farmacologia naturalistica, medicina;
Libri XXXIII-XXXVII: regno minerale, metallurgia, materie coloranti e plastiche, pietre preziose, sommario di storia dell'arte.

Un'opera enorme che copriva tutto lo scibile umano.
Sono riuscito a trovare alcuni libri e ho cominciato a leggerli, veramente interessanti.
Se vorrete seguirmi, di tanto in tanto scriverò qualcosa su quest'opera fantastica!

A presto...

lunedì 14 maggio 2012

Arregodos de sa gherra de Rùssia e de sa vida, di Benigno CASULA

Cari amici sardi, oggi un annuncio in limba per tutti coloro che sono interessati

Tonara
Sàbadu 19 de magiu 2012 presentada de su libru
"Arregodos de sa gherra de Rùssia e de sa vida"


Teatru Comunale de Tonara  17.00 oras

Foeddant

Ignazio Demurtas 
po su Sotziu de is  Antzianos

Pier Paolo Sau
Su  Sinnigu de Tonara

Crabiele Casula
Fìgiu de s’autore

Nello Tatti
Su maistu

Frantziscu   Cheratzu 
 S’editore

Totore Locci
 Iscritore

Pier  Luigi La Croce 
iscritore

Peppe Coròngiu
Dirigente de Assessorau de s’Istrutzione Pùblica de sa Reg. Sarda.


Sighit su dibàtitu, presente s’autore de su libru, reduces e testimognos de s’urtima gherra

Coordinat su chistionu s'avocau e giornalista Giovanni Melis

Teatru Comunale de Tonara 21.00 oras
Cantos a mutos presentada cun
 Cantadores poetas de Tonara

Gara a mutos cun is cantadores

Costantino CASULA de Ortueri
Giovanni MURA de Tonara
Davide PEDDIO de Dèsulu

SONADORES
Salvatore Corgiolu Littarru
Piero Demuru

ORGANIZAT SU
SOTZIU DE IS ANTZIANOS
(Consulta degli anziani)

Pratza Peppinu Mereu - 08039 Tonara

Per maggiori informazioni visita TONARA BLOG

venerdì 11 maggio 2012

Galileo Galilei: dialogo dei massimi sistemi

Un'opera più di tutte è conosciuta dello scienziato Galileo, i dialoghi sui massimi sistemi, quello copernicano e quello tolemaico.
Due visioni del mondo e delle leggi della natura diverse, ma anche due sistemi filosofici differenti.
Copernico metteva la Terra intorno al Sole e il Sole al centro del sistema solare allora conosciuto; mentre Tolomeo, sviluppando il sistema geocentrico di Aristotele e Ipparco, aveva posto la Terra al centro del sistema...
Cosa venne dopo fu determinato da secoli di buio scientifico.
La chiesa, nel periodo di Galileo, era molto attenta a evitare qualsiasi incrinazione del suo potere e questo avveniva giorno dopo giorno, anno dopo anno, con il censurare e giudicare eretici pensieri, parole e opere anche di grandi menti riconosciute da tutto il mondo. Galileo fu un grande scienziato e la sua opera una rivoluzione in Italia e nel mondo e in quanto tale poteva essere pericolosa.
Oggi parliamo del dialogo dei massimi sistemi, scritto seguendo lo stile dei filosofi di un tempo, vede tre amici passare alcune giornate assieme a discutere, studiare, approfondire, filosofare... questi sono Salviati, Simplicio e Sagredo... e, di tanto il tanto, i tre fanno riferimento diretto ad un amico che non è altri che lo stesso Galileo.
Salviati in effetti in tante occasioni sembra lo stesso Galileo, uno scienziato acuto, pensatore profondo e attento, talvolta sottilmente ironico nei confronti di chi ha sempre accettato senza alcuna prova ciò che fu detto dai pensatori antichi, principalmente Aristotele; sia chiaro che Ssalviati se la prende principalmente con chi non ha saputo capire Aristotele e con chi fa il pappagallo senza capire o rifiutando nuove idee solo perchè contrarie a quelle vecchie, senza verificare scientificamente, senza effettuare prove, solo ed esclusivamente per partito preso.
Simplicio invece rappresenta esattamente la figura opposta allo scienziato, rappresenta l'aristotelico convinto al di la di ogni ragionevole dubbio. Colui che difende a spada tratta Aristotele, anche di fronte all'evidenza. Il filosofo che della natura e del suo linguaggio, la matematica, ha solo scalfitto la superficie ma non è mai andato oltre.
Sagredo è la persona intelligente. Dotato di mente aperta e voglioso di capire, migliorare, imparare, fa domande, esperimenti, nuove esperienze.
In verità Salviati e Sagredo esistettero realmente, erano due amici e compagni di studi di Galileo. Il primo, Filippo Salviati, era fiorentino e accademico dei Lincei e della Crusca, amico e discepolo di Galileo. Il Secondo, Giovan Francesco Sagredo, era invece un gentiluomo veneziano, amico e discepolo di Galileo, intelligente e curioso, studioso di tutto ciò che era legato al magnetismo, dedicò la sua vita agli studi. Forse anche Simplicio esistette, probabilmente si trattava del Papa. 
Ma voglio lasciare ai nostri personaggi la possibilità di presentarsi, per cui vediamo cosa ci dicono.
Inizierò con Simplicio:
             "Di grazia, signor Salviati, parlate con più rispetto d'Aristotile. Ed a chi potrete voi persuader già mai che quello che è stato il primo, unico ed ammirabile esplicator della forma silogistica, della dimostrazione, de gli elenchi, de i modi di conoscere i sofismi, i paralogismi, ed in somma di tutta la logica, equivocasse poi si gravemente in suppor per noto quello che è in quistione? Signori, bisogna prima intenderlo perfettamente, e poi provarsi a volerlo impugnare".
Ecco chi è Simplicio, ora lo conoscete anche voi il difensore delle dottrine consolidate, anche se in molti punti sbagliate, superate...
Ora però passiamo oltre e vi presento Sagredo:
             "Adunque la natura ha prodotti ed indrizzati tanti, vastissimi perfettissimi e nobilissimi corpi celesti, impassibili, immortali, divini, non ad altro uso che al servizio della Terra, passibile, caduca e mortale? al servizio di quello che voi chiamate la feccia del mondo, la sentina di tutte le immondizie? e a che proposito fare i corpi celesti immortali etc., per servire a uno caduco etc.? Tolto via questo uso di servire alla Terra, l'innumerabile schiera di tutti i celesti corpi resta del tutto inutile e superflua, già che non hanno, nè possono avere, alcuna scambievole operazione fra di loro, poichè tutti sono inalterabili, immutabili, impassibili: ché se, verbigrazia, la Luna è impassibile, che volete che il Sole o altra stella operi in lei? sarà senz'alcun dubbio operazione minore assai che quella di chi con la vista o col pensiero volesse liquefare una gran massa d'oro. In oltre, a me pare che mentre che i corpi celesti concorrano alle generazioni ed alterazioni della Terra, sia forza che essi ancora sieno alterabili; altramente non so intendere che l'applicazione della Luna o del Sole alla Terra per far le generazionifusse altro che mettere accanto alla sposa una statua di marmo, e da tal congiugnimento stare attendendo prole."
Ecco come Sagredo, persona intelligente, conduce l'esame d'una ipotesi; si pone domande e cerca di analizzare le possibili soluzioni...
E Salviati? E' colui che guida il dialogo, detta la regole, sceglie gli argomenti, li discute, li dimostra e parla delle esperienze fatte. Sempre lui talvolta deve dubitare delle conclusioni raggiunte, per evitare problemi con la censura.
Eccolo:
             "Già comprendo e riconosco il segno del nostro cammino; ma innanzi che si cominci a proceder più oltre. devo dirvi non so che sopra queste ultime parole che avete detto, dell'essersi concluso la opinione che tien la Terra dotata delle medesime condizioni de i corpi celesti esser più verisimile della contraria: imperocchè questo non ho io concluso, sì come non son nè anco per concludere verun'altra delle proposizioni controverse; ma solo ho auta intenzionedi produrre, tanto per l'una quanto per l'altra parte, quelle ragioni e risposte, instanze e soluzioni, che ad altri sin qui sono sovvenute, con quale altra ancora che a me, nel lungamente pensarvi, è cascata in mente, lasciando poi la decisione all'altrui giudizio." 

Ora sono io che vi faccio una domanda: perchè leggere il dialogo dei massimi sistemi?
Non so voi se lo farete ne conosco i motivi che vi spingeranno a farlo, posso però dirvi perchè io lo sto facendo.
In primo luogo per conoscere meglio un grande del passato, un uomo che ha creato il futuro grazie ai suoi studi.
Poi perchè, come ben sa chi ha già letto qualche mio altro articolo, perchè sono semplicemete curioso e la curiosità mi da la forza e la voglia di esplorare il passato alla ricerca di insegnamenti da usare per costruire il futuro.
Non sono forse motivi sufficienti?
Per me si, ora a voi procurarvi il libro e leggerlo... studiarlo, capirlo, diffonderne le idee e la filosofia.

venerdì 4 maggio 2012

Porto Torres: la spiaggia di Balai



Siamo sempre a Porto Torres, ecco la spiaggia di Balai, la più bella della zona. Piccola, chiusa tra le pareti rocciose, splendida nei suoi colori... 



Il clima, sempre ottimo, è in questo caso agevolato dalla conformazione delle rocce. La piccola baia è protetta dai venti e l'acqua è sempre tiepida.








Sopra la spiaggia un bel giardino in cui le piante tipiche della costa fanno da corona al mare azzurro.








A pochi metri la chiesetta di Balai vicino, che nel mese di maggio ospita le statue dei Santi Proto, Gianuario e Gavino.







Una ultima curiosità: dal libro "Ortografia sarda nazionale ossía gramatica della lingua logudorese..." di Giovanni Spano (1840) ecco il significato del termine Balai.


"Balài o Balà monte o roccia nel lido del mare di un altezza considerevole restandogli sotto il mare molto profondo. È distante da Torres in circa tre miglia verso settentrione. Qui fu fatta dal Giudice Comida la prima invenzione de Corpi de SS Martiri. Balà o Balài è una voce orientale, elevatio, altitudo [..] Nel detto luogo fu decapitato S. Gavino ed i fedeli chiamano un piccol Romitorio Sanctu Bainzu iscabitadu".

E' interessante notare anche che la parola "balais" in francese (e la corsica è molto vicina!) significa "scopa". Tutta la zona è ricca di piccoli arbusti che senza dubbio potevano essere usati per fare le scope... 

martedì 1 maggio 2012

Corbuline di patate con ragù, piselli e formaggio

I ricordi migliori sono i più saporiti, si dice. E quando i ricordi vengono trasformati, rinverditi... è ancora meglio!

Uno dei miei ricordi si chiama "corbuline di patate"... quando ero piccolo mia madre di tanto in tanto le faceva per cena ed era una festa.

Oggi le abbiamo fatte a casa, con mia moglie.

La ricetta è semplice, ci vuole un po' di tempo per preparare il tutto ma la realizzazione di questo piatto non è complicata. La difficoltà, se volessimo categorizzarla, è media.
Il tempo occorrente per fare tutto?
Un paio d'ore!

Intanto parliamo di ingredienti (per quattro persone).
Per le corbuline.
- 8 patate medie lesse;
- 1 uovo;
- 2 cucchiai di farina di grano duro;
- un pizzico di sale;
- semola di grano duro per infarinare le corbuline.
- olio per frittura.

Per il condimento:
- ragù di macinato misto con piselli;
- formaggio filante.

Ma vediamo il procedimento.

Fate bollire le patate quindi a cottura terminata (devono essere ben cotte) pelatele e schiacciatele con una forchetta.

Preparate il ragù secondo  i vostri gusti, noi abbiamo fatto un ragù con macinato misto insaporito con un peperoncino rosso e del basilico.
Al termine aggiungete i piselli finissimi e fate raffinare. Il ragù deve essere molto denso, quasi senz'acqua, per essere usato per riempire le corbuline.

Tagliate un etto di formaggio filante a dadetti piccoli.

Intanto che il ragù si raffredda prepariamo le corbuline.

Rompete un uovo in una terrina capiente, sbattetelo e aggiungete le patate schiacciate (non troppo calde altrimenti l'uovo si cuoce). Aggiungete all'impasto due cucchiai di farina e due pizzichi di sale fino, quindi lavorate l'impasto con le mani per qualche minuto fino ad ottenere un impasto compatto che consenta di fare delle polpette (se occorre aggiungete della farina).
Prendete la polpetta e lavoratela a forma di cestino semplicemente premendo col pollice verso il centro.
Poi passate i cestinetti così ottenuti nella semola e poggiateli rovesciati su un vassoio.
Quando avrete finito potrete passare alla frittura.

Versate l'olio in una padella capiente e fate riscaldare. Dovete fare in modo che le corbuline rimangano immerse almeno per metà nell'olio.
Mettete le corbuline rovesciate nell'olio e giratele solo quando diventano dorate.
Una volta cotte (fate attenzione perché ci vuole pochissimo!) ponetele, sempre rovesciate, in un vassoio con della carta assorbente e fate raffreddare.

Ora aggiungete parte del formaggio a dadetti nel ragù e mescolate. Quindi riempite le corbuline, potete usare un cucchiaino.
Disponete le corbuline in una teglia da forno o in un piatto per il forno a microonde (come preferite).
Usate i dadetti di formaggio filante ancora disponibili per completare la guarnizione delle corbuline, aggiungete alcuni dadetti sopra ogni corbulina.

Infilare al forno per il tempo necessario a fondere il formaggio.
Fate attenzione al forno a microonde, è sufficiente due minuti a 350 W ma dipende da quante corbuline mettete nel piatto. Se le lasciate troppo i piselli del ragù possono scoppiare e rovinare il vostro lavoro.

Abbiamo finito e se avete seguito le mie indicazioni il prodotto finito dovrebbe assomigliare a quello della foto.




Ci è voluto un po' di tempo ma vi garantisco che ne vale davvero la pena...
e buon appetito!

lunedì 30 aprile 2012

Macomer: i bétili di Tamuli

Approfittiamo della bella giornata per visitare alcuni siti archeologici del territorio di Macomer.
L'idea è di andare a visitare le tombe dei giganti e i bétili di Tamuli, poco oltre Macomer; lungo la strada notiamo un nuraghe e ci fermiamo. 

Ci troviamo all'ingresso di Macomer giungendo dalla SS 131 e sulla sinistra notiamo un nuraghe.          Ci fermiamo a visitarlo.


Di fronte a noi si trova il nuraghe Ruggiu e l'area archeologica delle tombe ipogee di Filigosa (il nome deriva da "filighe" cioè felce, pianta un tempo presente nella zona). 
Compriamo i biglietti e iniziamo la visita con la guida della cooperativa Esedra che gestisce il sito.
Visitiamo le tombe scavate nella roccia, ancora ben conservate nonostante i millenni.    

In alcune tombe si nota ancora il focolare, usato probabilmente per i riti funebri.


Sulla collina, poco distante dalle tombe, il nuraghe che aveva attirato la nostra attenzione. Ci inerpichiamo su per la collina e diamo uno sguardo. Non si trova in buone condizioni, è un peccato perchè doveva essere una bella torre in passato.
Tutto intorno al nuraghe si trovano ancora piccole piante di felce e, naturalmente, i nostri asparagi!



Dai piedi della collina avevamo notato una strana pietra. Qualcuno dice si tratti di un totem, sembra una faccia e così decidiamo di avvicinarci per vederla meglio da vicino.
Sembra un misto tra l'opera della natura e quella dell'uomo che forse, in tempi passati, ha modellato la roccia con qualche sapiente colpo di martello.


LA visita è finita.
Proseguiamo verso la nostra meta originaria, Tamuli.
Dopo qualche errore nella ricerca della giusta direzione arriviamo alla meta. Il paesaggio roccioso nasconde alla vista il nuraghe Tamuli.


Ci avviciniamo e solo allora riusciamo a vedere le antiche strutture arroccate sulla roccia grigia.



Nel pianoro antistante alcune tombe dei giganti praticamente irriconoscibili e i bétili, sei in tutto.



Tre bétili sono maschili e tre femminili.


Pare che la loro posizione non sia quella originaria, l'area venne infatti visitata da La Marmora e descritta nella sua opera Voyage en Sardaigne che lasciò alcuni disegni del luogo.